sabato 7 marzo 2009

Un falso mito da smontare...


tratto da Il Timone

In molte manifestazioni indette per condannare la pena di morte (n.d.r. e aggiungo in altrettante manifestazioni pacifiste) , si vedono bandiere rosse con l’effigie di Che Guevara, il guerrigliero che collaborò con Fidel Castro ad instaurare a Cuba, nel 1959, un regime comunista. Ma Che Guevara era affatto contrario alla pena capitale.

Il Libro nero del Comunismo, scritto da insospettabili storici di sinistra, ci informa che il barbuto guerrigliero, il quale gode di una certa stima, purtroppo, anche tra giovani cattolici, "nominato comandante di una ’colonna’ si fa presto notare per la sua durezza: un ragazzo, un guerrigliero della sua unità, che ha rubato un po’ di cibo viene fucilato immediatamente, senza alcun processo" (p. 609).

Non solo: per qualche tempo, Che Guevara esercitò la funzione di ’procuratore’ e a lui venivano rivolte le domande di grazia dei condannati a morte. Sotto la sua responsabilità, la prigione della Cabana diventa luogo di innumerevoli esecuzioni capitali, specie di suoi compagni d’arme che si erano conservati democratici.

Non solo: nel suo testamento si può leggere un elogio dell’odio che ’rende l’uomo un’efficace, violenta, selettiva e fredda macchina per uccidere’.


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