giovedì 13 dicembre 2012

Quando il Voodoo diventa un "terapeutico" gioco da ragazzi



Ho scoperto che il Voodoo è diventato una "terapia". Ho fatto questa sensazionale scoperta leggendo la recensione di un prodotto pubblicizzato dal sito COSEDAREGALARE.

A quanto pare trovare in commercio bamboline da infilzare per maledire qualcuno è sempre più facile.  Una volta si ricorreva agli operatori dell'occulto, spendendo ingenti somme di denaro. Oggi, nell'era del "fai da te", anche la magia nera è diventata a portata di mano. La rete, infatti, pullula di siti specializzati nella compravendita di articoli per confezionare magie di ogni tipo.

A questo dato già spaventoso, se ne deve aggiungere un altro altrettanto inquietante. Sto parlando di tutta una serie di prodotti inerenti il mondo dell'esoterismo comunemente venduti in semplici negozi di giocattoli. Tra questi, di recente, sembra spopolare la bambola voodoo.

Venduta a prezzi ridicoli con tanto di istruzioni e spilli per eseguire il rituale, nasconde sotto le mentite spoglie di innocente e morbida bambola, un vero e proprio articolo di magia nera. Pericolosissimo.

Grottesca la descrizione di COSEDAREGALARE del prodotto in questione, laddove si legge:

Se state cercando un regalo economico e divertente per un'amica, un amico, un collega o un parente che "odia" qualcuno in particolare e che medita una terribile "vendetta" potete decidere di regalargli una spiritosa "Bambola Voodoo" per permettergli di sfogare in sicurezza i suoi istinti diabolici!

Se soltanto la gente sapesse cosa sono i "malefici di transfert" e sopratutto ne vedesse le devastanti conseguenze...non solo non giocherebbe mai con simili prodotti, ma mai e poi mai ci farebbe giocare qualcun altro.

Di seguito il servizio su queste diavolerie, che l'ottima redazione di "Vade Retro" ha mandato in onda la scorsa settimana.

sabato 8 dicembre 2012

La Parabola del @Pontifex


‎"Il nuovo twittatore uscì nel continente digitale per twittare.
Alcuni abitanti del continente dissero: 'Che ci fa qui questo intruso?
In questo campo solo noi sappiamo che cosa e come bisogna twittare!'. E lo presero in giro e gli volsero le spalle.
Altri abitanti dissero: 'Interessante e divertente! Vediamo se avrà più followers di altri Vip, attori o calciatorì. E fecero le loro considerazioni sui numeri, ma non pensarono a cosa dicevano i tweet e dopo un po' se ne disinteressarono.
Altri dissero: 'Bene. C'è qualcuno che si preoccupa di dirci delle cose che ritiene importanti per ognuno di noi. Staremo attenti per vedere e sentire, e saremo contenti di ritwittare ai nostri amici in ricerca come noi'.
E i tweet portarono frutto e si moltiplicarono, per trenta, per sessanta, per cento... Chi ha orecchi per intendere, intenda". (Federico Lombardi)

@Pontifex, siamo con te!

venerdì 30 novembre 2012

Ed essi subito lasciarono le reti e lo seguirono




‎"Ed essi subito lasciarono le reti e lo seguirono" 

Quelle reti rappresentavano la certezza materiale di un mestiere appreso, in quelle reti c'era tutta la sicurezza del nutrimento sufficiente per sopravvivere e del guadagno giornaliero necessario per affrontare il futuro.

Lasciare quelle reti voleva dire perdere ogni certezza
E non si perde ogni certezza se non se ne incontra una più grande. 

I due fratelli pescatori Andrea e Pietro daranno la vita per il "si" detto quel giorno lungo il mare di Galilea a Colui che guardandoli e amandoli disse loro "Venite dietro a me". 

Quando l'Amore chiama e gli si corrisponde, allora si è disposti perfino a dare la vita, nella certezza che in quella Certezza che da senso a tutto, nulla è perduto, ma tutto è guadagnato.

L'amore non muore: fatto tacere parla, se ingiuriato perdona, se tradito si fida, se incatenato vola, se accecato vede, se soffocato respira, se assassinato vive e genera altro amore.
Sì, non si può uccidere l'amore. Vivrà per sempre e un giorno.

venerdì 9 novembre 2012

Obiettività e obiettivi



tratto da Berlicche

C’è qualcosa di commovente nelle parole che Yamanaka, il novello Nobel per la medicina, pronunciò qualche anno fa in una intervista al New York Times.

Il dottor Yamanaka era un assistente professore di farmacologia che faceva ricerca sulle cellule staminali embrionali (…) Su invito di un amico guardò attraverso un microscopio uno degli embrioni umani conservati nella clinica. Quello sguardo cambiò la sua carriera scientifica.
“Quando vidi l’embrione, mi accorsi improvvisamente che c’era piccolissima differenza tra lui e le mie figlie, ” disse il Dr. Yamanaka (…) “Pensai, non possiamo continuare a distruggere embrioni per la nostra ricerca. Ci dev’essere un altro modo

Quello sguardo, quella nuova consapevolezza non ha cambiato solo la vita di Yamanaka, ma la storia della scienza. La tecnica di distruzione degli embrioni per ottenere staminali, fallimentare e tuttavia ostinatamente perseguita, è ormai superata da quella di riprogrammazione cellulare che lo scienziato giapponese ha ideato. Non sapremo mai con precisione la vera estensione del massacro di questi anni, fatta in nome di una ricerca che tutto può. Quando c’era “semplicemente” da cercare un altro modo.

Una domanda però mi sorge: se questa persona, che non credo nessuno possa affermare essere un fideista ignorante, ha visto in un embrione un essere umano, come mai tanti ancora oggi non ci riescono? Da quale microscopio occorre farli guardare per mostrare loro l’evidenza?


domenica 14 ottobre 2012

Guarda la stella



"E lì Sam, sbirciando fra i lembi di nuvole che sovrastavano un'alta vetta, vide una stella bianca scintillare all'improvviso. Lo splendore gli penetrò nell'anima, e la speranza nacque di nuovo in lui. Come un limpido e freddo baleno passò nella sua mente il pensiero che l'Ombra non era in fin dei conti che una piccola cosa passeggera: al di là di essa vi erano eterna luce e splendida bellezza" 

(John Ronald Reuel Tolkien, Il Signore degli Anelli)

venerdì 10 agosto 2012

10 Agosto, notte della fede


E' bello sapere che c'è un giorno dell'anno in cui molti, scrutando il cielo alla ricerca di stelle cadenti, alimentano la speranza di fermare istanti di luce, legando a fugaci attimi, sogni, desideri e promesse. 

In questa notte speciale a cui è lagato il nome di un grande martire della Chiesa, anche il Cielo ci ricorda, con la sua cascata di stelle, che proprio a Lui sono ancorati i nostri sogni, le nostre attese, le nostre speranze. 

Non ad un cielo freddo ed inerte, lontano e siderale, ma ad un Cielo con la C maiuscola, vicino, prossimo a noi più di noi stessi, che tutto governa e tutto ama. 

Quelle stelle cadenti, allora,  non sono lacrime di dolore, ma di gioia vera per ogni figlio che guardando ad esse non smette di attendere, di sperare e di sognare. 

C'è un giorno dell'anno, ed è questo, in cui a tutti è data la possibilità di credere ancora ai sogni e di sperare che un domani, grazie al Cielo, quelle attese si realizzeranno, prenderanno forma, diverranno realtà.

Tutto questo richiede fede...e allora, grazie San Lorenzo, notte luminosa, perché sei notte della fede.


mercoledì 25 luglio 2012

Apritemi! Fate entrare anche me! Fatemi entrare!



Quando il fare evangelizzazione conta più del parlare di evangelizzazione. 
Vi propongo la lettura di un simpatico episodio capitato a don Davide Banzato, raccontato nel suo ultimo libro scritto insieme a Chiara Amirante "Nuovi Evangelizzatori".
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Un giorno mi reco ad Artena, dove devo tenere un incontro con trenta giovani e alcuni sacerdoti della diocesi di Velletri; sono animatori della pastorale giovanile e l'occasione è unica: poter trasmettere la mia esperienza e spingere questi giovani a fare l'esperienza del primo annuncio.

Essendo arrivato con un anticipo di quasi due ore, dopo un momento di preghiera, esco per strada. Vedo un gruppo di ragazzi seduti sul marciapiede e sulle moto, che mangiano le pizze. Avevano facce molto tristi, piercing e tatuaggi sparsi sul corpo e uno sguardo di sfida: si accorgono che sono un prete. Dentro di me arriva la solita spinta ad andare a incontrarli, come sempre colpito da quel silenzioso grido nascosto dietro le facce da bulli. Arriva anche l'altra normalissima vocina di perbenismo: "Dai, Davide, manca un'oretta all'incontro, sei qui per l'incontro, non per questi ragazzi. Poi arrivano gli altri giovani e i sacerdoti, ti vedono con questi in strada e penseranno male di te, e poi in così poco tempo che puoi fare? Meglio non fermarti se devi tener d'occhio l'orologio...". La domanda fatidica per il discernimento è semplice ormai: "Gesù che cosa farebbe?".

Mi avvicino e inizio ad attaccare bottone presentandomi e chiedendo loro che cosa stessero facendo in una zona isolata con la pizza in mano, che programmi avessero... Alcuni mi evitano indifferenti, altri mi fulminano con lo sguardo minaccioso, due si mettono a chiacchierare.

All'improvviso uno di loro mi chiede: "Ma sei proprio un prete?". "Sì, davvero" e da là inizia una raffica di domande e risposte profondissime che catturano l'attenzione di tutto il gruppo. Tutti sono molto colpiti e a volte litigano tra di loro per sostenere o meno le mie affermazioni sulla fede e su Dio. Verso la fine dell'incontro sono cambiati, soddisfatti, sorridenti, felici per aver avuto qualcuno che fosse stato disponibile ad ascoltare i loro dubbi di fede, le loro domande e a condividere con loro quanto sia unica la vita evangelica.
Solo uno di loro mi rimane ostile fino alla fine e mi deride continuamente, anche offendendomi. Si chiama Gino. Al termine di un dialogo serrato tra noi due, senza riuscire a trovare un minimo spiraglio, gli prendo la mano e gli consegno un tau dicendogli: "In questo segno della croce c'è tutto l'Amore di un Dio che ha vissuto ogni tuo dolore e lo ha fatto perché ti ama e vuole vederti felice, vuoi? Lo accetti questo mio regalo, così ti ricorderai di queste parole?". Non scomponendosi più di tanto, mi sussurra un "sì", ma resta sempre sulle difensive. Anche gli altri mi chiedono il tau, così faccio mettere a cerchio e preghiamo un istante per la benedizione, mentre loro lo tengono in mano. In silenzio resta là anche Gino. Arriva proprio in quel momento il gruppo di pastorale giovanile e così invito anche i ragazzi a venire, spiegando di che cosa avrei parlato. Naturalmente rifiutano anche se mi ringraziano e se ne vanno con le loro moto.

Salgo nella sala. Inizio rincontro e, mentre spiego le missioni di strada, i punti fondamentali dell'evangelizzazione... proprio quando dovrebbe partire un videoclip, il videoproiettore si inceppa.
Dopo diversi tentativi inutili proseguo cercando di descrivere cosa avremmo dovuto vedere: si trattava di episodi di evangelizzazione di strada e in spiaggia per dare concretezza all'incontro. Esattamente in quel momento sentiamo dei colpi assordanti contro il portone in ferro che apre l'ingresso al corridoio: calci e pugni che riecheggiavano rendendo impossibile la prosecuzione dell'incontro.
Qualcuno urla: "Apritemi! Fate entrare anche me! Fatemi entrare!
Aprite questa c...o di porta che voglio entrare anch'io!". Nessuno si muove; tutti, paralizzati e stupiti, impauriti da queste urla e da qualcosa che non era di certo previsto, restano inchiodati sulle sedie. Rompo il silenzio, invitando quelli vicini alla porta ad aprire a chi stava urlando come un forsennato. Ecco entrare Gino!
Sudato, rosso paonazzo per le urla, mi saluta: "Ciao, Da', volevo entrare e stare qui con te". Lo accolgo con un sorriso e gli chiedo di lasciarmi proseguire. "Ok, non ti disturbo, ma voglio stare vicino a te. Posso mettermi vicino a te?". "Certo". Così Gino si piazza con le braccia conserte a fianco a me, in piedi, e resta in silenzio osservando l'assemblea. Tutti mi guardano stupiti.

Proseguo l'incontro spiegando anche a Gino l'importanza, una volta incontrato Gesù nella propria vita, di andare a testimoniarlo agli altri. Là mi interrompe e, tirando fuori il tau che gli avevo regalato e che aveva attorno al collo, lo mostra a tutti e dice: "E vero quello che dice! Ascoltatelo, prima mi ha regalato questo tau e me lo sono già messo al collo. È importante che veniate a parlare con noi, è importante che si facciano queste missioni di cui parla Davide e, se dopo questa sera, quando finirà questo incontro, non vi vedrò per le strade nei prossimi giorni a incontrare le persone là dove si trovano, allora quest'incontro vorrà dire che per voi non sa servito a un c...o". Poi si gira verso di me: "Grazie, Davide, ora devo andare, grazie per avermi fatto entrare e scusa se vi ho disturbato" e, correndo, scappa via.

Riprendo la parola sottolineando come san Benedetto nella sua Regola dica che spesso lo Spirito Santo parli proprio attraverso l'ultimo entrato e che, secondo me, quella sera aveva voluto che non funzionasse il videoproiettore perché c'era da vedere in diretta un'esperienza di evangelizzazione. Pochi minuti di accoglienza del cuore di un giovane ferito hanno scatenato in lui una rivoluzione.
Non so che fine abbia fatto Gino. Non l'ho mai più rivisto, ma spesso lo incontro anche oggi negli occhi di tanti e nella preghiera lo raggiungo nel cuore di Dio. Tutto il viaggio di ritorno l'ho passato in auto risentendo le sue urla con i pugni sulla porta: "Apritemi! Fate entrare anche me! Fatemi entrare!".

tratto da Chiara Amirante, Nuovi Evangelizzatori, Orizzonti di Luce 2012, pp.38-41.

martedì 3 luglio 2012

Amare è donare il proprio tempo



Amare è donare il proprio tempo. E' questo il prezzo che l'amore chiede alla vita, il tempo
Tutti quando amano investono il proprio tempo.

Tempo e amore, che strano binomio

Tu pensi: "devo produrre"..."devo fare"..."devo andare"..."non posso perdere tempo". Poi prendi quell'ora lì, quella che reputi indispensabile, quella di cui non sai fare proprio a meno e la doni a qualcuno. 
Perdi il tuo tempo, eppure nello stesso istante in cui questo si fa dono trasformandosi in amore, diventa eternità. E subentra, allora, un inspiegabile senso di felicità misto a leggerezza. Ti senti vivo come non lo sei stato mai.

Hai dovuto fare delle rinunce, eppure sai di non aver perso niente e di aver guadagnato tutto. 
Forse sei tornato a casa stanco morto, ma rifaresti tutto esattamente come hai fatto, per migliaia di altre volte fino allo sfinimento. E il pensiero ti piace, daresti perfino la vita. E scopri che valeva la pena investire quel tempo.

Così ti fermi, chiudi gli occhi e sorridi. 
Perché il tempo donato per amore ha un salario: la gioia.

sabato 9 giugno 2012

Arlecchino: povertà e bellezza



‎"Arlecchino era un bambino povero. Un giorno tornò a casa triste e la mamma gli chiese perchè. L'indomani era carnevale: tutti avrebbero avuto un vestito nuovo e lui non avrebbe avuto nulla da mettersi. La madre lo abbracciò e lo rassicurò. Arlecchino andò a letto rincuorato. La madre, che era una sarta, prese la sua cesta di pezze colorate, rimasugli di altri vestiti, e passò la notte a cucirle una con l'altra. L'indomani Arlecchino aveva il vestito più bello e originale. Tutti gli altri bambini erano meravigliati e gli chiedevano dove l'avesse comprato, ma lui taceva per custodire il segreto della madre, che aveva passato la notte a cucire quelle pezze colorate: bianco, rosso, blu, giallo, verde, arancione, viola... E capì che non era povero, perchè sua mamma gli voleva bene più di qualunque altra e quel vestito era la dimostrazione"..

.... Mi sembra di vedere la mia pelle coperta di mille pezze colorate. In fondo, tutta la vita non fa altro che ritagliarti un vestito multicolore, a costo di tante notti insonni, notti di rimasugli di altre vite cuciti insieme.
Proprio quando ci sentiamo più poveri la vita, come una madre, sta cucendo per noi il vestito più bello. 

Alessandro D'Avenia - Bianca come il latte rossa come il sangue

martedì 5 giugno 2012

UAAR: famiglie, scimmie, blasfemità e gaffes




Quella che potete vedere qui sopra è l'immagine blasfema recentemente pubblicata sul sito dell'UAAR con il chiaro intento di attaccare il magistrale intervento di Benedetto XVI al VII Incontro mondiale delle famiglie tenutosi a Milano.

A parte il cattivo gusto e la blasfemìa sembrerebbe che gi "uaariani" ne abbiano combinata un'altra delle loro. E già! 

Il chiaro intento di strizzare l'occhiolino alle lobby omosessuali è clamorosamente fallito. Tanto che il concetto espresso dall'insolente rappresentazione fotografica, di fatto, comunica un messaggio completamente opposto rispetto all'originale intenzione dell'Associazione, evidenziando piuttosto che un modello di famiglia naturale esiste eccome...ed è composto da un esemplare maschio, un esemplare femmina e da un cucciolo. Anche tra gli scimpanzé per generare un essere vivente di quella specie occorre un gamete femminile ed un gamete maschile. 

La dura realtà è che il mondo animale non conosce le “famiglie arcobaleno” che gli umani cercano caparbiamente di creare a dispetto della natura.

Ennesimo Epic fail dell'UAAR! 

giovedì 31 maggio 2012

Panchinari o Campioni?



Ci sono due modi di giocare la grande partita della vita: da panchinari, stando comodamente seduti ad osservare, giudicare, inveire, in qualità di insoddisfatti spettatori di una vita non vissuta in prima persona, oppure da protagonisti, giocandosela, scendendo in campo...prendendo calci, subendo falli, correndo, soffrendo, ma anche facendo assist e tirando in porta per portare a casa il risultato. 

Entrambe le possibilità ci sono concesse dato che il nostro Mister non ha stabilito un limite di giocatori da far scendere in campo...

A noi la scelta, dunque. Giocarci la vita in prima persona e gioire di una vittoria certa (partiamo da un clamoroso 33 a zero a tavolino), o vivere da eterni panchinari tristi e chiusi in se stessi. 

Lascio a voi continuare la riflessione, non senza avervi regalato uno stupendo dialogotratto dal libro "Cose che nessuno sa" di Alessandro D'Avenia. Buona lettura!

"Sbaglia i rigori solo chi ha il coraggio di tirarli". 

Sarà banale, ma è così. Tu, Giulio, hai la capacità di metterti in gioco. Guardati attorno: è pieno di ragazzi che non fanno un cavolo, che se ne stanno incollati alla PlayStation o al computer, tutti bravini bravini a obbedire a quello che gli si dice o a far finta di farlo per quieto vivere, così  poi la mamma gli compra la moto, il videogioco e i jeans. lo li vedo, là fuori è pieno. Dormono. Vivono in  una quieta disperazione. Non investono su nulla, scelgono la via più facile, non sono creativi, nell'età  fatta per esserlo. Solo chi ha fame crea, solo chi cerca crea. Tu hai fame, Giulio. Per questo mi piace quel  tuo modo di fare provocatorio, strafottente, che mette tutto in discussione, perché è l'atteggiamento di  chi cerca, di chi vuole sapere per cosa valga la pena giocarsi la vita. Tu ti metti in gioco per ciò che  ancora non si vede, molti altri solo per ciò che è sicuro. Ma non esiste alcun investimento sicuro: vivere  e amare significa, in ogni caso, essere vulnerabili ... Per questo tu sbagli i rigori. Ma tu provi a tirarli,  Giulio. C'è chi non è neanche sceso in campo ... »  

«Sì, ma devo sbagliare sempre? Tutto quello in cui mi impegno finisce male, l'unico posto dove non farei  danno è in prigione ... E questa è la volta che ci finisco ... »   

«Ti verrò a trovare» sorrise Filippo, e proseguì: «Qualunque sia la cosa che ti è cara, il tuo cuore prima o  poi dovrà soffrire per quella cosa, magari anche spezzarsi. Vuoi startene al sicuro? Vuoi una vita tranquilla come tutti gli altri? Vuoi che il tuo cuore rimanga intatto? Non darlo a nessuno! Nemmeno a un  cane, o a un gatto, o a un pesce rosso. Proteggilo, avvolgilo di passatempi e piccoli piaceri ... Evita  ogni  tipo di coinvolgimento, chiudilo con mille lucchetti, riempilo di conservanti e mettilo nel freezer: stai  sicuro che non si spezzerà ... Diventerà infrangibile e impenetrabile. Sai come si chiama questo, Giulio?»  chiese Filippo, che si era infervorato nel parlare. Gli era spuntata una vena sulla fronte.   Giulio scosse la testa. Voleva sentire il seguito. «Inferno. Ed è già qui: un posto dove il cuore è totalmente ghiacciato. Sicuro, ma freddo. Là fuori è pieno di queste persone. Glielo leggi in faccia che hanno  il cuore freddo: per paura, per mancanza di fame, per pigrizia. Tu non sei così, Giulio. Questo ti salva,  anche se fai delle gran cavolate ... Perché c'è modo e modo di tirare i rigori!»   

(Alessandro D'Avenia - Cose che nessuno sa)

Inquinamento atmosferico e peto-sauri


Inquinamento, emissioni, effetto serra, sono tutte parole con cui abbiamo già da tempo familiarizzato. In genere sono termini associati al massiccio sviluppo industriale avviatosi a partire dal 1800.

Ebbene, a quanto pare questi problemi esistevano già in tempi non sospetti. Alcuni studiosi britannici hanno provato a quantificare le emissioni di gas metano provenienti dagli intestini dei voraci dinosauri vissuti nel Triassico-Giurassico, giungendo a sbalorditivi risultati... 
Sembra, infatti, che con le loro 520 tonnellate annue di metano stimate, abbiano contribuito notevolmente ad incrementare l'inquinamento atmosferico ed il surriscaldamento globale. 

E pensare che qualche scienziato sta pensando di riportarli in vita... 
Ambientalisti, ecologisti, animalisti, ribellatevi all'invasione degli petosauri!


sabato 26 maggio 2012

Un vento, un fuoco, un rombo di tuono



Scriveva don Tonino Bello: "Siamo troppo attaccati allo scoglio. Alle certezze. Ci piace la tana. Ci attira l’intimità del nido. Ci terrorizza l’idea di rompere gli ormeggi, di avventurarci sul mare aperto… di qui la ripetitività, l’atrofia per l’avventura, il calo della fantasia".

Abbiamo bisogno di un Vento gagliardo che spazzi via l'aria pesante degli asfittici spazi di paura in cui sovente ci rinchiudiamo. 
Abbiamo bisogno di un Fuoco potente che bruci il legno di quei bauli in cui mestamente rinchiudiamo i nostri sogni. 
Abbiamo bisogno di un Rombo di tuono fragoroso che abbatta le sordità alle  quotidiane chiamate di Dio; un boato che ci scuota dalla paralisi dell'egoismo, di un onda d'urto che ci spinga fuori...oltre l'uscio, dove ci attende il mondo.

Abbiamo bisogno di te Santo Spirito e allora si, la nostra vita sarà rinnovata.
Vieni Santo Spirito!

martedì 22 maggio 2012

Mostri di simmetria e incantevoli imperfezioni



Non so se vi è mai capitato, andando in qualche antica Basilica, di soffermarvi a guardare i disegni formati dalle venature dei pregiati marmi policromi. Era una cosa che facevo spesso da bambino, ma poi si cresce e certe cose si finisce per dimenticarle...almeno fino a quando non si incontra sul proprio cammino Qualcuno che ti dice di "ritornare come bambini nella semplicità del cuore e della vita".

La scorsa Domenica mi trovavo nella Cappella di san Paolo della Croce presso la Basilica dei Santi Giovanni e Paolo quando lo sguardo, ad un tratto, si è andato a posare sul vicino muro formato da due lastre marmoree speculari perfettamente simmetriche. Le venature avevano le fattezze di uno sgradevole viso dalle sembianze demoniache (vedi foto). Ne è scaturita una riflessione...

Ho pensato alla scelta che fece a suo tempo Mel Gibson quando rielaborò al computer il volto di Rosita Celentano (che nel film The Passion interpretava il demonio) per darle un tocco di innaturale simmetria. Una simmetria che doveva spaventare.
Ne ho dedotto che la simmetria, l'eccessiva perfezione, è effettivamente motivo di inquietudine. Non ci siamo abituati! Ci fa paura perché esprime qualcosa di profondamente inumano, qualcosa di troppo al di sopra delle nostre forze e capacità.

Così mi sono fatto l'idea che la bellezza su questa terra si manifesta piuttosto nell'imperfezione, nella spettacolarità di particolari mai uguali. L'uomo, infatti, sebbene apparentemente simmetrico, di fatto non lo è mai perfettamente.
Siamo creature "imperfettamente" belle in costante ricerca della Perfezione. E questo è un bene, perché solo chi è imperfetto e limitato può aspirare al Perfetto Eterno.
E' questo profondo anelito che, in fondo, alimenta i nostri giorni, che quotidianamente accresce la nostra gioia, la nostra speranza...il desiderio di migliorarci e crescere, di diventare Santi.

"Nessuna perla è uguale all'altra, nessuna perla è mai perfettamente simmetrica. E nelle cose di questo mondo è meglio tenersi lontani dalla perfezione: la luna quando è piena comincia a calare, la frutta quando è matura cade, il cuore quando è felice già teme di perdere quella gioia, l'amore quando raggiunge l'estasi è già passato. Solo le mancanze assicurano la bellezza, solo l'imperfezione aspira all'eternità. La perla se ne sta lì con quella sua irraggiungibile imperfezione, nata dal dolore. E dall'amore che lo abbraccia". 
(Alessandro D'Avenia - Cose che nessuno sa)

lunedì 21 maggio 2012

Telecomando, volontà e quel disperato bisogno di Qualcuno che prema il pulsante OFF



Mi ero promesso di non scrivere nulla riguardo all'atto terroristico di Brindisi... Le parole si sa, in circostanze come queste, sono sempre superflue. Eppure eccomi qui, a riportarvi una frase, letta nel blog berlicche.wordpress.com, che mi ha particolarmente colpito. 

Il discorso dell'articolo in questione verteva sull'uso del telecomando, lo strumento di morte che ha permesso all'ordigno di detonare. 
Conosciamo i telecomandi; li conosciamo abbastanza da comprendere che così come non si cambia canale senza che lo si voglia, altrettanto non si commette una strage senza una esplicita volontà omicida. Volontà...
Dietro ad ogni volontà di morte si cela, tragicamente, un'idea o una ideologia di morte, come la storia ci insegna

C'è poco da fare...l'uomo ha bisogno, un bisogno disperato, che Qualcuno, non soggetto alle sue leggi, ai suoi schemi mentali, alle sue idee, gli ripeta ciò che dovrebbe sapere e puntualmente finge di dimenticare: "Non uccidere!". 

[...] Se la cosa più importante è la mia idea di stato, gli ordini di un presidente, di un generale o di un capotribù; se la mia fedeltà va alla mia patria, al popolo, ad un dio di fantasia o solo a me stesso; e se chiamo amore l’ubbidienza ad una legge umana o un capriccio o alla mia idea di futuro allora non c’è un motivo per non uccidere, fosse anche la ragazzina che va a scuola o il bambino più indifeso.

Il senso dell’orrore si può spegnere. E’ questo che ci dice quel telecomando. Tutte le ideologie di questo mondo non ci danno un motivo per NON farlo, e quindi lo si fa. Perché non basta una legge terrena, ci vuole Qualcuno che sia più in alto di noi, Qualcuno che ci metta una mano sulla spalla e ci dica “non uccidere”, che ce ne dia la ragione. Qualcuno che possa. Che abbia il potere di farlo, quel potere che noi non abbiamo.
E’ una illusione quel Qualcuno? Allora anche quell’orrore lo è [...].

mercoledì 16 maggio 2012

La vita è fatta di unità? Oppure è un'unità che fa la vita?


Cosa rende piena una vita? Qual'è il senso profondo della nostra vita? 
La vita è fatta di unità, ma una somma di unità quasi mai è sinonimo di pienezza. Solo l'amore fa la differenza.

Le nostre giornate sono scandite da ritmi spesso asfissianti. Vogliamo che tutto sia regolato con precisione, fissato, suddiviso in unità di tempo da sommare come mattoncini lego. E così, tra lavoro, palestra, telefonate, posta elettronica, facebook...le nostre giornate scorrono veloci. Alla fine della giornata, possiamo dirci veramente felici?

Da cosa dipende la pienezza della nostra vita?
Si può avere un'agenda piena di appuntamenti ed una vita tragicamente vuota. Il mondo, d'altronde, è pieno di persone che giungono a fine giornata con tutte le unità di tempo esaurite, senza però sentirsi veramente felici. La verità, è che non conta quanto si fa o come si riesce ad organizzare il tempo che si ha...

Potete avere l'illusione di avere una vita piena perché fate sport, perché comprate i CD, perché ascoltate musica o scaricate film, ma può succedere di ritrovarvi come il protagonista di "About a Boy"...a meditare sul tempo trascorso per poi cadere in ginocchio, oppressi da un profondo senso di frustrazione...soli e profondamente infelici. 

Le cose non bastano a saziare la nostra fame di felicità. Ciascuno infatti, nessuno escluso, nutre nel proprio intimo un disperato bisogno di qualcosa che dia senso ad ogni singolo istante della propria esistenza.

La vita, allora, non è fatta di singole unità da sommare...e può dirsi veramente tale soltanto se edificata su quell'unità (di misura), unica nel suo genere, capace di misurare la stessa vita. Si, solo un amore grande sa rendere una vita piena. 

Il seguente video tratto dal film "About a boy" può chiarirvi le idee...



Brucio continuamente e vorrei sempre più bruciare



« Brucio continuamente e vorrei sempre più bruciare; soffro e vorrei sempre più soffrire.
Desidererei vivere, desidererei morire. Sento di amare, ma chi amo non lo intendo, non lo capisco. Nella mia grande ignoranza sento che vi è un bene immenso, un bene grande: Gesù.

Vorrei che il mio cuore non palpitasse, non vivesse, non sospirasse che per Gesù; vorrei che la mia lingua non sapesse proferire che il nome di Gesù, che i miei occhi non guardassero altro che Gesù, che la mia penna non sapesse scrivere che Gesù e che i miei pensieri non volassero che a Gesù. 
Più volte mi sono posta a riflettere se vi fosse in terra un oggetto, verso il quale potessi indirizzare gli affetti miei, ma non trovo nessun oggetto né in terra, né in cielo, se non altro che il mio diletto Gesù. 
Il paradiso ci aspetta ».  

(Santa Gemma Galgani - Scritti)

martedì 15 maggio 2012

Speciale Tg1 - 13 maggio 2012 - Il caso Medjugorje: Maria nella nostra storia


Potete rivedere  QUI lo Speciale Tg1 andato in onda lo scorso 13 maggio su Rai1 intitolato: "Il caso Medjugorje: Maria nella nostra storia"
Buona visione!

domenica 13 maggio 2012

Cappuccetto nero, i menù del grembiulino e il piccolo dinamitardo: ovvero della Massoneria alla Fiera di Torino



Ieri sabato 12 maggio 2012 il TG2 ha dedicato ben due servizi (il numero 12 ed il 13) alla causa massonica nell'edizione serale delle 20:30
Le mie reazioni sono state in seguenza: stupore, incredulità, sbalordimento, disorientamento, confusione, sconcerto, tristezza...

Nel primo dei due servizi veniva presentato il mega stand massonico della Gran Loggia d'Italia presente alla Fiera del Libro di Torino, con tanto di interviste al Gran Maestro e ad uno storico della massoneria, mentre nel secondo veniva fatto un rapido excursus sull'associazione, sottolineandone particolarmente l'eticità...Sentita pronunciare questa parola sono sbottato in una fragorosa risata (fortunatamente ero solo).
"Eticità?" mi sono detto...ma quando? Terrorismo, corruzione dei costumi, omicidi, intrighi di palazzo, giochi di potere, speculazione finanziaria...se questa è etica.

Concludo con la simpatica citazione di un caro amico tratta da Facebook:
E così, dopo averla vista in azione in passato nelle stazioni ferroviarie, nelle banche e nelle piazze (con iniziative che definirei roboanti), ecco la massoneria al Salone del Libro di Torino. 
Che libri promuoverà? Un manuale sull'uso di esplosivi? Le Fiabe dell'Incappucciato per bambini? O ricette con "I menu del Grembiulino"? 
Mala tempora currunt...

venerdì 11 maggio 2012

Lo scopo dell'arte? Innamorare



Cos'è l'arte se non il tentativo dell'uomo di rendere visibili attimi eterni? Fissare, trasmettere, rendere manifesto l'inaccessibile, l'invisibile che suscita stupore. 
L'arte è una delle più straordinarie forme di comunicazione date all'uomo per dire l'amore, per innamorare
Si, per innamorare...ossia per collocare stabilmente chi guarda stupito nella condizione amorosa (IN-AMORARSI).

Quante volte davanti ad un capolavoro avete provato una stretta al cuore, un fremito, un brivido che vi attraversava? 
Quante volte siete rimasti fermi, senza dire una parola, incantati dalla Bellezza, a rimirare i più piccoli particolari, a soffermarvi su di essi fino a provare un'inesprimibile gioia?

Ogni qual volta tutto questo è accaduto nella vostra vita, vi siete innamorati. O meglio vi siete lasciati innamorare permettendo all'artista di realizzare il suo scopo. E avete gioito.

Si, perché chi ama e sa lasciarsi innamorare, gioisce. Perché la gioia sta all'amore come l'opera d'arte all'artista che le ha dato vita...E chi non gioisce, chi non riesce più a sorridere è perché in cuor suo ha smesso di essere inn-amorato. Sì! Innamorato della vita, con le sue luci e le sue ombre. Innamorato di tutta la vita, stabilmente.

Compito dell'artista è dunque innamorare...così ha fatto il Creatore, attraverso il creato, con le creature. Lui l'Artista con la A maiuscola. Così ha fatto Dio con noi, uniche ed insostituibili opere d'arte. 

Anche noi possiamo essere degli artisti, e lo siamo realmente, ogni qual volta diamo forma all'amore che è in noi, ogni qual volta con parole, gesti, immagini, suoni e colori suscitiamo Amore nell'altro. Perché in fondo questo è lo scopo dell'arte, innamorare.

Lo scopo dell’arte non è quello di risolvere i problemi, ma di costringere la gente ad amare la vita. Se mi dicessero che posso scrivere un libro in cui mi sarà dato di dimostrare per vero il mio punto di vista su tutti i problemi sociali, non perderei un’ora per un’opera del genere. Ma se mi dicessero che quello che scrivo sarà letto tra vent’anni da quelli che ora sono bambini, e che essi rideranno, piangeranno e s’innamoreranno della vita sulle mie pagine, allora dedicherei a quest’opera tutte le mie forze.   (L.Tolstoj, Lettere)

lunedì 7 maggio 2012

Ti prego, fammi credere in qualcosa!


"..TI PREGO FAMMI CREDERE IN QUALCOSA!" E' una frase che ti arriva dritta al cuore con la rapidità e la violenza di un montante destro di Tyson, sopratutto se a pronunciarla è una giovane ragazza che si definisce "Persa", stella vagabonda in cerca di luce nel luogo sbagliato, attratta dal vortice del non ritorno di un luogo di "divertimento" dove si distribuisce morte e si uccidono speranze.

E' un grido disperato che non può lasciare indifferenti, che non deve essere lasciato in balia del vento, inascoltato. Don Roberto l'ha raccolto. Era lì come sacerdote, come missionario, ma sopratutto come fratello, lui che quegli inferi li conosce bene avendone sperimentata tutta la bruttezza.

Ripenso a quella ragazza, e mi domando se in questi giorni si sia ricordata di quell'incontro così inusuale, se sia riuscita a fare violenza alla sua volontà, se abbia proseguito il cammino iniziato quella sera, con quelle parole sincere, pronunciate con il cuore, espressione di un bisogno di verità, di una mano potente che trascini via il cuore intrappolato nelle sabbie mobili del non senso.

E la mia speranza si fa preghiera, che quel grido così vero venga ascoltato. Quanto a noi, quella frase, potente come un pugno nello stomaco, ci risvegli dal rischio del torpore di una vita comoda e ci ricordi che nelle tenebre delle nostre metropoli, una parte della nostra gioventù giace rannicchiata in un angolo buio, in attesa di una Luce che li riporti a Casa...

Voi, noi, sapremo essere Luce?

Di seguito il video tratto da Matrix





E' bello quel che è bello



Riporto di seguito una parte dello splendido articolo di Francesca Nardini scritto sul Blog di Costanza Miriano.
Da qualche giorno, come avete avuto modo di leggere, sto meditando sul tema della Bellezza e queste parole esprimono esattamente ciò che penso. Per cui, buona lettura!

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[...] Il bello chiede di essere colto, aspetta che qualcuno lo veda, magari per contrasto col suo contrario e, riconoscendolo, urli: “Eccolo, è lui!”. Il bello non si impone perché sa di non averne bisogno: sa che la ragione lo riconosce immediatamente e quando lo incontra vorrebbe averlo sempre. Il bello sa fare innamorare di sé la ragione, al punto da indurla a cercare le sue regole, a spacchettare la ruota dei colori per scoprire le corrispondenze felici e renderle intellegibili, accessibili, conosciute, sue: la ragione è pazza del bello, al punto da aver creato una disciplina che è l’eleganza e aver attratto a sé migliaia di persone, di occhi, di mani. Dire alla ragione che non è bello ciò che è bello è dirle che vive per il nulla, è dirle “Hai le traveggole”, “Ti sei innamorata di uno che non esiste”… è ferirla profondamente. Il bello invece esiste e si lascia trovare. Quale utilità, quale bene dalla moda per la vita umana? Nessuno in particolare, se non quello di ridestarsi di fronte alla bellezza, di essere svegliati ed invitati a scegliere, scegliere, scegliere.

Chi di verde si veste di sua beltà si investe, l’abito non fa il monaco, l’occhio vuole la sua parte: litanie meravigliose, misteriose, che qualcuno ci avrà pure insegnato.

Ma l’unica formula degna della ragione dell’uomo è quella che recita più o meno così: “Non potevo non sceglierlo, perché è bello”.

sabato 5 maggio 2012

La lezione delle perle...


«Quando un predatore entra nella conchiglia nel tentativo di divorarne il contenuto e non ci riesce, lascia dietro una parte di sé che ferisce e irrita la carne del mollusco, e l'ostrica si richiude e deve fare i conti con quel nemico, con l'estraneo. Allora il mollusco comincia a rilasciare attorno all'intruso strati di se stesso, come fossero lacrime: la madreperla. 
Ciò che all'inizio serviva a liberare e difendere la conchiglia da quel che la irritava e distruggeva diventa ornamento, gioiello prezioso e inimitabile. Così è la bellezza: nasconde delle storie, spesso dolorose. Ma solo le storie rendono le cose interessanti...»

(Alessandro D'Avenia - Cose che nessuno sa)

giovedì 3 maggio 2012

La Bellezza che nasce dai limiti



Sembra assurdo eppure è così, ogni bellezza su questa terra per essere vista, per essere notata, per essere ammirata ed amata esige il limite. Uno sguardo che fissi l'immagine, una istantanea. 
La bellezza si coglie nel momento in cui questa si infrange nel limite...In fondo noi tutti siamo limitati eppure ogni giorno siamo spettatori di bellezze inenarrabili. Le viviamo e ne prendiamo coscienza quando qualcosa o qualcuno ci permette di afferrarle, almeno per un istante.

La bellezza nasce dai limiti. Questa certezza è la sola che può salvarci dal delirio di onnipotenza. 
La più grande illusione dell'uomo moderno è quella di sentirsi senza limiti, NO LIMITS, era il famoso motto della SECTOR. Un'illusione per l'appunto come ci ha ricordato la stessa marca di orologi che vide morire nell'atto di superare ogni record uno dei suoi più celebri testimonial, Patrick de Gayardon

Il delirio di onnipotenza è quell'insana illusione di apparire ed ostinarsi a credere di essere ciò che non si è e non si potrà mai diventare. Genera complessi circoli viziosi, frustra...
La Bellezza invece è semplice, gioiosa, concreta, capace di manifestarsi pienamente nel limite. 
Cristo stesso, in fondo, Colui che è la stessa Bellezza ha saputo calarsi nel limite della condizione umana per dimostrarci che la Bellezza non è impedita dal limite, che questa, anzi, può benissimo manifestarsi nel limite. Una verità paradossale. 

Non temiamo perciò i limiti, i nostri limiti, e sopratutto non pensiamo che feriscano la nostra libertà. 
I limiti sono la nostra salvezza, ci custodiscono, ci indicano qual è il nostro vero bene, e ci manifestano il volto autentico della Bellezza, di cui tutta la creazione, nonostante la fragilità, porta l'impronta indelebile. 

Il vento. Non lo vedi né lo senti sinché non trova un ostacolo, come tutte le cose che ci sono sempre state. Persino il mare sembra senza limiti, eppure canta solo quando li trova: infrangendosi sulla chiglia diventa schiuma; spezzandosi sugli scogli, vapore; sfinendosi sulle spiagge, risacca. La bellezza nasce dai limiti, sempre. 

(Alessandro D'Avenia - Cose che nessuno sa)

sabato 28 aprile 2012

Seguimi!


Domani si celebra la Giornata Mondiale delle Vocazioni....

Chi è il chiamato? E' un uomo come tutti gli altri, che vive le stesse esperienze e che ad un certo punto della propria esistenza avverte il bisogno di chiarire la propria strada e la propria identità. Così comincia un cammino, che si potrebbe paragonare ad una scalata, armato di pazienza, preghiera e soprattutto volontà, il chiamato comincia a percorrere i sentieri di Dio, facendo l'esperienza dell' "essere condotti".... Non è più lui che   decide, che programma che mette in atto le proprie idee.

Il chiamato deve lasciare che l'Altro che pian piano lo abiti interamente, lo plasmi, lo purifichi con il suo Amore e lo inondi della sua luce.  E la vita del chiamato si trasforma, egli comincia a capire che il senso della sua esistenza è scritto nella profondità delle proprie esperienze che si possono comprendere solo alla luce di Dio.
Dio lo nutre, con la sua parola, con i Sacramenti, con le persone che gli pone accanto, non lo abbandona nemmeno quando tutto sembra oscuro e difficile. Egli è il Buon Pastore che insegna ad essere pastori, ad essere conformi a Lui, conformi fin dove? 

Joseph Ratzinger nel 1970 diceva: “la croce è e rimane il fondamento e il continuo centro del sacerdozio cristiano che può trovare il suo compimento soltanto nella disponibilità del proprio io per il Signore e per gli uomini”.
La croce è dove conduce il Buon Pastore, non per rimanervi crocifissi e morti, privi di vita, ma per ricevere da essa l'esempio dell'amore estremo, per essere amore come Dio è Amore. Il Sacerdote, il Consacrato, devono essere specchio del Crocifisso-Risorto! Uomini che camminano nella storia con le proprie piaghe anche sanguinanti, ma che da esse sanno trarre la salvezza per tutti, in fondo questo è l'unico compito che Gesù affidò ai suoi discepoli! Amarsi per testimoniare l'amore, amare per abbattere la paura!

Quale paura?
Paura di un domani incerto, di un giudizio spietato, paura di essere soli, paura di sbagliare....
No! Niente paura! "Io ho vinto il mondo...."

Se non c’è spazio per Cristo, non c’è spazio per l’uomo


“Internet permette a miliardi di immagini di apparire su milioni di schermi in tutto il mondo. Da questa galassia di immagini e suoni, emergerà il volto di Cristo? Si udirà la sua voce? Perché solo quando si vedrà il Suo Volto e si udirà la Sua voce, il mondo conoscerà la “buona notizia” della nostra redenzione. Questo è il fine dell’evangelizzazione e questo farà di Internet uno spazio umano autentico, perché se non c’è spazio per Cristo, non c’è spazio per l’uomo”

Giovanni Paolo II

Solamente ho amato come mi è stato possibile


All'interno del volume “Lettere di condannati a morte della Resistenza europea, che raccoglie le ultime righe scritte da coloro che si opposero al regime nazista e fascista, c'è una lettera che mi ha colpito particolarmente, è di Aldo Mei, un giovane sacerdote. 

Quando si pensa a quell'infausto periodo storico sono molti a puntare il dito sul presunto "silenzio" della Chiesa.  Eppure, come dimostrano queste brevi righe, la Chiesa c'era. 

Anche noi eravamo lì al fronte, a soffrire e patire, a morire...ma questo non lo dirà mai nessuno. 

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4 agosto 1944

Babbo e mamma, sono sereno in quest’ora solenne. In coscienza non ho commesso delitti. Solamente ho amato come mi è stato possibile. Condanna a morte. 1° per aver protetto e nascosto un giovane di cui volevo salva l’anima. 2° per aver amministrato i sacramenti ai partigiani, e cioè aver fatto il prete. Il terzo motivo non è nobile come i precedenti: aver nascosto la radio.

Muoio travolto dalla tenebrosa bufera dell’odio, io che non ho voluto vivere che per l’amore. Dio è amore e Dio non muore. Non muore l’Amore! Muoio pregando per coloro stessi che mi uccidono. Ho già sofferto un poco per loro… E’ l’ora del grande perdono di Dio. Desidero avere misericordia; per questo abbraccio l’intero mondo rovinato dal peccato. Che il Signore accetti il sacrificio di questa piccola insignificante vita in riparazione di tanti peccati.

Conservatevi tutti nella grazia del Signore Gesù Cristo – perchè questo solamente conta quando ci si trova davanti al maestoso passo della morte – e così tutti vogliamo rivederci e starcene indissolubilmente congiunti nella gioia vera e perfetta della unione eterna con Dio in cielo.

Aldo Mei, 32 anni, sacerdote 

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venerdì 27 aprile 2012

Dal Necronomicon alla necrofilia...ovvero, bizzarre leggi egiziane



In tutto il mondo avere rapporti sessuali con un cadavere è necrofilia, ed è un abominio. Tuttavia in Egitto, paese a maggioranza islamica, molto presto questa aberrante pratica potrebbe diventare legale.
Ce lo dice il Daily Mail.
In sostanza si potranno avere rapporti sessuali con la propria consorte entro sei ore dal decesso.
Alla inquietante legge è stato dato l'altrettanto grottesco nome di "Rapporto d'addio". 

Qualcuno, data l'assurdità della notizia, ha avanzato l'ipotesi che si tratti di una bufala. Non sarebbe una novità, ma, sapete com'è, oggi come oggi c'è da aspettarsi di tutto...anche simili follie. Vedremo...

Nell'attesa permettetemi di augurare agli sposini egiziani un bel "finché decomposizione non vi separi...", non si sa mai.

giovedì 26 aprile 2012

L'attrazione è una questione di Bellezza


Il Bello chiama, attira a sé, è amabile, si  offre, viene incontro.
La Bellezza è appello, offerta, avvento dell’Altro.
Le pecore del tuo gregge ti riconoscono così come quelle che prevengono da altri recinti, perché sei Bellezza che attrae a sé.

Bel Pastore, aiutaci a comprendere che come uomini di Chiesa possiamo essere bravi, ma che la bravura non attira nessuno se non per quel breve lasso di tempo che intercorre tra noi e colui che, più bravo di noi, ci sostituirà…
La Bellezza invece innamora e l’Amore è per sempre.
Ciò che attrae, da sempre, è la Bellezza. E la Bellezza sei Tu.

mercoledì 25 aprile 2012

"Quasi amici"...ma de che? Veri amici!



Nel 2009 scrissi un articolo intitolato "Terminologia menzognera: il vocabolario del falsario",  riflettendo sull'astuto processo di edulcorazione messo in atto dall'atteggiamento politically correct tipico del nostro tempo. 

Ci ho ripensato ieri mentre finivo di vedere "Quasi amici" un carinissimo film francese uscito a febbraio nelle sale cinematografiche italiane. Cercavo su Youtube la colonna sonora di Ludovico Einaudi quando ad un tratto mi sono imbattuto nel vero nome del film...Intouchables, ovvero Intoccabili. 

Mi sono domandato per l'ennesima volta, "perchè?" Perché questo malsano bisogno di giocare a nascondino con le parole, perché nascondere la realtà dei fatti e occultare ciò che solo in apparenza può risultare indigesto? Perché ogni richiamo a qualcosa che fa soffrire deve essere cancellato, abolito, rigettato?

"Quasi amici", è un titolo a dir poco ridicolo e chi ha visto il film lo sa bene. Non c'entra niente, assolutamente niente! 

“Intouchables” era il titolo francese, ed era il titolo giusto. Intoccabili...come i due mondi apparentemente lontani del ricco e aristocratico Philippe, e di Driss, ragazzo di periferia appena uscito dal carcere. Intoccabili come Vivaldi e gli Earth, come la dizione perfetta e lo slang, il tight e la tuta. Intoccabili come le categorie di chi giudica senza vivere, come le incolmabili distanze create dal pregiudizio

Eppure due intoccabili, quali sono un paraplegico bisognoso di tutto ed un giovane sbandato e rassegnato al vivacchiare, possono incontrarsi nel baratro delle loro solitudini e scoprirsi più vicini di quanto si creda. Veri amici e non quasi amici; profondamente bisognosi l'uno dell'altro. 

Il senso del film è di straordinaria importanza: è l'amore che colma ogni distanza, che fa rinascere la voglia di vivere agli sfiduciati, la speranza in un presente luminoso ai disperati e in tutti l'incrollabile certezza che niente in fondo è perduto.  Altro che "Quasi amici"!

In rete c'è un mondo che cerca Dio


All'incirca due mesi fa ho caricato sul mio account di Youtube un filmato intitolato "Se esiste Dio, perché tanto male nel mondo?".  In poco tempo ha iniziato, in modo virale, a fare il giro della rete italiana. 
C'era da aspettarselo considerandone la la simpatia e l'immediatezza! 

Ciò che più mi ha meravigliato di questa incredibile girandola di condivisioni non è stato il numero di visualizzazioni ottenute, per carità, alto considerando da quanto poco tempo è in circolazione (ad oggi più di 34.000), quanto piuttosto il dibattito sorto intorno al filmato. Quasi 300 commenti di ogni tipo: di approvazione, di disapprovazione, di critica feroce. Dibattiti, diatribe, tentativi di spiegazione, e tanto, tanto altro.

Di video nel mio canale ce ne sono un centinaio, di questi però solo due hanno suscitato simili reazioni. Si tratta di filmati apertamente provocatori che inducono lo spettatore a riflettere su problematiche inerenti la cosiddetta teodicea (esistenza e conoscenza di Dio, attributi divini, creazione, provvidenza, problema del male etc..). 

Anche nel secondo caso (che poi sarebbe il primo in ordine cronologico), quello relativo al video che ha per protagonista un giovanissimo Albert Einstein versione scolaretto, intitolato "Se Dio esiste, da dove viene il male?", si è verificato lo stesso fenomeno. Ben 500 commenti di ogni tipo a riprova che l'uomo non è affatto indifferente a Dio, alla sua esistenza e a ci che ne consegue.
  
Tanto poco mi è bastato, due filmati di pochi minuti, per convincermi ancora di più che nel mondo, come nel web che poi è uno specchio del mondo stesso, c'è una umanità nient'affatto indifferente al discorso su Dio, che ama farsi domande importanti, che non vive con passività la propria vita, che sa interrogarsi su problemi grandi perché ha sete, una sete immensa di Infinito, di Bellezza, di Verità.

A buon evangelizzator poche parole!

Il cervo simbolo del Cristo e del cristiano


Strano animale il cervo, bello, agile, discreto, mansueto, sfuggente, misterioso. I miti e le leggende di tutti i popoli ne parlano attribuendogli particolari caratteristiche. 

Non è raro trovarlo in una certa iconografia cristiana laddove il più delle volte indica la sete del credente che anela alle sorgenti d'acqua viva del Cristo, come recita il Salmo 42 "Come la cerva anela ai corsi d'acqua così l'anima mia anela a te, Dio". 
Simbolo del cristiano dunque, ma anche dello stesso Cristo vittorioso sul male come attesta l'iconografia ispirata agli scritti di alcuni antichi filosofi e scrittori greci come Plinio ed Eliano

Sembra infatti che il cervo fosse acerrimo nemico dei più letali serpenti e che per stanarli fosse solito riempire la bocca d'acqua versandola nella tana con un potente soffio. Una volta fuori i rettili venivano calpestati ed uccisi. L'allusione al trionfo del Cristo su satana è evidente. 
Il Cristo che schiaccia il serpente ricorda Genesi 3,15, mentre il soffio che annienta il nemico è un chiaro riferimento a 2Ts 2,8 "Solo allora sarà rivelato l'empio e il Signore Gesù lo distruggerà con il soffio della sua bocca e lo annienterà all'apparire della sua venuta".

Il parallelismo Cervo/Cristo è legato anche ad un'altra caratteristica di questi animali, all'annuale rigenerazione del palco delle loro corna. Ogni anno, nei periodi compresi tra gennaio ed aprile, il cervo perde il palco per poi rigenerarlo verso il mese di luglio. Tale segno di rinascita è stato spesso associato al concetto di Resurrezione.

Una ricca tradizione agiografica è, infine, legata a questi animali. Li troviamo nella vita di Sant'Eustachio, Sant'Uberto (da cui la celebre immagine dell'amaro Jägermeister), Sant'Abbondio da Como, San Corrado di Piacenza, San Donaziano, San Lamberto, San Meinhold, San Procopio da Brema, Sant'Osvaldo, Sant'Egidio abate, Santa Ida di Herzfeld e la Beata Ida di Toggenburg. 



domenica 22 aprile 2012

Biancaneve e le intuizioni dei fratelli Grimm


Maximiliano Cattaneo ha recentemente dedicato un bell'articolo su LaBussolaQuotidiana.it alla fiaba di Biancaneve, mettendo in risalto interessanti particolari sul celebre racconto dei fratelli Grimm. 

Quanti hanno mai notato che la matrigna di Biancaneve non ha un nome? 
Questo aspetto è estremamente interessante. E' senza identità. L’intuizione dei Grimm sembra essere che quando una persona si dà al male, allontanandosi dal bene, perde la sua identità, perde il suo nome; come il ricco epulone della parabola evangelica, spersonalizzato da una dissoluzione che lo ha privato dell'umanità.

Biancaneve cammina nel bosco mentre le fiere le passano accanto senza farle del male. Il creato riconosce l’antico ordine. Non vi ricorda Isaia 11 e 65? 
I nani sono sette (numero molto particolare...un richiamo ai 7 Sacramenti?) e, pur essendo lei una principessa, le insegnano a svolgere lavori umili, a servire (l'importanza della diakonia). Essi la avvisano del fatto che la sua nemica sarebbe presto arrivata a minacciarla, quindi, le comandano di non far entrar nessuno. Biancaneve disobbedisce per tre volte a quest’ordine (anche questa volta un numero che non appare casuale), e per tre volte cade sotto la tentazione della matrigna che si traveste e si presenta alla porta della casetta dei nani. Una straordinaia metafora della tentazione diabolica. 
Biancaneve scende, poi, in uno stato di morte dal quale solo un principe innamorato della sua bellezza riesce a svegliarla. Sembra immediato il riferimento a Cristo, amante della bellezza dell’uomo che con amore libera la sua creatura, gli ridona vita, l'attira a sé, la sposa.

Questi giorni è nelle sale un film sulla fiaba dei fratelli Grimm, diretto dall’indiano Tarsem Singh. La chiave interpretativa e le variazioni apportate dagli sceneggiatori sono davvero interessanti. I nani, ad esempio, sono gli esclusi del villaggio, i brutti, i non voluti, eppure saranno loro a salvare Biancaneve. Un bell'insegnamento, considerando i tempo che viviamo! Biancaneve, inoltre è una nobile che non si vergogna di servire dei farabutti, dai quali imparerà a giocare la vita in prima persona.  Felice intuizione anche il prezzo che la matrigna dovrà pagare per tutti i malefici compiuti nel corso della sua vita: una mortificazione per la sua vanità, che è al tempo stesso evidenza del suo malessere spirituale.

Un film da vedere, una fiaba da rispolverare. Sempre che non siate troppo cresciuti e sappiate ancora farvi piccoli come bambini!