di Gianpaolo Barra
Sabato 25 dicembre, Natale: di buon'ora, sul primo canale della Rai, va in onda la trasmissione Mattina in famiglia. Quando accendo il televisore, cinque ospiti stanno rispondendo alle domande di due conduttori. Che, a un certo punto, richiamandosi a una recente inchiesta dell’Economist sulla felicità, chiedono ai presenti: «A che cosa associate la felicità?».
Una delle intervistate, Cristina, risponde: «Alla gioia, che per me è la fede. Cioè la consapevolezza di essere sempre accompagnata e di non essere mai sola: questo mi rende felice». Sobbalzo, rallegrandomi, perché pensieri di tal fatta non si sentono spesso in tivù. Davvero un bel modo di cominciare la giornata, mi sono detto, accingendomi a sentire che cosa avrebbe detto un altro dei presenti, un sacerdote noto, onnipresente in televisione, don Antonio Mazzi.
«E tu, don Mazzi, quand’è l’ultima volta che ti sei sentito felice?», gli ha chiesto il conduttore. «Una settimana fa, quando è venuto da me un bambino di sette anni, che non aveva ancora fatto la prima comunione e mi ha detto: mi dai la comunione?, io glielo l’ho data, fregando così la Chiesa, i preti e tutti quanti (letterale)». M’ha preso un senso di sconforto. Risposta davvero “degna” di un ministro di Dio, mi son detto, mentre osservavo il sorrisetto pacioso, compiaciuto, del don Mazzi, appagato d’aver mostrato a tutti che lui della Chiesa e delle sue regole se ne fa un baffo. Anzi, “la frega”. E di aver fatto vedere, ma solo a quelli che di fede ne san qualcosa, che se n’è fregato anche dell’anima di quel bambino.
Non è la prima volta che ascolto stramberie di don Mazzi.
Una delle intervistate, Cristina, risponde: «Alla gioia, che per me è la fede. Cioè la consapevolezza di essere sempre accompagnata e di non essere mai sola: questo mi rende felice». Sobbalzo, rallegrandomi, perché pensieri di tal fatta non si sentono spesso in tivù. Davvero un bel modo di cominciare la giornata, mi sono detto, accingendomi a sentire che cosa avrebbe detto un altro dei presenti, un sacerdote noto, onnipresente in televisione, don Antonio Mazzi.
«E tu, don Mazzi, quand’è l’ultima volta che ti sei sentito felice?», gli ha chiesto il conduttore. «Una settimana fa, quando è venuto da me un bambino di sette anni, che non aveva ancora fatto la prima comunione e mi ha detto: mi dai la comunione?, io glielo l’ho data, fregando così la Chiesa, i preti e tutti quanti (letterale)». M’ha preso un senso di sconforto. Risposta davvero “degna” di un ministro di Dio, mi son detto, mentre osservavo il sorrisetto pacioso, compiaciuto, del don Mazzi, appagato d’aver mostrato a tutti che lui della Chiesa e delle sue regole se ne fa un baffo. Anzi, “la frega”. E di aver fatto vedere, ma solo a quelli che di fede ne san qualcosa, che se n’è fregato anche dell’anima di quel bambino.
Non è la prima volta che ascolto stramberie di don Mazzi.
Tempo fa, sarà passato più di un anno, una domenica pomeriggio mi capita di vederlo intervistato da Pippo Baudo. Non ricordo di che cosa stessero parlando, ma una sua affermazione mi è rimasta impressa: «La Chiesa dovrebbe fare “più” carità e celebrare “meno” messe». Che è come dire: la Chiesa prega “troppo” e agisce “poco”. Questa volta, il compiacimento era anche del presentatore, che assentiva e avvalorava il concetto.
Concetto che, detto da un prete, altro non mostra se non quanto poco abbia compreso del Dio cristiano e del suo ruolo di sacerdote.
Concetto che, detto da un prete, altro non mostra se non quanto poco abbia compreso del Dio cristiano e del suo ruolo di sacerdote.
Ogni prete sa, o dovrebbe sapere, che non esiste niente, ma proprio niente, nell’universo intero, di più “caritatevole” della santa Messa. Che non esiste niente di più importante del sacrificio eucaristico, attraverso il quale ci viene elargita la più alta delle opere caritatevoli: quella della redenzione, della salvezza delle anime. È una verità, questa, che si può accogliere solo con gli occhi della fede. Per questo, non si può pretendere che sia condivisa da tutti, ma da un prete sì. Anche se il prete è don Mazzi, la cui “missione televisiva” sembra, talvolta, quella di dare mazzate a quella Chiesa che l’ha fatto sacerdote.