FATE
QUELLO CHE LUI VI DIRA’
La
forza di quell’avvenga per me
di
Don Luigi Maria Epicoco
Faremo un piccolo
percorso perché il tema mette insieme due pagine del Vangelo: le nozze di Cana e
l’Annunciazione. Prima di entrare nel cuore del tema, penso sia molto
importante che io dica una cosa impopolare. Impopolare perché? Perché il nostro
mondo non funziona secondo quello che vi sto per spiegare e, siccome noi
viviamo nel mondo, molto spesso, la nostra mentalità ha a che fare con quella
del mondo. Pertanto, mi scuso se, in questa prima parte - che non entrerà
subito nel cuore del tema – dirò una cosa impopolare ma spero possa aiutarvi a
fare una rincorsa per capireil tema che si affronta.
La domanda che apre la nostra
riflessione è questa: come ha potuto Maria ascoltare la voce dell’Angelo? Come
è possibile che questa donna, ad un certo punto, ascolti la Parola di Dio che
le arriva attraverso l’Angelo?
La seconda grande
domanda: come ha potuto Maria accorgersi che ad una festa, come quella delle
nozze di Cana, manca il vino. E’lei che se ne accorge! Il Vangelo ci dice che è
questa donna ad avere occhio, ad avere l’accortezza di capire che quella festa
sta per trasformarsi in una tragedia. Come è possibile tutto questo?
Credo che se non
rispondiamo a questa domanda, tutto ciò che diremo sarà bello ma non sarà
vivibile per ciascuno di noi, perché tutte le cose belle che possiamo dire di
Maria, della libertà del Vangelo, sono vere e belle soltanto se anche noi possiamo
viverle. Noi possiamo vivere quelle cose belle e vere che incontriamo nel
Vangelo e, soprattutto, in quella pagina straordinaria che è Maria. Maria ha
una capacità di ascoltare ed accorgersi (tenete a mente questi due verbi perché
sono i due verbi della vita interiore): Maria ascolta la parola dell’angelo
Gabriele e si accorge che manca il vino alle nozze di Cana.
Perché vi ho detto che
questa prima parte sarebbe stata impopolare? Perché viviamo in un mondo, in una
cultura, in un modo di stare al mondo, che non ci fa vivere dentro di noi ma ci
fa vivere fuori di noi. La grande predica del mondo non è sull’interiorità ma
sull’esteriorità, cioè sul pensare che la cosa più decisiva della nostra vita,
accade fuori di noi e non dentro di noi.
Nella storia della
Chiesa, c’è un personaggio straordinario che è Agostino: è un convertito, uno
che ha vissuto la sua vita con la sua intelligenza, la sua retorica, le sue
doti ma, nel cuore di questa vita che sembra realizzata, Agostino ha un vuoto
enorme, una insoddisfazione enorme, un buco enorme. Ecco, in quella mancanza,
in quella insoddisfazione, Dio si fa spazio, lo mette in crisie, incontrando
alcune persone decisive dentro la sua vita, Agostino si converte. Ricordate che
la conversione nella vita di una persona – cioè l’incontro reale con Cristo -
non avviene mai per ragionamento, avviene sempre perché incontriamo qualcuno:
quando il catechismo ci dice che la chiesa è sacramento universale di salvezza,
non sta parlando tanto del diritto canonico, né delle pareti di un tempio. Si
sta dicendo quello che è la chiesa in sostanza cioè un intreccio di relazioni
e, proprio questo intreccio di relazioni, è il sacramento che Dio usa per
salvarci. Qual è la chiesa che Agostino incontra per salvarsi? Sua madre
Monica, poi il Vescovo Ambrogio, Simpliciano, persone che gli sono amiche, che
entrano dentro la sua vita e lo raccolgono da una situazione di crisi.
Ecco, noi incontriamo
la chiesa quando incontriamo delle relazioni decisive che, ad un certo punto, ci
portano all’incontro con Cristo. Perché abbiamo citato Agostino? Perché, dopo
la conversione, nel libro delle “Confessioni”, Agostino dice…Ti cercavo
ovunque, Ti cercavo nelle creature, Ti cercavo intorno a me, Ti cercavo nei ragionamenti,
mi gettavo nelle creature, nel piacere, nella gioia che era nel mondo, in una
grande esteriorità e Tu, invece, eri dentro me stesso, eri più intimo di me a
me stesso…E’ molto interessante quello che scrive Agostino: sta dicendo che
tutto quello che stiamo cercando dentro la nostra vita è dentro di noi. Non lo dobbiamo cercare come
si cerca qualcosa in una mappa, non dobbiamo cercarlo pensando– questa è la più
grande tentazione –che la felicità esiste ma non è qui, è in un altro posto,
che la felicità esiste ma non è in questo momento ma in un altro momento della
nostra vita. La scoperta di Cristo è quella di accorgersi che tutto quello che
tustai cercando, non lo devi aspettare come qualcosa che deve accadere, è
qualcosa che è nascosto dentro di te. Scrive Agostino << In interiore
hominehabitat veritas>>: è nell’interiore di noi, nel cuore di ognuno
di noi, che abita la verità. Allora la più grande rivelazione cristiana non è andare
in un posto, non è dire “arriverò a quegli anni e quelli saranno gli anni decisivi
per me”…immaginate, per esempio, un giovane che dice “aspetto i 18 anni…” poi
arrivano e non succede nulla! Allora uno dice… “dai facciamo 25 anni,
solitamente il mezzo secolo è una bella tappa”…e, poi, sono finiti i 20 anni e
cominciano i 30, finchè cominci a dire… “abbiamo tempo ci sono i 40 anni”…poi
arrivano i 40 e mi sento ancora giovane, i giovani adulti, tutti modi di dire
che stiamo aspettando che qualcosa accada in un tempo della nostra vita, in un
tempo che ancora non riusciamo a vedere tant’è vero che, quando stiamo male,
facciamo due cose fondamentalmente: o ci nascondiamo o non riusciamo a stare in
un posto…sempre cambiare, cambiare, cambiare…oppure dobbiamo dormire, dormire,
dormire… Sono due modi per non stare dentro la realtà: una persona si converte
quando si accorge che tutto quello che sta cercando è qui, che tutto quello che
sta cercando non è in un altro giorno ma in questo giorno, non è in un altro
posto ma è in questo posto, in questo luogo cioè il posto, la geografia è il
tempo in cui noi cantiamo le cose decisive della nostra vita, la nostra
interiorità.
Per questo il mondo non
vuole che noi entriamo dentro la nostra interiorità, perché se una persona
entra dentro se stessa, sperimenta la libertà, sperimenta l’incontro con
qualcosa che gli libera la vita, perché è l’incontro con un senso che riempie
la sua vita. Chi sono le persone felici? Sono le persone che sonorealizzate?
Non proprio! Le persone felici sono quelle che avvertono che, in tutto quello
che stanno vivendo, c’è un significato. Tu non puoi dire “sarò felice se mi
realizzerò in questa cosa o quest’altra” perché, a volte, la vita non ti dà
l’opportunità di realizzarti in quel modo; la felicità è avvertire però che
tutto quanto tu stai vivendo, anche la cosa più difficile, anche la cosa più
faticosa, più brutta, è attraversata da un significato. E dov’è che ti accorgi
che la tua vita è attraversata in un significato? In un libro? In un posto
speciale? Dentro di te! Le persone libere sono le persone che si sono accorte
di un avere un dentro e non semplicemente un fuori nella loro vita, si sono
accorte che, la propria esistenza, non vale per la propria esteriorità ma per
la propria interiorità. Allora la più grande rivoluzione che possiamo portare
in questo mondo è portare l’impopolarità dell’interiorità, è portare in un
mondo che ci spinge fuori, che ci spinge a riempire la nostra vita di tante
cose per non pensare, in un mondo così – invece – fare noi qualcosa di
trasgressivo: portare ciò che è dentro noi stessi, imparare la vita interiore.
La vita interiore (che
non è ancora la vita spirituale, perché coltivare la vita interiore non
significa ancora avere imparato che cos’è la vita spirituale… ma ci arriviamo
nella grande rincorsa di cui dicevo all’inizio)…Nessuno può pensare di essere
libero se non riscopre la propria interiorità, nessuno può dire davvero di
poter sperimentare la libertà, se non si allena alla propria interiorità. E
l’interiorità è fatta di tappe, a volte molto faticose, tappe che il mondo non
favorisce: tu devi strappare, con tutto te stesso, le cose che sto per dirvi
dalla mentalità del mondo.
La prima è la capacità
in silenzio: una persona impara che cos’è la propria interiorità quando si
allena al silenzio. Il silenzio è fatto innanzitutto a livello fisico:
abbassare il volume di tutto ciò che riempie la nostra esistenza. Sapete, ci
sono delle volte che noi non riusciamo a rimanere da soli, fermi, in un posto
senza tenere qualcosa che parla: la tv, della musica, qualcosa che riempia il
nostro silenzio. C’è una cosa che ci spaventa tantissimo: è il silenzio! Invece,
noi dovremmo imparare ad allenarci al silenzio: dovremmo dire che, prima ancora
di dire se sappiamo pregare, dobbiamo domandarci se noi ci siamo mai allenati a
stare in silenzio, a viverci il silenzio, ad avere degli spazi, dentro la
giornata, che sono spazi di silenzio. Non dico ore ed ore, però, la vita di una
persona comincia a cambiare se, ogni giorno, quella persona ha la costanza di
prendersi 10 minuti di silenzio. Sapete come traduce il Vangelo il silenzio?
Con una immagine bellissima e dice: “Entra nel segreto della tua stanza”.
Perché a noi non piace
il silenzio? Perché ci fa fare i conti con noi stessi e noi non vogliamo fare i
conti con noi stessi; perché ci fa toccare, a volte, l’angoscia che ci abita;
il silenzio ci fa toccare il vuoto che attraversa il nostro cuore. Siamo
spaventati dal silenzio; eppure, non conosciamo nessuna via che ci riporti più
autenticamente a riscoprire l’interiorità, se non il silenzio. Il Vangelo ci
dice che Maria era capace di silenzio e lo dice a più riprese, soprattutto
perché, nel Vangelo, Maria fa ma parla pochissimo e, quando fa qualcosa o
parla, il Vangelo subito chiosa le sue parole o azioni, dicendo:“Ella
serbava tutte queste cose, meditandole nel proprio cuore”. Allora, soltanto
dopo che ci siamo allenati al silenzio, significa che abbiamo varcato la grande
porta della nostra interiorità. Immaginate questo viaggio dentro di noi, questa
capacità di entrare dentro di noi, come una persona che comincia a fare sport;
nessuno può fare sport senza riscaldamento, senza prepararsi con un adeguato riscaldamento,
altrimenti gli esercizi fanno male, non sono salutari. Allora cosa ci prepara
alla preghiera? Allenarci al silenzio.
Amici miei, questo
allenamento è fatto su ciascuno di noi ed è a misura di ciascuno di noi: magari
a uno basta un mese vissuto nell’allenamento di 10 minuti di silenzio al giorno
per cambiare la percezione della sua interiorità; un altro, invece, deve
lavorare 10 anni su questo silenzio… ma non scoraggiatevi! E’ sicuro che, se
noi non impariamo il silenzio, significa che non possiamo nemmeno entrare in
quel luogo in cui si manifestano le due cose decisive della vita, che Maria si
porta addosso: ascoltare e accorgersi.
Non avete anche voi il
desiderio profondo di dire: ma qual è la volontà di Dio nella mia vita? Quando
una persona si fa una domanda vocazionale, cioè una domanda alla quale
rispondere per dire che la propria vita ha trovato un senso, la domanda vera è
questa: che cos’è che rende la mia vita significativa? Volete che qualcuno
risponda a questa domanda? Allora dovete allenarvi all’ascolto, perché a questa
domanda non si risponde per ragionamento, non si risponde per logica, si
risponde perché qualcuno ci risponde a questa domanda.
Noi siamo cristiani e credenti,
pensiamo che la fede è un fatto decisivo dentro la nostra vita, perché sappiamo
e crediamo che le domande più importanti della nostra esistenza hanno una
risposta, non servono semplicemente a metterci in crisi. Le domande
significative della nostra vita non servono semplicemente ad inquietarci, a toglierci
il sonno: hanno una risposta! E Dio muore dalla voglia di rispondere a queste
domande, ma se noi siamo capaci di ascoltarLo.
Solo se una persona si
è allenata nell’interiorità, può avere anche la pretesa di dire: Gabriele mi
sta parlando, mi sta rivolgendo un saluto, mi sta portando un annuncio.
L’annuncio di ciò che è significativo dentro la nostra vita, inizia quando
comincia il silenzio.
La seconda parola
impopolare, dopola parola silenzio, è la parola solitudine; quando noi pensiamo
alla solitudine, non dobbiamo pensarla come ad una forma di isolamento, né di
punizione o fuga dagli altri, ma è la grande capacità, a volte, di staccarci da
tutto quello che ci trattiene dal tornare dentro noi stessi. Tutti noi, ad un
certo punto, abbiamo bisogno di questa solitudine: è bisogno di prendere
distanza con quello che uno sta vivendo.
Noi siamo spaventati
dalla solitudine, perché la nostra generazione è ferita soprattutto nelle
relazioni, e la maggior parte delle ferite che hanno a che fare con le nostre
relazioni, sono ferite di abbandono: chi doveva amarci non lo ha fatto come
avrebbe dovuto e, quindi, noi abbiamo sperimentato il dolore di sentirci
abbandonati, non voluti, non accettati ed abbiamo paura della solitudine
perché, molto spesso, ci ricorda l’essere abbandonati, l’essere da soli, non
avere nessuno. La solitudine, invece, è necessaria nell’incontro con noi stessi
e nell’incontro con Dio. Cosa ci prepara ad entrare dentro noi stessi? La
capacità di stare un po' da soli, di prenderci un tempo per noi, un tempo di
silenzio ed un tempo da soli.
Ma queste due cose non
servono a nulla se non ci aggiungiamo questa terza parola: fedeltà. Che cos’è
che ci fa crescere in un percorso di riscoperta della nostra interiorità? La
costanza. Amici miei, non importa la quantità, non importa che noi passiamo ore
ed ore a fare quello che sto dicendo! Bastano anche pochissimi minuti ma avere
la costanza di vivere quei minuti quotidianamente; cito spesso la fiaba del
Piccolo principe…la volpe cerca di spiegare al piccolo principe che cosa
significa addomesticare e gli dice “ogni giorno io verrò qui alle 4, e mi
metterò lontanissimo da te perché ho paura, non ti conosco e ci vedremo ogni
giorno lì alle 4, ma ogni giorno mi avvicinerò sempre un po' di più. Ogni
giorno, questo rito di vederci lì alle 4, ci avvicinerà fino al punto in cui io
sarò vicino a te e non avrò più paura di te. Da quel momento in poi, tu mi
avrai addomesticato”.., Ecco, se noi non
impariamo costanza e fedeltà, ci comportiamo come quelli che partono con grande
entusiasmo, durano un paio di giorni e poi dicono….allora, dopo due giorni di
palestradove sono gli addominali?...la costanza! La fedeltà! Non c’è
interiorità senza fedeltà.
Siamo alla terza
parola: silenzio, solitudine, fedeltà. Vedete come il mondo ci dice il
contrario?Rumore, parole continue, stare sempre con qualcuno e mai da soli,
quando ti annoi di qualcosa cambia, non essere fedele…questo dice il mondo.
La quarta parola che
penso sia importante è la parola sincerità. Non si può avere nessuna vita
interiore se non si è leali con noi stessi. Per essere leali con noi stessi,
abbiamo bisogno di qualcuno che ci voglia autenticamente bene e ci aiuti a fare
verità su noi stessi, ad insegnarci ad essere sinceri con noi stessi. Se
leggete l’esortazione apostolica scritta dal Papa dopo il sinodo dei giovani,
“Christusvivit”, il Papa dedica uno spazio agli accompagnatori spirituali e
dice che, nella chiesa, bisognerebbe istituire un ministero appositamente per
far questo, cioè accompagnare spiritualmente le persone, soprattutto i
giovani. A cosa serve uno che ti
accompagna spiritualmente? Non a rispondere alle tue domande. A cosa ti serve
una persona che ti accompagna? Non a toglierti le castagne dal fuoco. Una
persona che ti vuole autenticamente bene e ti accompagna spiritualmente è una
persona che ti aiuta a fare verità su te stesso. Voi avete una persona da cui
accettate la verità su voi stessi? Avete una persona che vi può dire
esattamente quello che siete, senza sentirvi offesi, senza mettervi sulla difensiva…?
Vi sentite talmente voluti bene che questa persona può aiutarvi a fare verità
su voi stessi, cioè vi può dire…Siate sinceri…
Come agisce il male
nella nostra vita? Non facendoci mai trovare qualcuno che ci aiuta ad essere
sinceri con noi stessi, a difenderci da questo per vergogna, per paura del
giudizio, perché non vogliamo scandalizzare, perché non ci sentiamo capiti…sono
tante le scuse che ci spingono a non essere sinceri gli uni gli altri. Invece,
abbiamo bisogno di verità, abbiamo bisogno di qualcuno che ci aiuti ad essere
sinceri con noi stessi.
Finisco la parentesi di
impopolarità prima di entrare nel tema: se noi non impariamo la vita interiore,
Cristo è qualcosa che tu indossi e che smetti di indossare a convenienza, ma
non è qualcosa che ti cambia la vita…Cristo o lo incontri nella parte più
decisiva di te -che è il tuo cuore - oppure non ti serve. Questo è il grande
insegnamento di Maria: Ella ha potuto prendere sul serio la volontà di Dio
dentro la sua vita, perché era allenata a questo ascolto, all’interiorità.
Maria ha potuto accorgersi di questa mancanza alle nozze di Cana, che stava per
diventare tragedia, perché era allenata ad accorgersi, perché aveva
interiorità.
Silenzio, solitudine,
fedeltà, sincerità: non sono, forse, queste le parole che ci aiutano ad
imparare cosa significa pregare o avere una vita spirituale? Facciamo un
passetto avanti: cosa significa passare dalla vita interiore alla vita
spirituale? Questo è il passo che fa lo Spirito dentro ciascuno di noi: da dove
inizia questo lavorio dello Spirito? Da una cosa molto importante: dentro noi
stessi non abita un vuoto ma un pieno.
Qual è la differenza
tra lo yoga o le tecniche di rilassamento, tra lavorare su noi stessi e fare
training autogeno (perché potrebbe essere anche questa la vita interiore) ed il
cristianesimo? La maggior parte di queste tecniche servono a svuotarci da
preoccupazioni, paure, insicurezze, ansie…tutte cose belle…Ma a noi, la vita
interiore, non serve per svuotarci ma per incontrare un pieno, non per creare
un vuoto: questa pienezza ha un nome proprio che è Cristo! Cristo è la pienezza
che abita nel cuore di ciascuno di noi. Perché dobbiamo imparare il silenzio e
la solitudine? Per fare vuoto? No! Per incontrare questo grande pieno che è
Gesù Cristo che abita dentro ciascuno di noi. E che cosa fa Gesù Cristo dentro
ciascuno di noi? Fratelli miei, ci parla! Dice a ciascuno di noi la volontà di
Dio, quello che riempie la nostra vita di significato; è Colui che ci
incoraggia, è Colui che dice “Segui me non seguire quell’altro che abita dentro
di te”: è il male che pure abita dentro
di te e che, solitamente, vuole spostare la nostra attenzione non su quella
pienezza, ma sul vuoto che ci deprime e ci angoscia…Non c’è niente per te!
Niente riempie la tua vita di significato…tu non sarai mai felice…tu sei
sbagliato…questo ci dice il male che ci abita. Chi fa la differenza in questo?
Noi! Perché solo noi, con la nostra libertà, possiamo decidere chi ascoltare.
Non possiamo decidere cosa incontrare dentro di noi, perché non dipende da noi,
ma possiamo decidere chi ascoltare dentro di noi: quello sì che dipende da noi!
Questa è Maria ed è lì che comincia la vita spirituale, perché essa è sentire
la voce di Gabriele, è sentire Dio che ci sta parlando.
“Avvenga per me quello
che hai detto” dice Maria nel Vangelo
dell’Annunciazione: in maniera molto pratica, Maria ci sta dicendo una cosa
importantissima cioè che, il primo modo di ascoltare la Parola di Dio, è quella
di prendere sul serio ciò che ci sta accadendo. Dio ci parla sempre attraverso
la nostra vita: problemi, cose belle o brutte, cose che vorremmo o non
vorremmo. Uno impara alla maniera di Maria quando, vivendo cose che gli stanno
succedendo, dice…Sì le voglio affrontare! Anche se non le ho scelte, io le voglio
affrontare dentro la mia vita! Imparare a dire di sì a ciò che ci accade:
questo è il primo modo di capire che cosa il Signore ci sta dicendo. Se tu non
prendi sul serio la vita che hai davanti, anche se non ti piace, non riesci a
capire quello che il Signore ti sta dicendo e passi tutta la vita ad essere
arrabbiato – perché ti sta succedendo quella cosa - e a voler scappare da
quella cosa. Con questa rabbia e questa volontà di fuga, nessuno può parlarti,
perché ciò è possibile soltanto se tu dici “Va bene, avvenga per me quello che
sta succedendo…Eccomi, sì”.
In questo senso, noi
dovremmo imparare la preghiera: essa serve ad accogliere ciò che ci sta
succedendo nella vita. A cosa dovrebbe servire la nostra preghiera? A non dover
scappare davanti a tutto quello che la vita ci sta riservando, perché, soltanto
se prendiamo sul serio la vita, cominciamo a capire anche qual è la volontà di
Dio per ciascuno di noi.
Ma attenzione! Sentite
quanto è consolante il Vangelo di Luca, quando ci spiega che cosa succede a
Maria; quando incontra l’Angelo Gabriele non è che Maria dice “Eureka! Ho avuto
l’illuminazione! Adesso so tutto!”...Qual è la reazione di Maria davanti a
quell’angelo? La confusione: non capisce fino in fondo che cosa le sta dicendo
il Signore, come capita anche a noi che non capiamo fino in fondo che cosa ci
sta dicendo il Signore, in mezzo ai tanti problemi o situazioni che viviamo.
Maria capirà la volontà
di Dio un po' alla volta, ma fa qualcosa di straordinario e rivoluzionario: ci
insegna che la libertà è rischiare di fidarsi di Dio, prendendo sul serio la
vita che abbiamo.
Rischiare di fidarsi di
Dio, prendendo sul serio la vita che abbiamo: guardate che noi ragioniamo al
contrario…diciamo…Signore cambiaci questa vita e noi la prenderemo sul serio e,
se non hai idee, ti forniamo noi la fotografia della vita che vorremmo…insegnare
a Dio a fare Dio.
Noi facciamo questo, ma
la preghiera è il contrario! E’ dire…Signore io non ci capisco niente, sono in
piena confusione ma io mi fido di Te e prendo sul serio quello che c’è in
questo momento...
Fino a questo momento,
abbiamo riflettuto sulla seconda parte dell’argomento, l’avvenga per me…La
seconda grande lezione che ci dà Maria, questa volta alle nozze di Cana (quindi
facciamo un passo indietro verso “fate quello che vi dirà”)…da dove nasce
questa parola? Che cos’è che rende possibile il miracolo in quella festa di
nozze che sta per trasformarsi in tragedia? Il miracolo inizia da una cosa
molto semplice: inizia da Maria che va da Gesù e gli dice “Non hanno più
vino”. Che cos’è che scandalizza di questa pagina del Vangelo? Noi ci
aspetteremmo una risposta positiva, immediata, da parte di Gesù; invece, Egli
dice “Che ho a che fare con te oh donna? Non è ancora giunta la mia ora”.
Tradotto questo significa che tu vai a pregare ma, nella preghiera, invece di
trovare quello che ti aspetti, sei deluso…Qui devo farvi una domanda
importante? Siete disposti a credere che Dio vi ama anche quando la preghiera
vi delude? Questa è la più grande rivoluzione che ci insegna Maria! Se tu ti
aspetti che la preghiera ti dia soddisfazione, è lì che noi, a volte, rimaniamo
a bocca asciutta; a volte, la preghiera ci delude, non perché Dio vuole
deluderci ma perché noi abbiamo categorie affettive, psicologiche, spirituali
che, a volte, sono ferite. Sono ferite dal peccato originale innanzitutto, ma
anche dal male che abbiamo subito, dal dolore che abbiamo sperimentato: quando
una persona, ad esempio, non ha mai potuto fidarsi di qualcuno nella vita, è
difficile credere che di Dio puoi fidarti e, per quanto tu glielo dica, dentro
di te c’è una resistenza che ti dice “Non fidarti!”. Questo significa che,
molto spesso, quando tu preghi, lo fai così come sei e, così come sei, a volte,
la percezione che hai di Gesù è quella di Gesù che ti dice “Io non voglio avere
niente a che fare con quello che mi stai dicendo...”: è deludente!
Sei disposto a credere
che Dio ti ama anche quando la preghiera ti delude? Solitamente, quando la
preghiera delude, noi ce ne andiamo. No! Rimanere lì, credere che Dio ti ama
anche quando la percezione della tua preghiera è deludente; per questo Maria,
dopo che Gesù le risponde in quel modo, agisce e va dai servi come se Gesù le
avesse detto “Ci penso io”. Maria va dai servi e gli dice “Fate
quello che Lui vi dirà”:sembra quasi che Maria metta spalle al muro
Cristo.
Credo che questa sia
una lezione immensa per ciascuno di noi: è difficile essere liberi se noi non
ci lasciamo deludere nella preghiera, perché crediamo più al fatto che Dio ci
ama che al fatto che è la nostra preghiera che ci dà soddisfazione. Quanto
sarebbe bello poter ragionare come Maria! Muoversi nella vita sapendo che è
impossibile che a Dio non interessi di noi, che a Dio non interessi il nostro
vuoto, il vino che manca. La mancanza di vino è la mancanza di gioia: hai
salute, intelligenza, lavoro, delle persone accanto, una famiglia…che cosa ti
manca? La gioia.Sono un passionista, porto anche l’abito, ma cosa ti manca? La
gioia. Ho una moglie accanto oppure ho un figlio ma cosa ti manca? La gioia.
Capite che la cosa più
decisiva della vita è sentire la gioia: questo è il vino, e Maria sta dicendo
che manca il vino, manca gioia…vede un frate, un prete, una suora e dice “Manca
gioia”…sta per succedere una tragedia perché, quando in una vocazione manca la gioia, succede sempre una tragedia! Vede una
famiglia e dice “manca gioia in quella famiglia”…sta per succedere una tragedia.
Vede un giovane e dice “in questi ragazzi manca gioia”…sta per succedere una tragedia.
Questo sta dicendo Maria! Come può Cristo ignorare questa mancanza di gioia
dentro la nostra vita?
“Fate quello che Lui vi
dirà”: ecco il più grande esorcismo che Maria ci insegna contro
la delusione che, tante volte, noi sperimentiamo nella vita spirituale. A volte
capita che alcuni dicano…ora mi metto a pregare, faccio una bella novena, mi
rivolgo a questo santo, faccio questo ed ho risolto il problema. Poi si fanno novene,
tridui, si va a messa, ci si confessa, insomma si fa tutto quello che, nella
nostra testa, dovrebbe portare quel beneficio e qual è la risposta? Vi è mai
capitato che, dopo aver pregato, le cose peggiorano?…Pensiamo che, forse, era
meglio non pregare!? Non ci lasciamo distrarre da questo, pensate a Maria e
pensate a come Maria esorcizza questo problema.
Come? “Fate quello
che Lui vi dirà”. Se voi pensate a Maria ed al ruolo che ha in tutta la
storia della chiesa…sono stato da poco a Lourdes e poi al festival dei giovani
a Medjugorje e, qualche settimana prima, a Fatima, e ciò che unisce tutte
queste esperienze, tutte le mariofanie, sta in questa frase: fratelli miei,
Maria ha il grande ruolo di dirci “Fate quello che Lui vi dirà”. Adesso
cerco di tradurvelo in maniera esistenziale, così che ve lo potete trattenere e
portare dentro la vostra vita.
Perché Maria dice così,
risponde in questo modo? Perché Maria sta difendendo la bontà di Dio contro la
delusione della preghiera che ha appena fatto. Quindi, primo grande passo:
credere che Dio ci ama contro tutto e contro tutti, anche quando le cose ci
dicono esattamente il contrario, difendete, con tutto voi stessi, l’amore di
Dio. Dio vi ama! Non mettete mai in crisi questo perché, se mettete in crisi
l’amore di Dio, tutto crolla. Il male fa questo: vuole convincervi che non
siete amati, vuole convincervi che Lui non sacrificherebbe mai suo Figlio per
voi…invece Egli lo ha fatto, ha dato suo Figlio per ciascuno di noi! Difendete
questo!
La seconda cosa: “Fate
quello che Lui vi dirà” cioè Maria stabilisce una relazione assoluta con
Gesù. Allora come si fa ad ascoltare, a fare quello che Gesù ci dice? Quali
sono i luoghi dove incontriamo Gesù che ci dice che cosa fare? Sapete che, nel
Vangelo delle nozze di Cana, Gesù dice una cosa molto semplice cioè di prendere
le otri e di riempirle di vino e, poi, di portarle a tavola. La faccenda è
semplice, però, quei servi diventano protagonisti di un miracolo,perchè
ascoltano quello che Gesù gli sta dicendo e lo fanno. Sembra una cosa semplice!
Ma è una cosa semplice e lo fanno perché è Gesù che glielo dice. Volete un
altro esempio nel Vangelo? Non hanno pescato per tutta la notte e Gesù gli dice
di gettare le reti...le avevano gettate pochi minuti prima e non avevano preso
niente, ma glielo dice Gesù di rifare quella cosa: è perché glielo dice Gesù, e
loro lo fanno, che tirano fuori le reti piene di pesci. Non è dalla semplicità o
dalla complicanza delle cose che facciamo che avremo un risultato, ma dal fatto
che quelle cose ce le sta domandando
Gesù: per questo hanno una efficacia. Allora dov’è che Gesù ci dice che cosa
fare? Vi lascio tre luoghi dove, costantemente, potete fare l’esperienza di “Fate quello che Lui vi dirà”: il primo grande
luogo è il Vangelo, il secondo è il cuore, il terzo luogo è la chiesa.
Primo: se non
riscopriamo un genuino, costante, quotidiano, profondo, appassionato,
familiare, ostinato amore per la Parola di Dio, noi saremo solo in balia delle
nostre emozioni e dei nostri sentimentalismi. Solo la Parola di Dio ci fa
incontrare Dio che ci parla. Non è vero che Dio ci parla anche con i pensieri e
le emozioni perchè, a volte, nei pensieri e nelle emozioni, è anche il male a
parlarci: come fai ad accorgerti che è Dio o il male se non hai un termine di
paragone? E questo grande termine di paragone è la Parola di Dio: solo quando
tu hai familiarità con la Parola di Dio, ti accorgi quando è Parola di Dio e
quando non lo è. Nessuno può dire “sto facendo quello che Gesù mi dice” e non
sa neanche come si apre il Vangelo. Dobbiamo imparare, di nuovo, la familiarità
con la Parola di Dio.
Secondo luogo dove Dio
ci parla: la tua coscienza e, scusate, se uso questo termine al posto di quello
più conosciuto, che è il termine cuore. Dico coscienza perché, spesso, noi
abbiamo la coscienza pulita perché non l’abbiamo mai usata! In questo senso è
pulita, cioè nessuno ci ha insegnato ad usare la nostra coscienza, ad usare il
nostro cuore. Non andate lontano! Non andate a cercare gli oracoli! Dice uno
“Farò migliaia di kilometri per andare da quello, ma proprio da quel prete, da
quella suora, da quell’uomo, da quel medico perché lui sì che ha la risposta!”.
Avete una coscienza ed un cuore: lì sì che c’è lo Spirito di Dio che vi sta
parlando, imparate ad entrare in questa grande stanza che è il vostro cuore. Ci
sono due sedie nel cuore: in una c’è seduto Gesù e nell’altra, dovete sedervi
voi,guardarvi in faccia e parlarvi. Per questo il Papa sta per canonizzare un
grande Santo dei tempi moderni che è Newman: egli ci ha insegnato che esiste
una coscienza che non è individualismo (cioè del tipo questo lo penso io quindi
è vero). La coscienza non è un luogo soggettivo, ma è un luogo oggettivo,
dentro di noi: abbiamo, però, bisogno che qualcuno ci insegni la strada per
usare la coscienza ed il cuore. Quando la coscienza ed il cuore funzionano, lì
Dio ti parla, Gesù ti dice che cosa devi fare. A Lourdes, la Provvidenza mi ha
messo di fronte ad una comunità di frati conventuali - vicini alla casa dove viveva la famiglia di
Bernadette – che fanno l’apostolato di spiegare qual è il ruolo dell’Immacolata
Concezione nella storia della Chiesa, portando, come esempio, questa grande
figura di San Massimiliano Maria Kolbe, un frate convenutale morto nei campi di
concentramento. Una mattina vengono scelti degli uomini per essere uccisi e
viene scelto anche un uomo che è sposato ed ha dei figli; allora, San
Massimiliano Maria Kolbe sente in coscienza di dire “lasciate lui e prendete
me” e, stranamente, i soldati lo ascoltano cioè liberano quell’uomo (che vivrà
fino a 90 anni e vedrà anche la canonizzazione di San Massimiliano Maria Kolbe).San
Massimiliano Maria Kolbe viene rinchiuso e lasciato a digiuno per 15 giorni in
una cella insieme a tanti altri e, poi, ucciso con una siringa letale. Muore al
posto di un altro: dov’è che ha capito che era la cosa giusta da fare? Aveva il
confessore vicino, in quel momento, che glielo diceva o avevaun piccolo manuale?
Ha guardato dentro se stesso e ha detto “questa è la cosa giusta” e l’ha fatta
secondo coscienza.
Fratelli miei, voi
avete un cuore ed una coscienza: ascoltate, perché lì il Signore vi sta
parlando. Soprattutto le persone che usano bene il cuore, sono persone libere:
le persone che non sono libere, invece, ascoltano il giudizio dei vicini di
casa e, per questo, non sono mai liberi.
Terzo grande luogo: la
Chiesa. Sì, ovviamente mi riferisco a tutto ciò che ci insegna la chiesa, al
magistero, alla dottrina ecc…ma è quello che ho detto all’inizio, sono alcune
relazioni significative. Dio vi parla,spesso, attraverso alcune relazioni
significative che sono la Chiesa per voi. Vi accorgete che queste relazioni
significative vi stanno dicendo che cosa Gesù vi chiede perché, quando ascoltate
queste persone, vi sentite più libere anche se, a volte, vi fanno soffrire
perché vi dicono cose che vi bruciano dentro. Chiara Corbella, questa giovane
mamma che è morta in maniera eroica, anche per amore dei propri figli, diceva
“Dio ha messo nel nostro cuore la verità e non è fraintendibile”…cioè uno lo sa
se una cosa è vera o no, anche se è scomoda. Qualcuno può dirti una cosa che ti
fa soffrire tremendamente ma, in fondo, tu lo sai che ha ragione. Cristo usa
sempre una esperienza di Chiesa per dirci che cosa fare. Prendete sul serio la
chiesa che il Signore vi ha regalato; ognuno di noi ha un modo di chiesa attraverso
cui, la propria vita, si realizza.
“Fate quello che vi
dirà”: Vangelo, cuore e chiesa.
“Avvenga per me quello
che hai detto”: credo che il più grande atto di
libertà che una persona possa vivere è quello di desiderare la vita. E quando
una persona desidera la vita? Quando disobbedisce all’accusatore: il male, il
serpente antico, il diavolo che, molto spesso, ci dice di non desiderare la
vita, ci dice di scappare dalla vita, ci dice che nella vita troveremo soltanto
dolore e sofferenza, che non va bene desiderare la vita perché lì
sperimenteremo la morte.
Ecco la più grande
pienezza che Maria ci insegna, il sì che la riempie di Cristo fino a
partorirlo, è che Maria ha creduto alla vita contro tutto e contro tutti.
“Fate quello che vi
dirà”: questa è la forza dell’avvenga per me…che cosa desidero
per me? Qual è la forza dell’avvenga per me che mi cambia? Desiderare con tutto
me stesso la vita.
Fratelli miei, in un
mondo come il nostro, ferito da questo male oscuro della depressione che sembra
toccare tantissimi di noi, il più grande atto rivoluzionario di
evangelizzazione e di testimonianza che noi possiamo portare è quello di
credere alla vita, alla bontà della vita, al bene della vita che il Signore ha
dato a ciascuno di noie disobbedire a tutto quello che ci dice il contrario.
Non pensate che la libertà sia fare quello che ti senti: a volte la libertà è
mettersi contro corrente, non è fare quello che senti ma quello che è giusto.
Concludo con questa immagine: pensate ad una barca che sta andando su un fiume
e le correnti la spingono…se, ad uncerto punto, vi accorgete che, alla fine di
quel fiume, c’è una cascata alta 200 metri, voi sapete che state andando a
schiantarvi… Allora l’unica cosa che potete fare non è assecondare le correnti,
assecondare quello che sento, ma è mettervi contro quelle correnti: è l’unico
modo per salvarvi la vita….andare contro quello che ci sta portando verso il
vuoto, verso la morte, verso la mancanza di pienezza.
Possa il Signore
guarire dentro di noi l’umiltà necessaria per essere cristiani. Sapete perché
avviene questo miracolo? Perché, in fin dei conti, questi servi si fidano. Volete
vedere miracoli dentro la vostra vita? Siate umili! Le persone umili non sono
degli sprovveduti, sono quelli che si fidano perché sanno che, se non si
fidano, hanno già perso in partenza.
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