mercoledì 30 dicembre 2020

Commento al Vangelo di Don Luigi Maria Epicoco - Lc 2,36-40

 


Dal Vangelo secondo Luca 

[Maria e Giuseppe portarono il bambino a Gerusalemme per presentarlo al Signore.] C'era una profetessa, Anna, figlia di Fanuèle, della tribù di Aser. Era molto avanzata in età, aveva vissuto con il marito sette anni dopo il suo matrimonio, era poi rimasta vedova e ora aveva ottantaquattro anni. Non si allontanava mai dal tempio, servendo Dio notte e giorno con digiuni e preghiere. Sopraggiunta in quel momento, si mise anche lei a lodare Dio e parlava del bambino a quanti aspettavano la redenzione di Gerusalemme. Quando ebbero adempiuto ogni cosa secondo la legge del Signore, fecero ritorno in Galilea, alla loro città di Nàzaret.
Il bambino cresceva e si fortificava, pieno di sapienza, e la grazia di Dio era su di lui
.

Parola del Signore 


Commento al Vangelo di Don Luigi Maria Epicoco 

Alla storia di Simeone, il Vangelo di oggi aggiunge la storia di Anna. Se Simeone è l’icona dell’attesa, Anna è l’icona della fedeltà. “C'era anche una profetessa, Anna figlia di Fanuele (…). Era molto avanzata in età, aveva vissuto con il marito sette anni dopo il suo matrimonio, era poi rimasta vedova e ora aveva ottantaquattro anni. Non si allontanava mai dal tempio, servendo Dio notte e giorno con digiuni e preghiere”. La sua è la fedeltà al reale così come la vita glielo pone davanti. Non c’è vittimismo, depressione, chiusura, rabbia in questa donna. Ha trasformato la tragedia di perdere un marito in giovane età in servizio. La sua preghiera non è un ripiego o un riempimento di un vuoto, è la scelta consapevole di essere comunque feconda e amante nonostante tutto. Anche lei, che forse non aveva figli, si affaccenda come una mamma e una moglie straordinaria, “notte e giorno” ci dice il vangelo. Ma ha sostituito alla santità delle cose di una famiglia, “i digiuni e le preghiere”. Anna è l’anti-bigotta. Non è l’immagine di quelle fastidiosissime donne che sbiascicano rosari e pettegolezzi e che sono tutte preghiere e fatti degli altri. No, lei è una capace di digiunare. E il digiuno è un fatto anche di lingua. Anzi è il digiuno che pesa di più. A questa donna Gesù fa il dono di essere visto in fasce: “Sopraggiunta in quel momento, si mise anche lei a lodare Dio”. Anna ci mostra così che il Natale è anche il compimento di vite che sembravano a metà. Di vite che potevano suscitare il dubbio del fato avverso. Tutti noi delle volte guardando la nostra vita possiamo pensare che ci siano troppi buchi, e troppe storture per dire di avere avuto vite giuste, o vite piene. Ma la pienezza della vita non dipende da ciò che ci accade ma da ciò che incontriamo in quello che ci accade. Anna, nelle sue vicende personali di vedovanza e di sterilità ha avuto però la gioia di incontrare Cristo. È questo incontro che dà significato alla sua vita, non i semplici eventi così come le sono accaduti. 


martedì 29 dicembre 2020

Commento al Vangelo di Don Luigi Maria Epicoco - Lc 2,22-35

 


Dal Vangelo secondo Luca 

Quando furono compiuti i giorni della loro purificazione rituale, secondo la legge di Mosè, [Maria e Giuseppe] portarono il bambino [Gesù] a Gerusalemme per presentarlo al Signore - come è scritto nella legge del Signore: «Ogni maschio primogenito sarà sacro al Signore» - e per offrire in sacrificio una coppia di tortore o due giovani colombi, come prescrive la legge del Signore.

Ora a Gerusalemme c'era un uomo di nome Simeone, uomo giusto e pio, che aspettava la consolazione d'Israele, e lo Spirito Santo era su di lui. Lo Spirito Santo gli aveva preannunciato che non avrebbe visto la morte senza prima aver veduto il Cristo del Signore. Mosso dallo Spirito, si recò al tempio e, mentre i genitori vi portavano il bambino Gesù per fare ciò che la Legge prescriveva a suo riguardo, anch'egli lo accolse tra le braccia e benedisse Dio, dicendo:
«Ora puoi lasciare, o Signore, che il tuo servo
vada in pace, secondo la tua parola,
perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza,
preparata da te davanti a tutti i popoli:
luce per rivelarti alle genti
e gloria del tuo popolo, Israele».

Il padre e la madre di Gesù si stupivano delle cose che si dicevano di lui. Simeone li benedisse e a Maria, sua madre, disse:
«Ecco, egli è qui per la caduta e la risurrezione di molti in Israele e come segno di contraddizione - e anche a te una spada trafiggerà l'anima -, affinché siano svelati i pensieri di molti cuori».

Parola del Signore 


Commento al Vangelo di Don Luigi Maria Epicoco 

Il Vangelo di oggi fa entrare in scena la mitezza e l’ostinata attesa di un anziano: “Ora a Gerusalemme, c'era un uomo di nome Simeone, uomo giusto e timorato di Dio, che aspettava il conforto d'Israele; lo Spirito Santo che era sopra di lui, gli aveva preannunziato che non avrebbe visto la morte senza prima aver veduto il Messia del Signore”. È lui la vera icona dell’attesa. Un’intera esistenza passata ad attendere quel momento, quel dono straordinario di poter avere tra le braccia questo bambino. Gesù rappresenta il Senso della vita. E tutta la nostra esistenza è una continua ricerca di questo senso, di questo mistero che trasfigura tutte le cose, di questo nocciolo duro e affidabile che rende ogni giorno degno. Simeone è un monito per ciascuno di noi, egli ci ricorda che dobbiamo credere di più a ciò che il Signore ci mette nel cuore più che all’evidenza delle cose che sembrano invece dirci che il tempo passa e noi abbiamo atteso invano. Dio non ci tradirebbe mai mettendoci nel cuore qualcosa per poi negarcela nella realtà. Attendere è un altro modo di dire che dobbiamo fidarci. E chi si fida forse un giorno potrà fare l’esperienza di quest’uomo che posseduto davvero da un’incontenibile gioia profetizza parole straordinarie: “Mosso dunque dallo Spirito, si recò al tempio; e mentre i genitori vi portavano il bambino Gesù (…) lo prese tra le braccia e benedisse Dio: «Ora lascia, o Signore, che il tuo servo vada in pace secondo la tua parola; perché i miei occhi han visto la tua salvezza (…)”. Dio ci conceda di poter un giorno vedere con i nostri occhi la speranza che ci portiamo nel cuore. Ma fino a quel giorno dobbiamo sempre domandarci se vogliamo vivere rassegnati o vivere come quest’uomo. Simeone è il contrario della rassegnazione. Di lui potremmo invece dire che c’è l’eterna giovinezza, perché giovane è chi ancora si aspetta qualcosa dalla vita. La giovinezza non è mai un fatto anagrafico ma una questione di attese vive o rassegnazioni tenute a bada. 


lunedì 28 dicembre 2020

Commento al Vangelo di Don Luigi Maria Epicoco - Mt 2,13-18

 


Dal Vangelo secondo Matteo 

I Magi erano appena partiti, quando un angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe e gli disse: «Àlzati, prendi con te il bambino e sua madre, fuggi in Egitto e resta là finché non ti avvertirò: Erode infatti vuole cercare il bambino per ucciderlo».

Egli si alzò, nella notte, prese il bambino e sua madre e si rifugiò in Egitto, dove rimase fino alla morte di Erode, perché si compisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta:
«Dall'Egitto ho chiamato il mio figlio».

Quando Erode si accorse che i Magi si erano presi gioco di lui, si infuriò e mandò a uccidere tutti i bambini che stavano a Betlemme e in tutto il suo territorio e che avevano da due anni in giù, secondo il tempo che aveva appreso con esatezza dai Magi.

Allora si compì ciò che era stato detto per mezzo del profeta Geremìa:
«Un grido è stato udito in Rama,
un pianto e un lamento grande:
Rachele piange i suoi figli
e non vuole essere consolata,
perché non sono più».

Parola del Signore 


Commento al Vangelo di Don Luigi Maria Epicoco 

Se Gesù è il compimento delle promesse, come mai la Sua venuta al mondo invece di portare pace sembra peggiorare la situazione? I Vangeli di questi giorni ce ne offrono ampi squarci per donarci tutto il realismo degli eventi che hanno riguardato da vicino Gesù. Se prima infatti il problema erano trovare un posto dove far nascere il bambino mentre tutto è chiuso e sbarrato, ora il problema è la collera dei potenti, di Erode soprattutto: “Un angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe e gli disse: "Alzati, prendi con te il bambino e sua madre, fuggi in Egitto e resta là finché non ti avvertirò: Erode infatti vuole cercare il bambino per ucciderlo". Egli si alzò, nella notte, prese il bambino e sua madre e si rifugiò in Egitto”. Così Gesù è costretto a diventare profugo assieme alla sua famiglia. Anche lui deve iniziare quei viaggi della speranza di cui anche oggi le vie di mare e di terra dei paesi flagellati dalle guerre ne sono testimoni. Gesù sperimenta l’amaro destino dei profughi, degli esuli, di chi deve sradicarsi per cercare di tenere salva la vita. La sua condizione non è di privilegio ma di profonda condivisione dell’ingiustizia del mondo, dell’ingiustizia della storia, soprattutto dell’ingiustizia che riguarda gli ultimi, i poveri, coloro che consideriamo masse prima ancora che persone. Il problema vero però è che Erode non si arrende davanti al fatto di non riuscire a individuare questo bambino di cui gli avevano parlato i Magi, e così scatta quel gesto così disumano della strage degli innocenti, di cui oggi facciamo memoria liturgica: “Quando Erode si accorse che i Magi si erano presi gioco di lui, si infuriò e mandò a uccidere tutti i bambini che stavano a Betlemme e in tutto il suo territorio e che avevano da due anni in giù, secondo il tempo che aveva appreso con esattezza dai Magi”. Il Natale è anche questo: è il dolore degli innocenti che Cristo è venuto a prendere sulle sue spalle. Il Natale è anche il grido delle madri che piangono i propri figli che non sono più.


domenica 27 dicembre 2020

Commento al Vangelo di Don Luigi Maria Epicoco - Lc 2,22-40

 


Dal Vangelo secondo Luca 

Quando furono compiuti i giorni della loro purificazione rituale, secondo la legge di Mosè, [Maria e Giuseppe] portarono il bambino [Gesù] a Gerusalemme per presentarlo al Signore - come è scritto nella legge del Signore: «Ogni maschio primogenito sarà sacro al Signore» - e per offrire in sacrificio una coppia di tortore o due giovani colombi, come prescrive la legge del Signore. Ora a Gerusalemme c'era un uomo di nome Simeone, uomo giusto e pio, che aspettava la consolazione d'Israele, e lo Spirito Santo era su di lui. Lo Spirito Santo gli aveva preannunciato che non avrebbe visto la morte senza prima aver veduto il Cristo del Signore. Mosso dallo Spirito, si recò al tempio e, mentre i genitori vi portavano il bambino Gesù per fare ciò che la Legge prescriveva a suo riguardo, anch'egli lo accolse tra le braccia e benedisse Dio, dicendo: «Ora puoi lasciare, o Signore, che il tuo servo vada in pace, secondo la tua parola, perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza, preparata da te davanti a tutti i popoli: luce per rivelarti alle genti e gloria del tuo popolo, Israele». Il padre e la madre di Gesù si stupivano delle cose che si dicevano di lui. Simeone li benedisse e a Maria, sua madre, disse: «Ecco, egli è qui per la caduta e la risurrezione di molti in Israele e come segno di contraddizione - e anche a te una spada trafiggerà l'anima -, affinché siano svelati i pensieri di molti cuori». C'era anche una profetessa, Anna, figlia di Fanuèle, della tribù di Aser. Era molto avanzata in età, aveva vissuto con il marito sette anni dopo il suo matrimonio, era poi rimasta vedova e ora aveva ottantaquattro anni. Non si allontanava mai dal tempio, servendo Dio notte e giorno con digiuni e preghiere. Sopraggiunta in quel momento, si mise anche lei a lodare Dio e parlava del bambino a quanti aspettavano la redenzione di Gerusalemme.

Quando ebbero adempiuto ogni cosa secondo la legge del Signore, fecero ritorno in Galilea, alla loro città di Nàzaret.

Il bambino cresceva e si fortificava, pieno di sapienza, e la grazia di Dio era su di lui.

Parola del Signore 


Commento al Vangelo di Don Luigi Maria Epicoco 

"Il padre e la madre di Gesù si stupivano delle cose che si dicevano di lui". L'amore funziona solo quando è ancora disposto a stupirsi per ciò che ama. Molte nostre famiglie (oggi è la festa della Santa Famiglia) non funzionano perché hanno perso lo stupore nel guardarsi. Funziona ormai solo il pregiudizio: "ti conosco bene!". Eppure la verità più vera di ogni ambiente sano è potersi sentire addosso uno sguardo che ti dice "sei molto di più di ciò che sembri!". Solo quando è preservato il mistero che c'è dentro ognuno di noi, solo allora le relazioni ci fanno essere felici. Le relazioni che ti catalogano, che non ti danno nessun altra possibilità, che ti costringono a interpretare i sogni degli altri, sono destinate a creare solo infelicità e dolore. Maria, Giuseppe e Gesù sono una famiglia perchè hanno saputo rispondere ai problemi "insieme", e permettendo a ognuno di essere se stesso in questo "insieme". Il loro amore non è inarrivabile, anzi, è messo lì per ricordarci in che modo dovremmo essere famiglia noi. Solo così si cresce: "Il bambino cresceva e si fortificava, pieno di sapienza, e la grazia di Dio era su di lui". Sono convinto che molti nostri ragazzi dicono di non credere in Dio semplicemente perchè nelle loro famiglie sono stati delusi dall'amore. Dio è amore, e se l'amore ti ha fatto soffrire allora sembra logico non crederci più. Possa la festa di oggi donarci un'occasione ancora. 



giovedì 24 dicembre 2020

Commento al Vangelo di Don Luigi Maria Epicoco - Lc 1,67-79

 


Dal Vangelo secondo Luca 

In quel tempo, Zaccarìa, padre di Giovanni, fu colmato di Spirito Santo e profetò dicendo:
«Benedetto il Signore, Dio d'Israele,
perché ha visitato e redento il suo popolo,
e ha suscitato per noi un Salvatore potente
nella casa di Davide, suo servo,
come aveva detto
per bocca dei suoi santi profeti d'un tempo:
salvezza dai nostri nemici,
e dalle mani di quanti ci odiano.
Così egli ha concesso misericordia ai nostri padri
e si è ricordato della sua santa alleanza,
del giuramento fatto ad Abramo, nostro padre,
di concederci, liberati dalle mani dei nemici,
di servirlo senza timore, in santità e giustizia
al suo cospetto, per tutti i nostri giorni.
E tu, bambino, sarai chiamato profeta dell'Altissimo
perché andrai innanzi al Signore a preparargli le strade,
per dare al suo popolo la conoscenza della salvezza
nella remissione dei suoi peccati.
Grazie alla tenerezza e misericordia del nostro Dio,
ci visiterà un sole che sorge dall'alto,
per risplendere su quelli che stanno nelle tenebre
e nell'ombra di morte,
e dirigere i nostri passi
sulla via della pace».

Parola del Signore 


Commento al Vangelo di Don Luigi Maria Epicoco 

Questa notte nascerà Gesù, e la liturgia di oggi conclude il tempo dell’avvento con il miracolo di un uomo che avendo perduto la parola per la sua incredulità, può tornare a parlare perché si è arreso a una fede che è diventata fatto. Stiamo parlando di Zaccaria e la nascita di suo figlio Giovanni, scioglie in lui il nodo del dubbio, dell’incredulità, dello spavento. E mentre scrive che “Giovanni è il suo nome”, dalla sua bocca, quasi in maniera incontenibile vengono fuori parole profetiche e strabordanti di gioia: «Benedetto sia il Signore, il Dio d’Israele, perché ha visitato e riscattato il suo popolo, e ci ha suscitato un potente Salvatore nella casa di Davide suo servo, come aveva promesso da tempo per bocca dei suoi profeti; uno che ci salverà dai nostri nemici e dalle mani di tutti quelli che ci odiano». Zaccaria dice ad alta voce che quello che stiamo per celebrare tra poche ore altro non è che il compimento di tutte le attese, di tutte le profezie, di tutto quello che per secoli il popolo ha atteso. Dio, tra poche ore, non sarà più una promessa, ma sarà finalmente Qualcuno da incontrare. La terra che aveva promesso al popolo liberato dalla schiavitù dell’Egitto, sta per diventare tra poche ore visibile. Non è la geografia di un posto ma di un volto. È il volto di Gesù la vera terra promessa, il vero luogo dove ogni uomo può sperimentare la condizione di libertà. “Per i quali l’Aurora dall’alto ci visiterà per risplendere su quelli che giacciono in tenebre e in ombra di morte, per guidare i nostri passi verso la via della pace”. Come il sole che arriva dopo una lunga notte, così è la venuta di Gesù nella storia del mondo e nella storia di ogni uomo. La fede è l’alba di un mattino dopo una lunga notte. E al chiarore di quella luce tutto diventa visibile, tutto diventa carico di significato. Incontrare la fede significa incontrare questa luce nel volto di un bambino di nome Gesù, nato in una grotta di fortuna in una notte fonda di più di duemila anni fa, nella debolezza e nella povertà.


mercoledì 23 dicembre 2020

7+3: provate ad ascoltare questa canzone di Ultimo pensandola come rivolta a Dio...

 


La nuova canzone di Ultimo è una bellissima canzone d'amore. Provate ad ascoltarla pensandola rivolta a Dio... Il risultato vi sorprenderà! Provare per credere.



Commento al Vangelo di Don Luigi Maria Epicoco - Lc 1,57,66

 


Dal Vangelo secondo Luca 

In quei giorni, per Elisabetta si compì il tempo del parto e diede alla luce un figlio. I vicini e i parenti udirono che il Signore aveva manifestato in lei la sua grande misericordia, e si rallegravano con lei. Otto giorni dopo vennero per circoncidere il bambino e volevano chiamarlo con il nome di suo padre, Zaccarìa. Ma sua madre intervenne: «No, si chiamerà Giovanni». Le dissero: «Non c'è nessuno della tua parentela che si chiami con questo nome». Allora domandavano con cenni a suo padre come voleva che si chiamasse. Egli chiese una tavoletta e scrisse: «Giovanni è il suo nome». Tutti furono meravigliati. All'istante gli si aprì la bocca e gli si sciolse la lingua, e parlava benedicendo Dio. Tutti i loro vicini furono presi da timore, e per tutta la regione montuosa della Giudea si discorreva di tutte queste cose.
Tutti coloro che le udivano, le custodivano in cuor loro, dicendo: «Che sarà mai questo bambino?».
E davvero la mano del Signore era con lui

Parola del Signore 


Commento al Vangelo di Don Luigi Maria Epicoco 

La liturgia sembra volerci preparare al Natale attraverso le storie che riguardano la nascita del precursore: Giovanni Battista. Avevamo lasciato Elisabetta incinta, e Zaccaria muto a causa della sua incredulità, è quindi giusto che la scena venga riempita dalle parole di Elisabetta, che contravvenendo le consuetudini e le tradizioni, si impone con forza per chiamare il bambino Giovanni: “Otto giorni dopo vennero per circoncidere il bambino e volevano chiamarlo con il nome di suo padre, Zaccaria. Ma sua madre intervenne: “No, si chiamerà Giovanni”. Le dissero: “Non c’è nessuno della tua parentela che si chiami con questo nome”. Allora domandavano con cenni a suo padre come voleva che si chiamasse. Egli chiese una tavoletta e scrisse: “Giovanni è il suo nome”. Tutti furono meravigliati”. E non si capisce se erano meravigliati per la scelta del nome o per la totale comunione che Elisabetta e Zaccaria avevano tra di loro. A me piace pensare la seconda perché è difficile trovare sintonia tra due persone che stanno insieme in un mondo che tende solo a contrapporci, proprio come fanno i vicini di casa del vangelo di oggi. E credo che questa sintonia sia la vera causa di guarigione di Zaccaria: “All’istante gli si aprì la bocca e gli si sciolse la lingua, e parlava benedicendo Dio. Tutti i loro vicini furono presi da timore, e per tutta la regione montuosa della Giudea si discorreva di tutte queste cose”. Ma l’altro elemento significativo di questo brano sta nel fatto che il nome Giovanni è un nome fuori dalla tradizione familiare di Zaccaria ed Elisabetta. C’è come la decisione di sottolineare la “diversità” del battista. Elisabetta e Zaccaria mostrano l’amore perché difendono l’unicità, l’originalità, la diversità del figlio. Amare non è uniformare a se stessi ma preservare ciò che di unico, di irripetibile, di diverso esiste nell’altro. È amare ciò che dell’altro non corrisponde. È permettere all’altro di essere se stesso fino in fondo, di essere diverso dalle aspettative mie e di chi lo circonda.


martedì 22 dicembre 2020

Commento al Vangelo di Don Luigi Maria Epicoco - Lc 1,46-55

 


Dal Vangelo secondo Luca 

In quel tempo, Maria disse:

«L'anima mia magnifica il Signore
e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore,
perché ha guardato l'umiltà della sua serva.
D'ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata.

Grandi cose ha fatto per me l'Onnipotente
e Santo è il suo nome;
di generazione in generazione la sua misericordia
per quelli che lo temono.

Ha spiegato la potenza del suo braccio,
ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore;
ha rovesciato i potenti dai troni,
ha innalzato gli umili;
ha ricolmato di beni gli affamati,
ha rimandato i ricchi a mani vuote.

Ha soccorso Israele, suo servo,
ricordandosi della sua misericordia,
come aveva detto ai nostri padri,
per Abramo e la sua discendenza, per sempre».

Parola del Signore 


Commento al Vangelo di Don Luigi Maria Epicoco Le parole più rivoluzionarie del Nuovo Testamento le pronuncia Maria con il suo Magnificat. I biblisti potranno spiegare meglio il perché queste stesse parole le si ritrovano anche nell’antico testamento in bocca ad altre donne “graziate”, ma a noi poco importa sapere che origine hanno queste parole, ci commuove sapere che il Vangelo le ponga sulle labbra di Maria: “Ha spiegato la potenza del suo braccio, ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore; ha rovesciato i potenti dai troni, ha innalzato gli umili; ha ricolmato di beni gli affamati, ha rimandato i ricchi a mani vuote”. Si! Perché il nostro Dio stravolge le modalità del mondo, e ciò che nel mondo vale qualcosa davanti a Lui magari non vale nulla, e al contrario ciò che nel mondo non vale nulla davanti a Lui vale tutto. Maria canta questo capovolgimento delle logiche del mondo. Dà voce a tutti gli oppressi della storia, a tutti i piccoli, a coloro che vivono l’ingiustizia del pane, della povertà, delle contraddizioni della vita. Maria annuncia la rivoluzione più grande che è sapere che non siamo sotto uno sguardo indifferente di un Dio a cui non importa nulla di noi. A Dio importa. Dio, in Gesù, non resta a guardare. Prende sul serio questa “minorità” e la eleva a predilezione. Siamo figli di un Dio di parte, dell’Emmanuele, del “Dio con noi”, del Dio che ha messo mani alla storia mandando Suo Figlio. Maria è essa stessa una Misericordia fatta Madre. Tutto il segreto di questa donna è nella sua umiltà. Non c’è nessuno più umile di lei, perché umiltà è sapersi totalmente di Qualcuno senza la superbia di pensare che si possa essere qualcosa senza Dio. L’umile è chi sa che per stare in piedi bisogna avere la terra sotto i piedi, mentre i superbi sono quelli che pensano di non aver bisogno di nulla e proprio per questo invece di camminare inciampano. L’umile è chi ascolta per capire, il superbo invece è chi pensa che basti solo ragionare e così ascolta solo se stesso aumentando la propria confusione.


lunedì 21 dicembre 2020

Don Luigi Maria Epicoco - Buon Natale 2020

Don Luigi Maria Epicoco - L'imprevedibile speranza di Gesù

Commento al Vangelo di Don Luigi Maria Epicoco - Lc 1,39-45

 


Dal Vangelo secondo Luca 

In quei giorni Maria si alzò e andò in fretta verso la regione montuosa, in una città di Giuda.
Entrata nella casa di Zaccarìa, salutò Elisabetta. Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino sussultò nel suo grembo.
Elisabetta fu colmata di Spirito Santo ed esclamò a gran voce: «Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me? Ecco, appena il tuo saluto è giunto ai miei orecchi, il bambino ha sussultato di gioia nel mio grembo. E beata colei che ha creduto nell'adempimento di ciò che il Signore le ha detto».

Parola del Signore 


Commento al Vangelo di Don Luigi Maria Epicoco 

“In quei giorni Maria si mise in viaggio verso la montagna e raggiunse in fretta una città di Giuda”. Il viaggio che Maria fa nel vangelo di oggi non nasce dall’ansia o dal bisogno di certezze, ma bensì da un incontenibile bisogno di condividere ciò che è accaduto dentro la sua vita. Mettersi a servizio della cugina Elisabetta è il modo che Ella trova per esprimere il cuore stesso della sua esperienza di fede. Infatti una fede che non diventa carità concreta rischia di diventare vita spirituale astratta, non vita spirituale concreta. E la carità ha sempre somiglianza con ciò che accade a queste due donne: “Entrata nella casa di Zaccaria, salutò Elisabetta. Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino le sussultò nel grembo”. La carità è portare gioia nella vita degli altri, specie di quelli che si sentono disperati e soli. È una gioia che nasce dalla nostra stessa presenta che rende concreta la presenza di quel Dio che soccorre tutti gli oppressi. Giovanni Battista esulta nel grembo dell’anziana madre, sembra quasi voler danzare così come Davide danzò davanti all’Arca dell’Alleanza. E infatti ora anche loro si trovano davanti all’Arca della Nuova Alleanza, Maria. Paradossalmente però anche chi riceve, chi è oggetto della nostra carità, ci dà un contraccambio inaspettato: “Elisabetta fu piena di Spirito Santo ed esclamò a gran voce: «Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! A che debbo che la madre del mio Signore venga a me? Ecco, appena la voce del tuo saluto è giunta ai miei orecchi, il bambino ha esultato di gioia nel mio grembo. E beata colei che ha creduto nell'adempimento delle parole del Signore»”. Sono i poveri a dirci e a farci capire davvero chi siamo e che senso ha la nostra vita. Se tu vuoi fare discernimento mettiti a servizio, e ti accorgerai che riceverai come dono chiarezza. La paura e la confusione che Maria aveva provato davanti all’angelo Gabriele, trovano luce e accoglienza nelle parole di Elisabetta. La carità ci dice sempre la verità. 


domenica 20 dicembre 2020

Commento al Vangelo di Don Luigi Maria Epicoco - Lc 1,26-38

 


Dal Vangelo secondo Luca 

In quel tempo, l'angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nàzaret, a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, di nome Giuseppe. La vergine si chiamava Maria.
Entrando da lei, disse: «Rallègrati, piena di grazia: il Signore è con te». A queste parole ella fu molto turbata e si domandava che senso avesse un saluto come questo. L'angelo le disse: «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ed ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e verrà chiamato Figlio dell'Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine». Allora Maria disse all'angelo: «Come avverrà questo, poiché non conosco uomo?». Le rispose l'angelo: «Lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza dell'Altissimo ti coprirà con la sua ombra. Perciò colui che nascerà sarà santo e sarà chiamato Figlio di Dio. Ed ecco, Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia ha concepito anch'essa un figlio e questo è il sesto mese per lei, che era detta sterile: nulla è impossibile a Dio». Allora Maria disse: «Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola». E l'angelo si allontanò da lei.

Parola del Signore 


Commento al Vangelo di Don Luigi Maria Epicoco 

«Rallègrati, piena di grazia: il Signore è con te». A pochi giorni dal Natale, il Vangelo ci indica il binomio della gioia cristiana: tu puoi essere nella gioia perchè il Signore è con te. La gioia non è la solitudine di chi basta a se stesso, ma la consapevolezza di chi sa non essere veramente solo mai. Sarebbe bello se oggi non riducessimo la Parola del Vangelo a mille ragionamenti, ma semplicemente ci lasciassimo riscaldare da questa consapevolezza ripetuta per tutta la giornata come una giaculatoria che l'angelo dice a ciascuno di noi: "Gioisci perchè non sei solo/a, il Signore è con te". Se non soltanto ripeteremo ciò, ma cominceremo a credergli, allora sentiremo ciò che Maria stessa ha provato a quello strano saluto di Gabriele. 



sabato 19 dicembre 2020

Commento al Vangelo di Don Luigi Maria Epicoco - Lc 1,5-25

 


Dal Vangelo secondo Luca 

Al tempo di Erode, re della Giudea, vi era un sacerdote di nome Zaccarìa, della classe di Abìa, che aveva in moglie una discendente di Aronne, di nome Elisabetta. Ambedue erano giusti davanti a Dio e osservavano irreprensibili tutte le leggi e le prescrizioni del Signore. Essi non avevano figli, perché Elisabetta era sterile e tutti e due erano avanti negli anni.

Avvenne che, mentre Zaccarìa svolgeva le sue funzioni sacerdotali davanti al Signore durante il turno della sua classe, gli toccò in sorte, secondo l'usanza del servizio sacerdotale, di entrare nel tempio del Signore per fare l'offerta dell'incenso.
Fuori, tutta l'assemblea del popolo stava pregando nell'ora dell'incenso. Apparve a lui un angelo del Signore, ritto alla destra dell'altare dell'incenso. Quando lo vide, Zaccarìa si turbò e fu preso da timore. Ma l'angelo gli disse: «Non temere, Zaccarìa, la tua preghiera è stata esaudita e tua moglie Elisabetta ti darà un figlio, e tu lo chiamerai Giovanni. Avrai gioia ed esultanza, e molti si rallegreranno della sua nascita, perché egli sarà grande davanti al Signore; non berrà vino né bevande inebrianti, sarà colmato di Spirito Santo fin dal seno di sua madre e ricondurrà molti figli d'Israele al Signore loro Dio. Egli camminerà innanzi a lui con lo spirito e la potenza di Elìa, per ricondurre i cuori dei padri verso i figli e i ribelli alla saggezza dei giusti e preparare al Signore un popolo ben disposto».
Zaccarìa disse all'angelo: «Come potrò mai conoscere questo? Io sono vecchio e mia moglie è avanti negli anni». L'angelo gli rispose: «Io sono Gabriele, che sto dinanzi a Dio e sono stato mandato a parlarti e a portarti questo lieto annuncio. Ed ecco, tu sarai muto e non potrai parlare fino al giorno in cui queste cose avverranno, perché non hai creduto alle mie parole, che si compiranno a loro tempo».

Intanto il popolo stava in attesa di Zaccarìa, e si meravigliava per il suo indugiare nel tempio. Quando poi uscì e non poteva parlare loro, capirono che nel tempio aveva avuto una visione. Faceva loro dei cenni e restava muto.

Compiuti i giorni del suo servizio, tornò a casa. Dopo quei giorni Elisabetta, sua moglie, concepì e si tenne nascosta per cinque mesi e diceva: «Ecco che cosa ha fatto per me il Signore, nei giorni in cui si è degnato di togliere la mia vergogna fra gli uomini».

Parola del Signore 


Commento al Vangelo di Don Luigi Maria Epicoco 

È bello pensare che il vangelo sottolinea che il Natale è possibile solo a patto che ci siano persone che si amano. E le storie che stiamo leggendo in questi giorni testimoniano proprio questo. Essi sono infatti coppie, famiglie, circuiti di bene, e mai personaggi solitari che fanno tutto da soli. Oggi è raccontata la vicenda che riguarda una di queste coppie: Zaccaria ed Elisabetta. Il Vangelo ci tiene a dire che abbiamo a che fare con gente buona e giusta, ma che nonostante questo dettaglio, essi in realtà vivono la grande sofferenza di non essere riusciti ad avere un figlio. Ma Dio proprio a partire da questa sofferenza farà qualcosa di inaspettato, motivo per cui manda l’angelo Gabriele ad annunciare: «Non temere, Zaccaria, perché la tua preghiera è stata esaudita; tua moglie Elisabetta ti partorirà un figlio, e gli porrai nome Giovanni. Tu ne avrai gioia ed esultanza, e molti si rallegreranno per la sua nascita. Perché sarà grande davanti al Signore. Non berrà né vino né bevande alcoliche, e sarà pieno di Spirito Santo fin dal grembo di sua madre; convertirà molti dei figli d’Israele al Signore, loro Dio; andrà davanti a lui con lo spirito e la potenza di Elia, per volgere i cuori dei padri ai figli e i ribelli alla saggezza dei giusti, per preparare al Signore un popolo ben disposto». Quella che può sembrare una buona notizia, in realtà crea in Zaccaria timore e incredulità, e credo che sia assolutamente molto umano reagire così, specie dopo che si è passati un’intera vita ad attendere qualcosa che non è accaduto e che adesso sembra davvero improbabile: «Da che cosa conoscerò questo? Perché io sono vecchio e mia moglie è in età avanzata». Zaccaria contrappone la sua vecchiaia, il suo limite, alla Parola del Signore. Ma il punto è proprio questo: Dio è tale proprio perché può compiere cose non solo al di là dei tuoi limiti ma proprio a partire da essi. “Dopo quei giorni, sua moglie Elisabetta rimase incinta”. Il Natale mette radici lì dove noi non possiamo più nulla. 


giovedì 17 dicembre 2020

Commento al Vangelo di Don Luigi Maria Epicoco - Mt 1,1-17

 


Dal Vangelo secondo Matteo 

Genealogia di Gesù Cristo figlio di Davide, figlio di Abramo.

Abramo generò Isacco, Isacco generò Giacobbe, Giacobbe generò Giuda e i suoi fratelli, Giuda generò Fares e Zara da Tamar, Fares generò Esrom, Esrom generò Aram, Aram generò Aminadàb, Aminadàb generò Naassòn, Naassòn generò Salmon, Salmon generò Booz da Racab, Booz generò Obed da Rut, Obed generò Iesse, Iesse generò il re Davide.

Davide generò Salomone da quella che era stata la moglie di Urìa, Salomone generò Roboamo, Roboamo generò Abìa, Abìa generò Asaf, Asaf generò Giòsafat, Giòsafat generò Ioram, Ioram generò Ozìa, Ozìa generò Ioatàm, Ioatàm generò Àcaz, Àcaz generò Ezechìa, Ezechìa generò Manasse, Manasse generò Amos, Amos generò Giosìa, Giosìa generò Ieconìa e i suoi fratelli, al tempo della deportazione in Babilonia.

Dopo la deportazione in Babilonia, Ieconìa generò Salatièl, Salatièl generò Zorobabele, Zorobabele generò Abiùd, Abiùd generò Eliachìm, Eliachìm generò Azor, Azor generò Sadoc, Sadoc generò Achim, Achim generò Eliùd, Eliùd generò Eleàzar, Eleàzar generò Mattan, Mattan generò Giacobbe, Giacobbe generò Giuseppe, lo sposo di Maria, dalla quale è nato Gesù, chiamato Cristo.

In tal modo, tutte le generazioni da Abramo a Davide sono quattordici, da Davide fino alla deportazione in Babilonia quattordici, dalla deportazione in Babilonia a Cristo quattordici.

Parola del Signore 


Commento al Vangelo di Don Luigi Maria Epicoco 

Nomi difficili, e numeri apparentemente incomprensibili. Sembra questa la sintesi del Vangelo di oggi. Eppure così non è, perché dietro ogni nome difficile per noi in realtà si nasconde un volto di un uomo concreto, una storia concreta, un’avventura concreta.E ogni volto è legato a un altro volto, a un’altra storia, a un’altra avventura. Dio, per entrare nella storia, è entrato nella storia singolare di ogni uomo, nella storia di ogni nome e di ogni volto. Meglio ancora dovremmo dire che Dio ha cominciato a rendersi presente nelle relazioni concrete degli uomini. E Gesù, che non è un uomo in generale, ma un uomo in particolare, ha assunto sulle sue spalle le storie singolari di chi lo ha preceduto. Da Abramo fino a Giuseppe. La storia che celebriamo nel Natale, non è una fiaba, né un racconto edificante. Essa invece è la storia drammatica degli uomini, di uomini concreti, con volti concreti. Non dovremmo mai rubare l’umanità a Gesù. Non dobbiamo avere fretta di ricacciarlo nei cieli, o di mettergli aureole sulla sua testa. La prima vera grande cosa che il Natale ci insegna è che dobbiamo imparare a considerare Gesù nella sua concreta umanità. “Così, da Abramo fino a Davide sono in tutto quattordici generazioni; da Davide fino alla deportazione in Babilonia, quattordici generazioni; e dalla deportazione in Babilonia fino a Cristo, quattordici generazioni”. Il Vangelo di oggi è un estremo tentativo di enumerare almeno quarantadue generazioni di motivi. E in ciascuna di esse non troviamo solo storie luminose, ma molto spesso storie storte, difficili, complicate, come se a Dio piacesse particolarmente entrare nelle vicende complicate di famiglie e persone. Ma in fondo ciascuna delle nostre vite vista da vicino è una vita complicata, incidentata, non sempre luminosa, molto spesso storta. La buona notizia del Vangelo di oggi è sapere che anche le storie più difficili hanno come finale Gesù. Ogni storia ha al suo fondo un Natale, un Messia, un Senso. In unica parola: Gesù.


mercoledì 16 dicembre 2020

Commento al Vangelo di Don Luigi Maria Epicoco - Lc 7,19-23

 


Dal Vangelo secondo Luca

In quel tempo, Giovanni chiamati due dei suoi discepoli li mandò a dire al Signore: «Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro?».
Venuti da lui, quegli uomini dissero: «Giovanni il Battista ci ha mandati da te per domandarti: “Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro?”».
In quello stesso momento Gesù guarì molti da malattie, da infermità, da spiriti cattivi e donò la vista a molti ciechi. Poi diede loro questa risposta: «Andate e riferite a Giovanni ciò che avete visto e udito: i ciechi riacquistano la vista, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono purificati, i sordi odono, i morti risuscitano, ai poveri è annunciata la buona notizia. E beato è colui che non trova in me motivo di scandalo!».

Parola del Signore 


Commento al Vangelo di Don Luigi Maria Epicoco 

“Venuti da lui, quegli uomini dissero: «Giovanni il Battista ci ha mandati da te per domandarti: Sei tu colui che viene o dobbiamo aspettare un altro?»”. Che bello arrivare alla soglia della novena di Natale e introdurci ad essa attraverso la crisi finale di Giovanni Battista. Lui che è stato elogiato da Gesù come il più grande di tutti; lui che è l’Elia che tutti stavano aspettando; lui che ha affrontato la prepotenza di Erode e ha predicato senza vergogna, ora si ritrova con il dubbio atroce che forse Gesù non è il Messia. Ogni uomo si trova a vivere certe crisi, anche i migliori (forse soprattutto). Solo attraverso questo tipo di crisi veniamo purificati dalle nostre aspettative, dal nostro immaginario troppo umano, troppo stretto. E Gesù risponde a questa crisi, a questa domanda, non con le parole, non attraverso un dialogo convincente ma con dei fatti: “In quello stesso momento Gesù guarì molti da malattie, da infermità, da spiriti cattivi e donò la vista a molti ciechi. Poi diede loro questa risposta: «Andate e riferite a Giovanni ciò che avete visto e udito: i ciechi riacquistano la vista, gli zoppi camminano, i lebbrosi vengono sanati, i sordi odono, i morti risuscitano, ai poveri è annunziata la buona novella. E beato è chiunque non sarà scandalizzato di me!»”. A certe crisi, a certe domande non si risponde analizzando troppo con i ragionamenti, ma spalancando gli occhi su ciò che il Signore opera concretamente. Molte cose che ci fanno male, e ci pesano nel cuore vengono da pensieri che sono così spietatamente logici da non lasciare via d’uscita. Eppure Dio sa smentire con i fatti certe logiche mortifere. A volte a una lettura superficiale della nostra vita ci convinciamo di aver sbagliato tutto, di non valere niente, di aver preso una cantonata, di aver sprecato tempo, ma basterebbe guardare al fondo delle cose per accorgerci che Dio sta dicendo altro. Per riconoscere Gesù bisogna essere intelligenti, secondo l’accezione latina: intus-legere (saper leggere dentro). 


martedì 15 dicembre 2020

Commento al Vangelo di Don Luigi Maria Epicoco - Mt 21,28-32

 


Dal Vangelo secondo Matteo 

In quel tempo, Gesù disse ai capi dei sacerdoti e agli anziani del popolo: «Che ve ne pare? Un uomo aveva due figli. Si rivolse al primo e disse: Figlio, oggi va' a lavorare nella vigna. Ed egli rispose: Non ne ho voglia. Ma poi si pentì e vi andò. Si rivolse al secondo e disse lo stesso. Ed egli rispose: Sì, signore. Ma non vi andò. Chi dei due ha compiuto la volontà del padre?». Risposero: «Il primo». E Gesù disse loro: «In verità io vi dico: i pubblicani e le prostitute vi passano avanti nel regno di Dio. Giovanni infatti venne a voi sulla via della giustizia, e non gli avete creduto; i pubblicani e le prostitute invece gli hanno creduto. Voi, al contrario, avete visto queste cose, ma poi non vi siete nemmeno pentiti così da credergli».

Parola del Signore 


Commento al Vangelo di Don Luigi Maria Epicoco 

Gesù ha sempre una maniera efficace di coinvolgere i suoi ascoltatori attraverso il racconto delle parabole. L’errore che a volte noi facciamo è quello di pensare di essere solo degli spettatori che guardano la storia pronti a cavarne fuori solo una morale. La verità però è un’altra: ogni parabola in realtà non solo parla a noi, ma parla di noi. Noi non siamo solo uno dei personaggi, ma siamo tutti i personaggi di quel racconto. In noi ci sono vari aspetti che Gesù mette in scena tirando in allo figure apparentemente diverse e contrastanti fra di loro, ma non è forse vero che tutti noi siamo abitati da atteggiamenti contrastanti? Esattamente come il racconto della breve parabola di oggi: “«Che ve ne pare? Un uomo aveva due figli; rivoltosi al primo disse: Figlio, va' oggi a lavorare nella vigna. Ed egli rispose: Sì, signore; ma non andò. Rivoltosi al secondo, gli disse lo stesso. Ed egli rispose: Non ne ho voglia; ma poi, pentitosi, ci andò. Chi dei due ha compiuto la volontà del padre?»”. Il racconto è semplice: il secondo figlio dice di no, si ribella esplicitamente al Padre, ma ad un certo punto accade dentro di lui un cambiamento, un pentimento che gli cambia prospettiva e scelte. Il primo, invece, risponde subito di si. Egli sembra voler compiacere il padre, ma in fondo al cuore non ha nessuna voglia nemmeno lui di andare a lavorare nella vigna. Infatti alla fine, pur avendo detto di si, non ci va. Chi dei due ha compiuto la volontà del padre? Domanda Gesù. Ovviamente tutti rispondono prontamente il secondo. Ma Gesù non si accontenta della risposta esatta, svela invece le carte: “E Gesù disse loro: «In verità vi dico: I pubblicani e le prostitute vi passano avanti nel regno di Dio. È venuto a voi Giovanni nella via della giustizia e non gli avete creduto; i pubblicani e le prostitute invece gli hanno creduto. Voi, al contrario, pur avendo visto queste cose, non vi siete nemmeno pentiti per credergli”. Essere religiosi può essere solo un’apparenza per compiacere Dio, ma ciò che conta è quello che scegliamo nel cuore al di là dell’apparenza. 


lunedì 14 dicembre 2020

Commento al Vangelo di don Luigi Maria Epicoco - Mt 21,23-27

 



Dal Vangelo secondo Matteo

In quel tempo, Gesù entrò nel tempio e, mentre insegnava, gli si avvicinarono i capi dei sacerdoti e gli anziani del popolo e dissero: «Con quale autorità fai queste cose? E chi ti ha dato questa autorità?».

Gesù rispose loro: «Anch’io vi farò una sola domanda. Se mi rispondete, anch’io vi dirò con quale autorità faccio questo. Il battesimo di Giovanni da dove veniva? Dal cielo o dagli uomini?».

Essi discutevano fra loro dicendo: «Se diciamo: “Dal cielo”, ci risponderà: “Perché allora non gli avete creduto?”. Se diciamo: “Dagli uomini”, abbiamo paura della folla, perché tutti considerano Giovanni un profeta».

Rispondendo a Gesù dissero: «Non lo sappiamo». Allora anch’egli disse loro: «Neanch’io vi dico con quale autorità faccio queste cose».

Parola del Signore


Commento al Vangelo di don Luigi Maria Epicoco

“Entrato nel tempio, mentre insegnava gli si avvicinarono i sommi sacerdoti e gli anziani del popolo e gli dissero: «Con quale autorità fai questo? Chi ti ha dato questa autorità?»”. Non si riesce a comprendere nulla di questo incipit del vangelo di oggi se ci si dimentica un dettaglio importante: il giorno prima Gesù era entrato a Gerusalemme sopra un’asina, esattamente come dicevano le profezie rispetto al Messia, e varcando la soglia del Tempio lo aveva “purificato” scacciando i mercanti. È proprio a causa di questo che coloro che si sentono i padroni di casa gli chiedono conto della sua autorità. Ma Gesù vuole smontare innanzitutto la presunzione di una simile domanda, perché non si può dare nessuna risposta a chi non vuole ascoltarla. Infatti ci sono domande, anche serie, che noi facciamo solo per affermare il nostro pensiero e non perché ci interessi trovare una risposta vera. È il tipo atteggiamento di chi è in polemica con tutto avendo solo come scopo quello di demolire, di criticare, di smontare, di svalutare. A chi ragiona così non si può dare nessuna risposta perché non c’è volontà di costruire davvero nulla. Il massimo che sanno fare è rimuginare con se stessi, ma non sono capaci di nessun vero dialogo: “Ed essi riflettevano tra sé dicendo: «Se diciamo: "dal Cielo", ci risponderà: "perché dunque non gli avete creduto?"; se diciamo "dagli uomini", abbiamo timore della folla, perché tutti considerano Giovanni un profeta»”. Chi vive così si perde ciò che della vita vale la pena, perché un simile disfattismo è solo l’affermazione di infelicità travestita di superbia e presunzione. “Rispondendo perciò a Gesù, dissero: «Non lo sappiamo». Allora anch'egli disse loro: «Neanch'io vi dico con quale autorità faccio queste cose»”. Certe volte il silenzio di Dio, non è uno stato di vita spirituale che assomiglia alla notte oscura dei mistici, ma è solo la conseguenza del nostro non volerlo ascoltare veramente e sul serio, assumendocene la responsabilità.



domenica 13 dicembre 2020

Commento al Vangelo di don Luigi Maria Epicoco - Gv 1,6-8; 19-28

 


Dal Vangelo secondo Giovanni

Venne un uomo mandato da Dio:

il suo nome era Giovanni.

Egli venne come testimone

per dare testimonianza alla luce,

perché tutti credessero per mezzo di lui.

Non era lui la luce,

ma doveva dare testimonianza alla luce.

Questa è la testimonianza di Giovanni, quando i Giudei gli inviarono da Gerusalemme sacerdoti e levìti a interrogarlo: «Tu, chi sei?». Egli confessò e non negò. Confessò: «Io non sono il Cristo». Allora gli chiesero: «Chi sei, dunque? Sei tu Elia?». «Non lo sono», disse. «Sei tu il profeta?». «No», rispose. Gli dissero allora: «Chi sei? Perché possiamo dare una risposta a coloro che ci hanno mandato. Che cosa dici di te stesso?». Rispose: «Io sono voce di uno che grida nel deserto: Rendete diritta la via del Signore, come disse il profeta Isaìa».

Quelli che erano stati inviati venivano dai farisei. Essi lo interrogarono e gli dissero: «Perché dunque tu battezzi, se non sei il Cristo, né Elia, né il profeta?». Giovanni rispose loro: «Io battezzo nell’acqua. In mezzo a voi sta uno che voi non conoscete, colui che viene dopo di me: a lui io non sono degno di slegare il laccio del sandalo».

Questo avvenne in Betània, al di là del Giordano, dove Giovanni stava battezzando.

Parola del Signore


Commento al Vangelo di don Luigi Maria Epicoco

"Egli venne come testimone

per dare testimonianza alla luce,

perché tutti credessero per mezzo di lui.

Non era lui la luce,

ma doveva dare testimonianza alla luce".

Non dobbiamo avere paura del nostro buio. Anche la luna non ha nessuna luce, eppure il sole la illumina. Giovanni è un testimone di luce non perchè ha una qualche luce in sè, ma perchè si lascia illuminare dalla Luce vera, Cristo. Ognuno di noi deve ricordarsi che si diventa testimoni non il giorno in cui ci si sbarazza di tutte le nostre tenebre, ma il giorno in cui si permette all'Amore di Dio di raggiungerci "nelle" nostre tenebre. Non c'è tenebra che l'Amore di Dio non possa rischiarare! E' questa la radice della nostra gioia. 



sabato 12 dicembre 2020

Commento al Vangelo di don Luigi Maria Epicoco - Mt 17,10-13

 



Dal Vangelo secondo Matteo

Mentre scendevano dal monte, i discepoli domandarono a Gesù: «Perché dunque gli scribi dicono che prima deve venire Elìa?».

Ed egli rispose: «Sì, verrà Elìa e ristabilirà ogni cosa. Ma io vi dico: Elìa è già venuto e non l’hanno riconosciuto; anzi, hanno fatto di lui quello che hanno voluto. Così anche il Figlio dell’uomo dovrà soffrire per opera loro».

Allora i discepoli compresero che egli parlava loro di Giovanni il Battista.

Parola del Signore


Commento al Vangelo di don Luigi Maria Epicoco

“Allora i discepoli gli domandarono: «Perché dunque gli scribi dicono che prima deve venire Elia?»”. Tutto l’Antico Testamento si conclude con l’attesa di Elia, e il cuore dei Vangeli ha il suo apice sotto la Croce quando tutti i presenti attendono che venga Elia. Dietro questa attesa c’è la promessa che ciò che conta ha sempre qualcosa che ne prepara la strada e lo indica. Ma Gesù ricorda ad alta voce che il destino di tutti i profeti è quello di non essere riconosciuti nel momento in cui parlano e profetizzano: “Ed egli rispose: «Sì, verrà Elia e ristabilirà ogni cosa. Ma io vi dico: Elia è già venuto e non l'hanno riconosciuto; anzi, l'hanno trattato come hanno voluto. Così anche il Figlio dell'uomo dovrà soffrire per opera loro»”. È un’amara verità: capiamo l’importanza di qualcosa o di qualcuno quando ormai è troppo tardi. Eppure basterebbe essere più semplici, più umili, più pazienti e più leali, per accorgerci che il Signore riempie la nostra vita di ciò che conta attraverso le cose più normali e meno evidenti di cui è fatta la nostra esistenza. Vorremmo sempre un effetto speciale che ci dica che quella è una cosa giusta, ma la verità è che chi cerca effetti speciali non si accorge di quanta bellezza che c’è nelle cose semplici che ci circondano e che ci parlano senza gridare. La verità che stiamo cercando non riguarda più il futuro, ma il presente che c’è davanti ai nostri occhi. È una lezione che i pastori imparano immediatamente quando la notte in cui Gesù viene al mondo sanno riconoscere il figlio di Dio in un bambino avvolto in fasce e adagiato in una mangiatoia. In quella semplicità disarmante essi sono capaci di compiere il gesto di fede più alto: “e prostratisi lo adorarono”. L’avvento è il tempo in cui dobbiamo far pace con un Dio che non ha bisogno di attirare l’attenzione per venire al mondo, ma necessità di un cuore attento che sa scorgere nel dettaglio l’essenziale che si sta cercando e che trovatolo riempie la vita fino a farla traboccare di gioia.



venerdì 11 dicembre 2020

20 libri religiosi da regalare a Natale - Best Seller natalizi

 


Si avvicina il Natale, volete regalare un bel libro religioso a qualcuno, ma non sapete come orientarvi? Di seguito potrete trovare una lista di venti libri che potrebbero fare al caso vostro. A voi la scelta!!!



1 Comastri - Tu scendi dalle stelle ed è Natale

l Natale oggi è minacciato da un falso natale, che prepotentemente ci invade, ci insidia e ci narcotizza fi no al punto da non vedere più e non sentire più il richiamo del vero Natale. Come una piccolissima stella, questo volume del Cardinale Comastri vuole umilmente far luce sulla strada che conduce a Betlemme, per ritrovare il senso autentico del Natale di Gesù. Oggi la via di Betlemme è ostruita da tanti detriti d'orgoglio, di vanità, di egoismo, di indifferenza, di violenza. Per questo tante persone non riescono ad arrivare a Betlemme per far rifornimento di speranza e di pace. Bisogna ripulire la strada! Forse bisogna fare qualcosa di più: bisogna che ognuno di noi diventi la strada che conduce a Betlemme. Bisogna che ognuno di noi mandi il profumo della povertà lieta e benedetta, il profumo della semplicità senza orpelli e senza maschere, il profumo dell'ospitalità che non si apre ai personaggi ma alle persone, il profumo della gioia che non ha bisogno di sbornie ma di ebbrezza suscitata dalla sorpresa del Natale: la culla improvvisamente e inattesamente abitata dal Divino Bambino!



2 Epicoco - La stella il cammino il bambino

Il libro strenna per il Natale, un cammino tra arte e fede alla ricerca di noi stessi. Ma cosa serve per mettersi in cammino? Un cielo a cui innalzare lo sguardo per vedere la stella che ci guida. Un cammino, perché il solo modo per trovare qualcosa dentro di noi è camminare verso una meta. E questa meta è il Bambino, attesa di vita. Vita che non è per forza un figlio, ma è sicuramente qualcuno che c'è affidato da Dio affinché noi ce ne prendiamo cura. Vita che è sicuramente Gesù. Le riflessioni di don Luigi Maria Epicoco sono affiancate da stupende immagini che disegnano un percorso nell'arte - dal Medioevo ai giorni nostri - ispirata dalla natività e accompagnano il lettore nel suo cammino di ricerca interiore sulla strada del Natale.


3 Mimmo Muolo - Per un'altra strada. La leggenda del Quarto Magio

Secondo una leggenda, i magi venuti dall'Oriente per rendere omaggio a Gesù appena nato non erano tre (come vuole la tradizione), ma quattro. Il quarto saggio, Artaban, avrebbe dovuto portargli in dono alcune pietre preziose, ma, partito in ritardo, non riuscì a raggiungere i compagni e arrivò a Betlemme quando già la Sacra Famiglia era emigrata in Egitto per sfuggire alla persecuzione di Erode. Mimmo Muolo reinventa in queste pagine il girovagare del Quarto Magio sulle tracce del Nazareno fino a un sorprendente finale, in cui la somma dei ritardi accumulati dal protagonista si trasforma in un folgorante anticipo. Artaban diventa così un personaggio di straordinaria attualità.


4 Camminando tra pastori e re magi. Trenta piccole meditazioni e un «quaderno» per la riflessione personale: un percorso di preparazione al Natale

Un piccolo diario dell'anima in preparazione all'Avvento, con brani tratti dalle pagine più belle di don Luigi Maria Epicoco. Il volume è strutturato in sette brevissime meditazioni per 4 settimane , con una ripresa alla fine di ogni settimana e uno spazio per scrivere le proprie riflessioni personali.


5 Papa Francesco - Ti auguro il sorriso. Per tornare alla gioia

«Il sorriso è una carezza, un dono che ha grande valore". Il tema della gioia è un riferimento centrale in tutto il magistero di papa Francesco, ancor più necessario in questi "tempi ammalati": Dio è gioioso, testimonia il pontefice in queste sue pagine che rappresentano un manifesto di rinascita. È racchiusa qui la rivoluzione liberatrice del Vangelo, e in fondo tutto il cristianesimo: noi non siamo nel mondo per imporre obblighi né mortificazioni alle persone, o carichi più pesanti di quelli che già hanno, ma per testimoniare e condividere un orizzonte bello, nuovo e sorprendente. La gioia vera non è un sentimento effimero di euforia, né illusorio antidoto di chi disconosce la sofferenza: nasce dalla nostra speranza, una speranza concreta, che niente e nessuno ci potrà togliere. È una gioia che ha l'ultima parola, sempre. E l'augurio e la condivisione del sorriso è il primo piccolo, grande passo per sperimentarla, per rinnovarsi, per rinascere. In appendice l'intervista mondiale a Sua Santità: Il sorriso nella bufera.




In questo itinerario sono chiamato a fermarmi a contemplare il presepe, a posare lo sguardo non solo sul bambino o sulla "novità" del tema che esso porta, ma sul volto, sugli sguardi e sugli atteggiamenti dei singoli personaggi che lo compongono. Come li immaginiamo? Purtroppo, le statue dei presepi li raffigurano spesso in atteggiamenti sdolcinati e pii... Immaginiamoli, invece, spaesati, silenziosi, meravigliati, stupiti, incapaci. Immaginiamoli con lo spirito che in questo momento alberga nella nostra anima, con gli stessi sentimenti, anche di rabbia e di stanchezza. Immaginiamoli così, secondo il nostro punto di vista.





Una piccola guida personale, scandita in nove giorni, per condurre il lettore a curare la propria vita spirituale. Con uno spazio per scrivere le proprie riflessioni. Un libro da comprare per sé stessi o da regalare ad amici e parenti che vogliono vivere la preparazione al Natale in maniera originale. Un libro perfetto da leggere la sera, in viaggio; una compagnia preziosa con le parole del cardinale Ravasi, per i giorni in cui vogliamo dare uno spazio maggiore al nostro rapporto con la Bibbia e con il Signore.





Quando pensiamo a Maria, pensiamo alla Madre. Vuoi per cultura, tradizione o fede, ci porta a vederla in un certo senso anche come la nostra, di mamma. Il testo si muove su tre piani: il piano artistico, quello teologico e quello esistenziale, muovendosi tra il meraviglioso ciclo di affreschi del transetto destro della Basilica inferiore di Assisi con le Storie dell'infanzia di Cristo, a opera della bottega di Giotto. ''Padre Enzo Fortunato interpreta la fede dell'uomo con la più affascinante donna di ogni tempo: la madre di Dio.'' 





Una duplice attenzione guida queste riflessioni sulle letture bibliche proposte dalla Liturgia nel tempo di Avvento e Natale. Innanzitutto, la convinzione che ritornare ai testi biblici, ascoltando la Parola, aiuti realmente a rivedere il senso della propria esistenza e il modo con il quale si attuano le scelte quotidiane. Quindi la necessità di ritrovare le «ragioni» dell'ascolto. Queste pagine vogliono essere un invito a riscoprire il senso dello «stare di fronte a Dio» che interpella, ma che in primis si dona, si fa presenza. Il libro offre riflessioni-percorso attraversando le domeniche del tempo di Avvento e le solennità del tempo di Natale, fino all'Epifania.




La festa del Natale rappresenta uno dei momenti più importanti nella vita di ogni cristiano. Artisti di ogni tempo hanno raccolto la sfida di rappresentarne il significato più profondo nel tentativo di dar forma visibile all'Incarnazione. Questo volume propone un itinerario artistico all'interno dell'iconografia sacra: dalla Natività di Giotto all'Adorazione dei pastori di Caravaggio, passando per Leonardo da Vinci e le opere di scuola fiamminga; Andrea Dall'Asta ci guida alla scoperta e comprensione del mistero della nascita di Gesù, collocato in una prospettiva sempre più "umana".



Nella solitudine del deserto del Sahara, Charles de Foucauld annotava giornalmente le sue meditazioni sul vangelo, riempiendo quaderni che ci offrono la grande ricchezza del suo cammino spirituale. L'incarnazione di Gesù è la sua stella polare.

Il Natale è, per eccellenza, la festa della gioia. Ma come si arriva alla gioia del cuore? Il segreto della gioia è accogliere Dio, fargli spazio, cioè diventare la povera e umile mangiatoia di Betlemme, perché Dio nasce sempre e solo nella mangiatoia di Betlemme. Occorre pertanto togliere l'orgoglio dai nostri cuori, eliminare l'egoismo, abbattere i muri dell'indifferenza e del rancore, affinché Gesù possa nascere in noi e diventare Lui la nostra gioia. È lo scopo del Natale che ritorna. Facciamo spazio a Gesù perché Gesù è Dio: l'unico capace di farci sorridere ancora! Che cos'è veramente il Natale? Come viverlo in piena gioia? Nelle parole del card. Comastri scopriremo l'essenza del Natale.




Il Natale è una festa che coinvolge tutti: ci si incontra, ci si scambia i doni, si fa festa insieme. Scrittori di tutto il mondo, in poesia o in prosa, ognuno secondo la propria sensibilità ed esperienza, hanno raccontato la nascita di Gesù. Il Natale è la «carezza di Dio» all'umanità, dice papa Francesco. Il libretto raccoglie alcune delle tante espressioni del Papa per dire a ogni cristiano, e non solo, che cos'è il Natale. Gesù infatti è la carezza di Dio per tutti. Le immagini che accompagnano e completano il testo, aiutano a entrare nel «mistero» del Dio con noi.





Il Natale è la festa cristiana della gioia. Ogni anno nella Messa di mezzanotte riascoltiamo l'annuncio dell'angelo ai pastori: "Vi annuncio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi vi è nato un Salvatore". Le riflessioni raccolte in questo libro - meditazioni sui racconti dell'infanzia di Cristo partendo dai "cantici evangelici" - aiutano il credente a ritrovare i motivi veri e profondi della gioia natalizia insieme con la capacità di stupirsi sempre di nuovo davanti al presepio.





Il Natale rischia di essere una festa di compleanno in cui ci si è scordati di invitare il festeggiato, e sempre più credenti provano disagio all'avvicinarsi del 25 dicembre. La provocazione di Dio fattosi uomo si è trasformata nella festa dei buoni sentimenti: Dio viene, e l'uomo non c'è. È l'uomo il grande assente della storia, non Dio. Forse per questa ragione abbiamo riempito di zucchero e melassa una festa nata per far riflettere? A Natale, poi, le persone sole, o sofferenti, vivono un dolore indicibile davanti alle rassicuranti immagini televisive in cui famiglie felici si radunano intorno ad un buon pranzo. Il messaggio del Natale è che Dio viene per farsi riconoscere dai poveri, e proprio i poveri vivono il Natale come il peggior giorno dell'anno? L'autore aiuta a rileggere i racconti dei vangeli con lo sguardo della verità e della conversione: il suo è un vero e proprio manuale di sopravvivenza al Natale, per riappropriarsi dello stupore di un Dio neonato.





Non si trova Dio anzitutto lì dove si lavora, dove ci si stabilisce, dove si invitano gli altri. Lo si trova nella stalla. Nella nostra stalla. Il che esige da noi l'atteggiamento dell'umiltà. Dobbiamo avere il coraggio di aprire la nostra stalla a Dio. Solo se gli presentiamo tutto quello che c'è in noi, egli entrerà in noi. Dio non s'accontenta di abitare nelle camere ben pulite che riserviamo agli ospiti, ma vuole scendere anche nelle nostre profondità. Chiede di illuminare anche le nostre tenebre. Nelle immagini natalizie la luce irradiata dal bambino divino illumina la stalla e diffonde un chiarore soffuso su ogni cosa. Lì dove giace il bambino divino, tutto può trovare posto: lì ogni cosa diventa umana, benevola e buona.





Trenta piccole meditazioni e un quaderno per la riflessione personale per il tempo di Avvento e Natale insieme a don Tonino Bello. «Per noi le partenze sono molto più laceranti. Ci viene chiesto di abbandonare i recinti delle nostre sicurezze, i calcoli delle nostre prudenze, il patrimonio culturale di cui siamo solerti conservatori. È un viaggio lungo e faticoso. Quasi un salto nel buio. Ci vengono garantiti solo dei segni: un bambino, le fasce, la mangiatoia. I segni della debolezza, del nascondimento e della povertà di Dio. Un bambino inerme».




18 Ermes Ronchi - Natale. L'abbraccio di Dio

Il mistero del Natale ci insegna che l'essenza del cristianesimo non risiede nell'originalità della dottrina, ma nella persona di Gesù, carne di Dio. In Gesù di Nazaret, infatti, Dio, scegliendo il cammino dell'umiltà, viene ad abbracciare ogni uomo. La strada più breve e più diritta tra l'uomo e Dio è la carne di Gesù, nel Natale in braccio alla madre. E proprio Maria, come ben dimostra questo libro, dove le immagini più belle del Natale di tutta l'arte cristiana si sposano in maniera suggestiva al commento di padre Ermes Ronchi, ci aiuta a capire il significato di questo abbraccio.




19 Anselm Grün - L'angelo del Natale sia con te!

l tempo di avvento è un tempo favorevole per fermarsi e riscoprire la nostra umanità. In questa breve lettura degli avvenimenti del Natale, con grande semplicità e vicinanza all'umano, Anselm Grün ci augura che l'angelo del Natale: ci conduca nel silenzio, ci infonda il coraggio di fare i passi che portano alla vitalità, ci metta a contatto con la fonte della gioia, ci incoraggi a prendere la vita più alla leggera, ci conduca su una strada nuova, mandi all'aria i vecchi piani e ci porti per strade diverse e nuove.





20 Anselm Grün - Vi annuncio una grande gioia. Un libro di Natale

Una stimolante lettura natalizia per tutta la famiglia e per tutti coloro che desiderano il Natale nel loro cuore e non solo attorno a loro.


Commento al Vangelo di Don Luigi Maria Epicoco - Mt 11,16-19

 


Dal Vangelo secondo Matteo 

In quel tempo, Gesù disse alle folle: «A chi posso paragonare questa generazione? È simile a bambini che stanno seduti in piazza e, rivolti ai compagni, gridano: Vi abbiamo suonato il flauto e non avete ballato, abbiamo cantato un lamento e non vi siete battuti il petto!. È venuto Giovanni, che non mangia e non beve, e dicono: È indemoniato. È venuto il Figlio dell'uomo, che mangia e beve, e dicono: Ecco, è un mangione e un beone, un amico di pubblicani e di peccatori. Ma la sapienza è stata riconosciuta giusta per le opere che essa compie».

Parola del Signore 


Commento al Vangelo di Don Luigi Maria Epicoco 

Il Vangelo di oggi inizia con l’allusione che Gesù fa a un gioco che i bambini erano soliti fare nelle piazze per passare il tempo: “Ma a chi paragonerò io questa generazione? Essa è simile a quei fanciulli seduti sulle piazze che si rivolgono agli altri compagni e dicono: Vi abbiamo suonato il flauto e non avete ballato, abbiamo cantato un lamento e non avete pianto”. Il gioco era molto semplice e mimava le due grandi situazioni della vita: le nozze e i funerali. Se mentre si inscenavano le nozze i compagni piangevano, rovinavano il gioco, così che quando si inscenava un funerale rispondevano ridendo. Alla fine finivano per litigare incolpandosi l’un l’altro. Il paragone è di grande efficacia perché Gesù sta alludendo a se stesso e Giovanni Battista: “È venuto Giovanni, che non mangia e non beve, e hanno detto: Ha un demonio. È venuto il Figlio dell'uomo, che mangia e beve, e dicono: Ecco un mangione e un beone, amico dei pubblicani e dei peccatori”. L’approccio che ha Giovanni è quello di mettere in discussione la finta gioia del mondo, aiutando la gente ad accorgersi che certi stili di vita nascondono sempre una morte al loro fondo. Questo lo sappiamo bene tutti, che nel bel mezzo di vite che apparentemente non mancano di nulla, crescono sentimenti di angoscia e di insoddisfazione che non di rado si trasformano anche in desiderio di morte. È l’apparenza del mondo che riempie il ventre e lascia il cuore vuoto. Giovanni denuncia ad alta voce tutto questo, e molti suoi contemporanei per non prenderlo sul serio lo tacciano di essere un demonio, un guastafeste. Gesù ha un approccio apparentemente contrario, e annuncia una gioia di fondo della vita che è più grande di ogni tristezza, di ogni angoscia, di ogni ferita, eppure certe volte siamo talmente tanto affezionati al nostro dolore e a ciò che ci fa male che preferiamo essere critici anche con chi ci offre la possibilità di venirne fuori, magari tacciandolo di non aver capito quanto seria è la vita. In entrambi i casi la conseguenza è il rifiuto.  


giovedì 10 dicembre 2020

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Si avvicina il Natale e la classifica comincia a testimoniarlo, mentre dopo il grande successo dell’autunno si affievolisce – ma non scompare – l’attenzione sulla biografia di Carlo Acutis, così come si confermano anche Cristicchi e D’Avenia. Unica nuova entrata un titolo di papa Francesco (Ti auguro il sorriso), edito da una nuova casa editrice (Libreria Pienogiorno).

 



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Francesco (Jorge Mario Bergoglio). Libreria Pienogiorno. Pagine 144. Euro 15,00 ❊

 




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Carlo Acutis. Il coraggio di andare controcorrente << clicca per acquistare

Shalom. Pagine 192. Euro 6,00