martedì 4 settembre 2018

Commento al Vangelo di Don Luigi Maria Epicoco - Lc 4,31-37

Dal Vangelo secondo Luca
 In quel tempo, Gesù scese a Cafàrnao, città della Galilea, e in giorno di sabato insegnava alla gente. Erano stupiti del suo insegnamento perché la sua parola aveva autorità. 
Nella sinagoga c’era un uomo che era posseduto da un demonio impuro; cominciò a gridare forte: «Basta! Che vuoi da noi, Gesù Nazareno? Sei venuto a rovinarci? Io so chi tu sei: il santo di Dio!». 
Gesù gli ordinò severamente: «Taci! Esci da lui!». E il demonio lo gettò a terra in mezzo alla gente e uscì da lui, senza fargli alcun male. 
Tutti furono presi da timore e si dicevano l’un l’altro: «Che parola è mai questa, che comanda con autorità e potenza agli spiriti impuri ed essi se ne vanno?». E la sua fama si diffondeva in ogni luogo della regione circostante.
Parola del Signore

Commento al Vangelo di Don Luigi Maria Epicoco

“Nella sinagoga c’era un uomo che era posseduto da un demonio impuro; cominciò a gridare forte: «Basta! Che vuoi da noi, Gesù Nazareno? Sei venuto a rovinarci? Io so chi tu sei: il santo di Dio!»”. Ci sono giorni che invidio la nitida e profonda fede del diavolo. Ditemi se qualcuno di noi ha la stessa precisione teologica e chiarezza dottrinale nel rivolgersi a Gesù in questo modo. Pensiamo che il peccato del diavolo sia la mancanza di fede, ma ci sbagliamo. Il diavolo ha più fede di noi. Ma la fede è diabolica quando non è collegata alla carità, quando non diventa amore, quando non arriva al punto di “dare la vita per i propri amici”. È qui che casca l’asino, e il diavolo. E qui che caschiamo noi o prendiamo il volo. Solo se la nostra fede aumenta la nostra capacità di amare Dio, noi stessi e il prossimo allora è fede che salva. Diversamente è correttezza teologica in bocca al più preparato teologo della storia: il diavolo; ma non è fede che ci salva. Se fosse bastata la semplice informazione, Gesù non sarebbe morto per noi. Ma l’amore non è la comunicazione di un concetto, ma un fatto che ci salva. Esattamente come una madre che non spiega al figlio le formule chimiche delle sue emozioni, o i legami psico-affettivi che gli scattano quando vuole sentirsi voluto bene, ma lo abbraccia e lo abbraccia forte. Quell’abbraccio vale più di tutti i manuali di chimica e psicologia. È questa mancanza di “fattualità” che tante volte condanna il nostro cristianesimo ad essere corretto solo teologicamente ma non realmente. È la perversione della Verità che si mostra a noi solo nella sua forma più astratta, ma che non ha nessuna incidenza nella vita. Forse noi non saremo preparai teologicamente come il diavolo ma possiamo fare qualcosa che lui non può più fare: amare nei fatti e nella verità. Amare non è una tecnica ma una scelta. Delle volte sbagliamo anche, ma è meglio sbagliare amando che non sbagliare non amando. L’inferno è una distesa infinita di mancanza di amore. Proprio per questo è inferno.


Nessun commento:

Posta un commento