sabato 29 aprile 2017

Commento al Vangelo di Don Luigi Maria Epicoco - Mt 25, 1-13

 

Dal Vangelo secondo Matteo

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola: “Il regno dei cieli è simile a dieci vergini che, prese le loro lampade, uscirono incontro allo sposo. Cinque di esse erano stolte e cinque sagge; le stolte presero le lampade, ma non presero con sé olio; le sagge invece, insieme alle lampade, presero anche dell’olio in piccoli vasi. Poiché lo sposo tardava, si assopirono tutte e dormirono. A mezzanotte si levò un grido: Ecco lo sposo, andategli incontro! Allora tutte quelle vergini si destarono e prepararono le loro lampade. E le stolte dissero alle sagge: Dàteci del vostro olio, perché le nostre lampade si spengono. Ma le sagge risposero: No, che non abbia a mancare per noi e per voi; andate piuttosto dai venditori e compràtevene. Ora, mentre quelle andavano per comprare l’olio, arrivò lo sposo e le vergini che erano pronte entrarono con lui alle nozze, e la porta fu chiusa. Più tardi arrivarono anche le altre vergini e incominciarono a dire: Signore, signore, àprici! Ma egli rispose: In verità vi dico: non vi conosco. Vegliate dunque, perché non sapete né il giorno né l’ora”.

Parola del Signore


Commento al Vangelo di Don Luigi Maria Epicoco 

“Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli”. Non si arriva a Dio per ragionamento o per intelligenza ma per esperienza. I “dotti” i “sapienti” sono quelli che credono di più alla loro testa che alla realtà, a ciò che loro pensano della realtà più che alla realtà stessa.

I semplici, i “piccoli” non sono gli “stupidi” ma coloro che preferiscono la realtà alla solitaria attività celebrale. Il Vangelo di oggi ci ricorda che la vita vale la pena solo quando ha addosso la carne della realtà e non bastano i fumi fatui dei nostri ragionamenti. La vera differenza consta esattamente in questo: vivere nella propria testa o vivere nella realtà? Sicuramente la realtà è più faticosa ma è l’unico posto dove c’è Dio. Cristo non è il frutto di un ragionamento o di una fantasia. Cristo è reale.

Cosa vogliamo seguire? La nostra fantasia o Cristo? Chi può renderci felici davvero? Torniamo perciò alla realtà e lasciamo la sedentarietà della nostra testa, anzi, torniamo ad usarla, ma in maniera giusta: non come fuga dalla realtà ma come alfabeto per capire chi siamo e dove stiamo andando.


venerdì 28 aprile 2017

Commento al Vangelo di Don Luigi Maria Epicoco - Gv 6, 1-15


Dal Vangelo secondo Giovanni

In quel tempo, Gesù passò all’altra riva del mare di Galilea, cioè di Tiberìade, e lo seguiva una grande folla, perché vedeva i segni che compiva sugli infermi. Gesù salì sul monte e là si pose a sedere con i suoi discepoli. Era vicina la Pasqua, la festa dei Giudei.

Allora Gesù, alzàti gli occhi, vide che una grande folla veniva da lui e disse a Filippo: «Dove potremo comprare il pane perché costoro abbiano da mangiare?». Diceva così per metterlo alla prova; egli infatti sapeva quello che stava per compiere. Gli rispose Filippo: «Duecento denari di pane non sono sufficienti neppure perché ognuno possa riceverne un pezzo».

Gli disse allora uno dei suoi discepoli, Andrea, fratello di Simon Pietro: «C’è qui un ragazzo che ha cinque pani d’orzo e due pesci; ma che cos’è questo per tanta gente?». Rispose Gesù: «Fateli sedere». C’era molta erba in quel luogo. Si misero dunque a sedere ed erano circa cinquemila uomini.

Allora Gesù prese i pani e, dopo aver reso grazie, li diede a quelli che erano seduti, e lo stesso fece dei pesci, quanto ne volevano. E quando furono saziati, disse ai suoi discepoli: «Raccogliete i pezzi avanzati, perché nulla vada perduto». Li raccolsero e riempirono dodici canestri con i pezzi dei cinque pani d’orzo, avanzati a coloro che avevano mangiato.

Allora la gente, visto il segno che egli aveva compiuto, diceva: «Questi è davvero il profeta, colui che viene nel mondo!». Ma Gesù, sapendo che venivano a prenderlo per farlo re, si ritirò di nuovo sul monte, lui da solo.

Parola del Signore


Commento al Vangelo di Don Luigi Maria Epicoco 

“Gesù, alzàti gli occhi, vide una grande folla veniva da lui e disse a Filippo: ‘Dove potremo comprare il pane perché costoro abbiano da mangiare?’. Diceva così per metterlo alla prova”. Immagino il sorriso sornione di Gesù mentre il povero Filippo guarda a tutte quelle migliaia di persone e si toccava il portafoglio sapendo che non c’erano dentro abbastanza soldi per dare nemmeno un morso di pane a tutti.

Ma l’esperienza di Filippo è la stessa esperienza che facciamo noi quando davanti alla sproporzione delle cose che ci accadono ci sentiamo rivolgere la stessa domanda: “E adesso dove troverai tutte le forze per affrontare questo?”. Pensando a queste esperienze credo che anche noi smettiamo di sorridere, perché la faccenda è seria. E solo un miracolo può salvarci. E il miracolo accade. “Gli disse allora uno dei suoi discepoli, Andrea, fratello di Simon Pietro: ‘C’è qui un ragazzo che ha cinque pani d’orzo e due pesci; ma che cos’è questo per tanta gente?’”.

Uno deve avere almeno l’umiltà di sapere quel poco che ha. Se sappiamo fare solo l’elenco di ciò che ci manca rimaniamo schiacciati dal solo pensiero delle cose. Gesù moltiplica quei cinque pani e due pesci ma moltiplica non crea. Moltiplicare cinque è cosa diversa dal moltiplicare zero. Nessuno di noi ha zero. Ha qualcosa, che non sarà certamente abbastanza. Lo metta però con fiducia davanti al Signore ed Egli farà il resto.

giovedì 27 aprile 2017

Commento al Vangelo di Don Luigi Maria Epicoco - Gv 3, 31-36

 



Dal Vangelo secondo Giovanni

Chi viene dall’alto è al di sopra di tutti; ma chi viene dalla terra, appartiene alla terra e parla secondo la terra. Chi viene dal cielo è al di sopra di tutti. Egli attesta ciò che ha visto e udito, eppure nessuno accetta la sua testimonianza. Chi ne accetta la testimonianza, conferma che Dio è veritiero. Colui infatti che Dio ha mandato dice le parole di Dio: senza misura egli dà lo Spirito.

Il Padre ama il Figlio e gli ha dato in mano ogni cosa. Chi crede nel Figlio ha la vita eterna; chi non obbedisce al Figlio non vedrà la vita, ma l’ira di Dio rimane su di lui.


Commento al Vangelo di Don Luigi Maria Epicoco 

“Senza misura egli dà lo Spirito”. E che cos’è questo Spirito senza misura? E’come il vento necessario a gonfiare una vela affinchè la barca cammini. E’ questo Dio per noi. E’ questo il Suo Spirito. Ciò che ci serve a vivere, ad andare avanti, a non rimanere impantanati sempre allo stesso punto.

Ciò che ci traghetta verso le rotte che ci compiono veramente. Dio non è un palliativo. Dio è ciò per cui le cose valgono la pena. Ogni cosa. Anche quelle che non vorremmo mai vivere dentro la nostra vita. Senza di Lui è solo naufragio. Con Lui tutto è possibile. Questo è Cristo per noi: la possibilità che cercavamo.

mercoledì 26 aprile 2017

Commento al Vangelo di Don Luigi Maria Epicoco - Gv 3, 16-21

 



Dal Vangelo secondo Giovanni

In quel tempo, Gesù disse a Nicodèmo: «Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui. Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio.

E il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno amato più le tenebre che la luce, perché le loro opere erano malvagie. Chiunque infatti fa il male, odia la luce, e non viene alla luce perché le sue opere non vengano riprovate. Invece chi fa la verità viene verso la luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio».

Parola del Signore


Commento al Vangelo di Don Luigi Maria Epicoco 


“Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna”. Mi piacerebbe che rileggessimo più e più volte queste parole del Vangelo di oggi. Le lasciassimo così scendere fin nel profondo del nostro cuore. A me creano una profonda commozione.

Sapermi amato a tal punto da sapere che Dio ha chiesto al proprio Figlio di sacrificarsi per me non mi lascia indifferente. La fede non è tanto credere delle cose su Dio, ma credere di più in noi stessi accettando di essere amati così per davvero. Ci svalutiamo troppo. Crediamo di più alla nostra tenebra che alla luce con cui siamo guardati: “ma gli uomini hanno amato più le tenebre che la luce, perché le loro opere erano malvagie”.

Ai nostri occhi è più credibile il bicchiere mezzo vuoto. Ci guardiamo quasi sempre con giudizio, con sensi di colpa e non riusciamo a cogliere invece lo sguardo che Dio ha su di noi. Uno sguardo che dice: “Tu vali! Vali a tal punto che sono morto per te”. Non ci dice questo per far nascere in noi gratitudini o sensi di colpa. Dio non ha bisogno dei nostri grazie, o delle nostre frustrazioni.

Egli ha bisogno della nostra felicità. L’unica cosa che davvero dà gloria a Dio è essere felici. Perché l’unica cosa che appaga uno che ama è sapere che chi sta amando è felice. Per quella felicità darebbe via anche se stesso. E Dio lo ha fatto veramente.


martedì 25 aprile 2017

Commento al Vangelo di Don Luigi Maria Epicoco - Mc 16, 15-20


 

Dal Vangelo secondo Marco

In quel tempo, [Gesù apparve agli Undici] e disse loro: «Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo a ogni creatura. Chi crederà e sarà battezzato sarà salvato, ma chi non crederà sarà condannato. Questi saranno i segni che accompagneranno quelli che credono: nel mio nome scacceranno demòni, parleranno lingue nuove, prenderanno in mano serpenti e, se berranno qualche veleno, non recherà loro danno; imporranno le mani ai malati e questi guariranno».

Il Signore Gesù, dopo aver parlato con loro, fu elevato in cielo e sedette alla destra di Dio.

Allora essi partirono e predicarono dappertutto, mentre il Signore agiva insieme con loro e confermava la Parola con i segni che la accompagnavano.

Parola del Signore


Commento al Vangelo di Don Luigi Maria Epicoco 

“Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo ad ogni creatura”.

Andare e proclamare sono i due imperativi che Gesù lascia ai discepoli. Non si è cristiani quando ci si ferma e quando si sta zitti (che è cosa diversa dal silenzio). La stessa messa finisce con questo verbo in levare: “Andate in pace”. E oggi queste parole sono particolarmente significative perché oggi ricorre la festa di San Marco evangelista. Un uomo che ha dovuto fare tesoro soprattutto dell’esperienza degli apostoli più che per la sua diretta esperienza con Cristo. Ciò però non lo ferma dal diventare un’evangelista.

Cristo continua anche oggi a chiamarci, a farci fare esperienza di Lui e per far questo usa sempre l’umanità di qualcuno. Queste esperienze di Lui non sono esperienze di serie B. Sono esperienze importanti come lo furono quelle di Pietro e di Giovanni e di tutti coloro che vissero con Gesù lungo i tre anni di vita pubblica. Ogni cristiano è contemporaneo a Cristo. Ed è lo Spirito Santo che ci rende Suoi contemporanei.

Ogni parola del vangelo è rivolta a noi. La Sua morte è morte per me. La Sua Resurrezione è resurrezione per me. E a me e a te oggi chiede di “andare e proclamare in tutto il mondo il Suo Vangelo”. I nostri no e i nostri si non sono no e si ad esperienze di serie B. Sono no e si al Figlio di Dio. Poiché “Gesù Cristo è sempre lo stesso, ieri, oggi e sempre”.


lunedì 24 aprile 2017

Commento al Vangelo di Don Luigi Maria Epicoco - Gv 3, 1-8

 



Dal Vangelo secondo Giovanni

Vi era tra i farisei un uomo di nome Nicodèmo, uno dei capi dei Giudei. Costui andò da Gesù, di notte, e gli disse: «Rabbì, sappiamo che sei venuto da Dio come maestro; nessuno infatti può compiere questi segni che tu compi, se Dio non è con lui». Gli rispose Gesù: «In verità, in verità io ti dico, se uno non nasce dall’alto, non può vedere il regno di Dio».

Gli disse Nicodèmo: «Come può nascere un uomo quando è vecchio? Può forse entrare una seconda volta nel grembo di sua madre e rinascere?». Rispose Gesù: «In verità, in verità io ti dico, se uno non nasce da acqua e Spirito, non può entrare nel regno di Dio. Quello che è nato dalla carne è carne, e quello che è nato dallo Spirito è spirito. Non meravigliarti se ti ho detto: dovete nascere dall’alto. Il vento soffia dove vuole e ne senti la voce, ma non sai da dove viene né dove va: così è chiunque è nato dallo Spirito».

Parola del Signore


Commento al Vangelo di Don Luigi Maria Epicoco 

Oggi per parlare di del Vangelo, sarò molto duro con Nicodemo, o almeno con il Nicodemo della prima ora. Potremmo definirlo il rappresentante dei cristiani notturni, di quelli che credono senza volersi compremettere con Gesù. Sanno chi è Gesù ma ci tengono più all’audience della gente, così lo frequentano di notte. Sono attentissimi a non farsi vedere se si fanno un segno di croce.

Evitano le discussioni in cui devono prendere delle posizioni. Preferiscono tacere quando qualcuno attacca la fede, facendo finta che la cosa non li riguardi. Ed è proprio a questo frequentatore notturno che Gesù riserva una catechesi straordinaria: “Il vento soffia dove vuole e ne senti la voce, ma non sai da dove viene né dove va: così è chiunque è nato dallo Spirito”. Quasi a dire che un cristiano, quando è tale, è imprevedibile, unico, originale, non calcolabile, straordinario, perchè è guidato dalle logiche di Dio che superano tutte le aspettative umane e tutti i mediocri calcoli d’interesse. Mentre chi non è nato dallo Spirito è come Nicodemo: politicamente corretto, ma anche banale, scontato, prevedibile, pauroso.

Chi non ha il coraggio di credere in Gesù alla luce del giorno allora di notte potrà solo fare domande di cui non capirà mai la risposta. Credere crea libertà, anche di capire, ma a patto che sia fede e non convenienza.


Commento al Vangelo di Don Luigi Maria Epicoco - Gv 3, 1-8



Dal Vangelo secondo Giovanni

Vi era tra i farisei un uomo di nome Nicodèmo, uno dei capi dei Giudei. Costui andò da Gesù, di notte, e gli disse: «Rabbì, sappiamo che sei venuto da Dio come maestro; nessuno infatti può compiere questi segni che tu compi, se Dio non è con lui». Gli rispose Gesù: «In verità, in verità io ti dico, se uno non nasce dall’alto, non può vedere il regno di Dio».

Gli disse Nicodèmo: «Come può nascere un uomo quando è vecchio? Può forse entrare una seconda volta nel grembo di sua madre e rinascere?». Rispose Gesù: «In verità, in verità io ti dico, se uno non nasce da acqua e Spirito, non può entrare nel regno di Dio. Quello che è nato dalla carne è carne, e quello che è nato dallo Spirito è spirito. Non meravigliarti se ti ho detto: dovete nascere dall’alto. Il vento soffia dove vuole e ne senti la voce, ma non sai da dove viene né dove va: così è chiunque è nato dallo Spirito».

Parola del Signore


Commento al Vangelo di Don Luigi Maria Epicoco 

Oggi per parlare di del Vangelo, sarò molto duro con Nicodemo, o almeno con il Nicodemo della prima ora. Potremmo definirlo il rappresentante dei cristiani notturni, di quelli che credono senza volersi compromettere con Gesù. Sanno chi è Gesù ma ci tengono più all’audience della gente, così lo frequentano di notte. Sono attentissimi a non farsi vedere se si fanno un segno di croce.

Evitano le discussioni in cui devono prendere delle posizioni. Preferiscono tacere quando qualcuno attacca la fede, facendo finta che la cosa non li riguardi. Ed è proprio a questo frequentatore notturno che Gesù riserva una catechesi straordinaria: “Il vento soffia dove vuole e ne senti la voce, ma non sai da dove viene né dove va: così è chiunque è nato dallo Spirito”. Quasi a dire che un cristiano, quando è tale, è imprevedibile, unico, originale, non calcolabile, straordinario, perchè è guidato dalle logiche di Dio che superano tutte le aspettative umane e tutti i mediocri calcoli d’interesse. Mentre chi non è nato dallo Spirito è come Nicodemo: politicamente corretto, ma anche banale, scontato, prevedibile, pauroso.

Chi non ha il coraggio di credere in Gesù alla luce del giorno allora di notte potrà solo fare domande di cui non capirà mai la risposta. Credere crea libertà, anche di capire, ma a patto che sia fede e non convenienza. 

sabato 22 aprile 2017

Commento al Vangelo di Don Luigi Maria Epicoco - Mc 16, 9-15

 


Dal Vangelo secondo Marco

Risorto al mattino, il primo giorno dopo il sabato, Gesù apparve prima a Maria di Màgdala, dalla quale aveva scacciato sette demòni. Questa andò ad annunciarlo a quanti erano stati con lui ed erano in lutto e in pianto. Ma essi, udito che era vivo e che era stato visto da lei, non credettero.

Dopo questo, apparve sotto altro aspetto a due di loro, mentre erano in cammino verso la campagna. Anch’essi ritornarono ad annunciarlo agli altri; ma non credettero neppure a loro.

Alla fine apparve anche agli Undici, mentre erano a tavola, e li rimproverò per la loro incredulità e durezza di cuore, perché non avevano creduto a quelli che lo avevano visto risorto. E disse loro: «Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo a ogni creatura».

Parola del Signore


Commento al Vangelo di Don Luigi Maria Epicoco 


Il vangelo di Marco di oggi è molto realista nel raccontarci che i primi due comunicati stampa del Risorto non hanno sortito l’effetto sperato nei discepoli. Il primo ero quello della Maddalena, il secondo quello dei discepoli di Emmaus.

Entrambi i racconti producono scetticismo. E’ una prassi consolidata come noi siamo più portati a credere al peggio che al meglio. Forse è una maniera che abbiamo per difenderci dal dolore. Credere nel bene crea aspettative, e se quelle aspettative vengono tradite allora soffriamo, quindi meglio non avere aspettative, meglio non credere in un finale positivo. Noi cristiani dovremmo guarire da questo pessimismo che puzza di mondo e non di cielo.

Il cristiano porta con se una visione delle cose molto più carica di luce di quella degli altri. Ma essendo anche noi uomini abbiamo bisogno di esperienze dirette e non solo di racconti altrui: “Alla fine apparve anche agli Undici, mentre erano a tavola, e li rimproverò per la loro incredulità e durezza di cuore, perché non avevano creduto a quelli che lo avevano visto risorto”. Li rimprovera ma è anche vero che incontrare direttamente è tutta un’altra storia. Dovremmo chiedere al Signore questa esperienza.

Dovremmo chiedere a Lui telefonate dirette e non passaparola con gli altri. Ma ogni vero incontro lo si prepara ascoltando quello degli altri. Solo questo ascolto ci fa trovare pronti al nostro.


venerdì 21 aprile 2017

Commento al Vangelo di Don Luigi Maria Epicoco - Gv 21 1-14

 



Dal Vangelo secondo Giovanni

In quel tempo, Gesù si manifestò di nuovo ai discepoli sul mare di Tiberìade. E si manifestò così: si trovavano insieme Simon Pietro, Tommaso detto Dìdimo, Natanaèle di Cana di Galilea, i figli di Zebedèo e altri due discepoli. Disse loro Simon Pietro: «Io vado a pescare». Gli dissero: «Veniamo anche noi con te». Allora uscirono e salirono sulla barca; ma quella notte non presero nulla.

Quando già era l’alba, Gesù stette sulla riva, ma i discepoli non si erano accorti che era Gesù. Gesù disse loro: «Figlioli, non avete nulla da mangiare?». Gli risposero: «No». Allora egli disse loro: «Gettate la rete dalla parte destra della barca e troverete». La gettarono e non riuscivano più a tirarla su per la grande quantità di pesci. Allora quel discepolo che Gesù amava disse a Pietro: «È il Signore!». Simon Pietro, appena udì che era il Signore, si strinse la veste attorno ai fianchi, perché era svestito, e si gettò in mare. Gli altri discepoli invece vennero con la barca, trascinando la rete piena di pesci: non erano infatti lontani da terra se non un centinaio di metri.

Appena scesi a terra, videro un fuoco di brace con del pesce sopra, e del pane. Disse loro Gesù: «Portate un po’ del pesce che avete preso ora». Allora Simon Pietro salì nella barca e trasse a terra la rete piena di centocinquantatré grossi pesci. E benché fossero tanti, la rete non si spezzò. Gesù disse loro: «Venite a mangiare». E nessuno dei discepoli osava domandargli: «Chi sei?», perché sapevano bene che era il Signore. Gesù si avvicinò, prese il pane e lo diede loro, e così pure il pesce. Era la terza volta che Gesù si manifestava ai discepoli, dopo essere risorto dai morti.

Parola del Signore



Commento al Vangelo di Don Luigi Maria Epicoco 

E’ davvero bellissima la pagina del Vangelo di Giovanni di oggi dove viene raccontata la terza apparizione del Risorto. Tutto accade al margine di una notte “dove non hanno pescato nulla”, al margine di un fallimento.

Come a volerci suggerire che Dio lo troviamo esattamente lì dove si vanno a schiantare le nostre speranze, le nostre forze, i nostri sogni. Quando sperimentiamo il fallimento subito dopo non c’è il nulla ma Cristo. E quella fine diventa grazie a Lui un nuovo punto di partenza.

E lo diventa anche se magari non abbiamo ancora gli occhi per capire che è Lui, per riconoscerlo. L’esperienza della Risurrezione è una rinascita di vita, lì dove la nostra vita non riesce più a portare frutti, a portarci quella pienezza che tanto cerchiamo con il nostro cuore. “Allora quel discepolo che Gesù amava disse a Pietro: «È il Signore!». Simon Pietro, appena udì che era il Signore, si strinse la veste attorno ai fianchi, perché era svestito, e si gettò in mare”.

E’ un nuovo inizio.


giovedì 20 aprile 2017

Commento al Vangelo di Don Luigi Maria Epicoco - Lc 24, 35-48

 



Dal Vangelo secondo Luca

In quel tempo, [i due discepoli che erano ritornati da Èmmaus] narravano ciò che era accaduto lungo la via e come l’avevano riconosciuto nello spezzare il pane.

Mentre essi parlavano di queste cose, Gesù in persona stette in mezzo a loro e disse: «Pace a voi!». Sconvolti e pieni di paura, credevano di vedere un fantasma. Ma egli disse loro: «Perché siete turbati, e perché sorgono dubbi nel vostro cuore? Guardate le mie mani e i miei piedi: sono proprio io! Toccatemi e guardate; un fantasma non ha carne e ossa, come vedete che io ho». Dicendo questo, mostrò loro le mani e i piedi.

Ma poiché per la gioia non credevano ancora ed erano pieni di stupore, disse: «Avete qui qualche cosa da mangiare?». Gli offrirono una porzione di pesce arrostito; egli lo prese e lo mangiò davanti a loro.

Poi disse: «Sono queste le parole che io vi dissi quando ero ancora con voi: bisogna che si compiano tutte le cose scritte su di me nella legge di Mosè, nei Profeti e nei Salmi». Allora aprì loro la mente per comprendere le Scritture e disse loro: «Così sta scritto: il Cristo patirà e risorgerà dai morti il terzo giorno, e nel suo nome saranno predicati a tutti i popoli la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme. Di questo voi siete testimoni».

Parola del Signore


Commento al Vangelo di Don Luigi Maria Epicoco 

“Mentre essi parlavano di queste cose, Gesù in persona stette in mezzo a loro e disse: «Pace a voi!». Sconvolti e pieni di paura, credevano di vedere un fantasma. Ma egli disse loro: «Perché siete turbati, e perché sorgono dubbi nel vostro cuore? Guardate le mie mani e i miei piedi: sono proprio io! Toccatemi e guardate; un fantasma non ha carne e ossa, come vedete che io ho». Dicendo questo, mostrò loro le mani e i piedi”. Per un’intera vita cerchiamo certezze, e quando il Signore ce ne dà qualcuna la nostra reazione è la paura e lo spavento. Siamo così abituati alle cose negative che quando ci succedono quelle buone ci domandiamo immediatamente dove sta la fregatura, o quanto ci costerà tutto ciò. È una considerazione triste ma vera. Noi non siamo abituati alla Pasqua. Siamo allenati al venerdì Santo e quasi ci sentiamo più a nostro agio davanti al Crocifisso che davanti al sepolcro vuoto. Non è masochismo, è questione di sintonia. Ci sentiamo più affini alla sofferenza di Cristo che alla Sua vittoria. Eppure siamo cristiani in virtù proprio di questa vittoria. Tutta la nostra vita è un cammino verso una vittoria. Una vittoria che passa attraverso tantissime sconfitte ma pur sempre una vittoria. Dobbiamo lasciarci evangelizzare da questa vittoria. Dobbiamo tornare a farci evangelizzare dal bicchiere mezzo pieno. La Pasqua è permettere a questa luce di dissipare la nostra paura ormai abituale.


martedì 18 aprile 2017

Commento al Vangelo di Don Luigi Maria Epicoco - Gv 20, 11-18

 



Dal Vangelo secondo Giovanni

In quel tempo, Maria stava all’esterno, vicino al sepolcro, e piangeva. Mentre piangeva, si chinò verso il sepolcro e vide due angeli in bianche vesti, seduti l’uno dalla parte del capo e l’altro dei piedi, dove era stato posto il corpo di Gesù. Ed essi le dissero: «Donna, perché piangi?». Rispose loro: «Hanno portato via il mio Signore e non so dove l’hanno posto».

Detto questo, si voltò indietro e vide Gesù, in piedi; ma non sapeva che fosse Gesù. Le disse Gesù: «Donna, perché piangi? Chi cerchi?». Ella, pensando che fosse il custode del giardino, gli disse: «Signore, se l’hai portato via tu, dimmi dove l’hai posto e io andrò a prenderlo». Gesù le disse: «Maria!». Ella si voltò e gli disse in ebraico: «Rabbunì!» – che significa: «Maestro!». Gesù le disse: «Non mi trattenere, perché non sono ancora salito al Padre; ma va’ dai miei fratelli e di’ loro: “Salgo al Padre mio e Padre vostro, Dio mio e Dio vostro”».

Maria di Màgdala andò ad annunciare ai discepoli: «Ho visto il Signore!» e ciò che le aveva detto.

Parola del Signore.


Commento al Vangelo di Don Luigi Maria Epicoco 

La delicatezza del vangelo di oggi non può che commuoverci. Tutta la scena è ambientata nel giardino dove Gesù è stato sepolto, e la disperazione (o la speranza tenace) di Maria Maddalena riempiono di lacrime tutto lo spazio e il tempo.

Gesù stesso, risorto, domanda a Maria Maddalena il motivo di quel pianto: “Donna perché piangi?”; ma ci sono dei dolori che ti accecano che non ti fanno riconoscere nemmeno le cose che hai amato da sempre, che sono anche la causa di quella disperazione, e ti rinchiudono in un vortice di solitudine.

Così Maria non si accorge che è Gesù stesso a parlarle, e comincia la sua litania di supplica: “Signore, se l’hai portato via tu, dimmi dove l’hai posto e io andrò a prenderlo”. Ci sono dei perchè che lanciamo verso il cielo, delle soluzioni che proponiamo a Dio che agli occhi di un esterno risultano solo parole deliranti. Ma a tutto questo Dio non risponde con una “spiegazione”, ma con una “vocazione”: “Gesù le disse: «Maria!». Ella si voltò e gli disse in ebraico: «Rabbunì!» – che significa: «Maestro!»”.

Egli ci chiama per nome, ci risponde chiamandoci in prima persona. Come a voler dire: “Tu sei la risposta a ciò che mi domandi. La tua vita è quella risposta che cerchi. Devi viverla fino in fondo”. Così Maria di Magdala diviene la prima di una lunga serie di discepoli che non sanno fino in fondo il senso di ciò che vivono, ma accettano di vivere fino in fondo la loro vita per capirne il senso.


lunedì 17 aprile 2017

Commento al Vangelo di Don Luigi Maria Epicoco - Mt 28, 8-15

 


Dal Vangelo secondo Matteo

In quel tempo, abbandonato in fretta il sepolcro con timore e gioia grande, le donne corsero a dare l’annuncio ai suoi discepoli. Ed ecco, Gesù venne loro incontro e disse: «Salute a voi!». Ed esse si avvicinarono, gli abbracciarono i piedi e lo adorarono. Allora Gesù disse loro: «Non temete; andate ad annunciare ai miei fratelli che vadano in Galilea: là mi vedranno».

Mentre esse erano in cammino, ecco, alcune guardie giunsero in città e annunciarono ai capi dei sacerdoti tutto quanto era accaduto. Questi allora si riunirono con gli anziani e, dopo essersi consultati, diedero una buona somma di denaro ai soldati, dicendo: «Dite così: “I suoi discepoli sono venuti di notte e l’hanno rubato, mentre noi dormivamo”. E se mai la cosa venisse all’orecchio del governatore, noi lo persuaderemo e vi libereremo da ogni preoccupazione». Quelli presero il denaro e fecero secondo le istruzioni ricevute. Così questo racconto si è divulgato fra i Giudei fino a oggi.

Parola del Signore.


Commento al Vangelo di Don Luigi Maria Epicoco 

Come si reagisce davanti a un fatto? Lo si accetta. Un antico adagio così diceva: “Contro i fatti non valgono gli argomenti”. Eppure il “fatto” della resurrezione di Cristo scatena immediatamente una campagna mediatica per mistificarne la portata: “Dite così: “I suoi discepoli sono venuti di notte e l’hanno rubato, mentre noi dormivamo”.

E se mai la cosa venisse all’orecchio del governatore, noi lo persuaderemo e vi libereremo da ogni preoccupazione”. Aveva ragione Gesù quando disse che per alcuni “anche se uno risorgesse dai morti non sarebbe creduto”. Ma all’incredulità dei sacerdoti si contrappone l’esperienza delicata e intensa delle donne che per prime incrociano il Risorto: “Esse si avvicinarono, gli abbracciarono i piedi e lo adorarono”. Avvicinarsi, abbracciare e adorare sono verbi importantissimi per un cristiano che vuole capire Gesù Cristo.

Non si sta davanti a Lui con la presunzione dei sapienti, né con l’indifferenza dei tiepidi. Per capire Gesù Cristo bisogna avvicinarsi, abbracciare, baciare (adorare). E’ un rituale d’amore. La Pasqua la si comprende solo a patto di imparare l’amore e il suo linguaggio. L’unico vero annuncio che possiamo dare è quello di averLo incontrato. Cristo non ci chiede di diffondere una notizia ma di diffondere un incontro. Evangelizzare non significa diffondere informazioni ma raccontare esperienze vere, come quella di queste donne.


sabato 15 aprile 2017

Commento al Vangelo di Don Luigi Maria Epicoco - Sabato Santo

 



Commento al Vangelo di Don Luigi Maria Epicoco 

Oggi è sabato santo, ed è il giorno dell’impaziente attesa. E’ il tempo in cui si trattiene il fiato prima di saltare, prima di riuscire da sott’acqua, prima di spalancare la porta e vedere chi c’è dentro. Normalmente quest’apnea dura qualche istante, la liturgia la prolunga per un intero giorno, mentre i Vangeli per ben tre giorni… La stessa apnea che Giona fece nella pancia della balena che lo aveva ingoiato, prima che lo vomitasse sulla spiaggia della sua vocazione.

Ma anche quest’apnea ha un gran ruolo in tutta questa storia. Non basta fare qualcosa o essere qualcuno, bisogna recuperare la vertigine emotiva di entrambe queste cose. Se non provi paura mista a speranza mentre fai qualcosa di importante allora forse non è veramente importante quella cosa. E’ come se una donna partorisse un figlio senza provare nemmeno un frammento di un qualcosa che assomigli almeno lontanamente a un pò di paura e a un po di felicità. Bisogna avere paura della paura quando è sola, quando invece la paura è accompagnata dalla speranza, allora è solo adrenalina pura che ti fa trattenere il fiato prima di scoppiare in un gran pianto di gioia e stupore.

E’ così che lo immagino il giorno in cui vedremo Cristo faccia a faccia. Per un intera vita forse abbiamo trattenuto il fiato, tormentati dalla paura che avevamo sbagliato tutto, ma anche coltivando la speranza che ne valesse la pena. Si è cristiani quando accanto alla paura, che è una cosa umanissima, si ha il coraggio di lasciare sempre un posto di riguardo alla speranza. La resurrezione di Gesù altro non è che un buon motivo per cui non disperarsi mai veramente sino in fondo. La nostra vita è un lungo sabato santo che si incastona tra le nostre croci piantate nei venerdì santo della nostra vita, e l’alba della domenica di Pasqua dove l’assenza del cadavere ci ricorda che il finale è diverso da come sembrava a noi.

Ma ancora non è il momento di urlare di gioia. Siamo ancora in fila dietro le mirofore (le donne che andarano a ungere di profumo il corpo di Gesù), silenziosi, ansiosi e con il fiato sospeso di chi spera con tutto il cuore in un imprevisto…

venerdì 14 aprile 2017

Commento al Vangelo di Don Luigi Maria Epicoco - Venerdi Santo

 



Commento al Vangelo di Don Luigi Maria Epicoco 

Il silenzio del venerdì Santo non nasce dalla beatitudine ma dalla quiete dopo la tempesta. E’ il silenzio di chi è esausto perchè ha visto cose che non avrebbe voluto mai vedere, ha udito parole che non avrebbe mai voluto sentire, ha vissuto cose che non avrebbe mai voluto vivere.

E’ il silenzio di chi è atterrito dall’accaduto. Il vero scandalo del cristianesimo risiede nella “forma” di Gesù, cioè nella Sua maniera di mostrarsi:”Non ha apparenza né bellezza per attirare i nostri sguardi, non splendore per poterci piacere”. Quando uno si compromette con ciò che crede, paga salato questo prezzo, e questa cambiale non è mai bella, è sempre una perdita specie davanti agli occhi degli altri. La traduzione volgare di questo è riassunta in quelle parole fredde e agghiaccianti che tante volte diciamo e ci vengono dette: “ma chi te l’ha fatto fare”.

Questo rischio, questa fatica, questo apparente fallimento è il luogo dove incontriamo Gesù Crocifisso. Dio non abita solo le giornate dove tutto va bene, Egli ha riempito anche quegli anfratti oscuri dove tante volte passiamo molto tempo della nostra vita. Sono gli angoli oscuri di certe famiglie, di certe malattie, di certe storie, di certe circostanze. Gesù ha sancito un cambiamento radicale.

Quello che prima era solo un fallimento oggi è anche il luogo della Sua presenza, e se trovi il coraggio di non dissertare la fatica di quell’istante, e di quelle circostanze, allora vinci come Egli stesso ha vinto. Ma la vittoria passa sempre attraverso la prostrazione della sconfitta. Per paura di perdere molte volte evitiamo anche di vivere. Gesù ci insegna che non solo non dobbiamo avere paura di perdere, ma dobbiamo avere il coraggio di perdere; ma di perdere alla Sua maniera. Perdere con fiducia, rischiando in estremo di lasciarsi nelle mani di un Padre/Dio che senti lontano, assente, inestistente, incomprensibile.

La fede và professata quando tu averti l’assenza di ciò che credi. ”In manus tuas”, Nelle Tue mani, Padre, consegno tutto, consegno ciò che sono, consegno la mia vita…Da quel momento inizia la risurrezione…

giovedì 13 aprile 2017

Commento al Vangelo di Don Luigi Maria Epicoco - Gv 13, 1-15

 



Dal Vangelo secondo Giovanni

Prima della festa di Pasqua, Gesù, sapendo che era venuta la sua ora di passare da questo mondo al Padre, avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine.

Durante la cena, quando il diavolo aveva già messo in cuore a Giuda, figlio di Simone Iscariota, di tradirlo, Gesù, sapendo che il Padre gli aveva dato tutto nelle mani e che era venuto da Dio e a Dio ritornava, si alzò da tavola, depose le vesti, prese un asciugamano e se lo cinse attorno alla vita. Poi versò dell’acqua nel catino e cominciò a lavare i piedi dei discepoli e ad asciugarli con l’asciugamano di cui si era cinto.

Venne dunque da Simon Pietro e questi gli disse: «Signore, tu lavi i piedi a me?». Rispose Gesù: «Quello che io faccio, tu ora non lo capisci; lo capirai dopo». Gli disse Pietro: «Tu non mi laverai i piedi in eterno!». Gli rispose Gesù: «Se non ti laverò, non avrai parte con me». Gli disse Simon Pietro: «Signore, non solo i miei piedi, ma anche le mani e il capo!». Soggiunse Gesù: «Chi ha fatto il bagno, non ha bisogno di lavarsi se non i piedi ed è tutto puro; e voi siete puri, ma non tutti». Sapeva infatti chi lo tradiva; per questo disse: «Non tutti siete puri».

Quando ebbe lavato loro i piedi, riprese le sue vesti, sedette di nuovo e disse loro: «Capite quello che ho fatto per voi? Voi mi chiamate il Maestro e il Signore, e dite bene, perché lo sono. Se dunque io, il Signore e il Maestro, ho lavato i piedi a voi, anche voi dovete lavare i piedi gli uni agli altri. Vi ho dato un esempio, infatti, perché anche voi facciate come io ho fatto a voi».

Parola del Signore.


Commento al Vangelo di Don Luigi Maria Epicoco 

Oggi comincia quello che i cristiani chiamano il “triduo santo”, cioè tre giorni in cui a rallentatore si ripercorre tutto il nocciolo della fede in Cristo. La giornata di oggi è tradizionalmente conosciuta come la liturgia dell’ultima cena, cioè del momento in cui Gesù istituisce l’eucarestia.

E’ paradossale, però, il fatto che oggi durante la messa “in coena domini” si legga la versione che ne dà l’evangelista Giovanni. Non ci sono pani spezzati e calici passati di mano in mano, ma si racconta più che altro di piedi lavati e di silenzi imbarazzati.Gesù si inginocchia, dopo essersi cinto le vesti, e lava i piedi ai discepoli. Perchè proprio i piedi? Qualche ora dopo Pilato si laverà le mani, e ancora prima Giuda avrà sicuramente tentato di lavarsi la bocca da quel bacio dannato che aveva dato al maestro nell’orto degli ulivi. Gesù sceglie i piedi. Forse lo fa perchè sotto la pianta dei piedi della gente è archiviata la strada che hanno fatto. Dove è andata, in quale pozzanghera è caduta, che sentieri faticosi ha percorso o quanta erba fresca ha calpestato. I piedi sono il simbolo di tutto quello che percorriamo con la nostra vita. 

Lavarli significa liberarsi di tutta quella terra, molto spesso fatta di dolore, che ci è rimasta attaccata addosso. Solo quando uno ha preso questa distanza significativa dalla propria storia, può sedersi a tavola con Gesù ed ascoltarlo; diversamente continuerà a tenere il pensiero a quella terra, a quel dolore, a quelle pietre conficcate nella carne, e non ci sarà tempo per accorgersi di nient’altro se non dei propri piedi. Non ci saranno tramonti o panorami, volti o amori, speranze o silenzi, colori o musiche. Tutta l’attenzione sarà sempre fissa su questo archivio segreto relegato in fondo al nostro corpo, in quella parte che tocca la terra con tutto il peso del resto del corpo, della testa innanzitutto ma anche del cuore…Gesù libera i discepoli da un’ attenzione sbagliata e li abilita a sentire, vedere, accorgersi, mangiare, gustare, piangere. 

E’ interessante come il maestro ci tenga a dire “lavatevi i piedi gli uni gli altri”. Cioè il cristianesimo è mettersi in ginocchio davanti ai piedi degli altri e non ai nostri. La fede in Gesù la si consuma solo a vicenda e mai nella solitudine. Lasciarsi lavare i piedi e lavare i piedi agli altri…Volesse il cielo che ci riprendessimo questa vocazione primordiale a liberare gli altri dalla sporcizia della terra che hanno calpestato. Dalla pece oscura del dolore che non si stacca più dalla carne. Dalle ferite profonde di chi è stato tradito o ha dovuto svoltare repentinamente per altre vie a causa di forze maggiori.

Se non ci carichiamo della storia degli altri e non lasciamo che gli altri facciano altrettanto con noi, allora non siederemo mai a tavola. Non sperimenteremo mai la vertigine dell’amicizia, dell’intimità, delle parole sussurrate, della nostalgia, degli sguardi, dell’intesa. Ma avvertiremo solo la paura, la frustrazione, la rabbia, il rancore, l’insicurezza per tutto quello che ci è capitato. “Gli disse Pietro: «Tu non mi laverai i piedi in eterno!». Gli rispose Gesù: «Se non ti laverò, non avrai parte con me». Gli disse Simon Pietro: «Signore, non solo i miei piedi, ma anche le mani e il capo!».”


martedì 11 aprile 2017

Commento al Vangelo di Don Luigi Maria Epicoco - Gv 13,21-33.36-38

 



Dal Vangelo secondo Giovanni

In quel tempo, [mentre era a mensa con i suoi discepoli,] Gesù fu profondamente turbato e dichiarò: «In verità, in verità io vi dico: uno di voi mi tradirà».

I discepoli si guardavano l’un l’altro, non sapendo bene di chi parlasse. Ora uno dei discepoli, quello che Gesù amava, si trovava a tavola al fianco di Gesù. Simon Pietro gli fece cenno di informarsi chi fosse quello di cui parlava. Ed egli, chinandosi sul petto di Gesù, gli disse: «Signore, chi è?». Rispose Gesù: «È colui per il quale intingerò il boccone e glielo darò». E, intinto il boccone, lo prese e lo diede a Giuda, figlio di Simone Iscariòta. Allora, dopo il boccone, Satana entrò in lui.

Gli disse dunque Gesù: «Quello che vuoi fare, fallo presto». Nessuno dei commensali capì perché gli avesse detto questo; alcuni infatti pensavano che, poiché Giuda teneva la cassa, Gesù gli avesse detto: «Compra quello che ci occorre per la festa», oppure che dovesse dare qualche cosa ai poveri. Egli, preso il boccone, subito uscì. Ed era notte.

Quando fu uscito, Gesù disse: «Ora il Figlio dell’uomo è stato glorificato, e Dio è stato glorificato in lui. Se Dio è stato glorificato in lui, anche Dio lo glorificherà da parte sua e lo glorificherà subito. Figlioli, ancora per poco sono con voi; voi mi cercherete ma, come ho detto ai Giudei, ora lo dico anche a voi: dove vado io, voi non potete venire».

Simon Pietro gli disse: «Signore, dove vai?». Gli rispose Gesù: «Dove io vado, tu per ora non puoi seguirmi; mi seguirai più tardi». Pietro disse: «Signore, perché non posso seguirti ora? Darò la mia vita per te!». Rispose Gesù: «Darai la tua vita per me? In verità, in verità io ti dico: non canterà il gallo, prima che tu non m’abbia rinnegato tre volte».

Parola del Signore.


Commento al Vangelo di Don Luigi Maria Epicoco 

Ci sono due tipi di dolore: uno fisico e uno interiore. Gesù li ha provati entrambi. La Sua crocifissione esteriore è avvenuta ad opera dei romani, ma quella interiore ad opera dei suoi amici.

Il tradimento dei suoi fu per Lui come un altra crocifissione forse più dolorosa, perchè si porta addosso l’amaro della delusione, dell’abbandono di chi Egli pensava gli volesse bene. Molte volte anche noi sanguiniamo di questo dolore interiore, feriti dal fuoco amico di chi ci ama.

Gesù nel Vangelo di oggi ci ricorda che anche quando sentiamo la vertigine di certe delusioni e di certe fitte provocate da chi ci ama, anche lì Lui è con noi come qualcuno che sa quanto possa far male. Anche lì Egli porta salvezza, resurrezione.


sabato 8 aprile 2017

Commento al Vangelo di Don Luigi Maria Epicoco - Gv 11, 45-56

 



Dal Vangelo secondo Giovanni

In quel tempo, molti dei Giudei che erano venuti da Maria, alla vista di ciò che Gesù aveva compiuto, [ossia la risurrezione di Làzzaro,] credettero in lui. Ma alcuni di loro andarono dai farisei e riferirono loro quello che Gesù aveva fatto.

Allora i capi dei sacerdoti e i farisei riunirono il sinèdrio e dissero: «Che cosa facciamo? Quest’uomo compie molti segni. Se lo lasciamo continuare così, tutti crederanno in lui, verranno i Romani e distruggeranno il nostro tempio e la nostra nazione».

Ma uno di loro, Caifa, che era sommo sacerdote quell’anno, disse loro: «Voi non capite nulla! Non vi rendete conto che è conveniente per voi che un solo uomo muoia per il popolo, e non vada in rovina la nazione intera!». Questo però non lo disse da se stesso, ma, essendo sommo sacerdote quell’anno, profetizzò che Gesù doveva morire per la nazione; e non soltanto per la nazione, ma anche per riunire insieme i figli di Dio che erano dispersi. Da quel giorno dunque decisero di ucciderlo.

Gesù dunque non andava più in pubblico tra i Giudei, ma da lì si ritirò nella regione vicina al deserto, in una città chiamata Èfraim, dove rimase con i discepoli.

Era vicina la Pasqua dei Giudei e molti dalla regione salirono a Gerusalemme prima della Pasqua per purificarsi. Essi cercavano Gesù e, stando nel tempio, dicevano tra loro: «Che ve ne pare? Non verrà alla festa?».

Parola del Signore


Commento al Vangelo di Don Luigi Maria Epicoco 

Come si fa a giustificare una violenza? È molto semplice bisogna suscitare una paura più grande che giustifichi l’intervento di quella violenza.

Questo è il tema del Vangelo di oggi: “”Che cosa facciamo? Quest’uomo compie molti segni. Se lo lasciamo continuare così, tutti crederanno in lui, verranno i Romani e distruggeranno il nostro tempio e la nostra nazione””. La paura dei Romani è una buona giustificazione per accettare di uccidere Gesù.

Accade sempre così: la paura del male ci trasforma in malvagi. È un brutto affare la paura perché tira fuori di noi il peggio. Chi ha paura è sempre manovrabile, forse sarà per questo che nella Bibbia è scritto 365 volte di “Non aver paura”, quasi a voler dire che per ogni giorno dell’anno Dio ci rassicura. Liberi dalla paura possiamo volare alto. Vittime della paura possiamo tornare a crocifiggere Cristo stesso. “

Da quel giorno dunque decisero di ucciderlo”, e così il Vangelo di Giovanni ci ha descritto tutto il percorso interiore che portò alla decisione della morte di Cristo. Il diavolo cavalca la nostra paura a tal punto da farci diventare ciò che non vorremmo mai essere.

La paura ci fa tradire come Pietro e Giuda. La paura ci fa uccidere come i capi dei sacerdoti e il popolo. La paura ci fa lavare le mani come Pilato. La paura è la causa materiale di ogni Passione. La paura è il primo chiodo di ogni croce, soprattutto la nostra.