mercoledì 25 novembre 2009

Guai a discutere di Maometto. Ma Gheddafi può insultare Gesù.


A cura di Renato Farina – Il Giornale 17/11/09

Arrivato a Roma, che resta in fondo la capitale della cristianità, Gheddafi non ha staccato il crocifisso dal muro. A quello ci pensa l'Europa. Lui ha preteso di identificare chi vi è stato inchiodato. Dicendo: «Non è Gesù, non è mai stato Gesù».

«Era un sosia, uno che gli assomigliava», ha predicato con solennità. Per citare l'agenzia Ansa si sarebbe espresso così: «Voi credete che Gesù è stato crocifisso ma non lo è stato, lo ha preso Dio in cielo. Hanno crocefisso uno che assomigliava a lui». Ma non solo: «Gli ebrei hanno cercato di ammazzare Gesù perché lui voleva rimettere sulla via giusta la religione di Mosè».
Insomma: Gesù è un profeta dell'Islam, e sarebbe una specie di vigliacco che scappa in braccio a Dio per non farsi mettere a morte dagli ebrei, lasciando che sia un altro a soffrire per lui. La nostra idea, forse la nostra speranza, è che ieri a dire queste bestialità beduine non sia stato il vero Colonnello ma un suo sosia. Una pratica molto nota tra i capi musulmani. Saddam Hussein ne aveva una dozzina, è stato scritto un bellissimo libro sul tema da Martin Amis. Probabile ne abbia anche Gheddafi, ma la prossima volta li scelga più intelligenti, e anche più rispettosi delle persone e del luogo dove va a pontificare.

La storia, per le persone cui fosse sfuggita, è questa: il capo del popolo libico, a Roma per il vertice della Fao, ha fatto rastrellare duecento ragazze alte e belle, vestite in modo castigato. Ha donato a ciascuna una banconota, poi ha cercato di convertirle. Da noi, nei Paesi occidentali, non è vietato: c'è libertà religiosa e anche di proselitismo. Ma da noi c'è anche il diritto di critica. E per il momento abbiamo anche il diritto alla difesa della Bibbia e in essa del Vangelo.
Stiamo un attimo sul punto. Quella della crocefissione di un Sosia, non è una trovata del leader libico, è una affermazione che sta scritta nel Corano. Il quale fa di Gesù un Profeta, ma nega l'essenziale su di lui, lo mangia e lo digerisce per il comodo di Maometto, che voleva sostituire la Rivelazione cristiana con la sua. Legittimo, da noi c'è libertà di religione. Ma il fatto che il rappresentate di un popolo convochi, con 50 euro di mancia al netto delle tasse, cento ragazze italiane per indottrinarle, senza diritto di replica, è qualcosa che se fosse stato fatto - a parti rovesciate - in Arabia o in Libia, il predicatore non sarebbe vivo. Se ad esempio, alla Mecca (che corrisponde più o meno a Roma per l'Islam) Berlusconi andasse a sostenere che Maometto sposando una bambina di nove anni ha violato l'infanzia, sarebbe stato decapitato come minimo, più probabilmente lapidato.

Noi ci ricordiamo bene quando, con il pretesto della maglietta con la vignetta su Maometto indossata dal ministro Calderoli, per poco non si dichiarò guerra all'Italia e fu assaltato il nostro consolato a Bengasi. E quella maglietta era assai delicata rispetto alla negazione ostentata, nella Roma di Pietro, della verità storica sulla passione e sul Calvario. Una specie di insensato negazionismo. Finché resta nei confini delle moschee ed è esposto da semplici imam, offende la nostra comunità e la nostra tradizione, ma ci sta, amaramente ci sta: è il prezzo della tolleranza e della libertà. Ma un capo di Stato non può abusare della sua intangibilità di ospite nonché di detentore del gas e del petrolio. Esistono dei doveri di civiltà, anche fra i beduini in visita, e conviene che qualcuno li ricordi al leader Gheddafi.

Nessun commento:

Posta un commento