domenica 25 aprile 2010

Ipazia, i parabolani e gli scheletri nell'armadio


di Rino Camilleri
tratto da Il Giornale 25 aprile 2010

Ricordate il film Le crociate di Ridley Scott? L'autore dichiarò di aver voluto fare un’opera contro tutti i fondamentalismi ma, guarda caso, nella trama solo i cristiani erano cattivi e infidi, mentre i musulmani erano buoni e generosi. Ora è il turno di Alejandro Amenábar, che - testuale - col suo film Agorà ha voluto denunciare, anche lui, i fondamentalismi. Ma, vedi un po’, anche qui i cattivi sono i cristiani. Naturalmente è vero che anche il cristianesimo ha avuto i suoi supporters a mano armata, ma Scott ha dovuto cercarli nel XII secolo e Amenábar nel V. Sì, perché a far problema oggi non è certo il cristianesimo, bensì altre religioni i cui fanatici la mano armata ce l’hanno ancora, e certi registi olandesi ne sanno qualcosa. Così, è più comodo «denunciare» chi non si difende, per cose avvenute mille e rotti anni fa, e pazienza se oggi non è certo la «scienza» ad essere perseguitata bensì il cristianesimo.
Ipazia, scienziata bella e giovine, trucidata dai cristiani su ordine del vescovo Cirillo ad Alessandria nell’anno 415: questo il mito politicamente corretto. Intanto avvertiamo che prima di Voltaire (1736) Ipazia non se la filava nessuno; sono i philosophes a trarla dall’armadio dei secoli per metterla in quello degli «scheletri» della Chiesa. Nel secolo dei romantici Ipazia diventa la rappresentante del mondo pagano (visto come dorato e tollerante, dove si viveva in armonia con la natura e i suoi dèi) uccisa dal fanatismo monoteista. Nel Novecento eccola proto-femminista contro la «misoginia» cattolica. La verità? Innanzitutto, della sua beltà niente sappiamo: aveva sui sessant’anni quando morì. Scienziata? Suo padre, Teone, si dava da fare coi misteri ermetici e orfici. Lei era neoplatonica e la sua «scuola» era in realtà un cenacolo ristretto in cui si insegnavano «misteri» da non divulgare ai «profani» (infatti, non rimane alcuna sua opera, quel poco che si sa lo si deve ai discepoli). Come neoplatonica era molto vicina al cristianesimo di cui apprezzava le virtù stoiche, tant’è che Sinesio di Cirene, suo alunno e ammiratore, finì vescovo. Come quel Cirillo (santo e Padre della Chiesa) che, secondo alcuni, avrebbe ordinato il linciaggio di Ipazia per odio al paganesimo, alle donne e alla scienza. Macché. Cirillo non temeva affatto i pagani, ormai innocua minoranza, bensì gli eretici (cristiani), che non cessava di contrastare. Suo antagonista politico era il governatore (cristiano) Oreste, il quale, da buon funzionario bizantino e, dunque, cesaropapista, riteneva che la Chiesa dovesse essere sottomessa alla Stato. Il contrasto (ripetiamo: politico) tra i due aveva creato in città partiti contrapposti, fazioni politiche che nell’età bizantina erano la regola.
Ebbene, in Alessandria tutti sapevano che eminenza grigia di Oreste era la vecchia Ipazia. Nel partito favorevole a Cirillo c’era un gruppo che il santo a stento riusciva a tenere a bada, i famigerati «parabolani», così chiamati dal nome dei gladiatori contra leones aboliti molto tempo prima da Teodosio. Si aggiunga che nella testa del popolino - e nelle dicerie - gli insegnamenti misterici di Ipazia, di cui nulla trapelava, erano diventati chissà quali pratiche di magia nera. Finì che la lettiga con cui gli schiavi portavano Ipazia a spasso venne assalita e lei linciata. Cirillo e Oreste, che non pensavano che le cose sarebbero trascese a tal punto, rimasero così impressionati da affrettarsi a far pace. Oreste, cui l’ordine pubblico era sfuggito di mano, lasciò la città. Rimase san Cirillo con la patata bollente in mano. Morale: se qualcuno si scandalizza del fanatismo di certi cristiani d'antan ricordi che anche Robespierre, Hitler e Stalin erano battezzati cristiani. Hitler era addirittura cattolico.

sabato 24 aprile 2010

Ipazia, fra storia e mito anticattolico



In questi giorni andando al cinema, potrà capitarvi di imbattervi in un film chiamato AGORA', un film del 2009 del regista spagnolo Alejandro Amenabar , già famoso per The others e Mare dentro. Che c'è di strano? Il film sta facendo discutere perchè narra la storia dell'orrenda morte della scienziata Ipazia per mano indovinate di chi...dei perfidi cristiani!
Una storia vera? Ni, nel senso che Ipazia davvero morì, ma gli uccisori nonostante quel che si legga in forum e siti avevano ben poco di cristiani e già nel tempo in cui vivevano erano in odore di eresia.
Uno scheletro da rispolverare dall'armadio in tempi di furiosi attacchi contro la Chiesa, anche perché come si legge nei siti a farne le spese sono presunti Vescovi mandatari, mai esistiti.
Che caso! Un film anticristiano in questo periodo...
Intanto come si poteva immaginare, Ipazia, già paladina del pensiero ateo-anticristiano-scientista e oscurantista dell'Illuminismo è stata "beatificata" dai neo-Illuministi UAARIANI. Già perchè i gruppi dell'UAAR non hanno perso tempo ed euforici organizzano convegni, dibattiti e cineforum...Un boccone troppo prelibato. Ma di fondo, c'è la solita ignoranza e mistificazione delle fonti storiche. Dire che i parabolani (gli uccisori di Ipazia) fossero cristiani equivale a dire che Hitler e Stalin (entrambe battezzati) lo fossero...Si avete capito bene quell'Hitler che trucidò barbaramente sacerdoti, religiose e religiosi, che sostituì la recita del Padrenostro nelle scuole e tolse i crocifissi dalle aule...Oppure lo Stalin dei gulag in cui furono rinchiusi centinaia di religiosi, sacerdoti etc... Dire che questi personaggi siano stati cristiani, equivale a mistificare la realtà.
Qualsiasi ateo dotato di buonsenso (escludo pertanto Odifreddi e compagnia briscola) saprebbe fare le debite differenze.
Sapete quante sette pseudo cristiane ed eretiche c'erano agli albori del cristianesimo?
Sapete quante di esse si proclamavano autenticamente cristiane senza esserlo?
Studiate la storia...poi ne riparliamo.
Per un approfondimento serio vi consiglio la lettura del seguente articolo.
Buona lettura!

di Rino Cammilleri,
tratto da Il Timone, novembre 2009

Sulla Rete è partita una raccolta di firme per far uscire in Italia il film del regista spagnolo Alejandro Amenabar Agorà, che la solita “subdola censura ecclesiastica” vorrebbe vietare agli italiani. Sì, perché il film parla di Ipazia, la affascinante filosofa pagana di Alessandria uccisa dai cristiani per ordine del vescovo s. Cirillo nel 415.
Ma la "verità" della pellicola di Agorà non è la "verità storica"...
I cercatori professionisti di scheletri nell'armadio cristiano ogni tanto tirano fuori l'episodio e, ovviamente, lo adattano al politicamente corretto corrente. Fino all'Illuminismo nessuno sapeva neanche chi fosse, questa Ipazia. Poi, il positivista John Toland nel 1720 e il solito Voltaire nel 1736 aprono le danze sulla progressista Ipazia vittima dell'oscurantismo clericale. Nel 1776 l'inglese Edward Gibbon consolida il mito nella sua celebre opera sulla caduta (per colpa del cristianesimo) dell'Impero romano. Nel secolo seguente tocca ai romantici: Ipazia è bellissima ed è l'ultima rappresentante dei mondo antico (dipinto come un'arcadia tutta ninfe, zefiri, pastorelle e satiri) trucidata dal fanatismo papista. Naturalmente, nel Novecento, Ipazia, vetero femminista, diventa la preda della misoginia cattolica. L'unica voce un po' fuori coro è quella di Mario Luzi, che le dedica un dramma nel 1978. Adesso, il film (e il cinema, forma di arte totale, si imprime nelle menti con una forza che la parola scritta neanche si sogna la scienza contro la religione, la tolleranza contro il fideismo. E indovinate chi sono i buoni e chi i cattivi. Roba da Odifreddi. Dunque, rassegniamoci al solito minestrone politicamente corretto. E non contate su una cinematografia contraria perché non esiste: Martinelli e il suo Barbarossa sono stati presentati come “leghisti” su tutti i media, così che il pubblico è rimasto a casa.
Coi nostri limitati mezzi, dunque, ecco la verità sul «caso, Ipazia». Innanzitutto bellissima lo sarà stata forse, da giovane, visto che nel 415 la filosofa aveva sui sessant'anni (in un'epoca in cui già a quaranta pochi avevano ancora denti in bocca). Il suo fu un omicidio politico e la religione non c'entrava affatto. Ipazia, figlia di un filosofo - Teone - molto addentro nell'ermetismo e nell'orfismo, era una neoplatonica che teneva scuola ad Alessandria. Una scuola tra le tante, in quella capitale della cultura antica. La parola “scuole” non deve trarre in inganno: si trattava di cenacoli per selezionati adepti. Di lei non è rimasta alcuna opera. Quel che si sa lo si deve ai suoi discepoli. Tra i quali c'erano parecchi cristiani. Uno di questi, Sinesio di Cirene, divenne addirittura vescovo. Secondo il metodo platonico (derivato a sua volta da quello pitagorico) i discepoli apprendevano «misteri» che non dovevano essere divulgati, perché non tutti erano in grado di comprendere. Ipazia non era affatto pagana nel senso di adoratrice di Giove, Giunone e Mercurio; anzi, come neoplatonica era più vicina al cristianesimo che al paganesimo. Infatti, lodava virtù come la verginità (non si sposò mai) e la modestia nel vestire. Ma, come i pitagorici e i platonici, sosteneva che i filosofi, essendo i più sapienti, dovevano occuparsi di politica, anche solo come consiglieri del principe. Infatti, ai suoi consigli ricorreva spesso il cristiano Oreste, prefetto di Alessandria. Oreste, da buon funzionario bizantino, aveva la classica visione cesaropapista dei rapporti con l'autorità religiosa, mentre il patriarca Cirillo cercava di salvaguardare l'indipendenza della Chiesa rispetto al potere politico. Nel 414 il contrasto tra i due divenne plateale; Cirillo cercò un compromesso ma Oreste rimase fermo sulle sue posizioni. Si formarono, al solito, due partiti (cosa normalissima nell'antichità; S. Ambrogio di Milano ne sapeva qualcosa). Tra i partigiani del patriarca, però, c'erano i cosiddetti parabolani, cristiani in odore di eresia per la loro ricerca fanatica del martirio: si consacravano con giuramento alla cura degli appestati, sperando in tal modo di morire per Cristo. Li chiamavano così in ricordo degli antichi gladiatori (aboliti da Teodosio) che affrontavano i leoni nel circo. Cirillo cercava di tenerli sotto il suo controllo ma la città era turbolenta: nel 361 un vescovo imposto da Costantinopoli, Giorgio di Cappadocia, era stato linciato; sette anni dopo la morte di Ipazia stessa sorte era toccata al nuovo prefetto; nel 457 venne ucciso a furor di popolo un altro vescovo di nomina imperiale, Proterio. Fu in questo ambiente e in questo clima che la colpa dell'intransigenza di Oreste venne attribuita a Ipazia e ai suoi consigli. Si sparse la voce che i «misteri» della sua scuola riguardavano pratiche magiche e negromantiche. La donna venne assalita da un gruppo di esagitati mentre gli schiavi la portavano a passeggio in lettiga, tirata giù e trucidata. Oreste e Cirillo, messi di fronte al fatto compiuto (e impressionati dalla piega che aveva preso la loro disputa), si riconciliarono. Il prefetto lasciò Alessandria, forse per fare rapporto alla capitale; comunque, forse sostituito, non tornò più. Un'altra cosa da chiarire: Cirillo non aveva niente contro il paganesimo, sia perché ormai minoritario e praticamente ininfluente, sia perché la sua preoccupazione principale era costituita, semmai, dalle eresie cristiane, che a quel tempo spuntavano al ritmo di quasi una al giorno. Solo anni dopo, con l'avvento di Giuliano l'Apostata, prese la penna per contrastare il tentativo - tutto politico - dell'imperatore di ripristinare l'antica religione civile romana. Il neoplatonismo, col suo desiderio di attingere il divino tramite la filosofia e la pratica delle virtù, continuò ad avere la città di Alessandria come suo centro fino all'invasione islamica. Tra l'altro, quest'ultima fu enormemente facilitata dall'astio accumulato dall'Africa romana contro Bisanzio, la sua gravosa tassazione (in parte giustificata dalle guerre quasi continue contro i persiani, i bulgari, gli avari e infine gli arabi) e la sua politica della mano pesante contro le eresie (che in quelle zone avevano sempre trovato terreno fertile).
Naturalmente, ai cantori del politicamente corretto (il quale, come abbiamo visto, varia di epoca in epoca) tutto questo non interessa. Così, il mondo pagano viene immaginato (e rappresentato) come un'epoca d'oro di scienza e tolleranza, dove la gente viveva in armonia con la natura, un mondo che, ahimé, è stato distrutto dalle religioni monoteistiche, in particolare l'odiato cristianesimo. Quel mondo in realtà disperato in cui pochi campavano alle spalle di milioni di schiavi, sconvolto continuamente da guerre scatenate dalla personale ambizione di uno, quel mondo che accolse con sollievo la religione dell'amore del prossimo e della dignità umana, non è mai esistito per gli intellettuali, gli artisti, i registi e gli scrittori che, fiutato dove tira il vento, si allineano supini al Potere del momento. I milioni di martiri cristiani? Se la sono cercata e se la cercano. I cristiani sono cattivi perché hanno ucciso Ipazia, così come gli statunitensi fanno schifo perché hanno ammazzato Toro Seduto. In effetti, Hitler e Stalin erano battezzati, non si può negarlo. Anche Robespierre. È strano che non siano stati ancora messi tra gli scheletri nell'armadio della Chiesa cattolica. Eh, il Papa dovrebbe chiedere scusa...

venerdì 23 aprile 2010

La storia degli elefanti vendicatori in Orissa...




Sembra la storia di un libro fantasy dove Barbalberi e creature della terra accorrono in aiuto dei buoni, oppure un film sulla falsa riga di Avatar in cui, alla fine, sono degli animali a vincere la battaglia tra uomini e alieni. Ma questa che fra poco leggerete è verità...
Accade in Orissa la terra che nel 2008 è stata scenario di uno dei più violenti attacchi alla cristianità da parte di alcuni fondamentalisti indù che, come ricorderete, nel cieco furore anticattolico, non risparmiarono di dare fuoco all'orfanotrofio...
La voce inascoltata dei cristiani, tutt'oggi sottoposta alle vessazioni dei fondamentalisti che obbligano molti a riconversioni forzate, sembra essere stata ascoltata dal Cielo.
In aiuto delle povere popolazioni ecco giungere da 300Km di distanza gruppi organizzati di elefanti a spazzare via i villaggi dei fondamentalisti... Curioso se si pensa che questi animali sono considerati sacri dagli indù.
Una storia incredibile vero? Buona lettura!

di Rino Cammilleri
tratto da Il Giornale venerdì 16 aprile 2010

Sul sito dell'Arcidiocesi di Colombo (Sri Lanka) è comparsa una curiosa notizia (ringrazio la rivista «Il Cedro» per avermela segnalata) riguardante lo stato indiano dell'Orissa. Ricordate? Nel luglio di due anni fa un pogrom di fondamentalisti indù contro i cristiani locali causò la morte di oltre cinquecento persone. In quell'occasione una giovane suora venne bruciata viva, un'altra fu violentata, mentre le chiese e le case dei cristiani venivano distrutte. I fanatici se la presero anche con l'orfanotrofio di Khuntpali, cui fu appiccato il fuoco. Anche le bombe vennero usate: un centro pastorale fu raso al suolo così. Oltre ai morti, il risultato furono migliaia di feriti e un numero impressionante di gente rimasta senza casa.
Ma la furia anticristiana in quei luoghi non si è mai fermata del tutto. Anzi, sono più di dieci anni che va avanti; quello del luglio 2008 è stato solo il massacro più cospicuo. Le autorità hanno deprecato, sì, gli episodi ma in pratica sono state a guardare, anche perché il partito dei nazionalisti indù ha un ruolo non indifferente nella politica indiana. Il cristianesimo è molto diffuso specialmente nella casta più bassa, quella dei dalit, e nelle popolazioni tribali che in Orissa sono numerose. Tra costoro le riconversioni forzate all'induismo sono ormai all'ordine del giorno, anche perché il cristianesimo, con le sue scuole e la sua dottrina della dignità umana, ha insegnato, a gente abituata da sempre a subire e ubbidire, a reagire ai soprusi e a difendersi nei tribunali.
Ed ecco la notizia: pare proprio che la difesa di questa gente abbandonata e perseguitata dagli uomini sia stata assunta direttamente dal Cielo. Sì, perché in India l'elefante gode della stessa sacralità delle vacche. Ebbene, branchi di elefanti selvaggi hanno preso ad attaccare i villaggi dove risiedono i responsabili dei pogrom del 2008, distruggendo ogni cosa. Direte che, in India, non c'è niente di particolarmente strano in ciò: può essere che un elefante selvatico perda la testa. Il fatto è che il primo attacco (già, perché sono stati più d'uno) si è verificato nel luglio 2009, nello stesso giorno e nella stessa ora in cui l'anno prima era partito il pogrom. Uno dei caporioni della pulizia etnica a danno dei cristiani ha visto la sua azienda rasa al suolo, poi è toccato alla sua casa e alle sue fattorie, con un'operazione mirata che ha colpito solo lui. Da quel momento, i villaggi degli induisti non hanno avuto più pace. Quando meno se l'aspettano, ecco spuntare dalla foresta un branco di elefanti imbizzarriti che calpestano ogni cosa. Nell'Orissa sono ormai migliaia le persone che hanno dovuto darsi alla fuga nei campi (ora tocca a loro). Nel distretto di Kandhamal (dove una suora ha subìto uno stupro di gruppo) in sette sono stati uccisi e moltissimi sono rimasti feriti dagli elefanti.
A tutt'oggi sono quarantacinque i villaggi che hanno dovuto sopportare la furia degli elefanti. L'inglese Bbc, nel commentare questi fatti, ha chiarito che in India non è affatto raro che bestie selvatiche entrino nei centri abitati e facciano danni o vittime. Ma gli elefanti distruttori del Kandhamal si sono fatti ben trecento chilometri dalla loro riserva di Lakheri per andare a distruggere le case degli induisti, lasciando in pace quelle dei cristiani. Gli abitanti di quei luoghi sono unanimi nel dire che non hanno mai visto niente di simile. Adesso vivono nella paura di quelli che ormai tutti chiamano gli "elefanti cristiani", mandati dal Cielo a vendicare il sangue dei martiri. In parecchi villaggi sono state edificate barriere anti-elefanti, con blocchi stradali e vedette. Ma gli elefanti continuano con i loro attacchi a sorpresa e mirati. Sono ormai più di settecento le case abbattute da questi bestioni, e innumerevoli le coltivazioni devastate. Nessuno sa spiegare razionalmente perché quei bestioni scelgano accuratamente le loro prede tra quelli che hanno preso parte alla grande mattanza di cristiani. Gli animali vengono dalle riserve del Bihar, di Chattisgarh, di Jharkland, lasciano il loro habitat naturale per andare a compiere la vendetta nell'Orissa. E con una tattica precisa: mandano in avanscoperta i piccoli, poi si radunano e attaccano. I funzionari governativi incaricati della fauna selvatica allargano le braccia.
L'unica cosa che si sa per certo è che gli elefanti hanno la memoria lunga.

giovedì 22 aprile 2010

Al rogo le vecchie favole. La nuova linea del governo Zapatero...Riscrivere favole che smontino l'idea della famiglia tradizionale!


C'erano una volta le favole che facevano sognare, quelle raccontate a bambini normali da genitori normali...C'erano una volta..Oggi un orco vuol portarle via.
Di seguito un bell'articolo di Luca Volontè spiega la folle decisione di Zapatero: mandare al rogo i vecchi libri di favole!

di Luca Volontè
tratto da Il Sussidiario.net

Non si è riflettuto a fondo sul paradosso della “moderna” idea di libertà assoluta, soprattutto quando essa è presa a ragione di politiche pubbliche. L’ennesimo increscioso e stravagante caso è emerso la scorsa settimana nella solita Spagna, ormai in aperta competizione con le “follie anglosassoni”.
Il Governo Zapatero, in particolare il Ministro delle Pari Opportunità, si è lanciato nella “pazza” idea di abolire le favole dai percorsi scolastici, così Cenerentola, La Bella Addormentata nel Bosco e Biancaneve saranno arse al rogo, pur di non “condizionare” le bambine spagnole del futuro.
Una decisione che va ben oltre il limite di ogni buon senso, ricorda le famose pile di libri incendiate da nazisti e comunisti nel secolo scorso, viola il principio della libertà di insegnamento e mette in discussione la stessa educazione di centinaia di generazioni precedenti. Abolire le tre favole citate, fonte di emozione e gioia di milioni di bambine e poi mamme (basterebbe ricordare il successo di Pretty woman), al solo scopo di dare attuazione all’ideologia di gender e all’insano femminismo di taluni circoli, non può trovare giustificazione alcuna.
Le bambine, una volta appassionatesi a Biancaneve o a Cenerentola, potrebbero immaginare di dover veramente aspettarsi un “Principe Azzurro”, così attenderebbero dal maschio una liberazione che invece c’è già! Evidentemente è questa l’idea del “Governo Z”, nel quale non si trova tempo per affrontare la devastante situazione economica e occupazionale, ma ne avanza per inseguire fantasmi ideologici di ogni natura.
Dopo la scelta di introdurre l’obbligatorietà della “educazione civile” nei percorsi scolastici, i cui opuscoli didattici sono intrisi di offese esplicite a Gesù Cristo, la Chiesa Cattolica e la moralità famigliare, un gruppo numeroso di cinquemila padri di famiglia ha fatto appello alla Corte dei Diritti Umani di Strasburgo per vedersi riconosciuto almeno il diritto alla “obiezione di coscienza” verso quell’insegnamento. Ora c’è da attendersi che poeti, scrittori, pompose accademie si muovano per difendere l’educazione dei bambini e delle bambine spagnole, aggredite da una velenosa tragedia gender.
Paradossalmente, tutto ciò viene introdotto per “difendere” l’equilibrio e la felicità futura delle giovani generazioni e nello stesso tempo, dalla violenza educativa si passa alla eliminazione fisica. Proprio negli stessi giorni nei quali il Governo era così impegnato contro Biancaneve, una clinica andalusa pubblicizzava la “tessera fedeltà” che darebbe diritto al 20% di sconto per ogni aborto effettuato dalle giovanissime.
Un Governo che combatte le favole e favorisce l’eliminazione dei bambini, si trova in un truculento paradosso che sfiora il ritorno all’inciviltà pre cristiana. Nei prossimi mesi la Spagna vedrà due novità introdotte dal Governo per educare i propri cittadini: la lotta ai sette nani, rei di aver aiutato Binacaneve, e l’entrata in vigore della nuovissima legge sull’aborto, dove le minorenni cadranno con favore del Governo nelle braccia di tanti Barbablù.

Sì, perché dei 115.000 aborti spagnoli del 2008, solo il 2% erano stati realizzati nelle strutture ospedaliere pubbliche, il 98% è nelle mani di cliniche private che incrementano i loro guadagni a ogni intervento. Veri e propri Barbablù che come nella favola, così nella realtà andalusa, spingono le giovani belle spagnole ad entrare nel “castello” per poi…
Insomma, c’è sempre da imparare dalle favole, non solo per i bambini ma anche per noi adulti.



Goebbels e l’operazione preti pedofili


Nel 1937 il ministro della propaganda nazista organizzò una campagna per screditare la Chiesa cattolica in risposta all’enciclica «Mit brennender Sorge». E il capo del controspionaggio militare tedesco, Wilhelm Canaris, fece arrivare i documenti del piano a Pio XII

Di Massimo Introvigne – L’Avvenire, 16 aprile 2010

« Ci sono casi di abusi sessuali che vengono alla luce ogni giorno contro un gran numero di membri del clero cattolico. Purtroppo non si può più parlare di casi individuali, ma di una crisi morale collettiva che forse la storia culturale dell’umanità non ha mai conosciuto in una dimensione così spaventosa e sconcertante. Numerosi sacerdoti e religiosi sono rei confessi.
Non c’è dubbio che le migliaia di casi venuti a conoscenza della giustizia rappresentino solo una piccola frazione dell’ammontare autentico, dal momento che molti molestatori sono stati coperti e nascosti dalla gerarchia».
Un editoriale di un grande quotidiano laico del 2010? No: un discorso del 28 maggio 1937 di Joseph Goebbels (1897 - 1945), ministro della propaganda del Terzo Reich.
Questo discorso, di grande risonanza internazionale, si situa al culmine di una campagna lanciata dal regime nazista per screditare la Chiesa cattolica coinvolgendola in uno scandalo di preti pedofili. 276 religiosi e 49 sacerdoti secolari sono arrestati nel 1937. Gli arresti si susseguono in tutte le diocesi tedesche, in modo da tenere gli scandali sempre sulla prima pagina dei giornali.
Il 10 marzo 1937 con l’enciclica Mit brennender Sorge papa Pio XI (1857-1939) condanna l’ideologia nazista. Alla fine dello stesso mese il Ministero della Propaganda guidato da Goebbels lancia la campagna contro gli abusi sessuali dei sacerdoti. La programmazione e la gestione di questa campagna è nota grazie a documenti la cui storia è all’altezza dei migliori romanzi di spionaggio. Nel 1937 il capo del servizio di controspionaggio militare tedesco è l’ammiraglio Wilhelm Canaris (1887-1945). È diventato gradualmente antinazista e sta maturando le convinzioni che lo porteranno a organizzare il fallito attentato a Hitler del 1944, in seguito al quale sarà impiccato nel 1945. Canaris disapprova le manovre di Goebbels contro la Chiesa e incarica l’avvocato cattolico Josef Müller (1878-1979) di portare a Roma una serie di documenti segretissimi sul tema. A diverse riprese Müller – prima di essere arrestato e internato nel campo di sterminio di Dachau, cui sopravvivrà diventando nel dopoguerra ministro della giustizia della Baviera – porta i documenti segreti a Pio XII (1876-1958), che chiede alla Compagnia di Gesù di studiarli.
Con l’approvazione della segreteria di Stato le indagini sul complotto nazista contro la Chiesa sono affidate al gesuita tedesco Walter Mariaux (18941963), che dopo avere animato in Germania l’organizzazione antinazista Pauluskreis è stato prudentemente inviato come missionario in Brasile e in Argentina. Qui come dirigente della Congregazione Mariana esercita la sua influenza su tutta una generazione di laici cattolici, tra cui il noto pensatore cattolico brasiliano Plinio Corrêa de Oliveira (1908-1995), che frequenta un suo gruppo a San Paolo.
Mariaux pubblica nel 1940 a Londra in inglese e nel 1941 a Buenos Aires in spagnolo, con lo pseudonimo di 'Testis Fidelis', due volumi sulla persecuzione anti-cattolica nel Terzo Reich: oltre settecento pagine di documenti commentati, che suscitano una grande emozione in tutto il mondo. L’espressione 'panico morale' è stata coniata dai sociologi solo negli anni 1970 per identificare un allarme sociale creato ad arte amplificando fatti reali ed esagerandone il numero attraverso statistiche folkloriche, nonché 'scoprendo' e presentando come 'nuovi' avvenimenti in realtà già noti e risalenti nel tempo. Alla base ci sono eventi reali, ma è il loro numero che è sistematicamente distorto. Anche senza avere a disposizione la sociologia moderna, Goebbels risponde all’enciclica Mit brennender Sorge nel 1937 con un’operazione da manuale di creazione di un panico morale. Come sempre nei panici morali, i fatti non sono totalmente inventati. Prima dell’enciclica vi erano stati in Germania alcuni casi di abusi su minori. Lo stesso Mariaux considera colpevoli un religioso di una scuola di Bad Reichenall, un professore laico, un giardiniere e un bidello condannati nel 1936, rilevando però che la sanzione decisa dal Ministero della Pubblica Istruzione della Baviera – la revoca dell’autorizzazione a gestire istituti scolastici a quattro ordini religiosi – è del tutto sproporzionata e si collega alla volontà del regime di stroncare le scuole cattoliche. Anche sul caso di alcuni francescani di Waldbreitbach, in Renania, Mariaux rimane aperto all’ipotesi di una colpevolezza degli accusati, benché storici successivi non abbiano escluso una montatura nazista.
I casi – pochissimi ma reali – avevano determinato una fermissima reazione dell’episcopato.
Il 2 giugno 1936 il vescovo di Münster, il beato Clemens August von Galen (1878-1946) – l’anima della resistenza cattolica al nazismo, beatificato nel 2005 da Benedetto XVI – fa leggere nelle Messe domenicali una dichiarazione dove esprime «il dolore e la tristezza» per gli «abominevoli delitti» che «coprono d’ignominia la nostra Santa Chiesa».
Il 20 agosto 1936 dopo i fatti di Waldbreitbach l’episcopato tedesco pubblica una lettera pastorale collettiva nella quale «condanna severamente» i responsabili e sottolinea la collaborazione della Chiesa con i tribunali dello Stato.
Alla fine del 1936 le severe misure prese – a fronte di pochissimi casi, alcuni dei quali dubbi – dai vescovi tedeschi sembrano avere risolto i problemi reali. Sommessamente, i vescovi fanno anche rilevare che fra i maestri delle scuole di Stato e nella stessa organizzazione giovanile del regime, la Hitlerjugend, i casi di condanne per abusi sessuali sono molto più numerosi che nel clero cattolico. È l’enciclica contro il nazismo di Pio XI che determina la grande campagna del 1937. Mariaux lo prova pubblicando istruzioni dettagliatissime inviate da Goebbels pochi giorni dopo la pubblicazione della Mit brennender Sorge alla Gestapo, la polizia politica del Terzo Reich, e soprattutto ai giornalisti, invitati a «riscoprire» i casi giudicati nel 1936, e anche episodi più antichi, riproponendoli costantemente all’opinione pubblica. Alla Gestapo Goebbels ordina di trovare comunque testimoni che accusino un certo numero di sacerdoti, minacciandoli di arresto immediato se non collaborano, anche quando si tratta di bambini. La frase proverbiale 'c’è un giudice a Berlino', che nella tradizione tedesca indica una fiducia nell’indipendenza della magistratura dai potenti di turno, vale però – entro certi limiti – perfino nel Terzo Reich.
Dei 325 sacerdoti e religiosi arrestati dopo l’enciclica solo 21 sono condannati. È pressoché certo che fra questi ci siano degli innocenti calunniati. Quasi tutti finiranno nei campi di sterminio, dove molti moriranno. Il tentativo di squalificare la Chiesa cattolica su scala internazionale tramite le accuse di immoralità e pedofilia ai sacerdoti, invece, non riuscirà. Grazie al coraggio di Canaris e dei suoi amici e alla persistenza del gesuita detective Mariaux la verità verrà fuori già durante la guerra. La perfidia della campagna di Goebbels susciterà più indignazione dell’eventuale colpevolezza di alcuni religiosi. Il padre di tutti i panici morali in materia di preti pedofili scoppierà in mano agli stessi propagandisti del nazismo che avevano cercato di organizzarlo.


sabato 17 aprile 2010

Dietro gli attacchi al Papa? Secondo Asianews si nasconderebbe la crisi economica ed un imminente attacco all'Iran


tratto da AsiaNews 14/04/2010 12:26
di Maurizio d'Orlando

Milano (AsiaNews) - La pedofilia è un grave scandalo. Che riguardi poi dei sacerdoti cattolici è uno scandalo ancor maggiore. Soprattutto, per un cattolico devoto, è un dolore simile a pochi altri. È inoltre anche un bene che gli scandali vengano alla luce. È infatti ancora peggio un cancro che divori nel silenzio non solo le anime, ma che pian piano inquini e distrugga dall’interno tutta la struttura dei rapporti dentro la Chiesa. Chi volesse poi cercare un mezzo per attaccare la Chiesa Cattolica non potrebbe trovare pretesto migliore e s’è visto in questi giorni con gli attacchi davvero gratuiti al Papa, culminati il 25 marzo con le evidenti faziosità di un articolo a firma di Laurie Goodstein del New York Times[1].Così, con un chiaro paradosso, proprio il papa Benedetto XVI, che in tempi recenti ha ripetutamente chiesto di non applicare alcuna tolleranza in tali casi, è stato preso di mira più di altri mai prima.
Per precisare e definire gli esatti ruoli e confutare le accuse al Papa già ne hanno scritto in merito vari organi vaticani. Anche il Wall Street Journal ha pubblicato il 6 aprile scorso un editoriale che contestava punto per punto la diffamazione contro il Papa contenuta nell’articolo del New York Times.
Eppure, al di là delle calunnie, ci sono delle coincidenze che disturbano. Una prima coincidenza è che le numerose accuse (alcune risalenti anche a quarant’anni fa) sono spuntate tutte insieme, all’improvviso, come funghi, un po’ dappertutto in vari Paesi del mondo. È già una concomitanza singolare, ma altre, forse più complesse, formano un quadro un po’ inquietante.
L’anti-cattolicesimo del New York Times
A distinguersi negli attacchi al papa è proprio Laurie Goodstein, capo redattrice per le questioni religiose del NYT, nota per uno specifico e particolare livore anti-cattolico, come lo scorso anno aveva ben sintetizzato l’arcivescovo di New York, mons. Timothy M. Dolan in un articolo dal significativo titolo “Anti Cattolicesimo”[2] sul sito ufficiale della diocesi, che il NYT si è rifiutato di pubblicare.
Tale “preferenza” per gli scandali nel mondo cattolico è evidente anche da un altro lato: il NYT (al pari di altri quotidiani americani) si è rifiutato di riferire con la stessa ampiezza altri scandali di pedofilia, riguardanti ad esempio Yehuda Kolko, docente alla Yeshiva Torah Temimah di Brooklyn[3]. Allo stesso modo il NYT non ha sentito il bisogno di riferire che Dov Hikind, fanatico dell’ estrema destra sionista si è rifiutato di testimoniare in tribunale in merito alle migliaia di testimonianze raccolte in breve tempo dopo un programma alla radio su recentissimi scandali di pedofilia ed incesto interni alle comunità ebraiche di New York, (in particolare quelle degli haredim). Eppure la notizia c’era: a chiedergli di riportare la sua testimonianza era stato l’avvocato Dowd, noto in tutti gli USA per le sua celebri cause collettive che hanno portato sul lastrico non poche comunità religiose e diocesi cattoliche americane.
Un’altra coincidenza è che, mentre in mancanza di meglio vengono riesumate vicende di quaranta anni fa che riguardano sacerdoti cattolici, passano invece sotto silenzio altre ben più recenti e gravi vicende di pedofilia[4] (particolarmente significativa la vicenda – su cui Tony Blair ha imposto il segreto di Stato per i prossimi cento anni – riguardanti, una ragazza scozzese, Hollie Greig, e che nel 2003 vedeva coinvolti, tra gli altri il segretario generale della NATO, Lord Robertson e Gordon Brown, allora ministro del Tesoro ed oggi Primo Ministro).

Preparare un attacco all’Iran

Tuttavia, non è inquietante che il NYT applichi due pesi e due misure perché ormai sono rimasti in pochi a ritenerlo autorevole. Non è significativa nemmeno l’ipocrisia britannica sulle vicende sporche di casa propria: è la consuetudine. Molto più inquietante è invece un’altra coincidenza. Il giorno stesso dell’articolo della Goodstein, l’agenzia Reuters raccoglieva a Gerusalemme la notizia, pubblicata il giorno successivo, il 26/3/2010, e ripresa dal Washington Post[5], rapidamente scomparsa dalla stampa “indipendente” anglo-americana e di quasi tutto il resto del mondo: la possibilità che Israele impieghi bombe nucleari tattiche in un attacco preventivo contro l’Iran.
Questa notizia è strettamente collegata ad un’altra, brevemente apparsa un paio di settimane prima e anch’essa poi rapidamente scomparsa dalla stampa “indipendente”: per ordine di Barack Obama una spedizione di speciali bombe ad altissimo potenziale (da impiegare in un attacco all’Iran per far esplodere i rifugi sotterranei) è stata dirottata da Israele, dove era originariamente diretta, alla base militare USA di Diego Garcia nell’Oceano Indiano[6]. Situata 1000 miglia a sud dell’India, al largo tra le isole Mauritius ed il Golfo Persico, Diego Garcia è la base ideale per lanciare un attacco aereo all’Iran. Secondo un esperto, già ora i bombardieri americani sono pronti a colpire 10mila obbiettivi in Iran in poche ore, distruggendo totalmente il Paese[7]. Quando sarà completata la consegna (logisticamente è presumibile in circa uno, due mesi) il dispositivo d’attacco sarà completamente in opera ed il lancio di un’operazione militare potrebbe perciò essere ordinato in qualsiasi momento. In altri termini gli USA vogliono mantenere in proprio pugno tutte le opzioni, mentre Israele vuol premere l’acceleratore e minaccia di usare le proprie armi nucleari tattiche, se gli USA non si decidono a fare quanto Israele desidera.
Il 9 aprile la Russia e gli USA hanno firmato un accordo in un cui s’impegnano a non usare armi atomiche contro i Paesi che hanno firmato i trattati di non proliferazione nucleare (e questo lascia fuori l’Iran e la Corea del Nord, ma, di rigore, anche Israele, di cui però non si dice). Sempre di questi giorni è la notizia che Obama e Sarkozy si stanno adoperando per formare un consenso internazionale a nuove sanzioni contro l’Iran entro poche settimane, forse già nei prossimi giorni. È dunque chiaro che dalle sanzioni si potrebbe passare ben presto ad un attacco catastrofico contro l'Iran. Eppure l’Iran non è il solo Paese che potrebbe aver violato gli accordi di non proliferazione nucleare. Ad esempio Israele, in barba a tutti i trattati, dispone di ben 200 /400testate atomiche. Anzi ne minaccia l’impiego (sebbene facendo riferimento ad armi nucleari “tattiche”, come se ciò fosse meno inquietante). Il punto, come è noto, riguarda il fatto che l’Iran starebbe (forse) per dotarsi di alcuni, pochi, ordigni nucleari. Il forse, in questo caso è d’obbligo perché di prove certe non ne sono state fornite. Il condizionale è pure d’obbligo dopo che il mondo ha potuto constatare che valore possono avere le informative provenienti dai vari servizi segreti. Si disse che l’Iraq di Saddam Hussein disponeva di armi di distruzione di massa. L’Iraq è stato invaso, circa 1,3 milioni di iracheni sono morti, eppure le armi di distruzione di massa non sono state trovate. Di fronte a certe asserzioni, una qualche perplessità è comprensibile, senza per questo voler assolvere né Saddam Hussein, né il regime iraniano. Tale perplessità viene però spesso tacciata di fiancheggiamento del terrorismo islamista e magari di antisemitismo in senso lato (laddove ad esempio questo termine viene esteso a chiunque critichi la politica del governo d’Israele).
Il punto è che se le sanzioni sono il preludio ad un attacco contro l’Iran, forse non a tutti è chiaro che una distruzione dell’Iran, magari con l’uso di armi nucleari tattiche, potrebbe innescare la III Guerra mondiale. Circa 10 mila cittadini russi operano nelle vicinanze delle centrali nucleari iraniane per la produzione di energia elettrica ed è noto che la Cina ha stretto buoni rapporti con l’Iran. Certo il regime iraniano è inquietante, a dir poco, ma è davvero poco credibile che per bloccare il possibile approntamento di alcuni ordigni nucleari, che vanno ad aggiungersi ai tantissimi già stoccati negli arsenali di tutto il mondo, si rischi d’innescare un conflitto mondiale di proporzioni inimmaginabili.

Il grande fallimento economico

La questione forse è un’altra: la guerra dovrebbe servire a nascondere un grande fallimento economico. Ci attendono infatti nuove ondate di insolvenze nei mutui e nei titoli finanziari "tossici". Sta per venire alla luce l’insolvenza sui mercati “fisici” dell’oro e di altre materie prime, una frode gigantesca con al centro HSBC, Goldman Sachs e JPMorgan-Chase, al cui paragone quella di Madoff parrà il furtarello delle merendine tra alunni delle scuole elementari. Guarda caso proprio nello stesso periodo, in cui fu tacitato lo scandalo nelle alte sfere britanniche, sempre Gordon Brown vendette (o svendette ? ) le riserve auree britanniche[8]. Soprattutto, il debito pubblico in molti Paesi del mondo ha raggiunto proporzioni non solo non più gestibili, ma che nemmeno più si possono nascondere o procrastinare in un lontano futuro, perché il futuro è arrivato, è ora. Secondo la Banca dei regolamenti Internazionali (BRI) - non secondo AsiaNews o qualche blogger un po’ estremo o lunatico - il debito pubblico USA è destinato a toccare il 400 % del PIL. Diviene necessario mettere la sordina alle truffe gigantesche sulle vendite allo scoperto sui mercati fisici di Londra e New York di metalli preziosi, che ora ed altri non sono in grado di onorare. Soprattutto il sistema-potere che controlla il circuito dei grandi mezzi di comunicazione deve giustificare la prossima inevitabile ed ormai certa insolvenza della Federal Reserve e del Tesoro degli Stati Uniti.
Come insegna la storia, non da ultimo la guerra delle Falklands da parte della giunta argentina in piena bancarotta, una guerra (o in certi altri casi, vedi la Jugoslavia, una guerra civile) ha il “pregio” di coprire tutto con l’iperinflazione. È una soluzione semplice e geniale, ben collaudata da millenni.
In questo contesto, chi potrebbe avere qualcosa da ridire ? La Chiesa Cattolica ed il Papa. Per questo, occorreva ed occorre colpirne l'autorità morale ad ogni costo. Ma forse questa è solo una coincidenza.

NOTE
[1] La campagna lanciata da stampa e televisione ha però lasciato dei segni. Sembra infatti quasi che la pedofilia sia un fenomeno che riguardi solo o principalmente i sacerdoti cattolici. Celibi per tradizione e legge della Chiesa, accusarli è facile. In USA, ad esempio, le accuse riguardano quasi il 4 % dei preti cattolici, ma di essi solo l’1% sono poi riconosciuti colpevoli. Sembra anche che, per definizione, l’unica preoccupazione dei vescovi sia di coprire i preti pedofili, come se non vi fossero non solo precetti di fede e regole canoniche ben precise, ma come se negli USA e nel resto del mondo manchino giudici e tribunali disposti a scontrarsi con le gerarchie cattoliche. Semmai è vero il contrario: molti mezzi di comunicazione e molti ambienti giuridici hanno dato prova di essere mossi da malevoli preconcetti nei confronti del cattolicesimo e delle gerarchie cattoliche.
[2] Vedi http://blog.archny.org/?p=42 , 29 ott. 2009, Anti-Catholicism, di Timothy M. Dolan.
[3] Cfr.: http://failedmessiah.typepad.com/failed_messiahcom/2008/11/ny-times-sexual.html
[4] Si pensi anche alla vicenda degli omicidi compiuti in Belgio da Marc Dutroux in un ambito di gruppi pedofili cui era emerso un coinvolgimento non solo del capo della polizia ma anche di Jacques Delors presidente della Commissione Europea. Si pensi anche ai numerosi casi di pedofilia nell'organizzazione dei Boy Scout in Australia e negli stessi USA sono completamente ignorate da tutti i mezzi di comunicazione di massa.
[5] Israel could use tactical nukes on Iran, Dan Williams, Friday, March 26, 2010
http://www.washingtonpost.com/wp-dyn/content/article/2010/03/26/AR2010032601354.html
[6] http://www.heraldscotland.com/news/world-news/final-destination-iran-1.1013151
http://www.worldtribune.com/worldtribune/WTARC/2010/me_israel0217_03_18.asp
[7] L’ordine di Obama blocca anche la consegna ad Israele di alcuni strumenti d’attacco (elicotteri e aerei cisterna per il rifornimento in volo su lunghe distanze) necessari per un’offensiva contro l’Iran, già in precedenza negati da Bush. Il rifiuto di George Bush era stato espresso a fine agosto poche settimane prima del fallimento Lehman durante la campagna elettorale presidenziale americana ed aveva avuto l’effetto di spostare il favore ed i finanziamenti della lobby ebraica USA da McCain ad Obama..
[8]Vedi: Did Gordon Brown Sell UK's Gold To Keep AIG And Rothschild Solvent ? ; More Disclosures On How The NY Fed Manipulates Gold Prices http://www.zerohedge.com/article/did-gordon-brown-sell-uks-gold-keep-aig-and-rothschild-solvent-more-disclosures-how-ny-fed-m

giovedì 15 aprile 2010

Sindone: le prove della Resurrezione


di Antonio Socci
da “Libero”, 11 aprile 2010

Tutta la terra desidera il tuo volto”. In questa frase della liturgia sta il segreto della Sindone che continua ad attrarre milioni di persone. E’ l’attrazione per colui che la Bibbia definiva “il più bello tra i figli dell’uomo”. E che qui è “fotografato” come un uomo macellato con ferocia.
La Sindone non è solo “una” notizia oggi, perché inizia la sua ostensione. E’ “la” notizia sempre. Perché documenta – direi scientificamente – la sola notizia che – dalla notte dei tempi alla fine del mondo – sia veramente importante: la morte del Figlio di Dio e la sua resurrezione cioè la sconfitta della morte stessa.

Sì, avete letto bene. Perché la sindone non illustra soltanto la feroce macellazione che Gesù subì, quel 7 aprile dell’anno 30, con tutti i minimi dettagli perfettamente coincidenti con il resoconto dei vangeli, ma documenta anche la sua resurrezione: il fatto storico più importante di tutti i tempi, avvenuta la mattina del 9 aprile dell’anno 30 in quel sepolcro appena fuori le mura di Gerusalemme.
Che Gesù sia veramente vivo lo si può sperimentare – da duemila anni – nell’esperienza cristiana. Attraverso mille segni e una vita nuova. Ma la sindone porta traccia proprio dell’evento della sua resurrezione.
Ce lo dicono la medicina legale e le scoperte scientifiche fatte con lo studio dettagliato del lenzuolo per mezzo di sofisticate apparecchiature. Cosicché questo misterioso lino diventa una speciale “lettera” inviata soprattutto agli uomini della nostra generazione, perché è per la prima volta oggi, grazie alla moderna tecnologia, che è possibile scoprire le prove di tutto questo.

Cosa hanno potuto appurare infatti gli specialisti? In sintesi tre cose.

Primo. Che questo lenzuolo – la cui fattura rimanda al Medio oriente del I secolo e in particolare a tessitori ebrei (perché non c’è commistione del lino con tessuti di origine animale, secondo i dettami del Deuteronomio) – ha sicuramente avvolto il corpo di un trentenne ucciso (morto tramite il supplizio della crocifissione con un supplemento di tormenti che è documentato solo per Gesù di Nazaret).
Che ha avvolto un cadavere ce lo dicono con certezza il “rigor mortis” del corpo, le tracce di sangue del costato (sangue di morto) e la ferita stessa del costato che ha aperto il cuore.

Secondo. Sappiamo con eguale certezza che questo corpo morto non è stato avvolto nel lenzuolo per più di 36-40 ore perché, al microscopio, non risulta vi sia, sulla sindone, alcuna traccia di putrefazione (la quale comincia appunto dopo quel termine): in effetti Gesù – secondo i Vangeli – è rimasto nel sepolcro dalle 18 circa del venerdì, all’aurora della domenica. Circa 35 ore.

Terza acquisizione certa, la più impressionante. Quel corpo – dopo quelle 36 ore – si è sottratto alla fasciatura della sindone, ma questo è avvenuto senza alcun movimento fisico del corpo stesso, che non è stato mosso da alcuno né si è mosso: è come se fosse letteralmente passato attraverso il lenzuolo.
Come fa la sindone a provare questo? Semplice. Lo dice l’osservazione al microscopio dei coaguli di sangue.

Scrive Barbara Frale in un suo libro recente: “enormi fiotti di sangue erano penetrati nelle fibre del lino in vari punti, formando tanti grossi coaguli, e una volta secchi tutti questi coaguli erano diventati grossi grumi di un materiale duro, ma anche molto fragile, che incollava la carne al tessuto proprio come farebbero dei sigilli di ceralacca. Nessuno di questi coaguli risulta spezzato e la loro forma è integra proprio come se la carne incollata al lino fosse rimasta esattamente al suo posto”.
Lo studio dei coaguli al microscopio rivela che quel corpo si è sottratto al lenzuolo senza alcun movimento, come passandogli attraverso. Ma questa non è una qualità fisica dei corpi naturali: corrisponde alle caratteristiche fisiche di un solo caso storico, ancora una volta quello documentato nei Vangeli.
In essi infatti si riferisce che il corpo di Gesù che appare dopo la resurrezione è il suo stesso corpo, che ha ancora le ferite delle mani e dei piedi, è un corpo di carne tanto che Gesù, per convincere i suoi che non è un fantasma, mangia con loro del pesce, solo che il suo corpo ha acquisito qualità fisiche nuove, non più definite dal tempo e dallo spazio.

Può apparire e scomparire quando e dove vuole, può passare attraverso i muri: è il corpo glorificato, come saranno anche i nostri corpi divinizzati dopo la resurrezione.
Si tratta quindi di un caso molto diverso dalla resurrezione di Lazzaro che Gesù semplicemente riportò in vita. La resurrezione di Gesù – com’è riferita dai Vangeli e documentata dalla sindone – è la glorificazione della carne non più sottoposta ai limiti fisici delle tre dimensioni, l’inizio di “cieli nuovi e terra nuova”.
La “prova” sperimentale di questa presenza misteriosa di Gesù è propriamente l’esperienza cristiana: Gesù continua a manifestare la sua presenza fra i suoi continuando a compiere i prodigi che compiva duemila anni fa e facendone pure di più grandi.

Ma la sindone documenta in modo scientificamente accertabile l’unico caso di morto che – anziché andare in putrefazione – torna in vita sottraendosi alla fasciatura senza movimento, grazie all’acquisizione di qualità fisiche nuove e misteriose, che gli permettono di smaterializzarsi improvvisamente e oltrepassare le barriere fisiche (come quella del lenzuolo stesso).

E’ esattamente ciò che si riferisce nel vangelo di Giovanni: quando Pietro e Giovanni entrano nel sepolcro dove erano corsi per le notizie arrivate dalle donne, si rendono conto che è accaduto qualcosa di enorme proprio perché trovano il lenzuolo esattamente com’era, legato attorno al corpo, ma come afflosciato su di sé perché il corpo dentro non c’era più.
Più tardi, aprendo quel lenzuolo, scopriranno un’altra cosa misteriosa: quell’immagine. Ancora oggi, dopo duemila anni, la scienza e la tecnica non sanno dirci come abbia potuto formarsi. E non sanno riprodurla.
Infatti non c’è traccia di colore o pigmento, è la bruciatura superficiale del lino, ma sembra derivare dallo sprigionarsi istantaneo di una formidabile e sconosciuta fonte di luce proveniente dal corpo stesso, in ortogonale rispetto al lenzuolo (fatto anch’esso inspiegabile).
La “non direzionalità” dell’immagine esclude che si siano applicate sostanze con pennelli o altro che implichi un gesto direzionale. E ci svela che l’irradiazione è stata trasmessa da tutto il corpo (tuttavia il volto ha valori più alti di luminanza, come se avesse sprigionato più energia o più luce).
Quello che è successo non è un fenomeno naturale e non è riproducibile. Non deriva dal contatto perché altrimenti non sarebbe tridimensionale e non si sarebbe formata l’immagine anche in zone del corpo che sicuramente non erano in contatto col telo (come la zona fra la guancia e il naso).

Oggi poi i computer hanno permesso di rintracciare altri dettagli racchiusi nella sindone che tutti portano a lui: Gesù di Nazaret.
Dai 77 pollini, alcuni dei quali tipici dell’area di Gerusalemme (quello dello Zygophillum dumosum, si trova esclusivamente nei dintorni di Gerusalemme e al Sinai), alle tracce (sul ginocchio, il calcagno e il naso) di un terriccio tipico anch’esso di Gerusalemme. Ai segni di aloe e mirra usate dagli ebrei per le sepolture.
Infine le tracce di scritte in greco, latino ed ebraico impresse per sovrapposizione sul lenzuolo.
Barbara Frale ha dedicato un libro al loro studio, “La sindone di Gesù Nazareno”. Da quelle lettere emerge il nome di Gesù, la parola Nazareno, l’espressione latina “innecem” relativa ai condannati a morte e pure il mese in cui il corpo poteva essere restituito alla famiglia.
La Frale, dopo accuratissimi esami, mostra che doveva trattarsi dei documenti burocratici dell’esecuzione e della sepoltura di Gesù di Nazaret. Un fatto storico. Un avvenimento accaduto che ha cambiato tutto.

martedì 13 aprile 2010

Il diavolo per mestiere


E' il titolo dato alla trasmissione di Porta a Porta andata in onda il 7 aprile scorso su Rai1. Chi si fosse perso la puntata può rivederla in streaming a al seguente indirizzo http://www.rai.tv/dl/RaiTV/programmi/media/ContentItem-a242a3f0-e060-4bc8-8f13-c1d323f58905.html

sabato 3 aprile 2010

Analisi sulla situazione del Clero



Un lucido quadro della situazione attuale. Sono certo che molti di voi lettori riscontreranno nel testo la drammatica verità di alcuni passaggi...
Preghiamo con fede per la Chiesa e per i suoi ministri!


Fonte: il Foglio, 13 marzo 2010

di Alessandro Gnocchi e Mario Palmaro

Grazie a Dio, ci sono ancora parroci che, quando li si cerca, si trovano in chiesa, magari in ginocchio davanti al Santissimo oppure a confessare. Sono quei parroci che celebrano la Messa con devozione, consci di offrire sull’altare, a soddisfazione del Padre e per il bene dei fedeli, il sacrificio del Figlio. Sono quei parroci consapevoli del fatto che anche il più indegno dei sacerdoti può compiere ciò che nemmeno centomila battezzati integerrimi possono fare: perdonare un peccato mortale e trasformare il pane e il vino nel corpo e nel sangue di Cristo. Sono quei parroci che, durante l’Anno sacerdotale voluto da Papa Benedetto XVI, non li si è visti per qualche giorno tra canonica, sacrestia e chiesa perché sono andati in pellegrinaggio ad Ars, dipartimento dell’Ain, Francia, 45° e 58’ di latitudine nord, 4° e 49’ di longitudine est e hanno fatto delle coordinate del villaggio a suo tempo affidato al Santo Curato la croce che segna il cuore del loro sacerdozio.
Ma quanti sono?
Il parroco moderno, di solito, si presenta sotto altre spoglie. E’ iperattivo e impegnato altrove. In tipografia per il bollettino parrocchiale, sul cantiere del nuovo oratorio, a controllare le attività della Caritas, a discutere con l’assessore ai Servizi sociali, a passare le carte dell’ennesimo piano pastorale partorito dall’ennesimo ufficio diocesano, a barcamenarsi nelle discussioni del consiglio pastorale. Altrove. Non di rado una vittima del sistema, spesso è anche un onest’uomo. Ma noi fedeli non possiamo accontentarci di parroci che siano solo onest’uomini.

L’abate Giovanni Battista Chautard in un aureo libretto intitolato “L’anima di ogni apostolato” diceva impietosamente:
“A sacerdote santo, si dice, corrisponde un popolo fervente; a sacerdote fervente un popolo pio; a sacerdote pio un popolo onesto; a sacerdote onesto un popolo empio”.
Anche i più inguaribili ottimisti devono riconoscere che la crisi pluridecennale in cui si dibatte il cattolicesimo è essenzialmente una crisi del sacerdozio e dei sacerdoti. Un dramma in tre atti. Il primo, andato in scena negli anni successivi al Concilio, è stato accompagnato da clamorosi fenomeni di contestazione e da una imponente emorragia di preti che hanno abbandonato la tonaca. Nel secondo, gli abbandoni sono diminuiti e i fenomeni di dissenso sono andati scemando, lasciando il posto a una diffusa visione burocratica del ruolo del sacerdote, fedele esecutore della linea dettata dal vescovo e insensibile, quando non addirittura refrattario, alla volontà del Papa. Si è così affermata una figura di parroco conservatore nella sua fedeltà incrollabile alla teologia moderna e allo “spirito del Concilio”, ma, proprio per questo, progressista nella sua aperta dissonanza dal magistero e dalla tradizione. Il terzo atto è appena cominciato ed è caratterizzato dall’inesorabile declino numerico dei sacerdoti nella vecchia Europa, cui corrisponde un tremendo “che fare?”.

Molti sostengono che la mancanza di vocazioni sia un fatto che deve essere accettato senza tentare alcuna contromisura. Anzi, dicono, siccome è Dio che manda operai nella vigna, è Lui stesso che decide di rallentare o addirittura estinguere il flusso delle vocazioni. Ragion per cui saremmo di fronte a uno di quei famosi “segni dei tempi” che esigono di “pensare” una chiesa diversa da quella che abbiamo fin qui conosciuto. Tradotto in parole più semplici, bisogna prepararsi a una chiesa senza sacerdoti.
Ma chi nella storia aveva pensato a costruire una chiesa senza preti? Martin Lutero.
L’ombra della protestantizzazione si allunga su non poche diocesi sotto le mentite spoglie dell’emergenza vocazionale. Ecco così fiorire l’idea di parrocchie in cui i laici impegnati, quasi sempre donne, rimpiazzino il prete nelle sue funzioni. Ed ecco attuarsi, come ad esempio nella diocesi di Milano, un complesso piano di accorpamento delle parrocchie sotto il cappello delle comunità pastorali, con la regia di sacerdoti-funzionari di mezza età. Una riforma che in questi mesi sta mettendo tutti d’accordo, nel senso che laici e sacerdoti non ne possono più.

Quello milanese è un laboratorio tanto pericoloso quanto interessante. Chiunque vi si applichi può osservare da vicino il rischio di sgomberare il campo dalla vecchia figura del parroco, che nel diritto canonico ha una sua potestas molto robusta, per sostituirlo con dei preti che appaiono più simili a dei burocrati diocesani. I danni pastorali di una simile impostazione sono evidenti. Il prete che non risiede stabilmente in una comunità non riesce a essere un punto di riferimento per i fedeli.
E, soprattutto, non diventa un modello, anche sul piano antropologico, per i ragazzi e i giovani che sempre meno avranno voglia di diventare come lui e verificare se hanno la vocazione al sacerdozio. Non a caso, nella terra di Ambrogio, si stanno affidando alcuni oratori a degli “animatori” stipendiati. Non a caso, nella diocesi che fu di San Carlo, un parroco può spiegare ai fedeli attoniti che “la domenica, invece di prendere la macchina e andare a Messa in una chiesa vicina, potete riunirvi e leggere insieme il Vangelo”. Il progetto sembra evidente. Siccome ci sono meno preti, si fanno fare più cose ai laici, con la conseguenza che ci saranno sempre meno preti e sempre più laici, finché il sistema progettato per funzionare perfettamente senza preti arriverà a pieno regime. Come sarebbe piaciuto a Lutero.

Ma questo ragionamento, viziato da una conclusione precofenzionata, risulta di conseguenza viziato anche in origine. E’ proprio vero che non esistono vocazioni? Oppure le si va a cercare dove non ci sono? A riprova di questa idea, sta il fatto che, mentre i seminari diocesani si svuotano, molte famiglie religiose di recente fondazione e fortemente incentrate sul sacerdozio cattolico hanno i loro seminari, anche minori, stracolmi. Forse, a voler leggere i “segni dei tempi”, si impara qualcosa dallo svuotarsi dei seminari diocesani. Innanzi tutto che sono un problema. Nessuno sa dire con certezza quale siano gli standard dottrinali comuni ai luoghi in cui si devono vagliare e far crescere le vocazioni.
C’è però un’aneddotica inquietante che racconta di seminaristi costretti a recitare il rosario di nascosto, a non rimanere inginocchiati durante la Messa, a farsi mandare a casa propria riviste di apologetica come Il Timone, ad ascoltare clandestinamente Radio Maria. Per le misteriose vie della Provvidenza, nonostante un simile apparato deformante, ci sono ancora buoni preti cattolici che oggi si affacciano, giovani e freschi di ordinazione, alla loro missione apostolica.
Ma sono fiori nel deserto, perché la crisi è ben più drammatica di quanto si voglia dire.

E' sufficiente una ricognizione della prassi liturgica invalsa in questi anni per rendersene conto. Le Messe domenicali offrono esempi a non finire. Dal prete che, al momento della comunione, si fa da parte e va a dirigere i canti mentre i ministri straordinari dell’eucaristia svolgono ordinariamente ciò che non toccherebbe loro, a quello che alla Messa per la Prima Comunione invita i bambini a recitare la formula di consacrazione assieme a lui, a quello che fa tenere l’omelia alla catechista. E’ il sacerdozio universale, bellezza. Una deriva ormai lontana mille miglia da quanto la Chiesa cattolica ha sempre insegnato. San Tommaso d’Aquino spiega benissimo che il sacerdozio dei fedeli consiste nel “ricevere” da Dio, mentre il sacerdozio ordinato consiste nell’“offrire” a Dio. Ma, una volta oscurato nella teologia l’aspetto sacrificale della Messa, il sacerdote ordinato finisce per essere come un comune fedele.

E’ doloroso portarne le prove, ma non si può raccontare la progressiva scomparsa dei parroci nascondendone i segni. E’ capitato per esempio che, venute a scarseggiare le ostie consacrate per la comunione in una chiesa di un’importante città lombarda, si sia corsi in fretta e furia a prendere delle particole in sacrestia e le si sia mischiate alle altre, quasi che la consacrazione possa avvenire per semplice contatto.
Qui è in gioco il cuore della fede cattolica. Qui ci si balocca con il dogma della presenza reale di corpo, sangue, anima e divinità di Gesù Cristo nell’ostia consacrata a opera del sacerdote.

Sarà brutale, ma senza presenza reale non c’è sacerdozio. Senza la certezza che nell’ostia c’è tutto Gesù Cristo, senza riverenza per quel pane bianco e immacolato, senza sacro timore al cospetto di tanta grandezza, senza dolcezza al cospetto del manifestarsi della Grazia pallida e pura, il sacerdote può solo farsi da parte.
Quando si arriva a questo, si comprende che il vecchio parroco, quello che anche tanti atei ricordano con un certo rispetto o persino un certo affetto, quello che magari metteva soggezione ma era capace di dire la parola giusta al momento giusto, quello che induceva a guardare in Cielo quando si rischiava di affezionarsi troppo alla terra, quel parroco non c’è più.

Non poteva andare diversamente viste le premesse. Quando il 24 ottobre 1967, davanti al Sinodo dei vescovi, si tenne nella Cappella Sistina una celebrazione sperimentale della Messa prodotta dalla riforma postconciliare, l’impressione più diffusa venne riassunta benissimo dai molti che definirono il rito “freddo come una cena luterana”. Col risultato che più della metà dei padri sinodali votò contro o, quanto meno, chiese modifiche sostanziali. Monsignor Annibale Bugnini, artefice della riforma, accusò il colpo, ma non arretrò, anzi. Nel suo libro “La riforma liturgica” spiega quanto inadeguati fossero quei vescovi che non avevano gradito il suo lavoro. In particolare, riserva parole poco benevole per quelli “assillati dal dogma della presenza reale” che, poveri ruderi medievali, “avevano visto con preoccupazione qualche riduzione nei gesti e nelle genuflessioni, l’allungarsi della liturgia della Parola”.

Proprio così, tra i vescovi di santa romana chiesa ce n’erano ancora molti con la fissa della presenza reale di Nostro Signore nell’eucaristia. Levata quella fissa, oggi, in gran parte dei seminari, è considerato chiaro segno di non-vocazione rimanere inginocchiati per il ringraziamento dopo la comunione. Ma se un sacerdote non insegna ai suoi parrocchiani la reverenza per Dio che cos’altro può fare? Se non vuol rimanere con le mani in mano, ecco che insegnerà la reverenza per qualcos’altro: per l’ambiente, per la pace, per i poveri, per le balene in via d’estinzione. Persino per il dio delle altre religioni: ma non per il proprio. Non è un caso se, nell’udienza generale del 1° luglio 2009, a proposito dell’anno sacerdotale, Papa Benedetto XVI ha detto:
“Dopo il Concilio Vaticano II, si è prodotta qua e là l’impressione che nella missione dei sacerdoti in questo nostro tempo, ci fosse qualcosa di più urgente; alcuni pensavano che si dovesse in primo luogo costruire una diversa società”.
Ma non è in un progetto umanitario che trova compimento la vocazione al sacerdozio.

Il sacerdote radica la sua identità nel primato della Grazia divina. “A fronte di tante incertezze e stanchezze anche nell’esercizio del ministero sacerdotale, è urgente il recupero di un giudizio chiaro ed inequivocabile sul primato assoluto della grazia divina, ricordando quanto scrive san Tommaso d’Aquino: ‘Il più piccolo dono della Grazia supera il bene naturale di tutto l’universo’”.


Nell’udienza precedente aveva inoltre spiegato che “in un mondo in cui la visione comune della vita comprende sempre meno il sacro, al posto del quale la funzionalità diviene l’unica decisiva categoria, la concezione cattolica del sacerdozio potrebbe rischiare di perdere la sua naturale considerazione, talora anche all’interno della coscienza ecclesiale”. Perso di vista tutto questo, il destino del parroco è quello di essere uno fra i tanti. A far marciare le cose per bene in parrocchia ci pensa il popolo che, liberato da secoli di oppressione liturgica, può dare finalmente sfogo alla sua democratica creatività. Ma il popolo, quand’anche sia il “popolo di Dio”, una volta abbandonato a se stesso, al massimo riesce a mettere su la Festa dell’Unità, fosse pure la Festa dell’Unità dei cristiani.

E il prete, nella gran parte dei casi cresciuto nella stessa temperie, partecipa con entusiasmo. Poiché l’entusiasmo è l’unico criterio che oggi misura la riuscita di qualsiasi iniziativa ecclesiale, dalla celebrazione della Messa alla raccolta di carta per il Mato Grosso. Se una Messa non è partecipata entusiasticamente, se non è animata entusiasticamente pare quasi non sia valida. Così, ognuno ci mette del suo. C’è chi si affanna nella corsa al microfono per leggere chilometriche preghiere dei fedeli, chi compie gesti simbolici che danno un senso ulteriore alla Messa, chi sale alla ribalta per spiegare che cosa significhino quei gesti simbolici, chi dai gesti simbolici si sente edificato e chi, ma raramente, volta i tacchi dicendo: “Se me lo devi spiegare che razza di simbolo è?”.

Quanto sono lontane le Messe del Curato d’Ars. Quanto lontana la sua concezione del sacerdozio. Quanto lontano il suo essere parroco, responsabile davanti a Dio del destino eterno di ogni anima affidatagli. “Tolto il sacramento dell’Ordine” diceva ai suoi parrocchiani il santo
“noi non avremmo il Signore. Chi lo ha riposto là in quel tabernacolo? Il sacerdote. Chi ha accolto la vostra anima al primo entrare nella vita? Il sacerdote. Chi la nutre per darle la forza di compiere il suo pellegrinaggio? Il sacerdote. Chi la preparerà a comparire innanzi a Dio, lavandola per l’ultima volta nel sangue di Gesù Cristo? Il sacerdote, sempre il sacerdote. E se quest’anima viene a morire per il peccato, chi la risusciterà, chi le renderà la calma e la pace? Ancora il sacerdote”. E poi ancora sopraffatto dalla responsabilità di dare a Dio ciò che gli spetta anche per conto altrui: “E’ il prete che continua l’opera della Redenzione sulla terra. Che ci gioverebbe una casa piena d’oro se non ci fosse nessuno che ce ne apre la porta? Il prete possiede la chiave dei tesori celesti, è lui che apre la porta, è lui l’economo del buon Dio, l’amministratore dei suoi beni. Lasciate una parrocchia, per vent’anni, senza prete, vi si adoreranno le bestie
.