di
Luisella Saro
da
CulturaCattolica.it
“El sueño de la razón produce monstruos”.
(Francisco Goya, 1797)
Questo articolo è pro ed è anche contro.
E’ contro l’idea che ogni capriccio debba essere soddisfatto, e subito, costi quel che costi. E’ contro l’idea che ciò che istintivamente vogliamo debba diventare legge. E’ contro l’idea tanto bipartisan, oggi, e politicamente corretta, “io non lo farei mai, ma, gli altri, liberi di fare ciò che credono”. E’ contro ciò che è contro natura. E’ contro un’umanità che, andando contro natura, sta abdicando a se stessa. E’ contro chi spegne la ragione, o l’accende ad intermittenza, quand’è utile per arrabattarsi ad argomentare la legittimità delle proprie voglie. E’ contro chi, in barba ad Ippocrate e alla deontologia, non usa la medicina: ne abusa. E’ contro l’indifferenza e l’ignavia di chi sa, ma volta la faccia dall’altra parte perché crede che la questione non lo riguardi.
Questo articolo è, però, anche “pro”. E’ dalla parte dei bambini. Dalla parte della natura. Dalla parte di ciò che rende umano l’uomo e lo distingue dalle bestie. Dalla parte della ragione.
Avverto: questo pezzo va seguito lentamente, perché racconta di uomini e donne che, più passa il tempo più amano complicarsi la vita. E complicarla.
Storia uno, la più recente. Un trans, in Gran Bretagna, ha partorito una figlia. Lo racconta il suo ex fidanzato, Jason, 24 anni, che non era pronto a fare il genitore ed ha lasciato il compagno (compagna?) quando ha saputo che era incinta (incinto?). Il “mammo”, nato donna, durante l’intervento per il cambio di sesso non si è fatta (fatto?) rimuovere l’utero. Le iniezioni di testosterone non gli (le?) hanno impedito di rimanere incinta e a quel punto Jason, futuro padre, ha deciso di troncare il rapporto perché – così ha detto nel corso di una recentissima intervista al Sun on Sunday – essendo omosessuale cominciava a sentire di essere nel rapporto sbagliato.
Quando la bambina sarà in grado di comprendere ciò che vede, troverà davanti a sé un uomo che si fa chiamare papà, ma che, del suo, per farla nascere, non ha messo gli spermatozoi ma l’utero, ed è dunque, in realtà, la sua mamma.
Storia due. Nel 2010 anche Scott Moore ha avuto un figlio. Era legalmente sposato con Thomas. Nati come Jessica e Laura, i due si erano conosciuti in un gruppo transgender. Thomas (ex Laura) aveva già due figli, nati da una partner precedente (che aveva ricevuto il seme da non si sa chi). Scott (ex Jessica) ha mantenuto gli organi femminili (melius abundare…), Thomas, invece, ha subito un’isterectomia, e così, quando si son detti: “un figlio, perché no?”, Scott è stato inseminato da un amico.
Ricapitolando: i primi due figli della coppia hanno, come adulti di riferimento, una madre (nata e rimasta donna), nessun padre naturale maschio di cui sia loro nota l’identità, ma, in compenso, due padri acquisiti (ex donne); il terzo (terza?) nato (nata?), ora in grado di comprendere ciò che vedono i suoi occhi, si trova di fronte due maschi (che erano due donne. Glielo diranno? Non glielo diranno?) che, per le scelte di campo (e di sesso) si fanno chiamare papà. Papà uno e papà due, forse. E però uno dei due, Scott, è anche la sua mamma, perché l’ha dato (data?) alla luce. E però chissà come lo chiama, la creatura, il padre naturale (che sarebbe poi il padre vero, che ha inseminato il padre/madre, ma che è solo un amico di famiglia…). “Zio X”? “Papà tre” (anche se, volendo cavillare, sarebbe più corretto dire “papà uno” e gli altri, automaticamente, retrocederebbero di grado…)? Boh!
Terza storia. 2008. Siamo nell’Oregon. Thomas Beatie, ex donna ma uomo da anni, è sposato con Nancy. La moglie non può avere figli. Lui, quand’era una “lei”, si era fatta rimuovere il seno, ma non la vagina. Quando si sposa, scoprono che lei (Nancy) non può avere figli. Non c’è problema. Ci penso io, dice lui (che è rimasto anche un po’ la lei che era). Si recano alla banca del seme, acquistano delle fialette per l’inseminazione domestica e… via. Dal 2008, due figli, che hanno davanti a sé una donna che chiamano mamma, ma non li ha partoriti, un uomo (ex donna) che chiamano papà, ma che li ha avuti in grembo nove mesi e li ha partoriti, e sarebbe dunque la loro vera mamma, e, da qualche parte del mondo, un padre naturale che non conosceranno mai,.
Questa la realtà, che supera di gran lunga la fantasia e non ha bisogno di commenti perché parla (anzi, straparla) da sé.
L’avevo scritto, all’inizio: questo articolo è anche “pro”, ma affinché sia “pro” è necessario che, contemporaneamente, sia “contro”.
Per continuare a stare dalla parte dei bambini e della natura; per difendere ciò che rende umano l’uomo e lo distingue dalle bestie; per fare in modo che la ragione non vada in catalessi (perché ha scritto bene Goya: “il sonno della ragione genera mostri”) occorre che tutti siamo vigili, e che, giorno e notte, senza interruzione, le lucerne restino accese. Ma ci vuole anche chiarezza di giudizio e il coraggio di dire, in tutte le sedi possibili e con forza, argomentandoli, i “no” che servono. Senza tentennamenti.
Mai come in questo caso, mai come nell’epoca travagliata in cui viviamo, chi tace acconsente.