lunedì 22 marzo 2021

Commento al Vangelo di Don Luigi Maria Epicoco - Gv 8,1-11

 


Dal Vangelo secondo Giovanni

In quel tempo, Gesù si avviò verso il monte degli Ulivi. Ma al mattino si recò di nuovo nel tempio e tutto il popolo andava da lui. Ed egli sedette e si mise a insegnare loro.
Allora gli scribi e i farisei gli condussero una donna sorpresa in adulterio, la posero in mezzo e gli dissero: «Maestro, questa donna è stata sorpresa in flagrante adulterio. Ora Mosè, nella Legge, ci ha comandato di lapidare donne come questa. Tu che ne dici?». Dicevano questo per metterlo alla prova e per avere motivo di accusarlo.
Ma Gesù si chinò e si mise a scrivere col dito per terra. Tuttavia, poiché insistevano nell'interrogarlo, si alzò e disse loro: «Chi di voi è senza peccato, getti per primo la pietra contro di lei». E, chinatosi di nuovo, scriveva per terra. Quelli, udito ciò, se ne andarono uno per uno, cominciando dai più anziani.
Lo lasciarono solo, e la donna era là in mezzo. Allora Gesù si alzò e le disse: «Donna, dove sono? Nessuno ti ha condannata?». Ed ella rispose: «Nessuno, Signore». E Gesù disse: «Neanch'io ti condanno; va' e d'ora in poi non peccare più».

Parola del Signore 


Commento al Vangelo di Don Luigi Maria Epicoco 

C’è una maniera per mettere in difficoltà Gesù: costringerlo a venire allo scoperto. Da quale parte sta? Da quella di Dio o da quella dei peccatori? È ovvio che i suoi ascoltatori scribi, farisei e dottori della legge sono convinti di trovarsi davanti ad un eretico, e in quanto tale va screditato davanti a tutti, ecco perché il pretesto dell’adulterio di una donna diventa l’occasione giusta per far cadere Gesù in trappola: “Allora gli scribi e i farisei gli condussero una donna sorpresa in adultèrio, la posero in mezzo e gli dissero: «Maestro, questa donna è stata sorpresa in flagrante adultèrio. Ora Mosè, nella Legge, ci ha comandato di lapidare donne come questa. Tu che ne dici?». Dicevano questo per metterlo alla prova e per avere motivo di accusarlo”. La reazione di Gesù non è la foga di una risposta polemica ma bensì l’inaspettato silenzio e l’apparente distacco dalla scena cruenta che gli mettono davanti. Sa bene infatti che di lì a poco quella donna sarà uccisa in maniera atroce a colpi di pietre. “Ma Gesù si chinò e si mise a scrivere col dito per terra. Tuttavia, poiché insistevano nell’interrogarlo, si alzò e disse loro: «Chi di voi è senza peccato, getti per primo la pietra contro di lei». E, chinatosi di nuovo, scriveva per terra. Quelli, udito ciò, se ne andarono uno per uno, cominciando dai più anziani”. Con questa risposta geniale Gesù non solo salva la vita alla donna ma redime una volta per tutte la questione se è dalla parte di Dio o dalla parte dei peccatori. Ovviamente Gesù è dalla parte di Dio e proprio per questo è dalla parte dei peccatori, nel senso che la verità non può mai essere negata ma ha bisogno di arrivare nella vita degli altri non come una pietra che uccide ma come una possibilità di rialzarsi dagli errori. Ecco perché Gesù non solo salva la vita a questa donna ma le ricorda anche cosa dovrà fare ora che ha la vita salva: “«Donna, dove sono? Nessuno ti ha condannata?». Ed ella rispose: «Nessuno, Signore». E Gesù disse: «Neanch’io ti condanno; va’ e d’ora in poi non peccare più»”.  


lunedì 15 marzo 2021

Don Luigi Maria Epicoco - Prima meditazione - La fede: dono che interpel...

Commento al Vangelo di Don Luigi Maria Epicoco - Gv 4,43-54

 


Dal Vangelo secondo Giovanni

In quel tempo, Gesù partì [dalla Samarìa] per la Galilea. Gesù stesso infatti aveva dichiarato che un profeta non riceve onore nella propria patria. Quando dunque giunse in Galilea, i Galilei lo accolsero, perché avevano visto tutto quello che aveva fatto a Gerusalemme, durante la festa; anch'essi infatti erano andati alla festa.

Andò dunque di nuovo a Cana di Galilea, dove aveva cambiato l'acqua in vino. Vi era un funzionario del re, che aveva un figlio malato a Cafàrnao. Costui, udito che Gesù era venuto dalla Giudea in Galilea, si recò da lui e gli chiedeva di scendere a guarire suo figlio, perché stava per morire.

Gesù gli disse: «Se non vedete segni e prodigi, voi non credete». Il funzionario del re gli disse: «Signore, scendi prima che il mio bambino muoia». Gesù gli rispose: «Va', tuo figlio vive». Quell'uomo credette alla parola che Gesù gli aveva detto e si mise in cammino.

Proprio mentre scendeva, gli vennero incontro i suoi servi a dirgli: «Tuo figlio vive!». Volle sapere da loro a che ora avesse cominciato a star meglio. Gli dissero: «Ieri, un'ora dopo mezzogiorno, la febbre lo ha lasciato». Il padre riconobbe che proprio a quell'ora Gesù gli aveva detto: «Tuo figlio vive», e credette lui con tutta la sua famiglia.

Questo fu il secondo segno, che Gesù fece quando tornò dalla Giudea in Galilea.

Parola del Signore 


Commento al Vangelo di Don Luigi Maria Epicoco 

Del vangelo non bisogna ignorare mai nessun dettaglio, specialmente quando hanno a che fare con la geografia dei luoghi dove Gesù si reca: “Andò dunque di nuovo a Cana di Galilea, dove aveva cambiato l’acqua in vino. Vi era un funzionario del re, che aveva un figlio malato a Cafàrnao. Costui, udito che Gesù era venuto dalla Giudea in Galilea, si recò da lui e gli chiedeva di scendere a guarire suo figlio, perché stava per morire”. Cana è il luogo del primo miracolo. È il miracolo della gioia salvata in extremis grazie proprio ad un intervento di Gesù. Ancora una volta in questo luogo c’è una situazione estrema: un uomo ha un figlio in fin di vita, non c’è più tempo, e Gesù è l’unico che può fare qualcosa. La preghiera di questo padre viene esaudita ma la professione di fede che Gesù domanda a quest’uomo è davvero unica nel suo genere: “Il funzionario del re gli disse: «Signore, scendi prima che il mio bambino muoia». Gesù gli rispose: «Va’, tuo figlio vive». Quell’uomo credette alla parola che Gesù gli aveva detto e si mise in cammino”. La risposta di quest’uomo è unica: crede a Gesù non inseguito al miracolo, ma crede a Gesù senza ancora aver visto il miracolo della guarigione del figlio. Sembra che il vangelo voglia suggerirci che l’atteggiamento vero della fede non è vedere un segno per poi credere, ma credere in assenza di segni fino al punto in cui quella fiducia rende visibile anche il segno: “Proprio mentre scendeva, gli vennero incontro i suoi servi a dirgli: «Tuo figlio vive!». Volle sapere da loro a che ora avesse cominciato a star meglio. Gli dissero: «Ieri, un’ora dopo mezzogiorno, la febbre lo ha lasciato». Il padre riconobbe che proprio a quell’ora Gesù gli aveva detto: «Tuo figlio vive», e credette lui con tutta la sua famiglia”. Il risultato è una sovrabbondanza di conversione. Se infatti all’inizio è solo lui capace di una fede senza segni, alla fine del miracolo tutta la sua famiglia si converte. È bello pensare che l’atto singolo di fede di uno di noi alla fine diventa l’inizio della conversione degli altri. 


giovedì 11 marzo 2021

Commento al Vangelo di Don Luigi Maria Epicoco - Lc 11,14-23

 


Dal Vangelo secondo Luca 

In quel tempo, Gesù stava scacciando un demonio che era muto. Uscito il demonio, il muto cominciò a parlare e le folle furono prese da stupore. Ma alcuni dissero: «È per mezzo di Beelzebùl, capo dei demòni, che egli scaccia i demòni». Altri poi, per metterlo alla prova, gli domandavano un segno dal cielo.

Egli, conoscendo le loro intenzioni, disse: «Ogni regno diviso in se stesso va in rovina e una casa cade sull'altra. Ora, se anche satana è diviso in se stesso, come potrà stare in piedi il suo regno? Voi dite che io scaccio i demòni per mezzo di Beelzebùl. Ma se io scaccio i demòni per mezzo di Beelzebùl, i vostri figli per mezzo di chi li scacciano? Per questo saranno loro i vostri giudici. Se invece io scaccio i demòni con il dito di Dio, allora è giunto a voi il regno di Dio.

Quando un uomo forte, bene armato, fa la guardia al suo palazzo, ciò che possiede è al sicuro. Ma se arriva uno più forte di lui e lo vince, gli strappa via le armi nelle quali confidava e ne spartisce il bottino.

Chi non è con me è contro di me, e chi non raccoglie con me, disperde».

Parola del Signore 


Commento al Vangelo di Don Luigi Maria Epicoco 

Il vangelo di oggi registra una polemica infinita nata dall’esorcismo che Gesù opera nei confronti di un uomo. La diatriba è semplice: Gesù riesce a fare quello che fa perché è davvero il figlio di Dio o perché è in combutta con il demonio? Quella che potrebbe sembrare una domanda geniale si rivela invece la più banale delle domande proprio grazie alla risposta di Gesù: “Ogni regno diviso in se stesso va in rovina e una casa cade sull’altra. Ora, se anche Satana è diviso in se stesso, come potrà stare in piedi il suo regno? Voi dite che io scaccio i demòni per mezzo di Beelzebùl. Ma se io scaccio i demòni per mezzo di Beelzebùl, i vostri figli per mezzo di chi li scacciano? Per questo saranno loro i vostri giudici. Se invece io scaccio i demòni con il dito di Dio, allora è giunto a voi il regno di Dio”. Risolto il problema sulla capacità di Gesù di fare ciò che fa, forse possiamo recuperare un dettaglio non di poco conto: “Gesù stava scacciando un demonio che era muto. Uscito il demonio, il muto cominciò a parlare e le folle furono prese da stupore”. Il male appare come colui che impedisce la parola, comunicazione. Gesù è colui invece che restituisce la parola e ripristina la comunicazione. Un’autentica vita spirituale è tale quando ci aiuta a recuperare quella parola che ci tira fuori dall’isolamento interiore. In questo senso delle volte una buona confessione può essere il punto di svolta nella vita di una persona che da tanto tempo sembra essere ostaggio di eventi, ferite o cadute ma che trovando la via del “dire”, fa finalmente entrare la grazia necessaria a venirne fuori. Ecco perché il gesto di esorcismo più vero a cui possiamo sottoporci è quello di riscoprire autenticamente il sacramento della riconciliazione. In confessionale ci si può ritrovare con la vita liberata. San Pio da Pieltrelcina e San Leopoldo Mandic sono due fulgidi esempi di liberatori a questa maniera. Anche per loro è valso il medesimo destino di essere accusati da qualcuno di essere in combutta con il demonio, ma l’albero lo si è riconosciuto dai frutti. 


mercoledì 10 marzo 2021

Commento al Vangelo di Don Luigi Maria Epicoco - Mt 5, 17-19

 


Dal Vangelo secondo Matteo 

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:

«Non crediate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non sono venuto ad abolire, ma a dare pieno compimento. In verità io vi dico: finché non siano passati il cielo e la terra, non passerà un solo iota o un solo trattino della Legge, senza che tutto sia avvenuto.

Chi dunque trasgredirà uno solo di questi minimi precetti e insegnerà agli altri a fare altrettanto, sarà considerato minimo nel regno dei cieli. Chi invece li osserverà e li insegnerà, sarà considerato grande nel regno dei cieli».

Parola del Signore 


Commento al Vangelo di Don Luigi Maria Epicoco 

“Non crediate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non sono venuto ad abolire, ma a dare pieno compimento”. L’affermazione di Gesù nel vangelo di oggi credo ci suggerisca la chiave di lettura più bella di tutto il suo ministero. Infatti molte volte i suoi contemporanei, e noi con loro, avevano la sensazione che Gesù predicasse qualcosa di contrario al passato, all’esperienza di Israele così come nei secoli si era codificata. Ma la rivoluzione di Gesù non è consistita nella demolizione delle cose di prima, ma nel portarle a compimento e cioè al loro più vero significato. Infatti l’errore in cui molto spesso incorriamo è pensare che nel fissismo della tradizione c’è tutta la verità di cui abbiamo bisogno, o al contrario ci convinciamo che solo la novità che demolisce il passato è ciò che potrà salvarci la vita. Tra questo tradizionalismo rigido e progressismo sterile, si pone invece l’insegnamento di Gesù come ciò che ha la capacità di compiere il passato liberandolo dallo schema, e far irrompere la novità senza contrapporla al passato. Se riuscissimo a liberare anche la narrazione della Chiesa da questo schema bipolare errato, forse comprenderemo che l’agire di Gesù, come l’agire della Chiesa si pone sempre in modo creativo secondo proprio questo insegnamento. Ecco perché Gesù sembra categorico nel mantenere questa linea non fraintendibile: “Chi dunque trasgredirà uno solo di questi minimi precetti e insegnerà agli altri a fare altrettanto, sarà considerato minimo nel regno dei cieli. Chi invece li osserverà e li insegnerà, sarà considerato grande nel regno dei cieli”. Ecco perché è sbagliato pensare che Gesù abbia un atteggiamento polemico solo nei confronti degli scribi e dei farisei, difensori della tradizione come schema. Gesù ha il medesimo tono polemico anche con tutte quelle interpretazioni buoniste del suo messaggio che proprio sentendosi forti di questo proclamo una libertà sbagliata che ha più il sapore di essere libertinismo più che di libertà vera. 


martedì 9 marzo 2021

Don Luigi Maria Epicoco - Il nome nascosto

Il significato del cardellino nell'arte cristiana - Iconografia cristian...

Commento al Vangelo di don Luigi Maria Epicoco - Mt 18,21-35

 


Dal Vangelo secondo Matteo

In quel tempo, Pietro si avvicinò a Gesù e gli disse: «Signore, se il mio fratello commette colpe contro di me, quante volte dovrò perdonargli? Fino a sette volte?». E Gesù gli rispose: «Non ti dico fino a sette volte, ma fino a settanta volte sette.

Per questo, il regno dei cieli è simile a un re che volle regolare i conti con i suoi servi. Aveva cominciato a regolare i conti, quando gli fu presentato un tale che gli doveva diecimila talenti. Poiché costui non era in grado di restituire, il padrone ordinò che fosse venduto lui con la moglie, i figli e quanto possedeva, e così saldasse il debito. Allora il servo, prostrato a terra, lo supplicava dicendo: “Abbi pazienza con me e ti restituirò ogni cosa”. Il padrone ebbe compassione di quel servo, lo lasciò andare e gli condonò il debito.

Appena uscito, quel servo trovò uno dei suoi compagni, che gli doveva cento denari. Lo prese per il collo e lo soffocava, dicendo: “Restituisci quello che devi!”. Il suo compagno, prostrato a terra, lo pregava dicendo: “Abbi pazienza con me e ti restituirò”. Ma egli non volle, andò e lo fece gettare in prigione, fino a che non avesse pagato il debito.

Visto quello che accadeva, i suoi compagni furono molto dispiaciuti e andarono a riferire al loro padrone tutto l’accaduto. Allora il padrone fece chiamare quell’uomo e gli disse: “Servo malvagio, io ti ho condonato tutto quel debito perché tu mi hai pregato. Non dovevi anche tu aver pietà del tuo compagno, così come io ho avuto pietà di te?”. Sdegnato, il padrone lo diede in mano agli aguzzini, finché non avesse restituito tutto il dovuto.

Così anche il Padre mio celeste farà con voi se non perdonerete di cuore, ciascuno al proprio fratello».

Parola del Signore


Commento al Vangelo di don Luigi Maria Epicoco

“Pietro si avvicinò a Gesù e gli disse: «Signore, se il mio fratello commette colpe contro di me, quante volte dovrò perdonargli? Fino a sette volte?». E Gesù gli rispose: «Non ti dico fino a sette volte, ma fino a settanta volte sette»”. Gesù prende come pretesto la domanda di Pietro per metterci davanti a una modalità di perdono insopportabile perché prevede l’infinito moltiplicato sette volte. Eppure questa eccessiva linea di pensiero di Gesù è spiegata immediatamente dopo dalla parabola che Egli stesso racconta: ci sono due debitori. Il primo ha un debito così grande che nemmeno dieci vite basterebbero per ripagarlo. Il secondo ha un debito ha un debito di pochi spicci. Al primo viene fatta la grazia non solo della pazienza di aspettare ma viene fatta la grazia di avere il debito condonato. Il secondo debitore invece che ha contratto il debito con l’uomo graziato, si ritrova per mano di quest’ultimo gettato in galera. Come è possibile che un uomo che ha sperimentato una grazia così grande non riesca a fare allo stesso modo con un suo simile? Sembra che Gesù voglia sottolineare lo scandalo di un simile gesto, quasi a suggerirci che il fatto che dobbiamo perdonare non nasce da una nostra capacità o bontà ma dalla semplice memoria che i primi ad essere stati perdonati siamo stati proprio noi, e che senza la memoria di questa grazia che abbiamo ricevuto non riusciremo mai a farlo anche noi di conseguenza. Allora il problema diventa un altro: abbiamo memoria di quanto siamo stati perdonati? Dire in confessione “non credo di peccare”, o “sono fondamentalmente una brava persona” non ci aiuta. Non metto in dubbio che c’è molta gente santa in giro, ma solitamente i santi dicono che sono dei grandi peccatori e riescono a scovare la loro fragilità nelle pieghe più nascoste della loro vita, mentre i più incalliti peccatori sembrano vivere beatamente nella convinzione che sono migliori degli altri. Si perdona solo se si domanda al Signore la grazia di vedere quanto noi stessi abbiamo bisogno di perdono. 



lunedì 8 marzo 2021

Commento al Vangelo di Don Luigi Maria Epicoco - Lc 4,24-30

 


Dal Vangelo secondo Luca 

In quel tempo, Gesù [cominciò a dire nella sinagoga a Nàzaret]: «In verità io vi dico: nessun profeta è bene accetto nella sua patria. Anzi, in verità io vi dico: c'erano molte vedove in Israele al tempo di Elìa, quando il cielo fu chiuso per tre anni e sei mesi e ci fu una grande carestia in tutto il paese; ma a nessuna di esse fu mandato Elìa, se non a una vedova a Sarèpta di Sidóne. C'erano molti lebbrosi in Israele al tempo del profeta Elisèo, ma nessuno di loro fu purificato, se non Naamàn, il Siro».
All'udire queste cose, tutti nella sinagoga si riempirono di sdegno. Si alzarono e lo cacciarono fuori della città e lo condussero fin sul ciglio del monte, sul quale era costrita la loro città, per gettarlo giù. Ma egli, passando in mezzo a loro, si mise in cammino. 

Parola del Signore 


Commento al Vangelo di Don Luigi Maria Epicoco 

Il vangelo di oggi ha come luogo geografico un posto significativo che ci dà la vera chiave di lettura per comprenderlo fino in fondo. È Nazareth questo luogo. E come tutti ben sappiamo, Nazareth è la città dove Gesù è cresciuto. Nella sinagoga di Nazareth Gesù esclama: “In verità io vi dico: nessun profeta è bene accetto nella sua patria”. E per rincarare la dose ricorda ai suoi compaesani che molto spesso Dio ha agito a partire dai lontani: “C’erano molte vedove in Israele al tempo di Elìa, quando il cielo fu chiuso per tre anni e sei mesi e ci fu una grande carestia in tutto il paese; ma a nessuna di esse fu mandato Elìa, se non a una vedova a Sarèpta di Sidóne. C’erano molti lebbrosi in Israele al tempo del profeta Elisèo; ma nessuno di loro fu purificato, se non Naamàn, il Siro”. Gesù sembra voler suggerire che delle volte le chiusure mentali più difficili da demolire ce le hanno coloro che pensano di essere i più vicini, cioè quelli che pensano di aver capito tutto e di avere tutto sotto controllo. A una persona che è convinta non si riesce nemmeno a parlarle fino in fondo perché il suo ascolto è occluso dalla sua convinzione. Chi è in crisi invece è sempre più disposto ad ascoltare perché sente il bisogno di essere salvato da ciò che sta patendo. Quando la fede ci fa sentire talmente tanto sicuri da non farci più mettere in ascolto di Dio, allora capiteremo come i compaesani di Gesù nel sentirci infastiditi dalle storie della bibbia che ci ricordano che Dio molto spesso per agire lo ha dovuto fare con quelli che erano fuori dalla cerchia dei suoi. La vera umiltà è non dare mai per scontato le cose, e soprattutto non limitare l’azione di Dio che può agire dentro la nostra vita non attraverso il sensazionale, ma attraverso le cose già presenti nelle nostre giornate ma che noi tendiamo ormai a non guardare più perché pensiamo che esse siano banali e scontate. Il vangelo di oggi sembra volerci dire di non dare per scontato nulla, anzi che dalle cose che diamo per scontato forse Dio ci sta parlando ancora.