martedì 17 agosto 2010

Arte cristiana: tra minimalismo ateo e riscoperta del Bello



di Camillo Langone
tratto da Panorama
titolo originale: Arte sacra: e queste sarebbero chiese?

C’è da prendersi paura a sfogliare il catalogo intitolato Arte cristiana contemporanea (editore Ancora) voluto dall’Accademia di belle arti di Brera. Se non fosse che Gesù Cristo, fondando la Chiesa, ha detto che “le porte degli inferi non prevarranno contro di essa”, si potrebbe pensare che le installazioni, le sculture, le opere fotografate nel volumone siano state realizzate dalle avanguardie di Satana pronte a occupare violentemente ogni spazio liturgico.
Di fronte a simili immagini non sono soltanto gli esteti a cedere allo sconforto, anche i normali fedeli le percepiscono come un dito nell’occhio, un pugno nello stomaco, un graffio nell’anima. Non è più l’opinabile questione del bello e del brutto, qui c’è in gioco qualcosa di più profondo: il sacro e il non sacro, il cristiano e il non cristiano.
Addirittura l’umano e il non umano.Le opere degli artisti italiani selezionati da Brera sono mediamente orrende, ebbene sì (se non ci credete procuratevi il catalogo: 36 euro), ma volendo essere onesti non si può dire che la vetrata del Duomo di Colonia, realizzata quest’anno da Gerhard Richter, sia brutta. Semplicemente non è cattolica.
Se n’è accorto l’arcivescovo della città, crocifisso sui media tedeschi per aver detto: “Questa vetrata me la posso immaginare in una moschea”. Sarebbe stato meglio accorgersene prima ed evitare di commissionare un’opera così importante a un campione dell’arte astratta. Non ci voleva molto, si sarebbero risparmiati anche dei soldi, bastava ascoltare Joseph Ratzinger che batte su questo tasto da anni, da quando era prefetto della Congregazione per la dottrina della fede.Il custode dell’ortodossia in un libro del 2000 scrisse:
“La totale assenza di immagini non è conciliabile con la fede nell’Incarnazione di Dio”.
La prova che nella Chiesa regna la massima libertà, per non dire la completa anarchia, sono le nuove chiese commissionate ai divi dell’architettura inconciliabile, ovvero Richard Meier e Mario Botta: nella chiesa romana del primo, a Tor Tre Teste, la croce c’è ma non si vede, nella chiesa torinese del secondo, intitolata al Santo Volto, è proprio l’immagine del Volto a dileguarsi dietro l’altare. All’interno del tempio di Botta un povero cristiano che sia solo leggermente miope non sa più a che santo votarsi e rischia di sprofondare nell’adorazione del nulla. Costruzioni di questo tipo hanno lasciato basito perfino Oliviero Toscani:
“Ho visto un paio di chiese che sembrano delle basi missilistiche. Ormai fanno dei campanili che sembrano rampe di lancio”. Ci voleva un iconoclasta come lui per capire il valore delle icone.E invece nel catalogone dell’Accademia di Brera ci sono studiosi il cui nome è preceduto dal don (ma in quali seminari hanno studiato? Su quali testi? Con quali insegnanti?) che si compiacciono di “pale volutamente aniconiche”. Non ci fossero le foto, si potrebbe far finta di non aver capito, ma le foto purtroppo ci sono. L’artista Franco Marrocco, per esempio, sembra essersi specializzato in resurrezioni invisibili: in San Lorenzo ad Aosta al posto di Cristo ha piazzato dei fuochi fatui, in San Savino a Piacenza alcuni cerchietti lattiginosi. E pensare che a pochi chilometri, sulle colline piacentine, il pittore Bruno Grassi ha affrescato a proprie spese (avete letto bene) la chiesetta di Bramaiano di Bettola. L’oratorio settecentesco stava cadendo a pezzi e grazie a questo mecenate di se stesso è tornato a nuova vita. Merita una visita e una riflessione: le opere “volutamente iconiche” e quasi naïf di Grassi piacciono a grandi e piccini ma non ai critici d’arte.
Poco male, anzi molto bene, visto che Gesù ha detto: “Ti benedico, o Padre, perché hai tenuto nascoste queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai rivelate ai piccoli”. La Natività dipinta da Grassi risveglia il bambino che è in noi, il puer aeternus, e il bue che ci osserva dalla destra del quadro è più convincente di un intero corso di catechismo. Bisogna citare anche i portali brulicanti che lo scultore Paolo Annibali sta disseminando nella provincia marchigiana e toscana, con gli angeli che volano, i santi che patiscono e i vescovi che benedicono.Sarei curioso di conoscere il motivo per cui questo artista sapiente, gran conoscitore dei segreti del bronzo, resta confinato in paesi e cittadine e non viene chiamato a Roma o a Milano. Troppo ortodosso? Non abbastanza dissacrante? Forse la sua vera colpa è quella di essere papalino. La riscossa dell’immagine nelle chiese cattoliche non si affida soltanto alla buona volontà dei singoli, per quanto di valore.
L’Opus Dei, la vituperata Opus Dei, ha commissionato per la parrocchia romana di San Giovanni Battista (quartiere Collatino) 300 metri quadrati di vetrate rigorosamente figurative. Un altro segnale importante: una delle pochissime chiese romane recenti somiglianti a una chiesa e non a un terminal aeroportuale è intitolata a San José María Escrivá, il fondatore dell’Opus. Si trova nel quartiere Ardeatino e ha l’unico difetto di un campanile timido, troppo basso.
Ma la grande speranza degli iconofili arriva dall’estremo Sud, dalla Sicilia profonda, ovverosia da Noto, dove nella cattedrale appena risorta (nel 1996 era crollata la cupola) fra pochi giorni entrerà in azione un gruppo di talentuosi artisti figurativi, sia italiani sia stranieri. Grande attesa per le pitture di Oleg Supereco, giovane russo innamorato dell’arte italiana, e per l’altare e il pulpito disegnati da Giuseppe Ducrot, già ammirato a Cassino per il colossale monumento a San Benedetto, uno schiaffo al minimalismo.
In tutto sono sei artisti, coordinati da Vittorio Sgarbi per l’aspetto estetico e da monsignor Carlo Chenis per quello teologico. A loro spetta il compito di riportare in auge, dopo decenni di anoressia figurativa, l’immagine consolatrice di Dio che si fa carne.Fra meno di un anno (la fine dei lavori è prevista per il prossimo Natale) sapremo se ci sono riusciti.

Aborto, ecatombe mondiale


di Lorenzo Schoepflin
AVVENIRE 11 agosto 2010

Una ecatombe di dimensioni inimmaginabili. È questa la sensazione immediata – che si accompagna alla naturale difficoltà di reperire dati ufficiali, omogenei e recenti – quando l’intento è mettere assieme le statistiche sull’aborto volontario in tutto il mondo. Complessivamente, i dati mondiali parlano di una stima di ben oltre 30 aborti ogni 100 bambini nati: quasi una gravidanza su quattro interrotta volontariamente, per un totale di oltre quaranta milioni di aborti all’anno. Oltre ai numeri assoluti, molto significativo è il dato che va sotto il nome di rapporto di abortività, ovvero il numero di aborti ogni 100 nati vivi. Un numero che, Paese per Paese, fornisce l’immediata fotografia della tendenza al ricorso all’interruzione volontaria di gravidanza. E mentre in Italia si conferma un lentissimo calo – ribadito dagli annuali dati ministeriali diffusi lunedì – esistono angoli del pianeta dove quella dell’aborto è una tragedia che, lungi dal rallentare, sostanzialmente fuori controllo. Quanto alla situazione europea, le raccolte di dati più omogenee sono quelle fornita dall’Organizzazione mondiale della sanità e del Guttmacher Institute, organico alla stessa Oms. Le statistiche che immediatamente si impongono sono quelle dell’Est europeo che nel 2003 ha raggiunto un picco di 103 aborti ogni 100 bimbi nati vivi, a significare che più di una gravidanza su due è stata interrotta volontariamente. Nel dettaglio impressionano i numeri degli anni ’90, con picchi di Romania (oltre 300 aborti ogni 100 nati vivi), della Federazione Russaa (oltre 200), della Bielorussia e dell’Ucraina (intorno ai 150). La tendenza attuale è quella di un brusco calo, ma i numeri più recenti degli aborti ufficialmente censiti dall’Oms sono ancora altissimi: 95 aborti ogni 100 nati vivi in Russia, 45 in Ungheria e Bulgaria, 55 in Romania, 32 in Slovacchia, con solo Repubblica Ceca e Ucraina avviatesi verso la "normalità" (meno di 30 aborti ogni 100 nati vivi). Per quanto riguarda la penisola scandinava, è il dato della Svezia a risaltare: dal 1997 un rapporto di abortività che staziona attorno ai 35 aborti ogni 100 nascite, contro i 26 della Norvegia e i 18 della Finlandia. Nel resto d’Europa da segnalare l’inesorabile ascesa del rapporto di abortività in Spagna, più che raddoppiato – da 11 a 23 – negli ultimi 20 anni, e i numeri di Francia e Regno Unito, assestatisi ormai da anni ben al di sopra dei 25 aborti ogni 100 nascite. Uscendo dai confini europei, è il Guttmacher Institute – un centro che si dedica allo studio e alla diffusione della salute sessuale e riproduttiva a livello mondiale – a fornire dati più omogenei e dettagliati. In una pubblicazione del 2007, che ha il pregio di aggregare una mole di numeri assai consistente, viene riportato un rapporto di abortività per gli Stati Uniti pari a 31 aborti ogni 100 nati vivi, in linea con quello del Canada, mentre per Cuba si raggiunge la stratosferica cifra di 109 (ovvero, sono più le gravidanze interrotte di quelle portate a termine). Per Cina e Giappone si registrano rapporti di abortività rispettivamente di 41 e 28. A proposito di Stati Uniti e Cina, impressionano i numeri assoluti: rispettivamente ben oltre il milione e addirittura i sette milioni di aborti l’anno. È ancora il Guttmacher Institute a parlare di un rapporto di abortività di circa 17 su 100 nati vivi per l’Africa, con punte di 24 nella parte meridionale del continente. 34 gli aborti ogni 100 nascite in Asia, con picchi di 51 per la zona orientale. America Latina e Caraibi si attestano intorno a una rapporto di abortività pari a 35, media tra i numeri più bassi dell’America centrale e quelli altissimi di regione caraibica (42) e Sud America (38). E c’è chi si batte a livello internazionale per estendere il «diritto all’aborto»...


RUSSIA, PRIMA LA CARRIERA: COME IN OCCIDENTE
Russia l’aborto è consentito entro la 28ª settimana quando per la madre si configura il rischio di vita, per preservare la salute fisica e mentale della donna, per ragioni socio-economiche e nel caso in cui il feto sia malformato. I dati del 2006 resi disponibili dall’Oms riportano un rapporto di abortività in continuo calo, ma ancora su livelli altissimi: 950 aborti ogni 1000 nati vivi contro i 1500 di inizio millennio. Statistiche ancor più recenti calcolavano 670 aborti ogni 1000 nascite, con oltre due milioni di aborti ogni anno. Nonostante l’aumento continuo del numero di nascite, i demografi considerano ancora la situazione allarmante. Sergei Zakharov, vicedirettore dell’Istituto di demografia dell’Università di Mosca, ha affermato che sono solo l’8% gli aborti praticati per ragioni economiche. Con l’avvento dei valori occidentali in Russia, sempre secondo Zakharov, oggi la maggioranza delle donne sceglie di abortire perché antepone carriera e realizzazione personale ai valori della famiglia.


ROMANIA, UN FENOMENO FUORI CONTROLLO
Romania l’aborto si può praticare nelle prime quattordici settimane se esistono problemi psico-fisici. Oltre quel limite temporale l’interruzione di gravidanza è legale solo per ragioni terapeutiche. Il numero riportato dall’Oms è di 128 mila aborti nel 2008, un’enormità se rapportato ai 22 milioni di abitanti. Nel giugno del 2008 destò scalpore la notizia del via libera all’aborto per una bimba di 11 anni la cui gravidanza era frutto di una violenza subìta dallo zio. La bimba era alla 21ª settimana, ma fu dato il permesso per preservare la sua salute mentale. Prendendo spunto dalla vicenda, Marie Stopes International – organizzazione attiva nell’ambito della «pianificazione familiare» – chiese una revisione in termini più permissivi della legge. Nel 2007, il film «4 mesi 3 settimane e 2 giorni» del regista rumeno Cristian Mungiu ridestò il dibattito sull’aborto clandestino nell’era Ceausescu. E vinse il Festival di Cannes.


SVEZIA, NUMERI RECORD DA 20 ANNI E SELEZIONE IN BASE AL SESSO
Svezia l’aborto si può praticare entro le 18 settimane di gravidanza su richiesta della donna, quando si configurino rischi per la salute psico-fisica o malformazioni del feto. È richiesto un colloquio con un assistente sociale, mentre oltre le 18 settimane il via libera per l’interruzione di gravidanza deve essere fornito dal Consiglio nazionale della sanità e del welfare. La sezione europea dell’Oms fornisce dati che per la Svezia mostrano un rapporto di abortività che dalla fine degli anni ’90 è assestato costantemente tra i 340 e i 350 aborti ogni 1000 bambini nati. Proprio il Consiglio nazionale della sanità nel maggio dell’anno scorso ha aperto le porte all’aborto per la selezione del sesso del nascituro. La richiesta proveniva dall’ospedale di Mälaren, dove i medici si erano trovati di fronte alla richiesta di una donna di abortire i due figli che stava aspettando proprio perché non erano del sesso desiderato. L’istanza della donna fu considerata legittima poiché avanzata entro le 18 settimane di gestazione: l’aborto non si può negare anche se i figli sono sani.


AFRICA, NEL CONTINENTE NERO DAL VETO AL PERMISSIVISMO
Le varie legislazioni africane sull’aborto presentano sensibili difformità: si va dal divieto totale in Paesi come Angola, Egitto e Somalia a leggi estremamente permissive come quelle di Sud Africa e Tunisia, passando per Libia, Nigeria e Uganda, dove l’unica condizione è il pericolo di vita della madre. Per quanto riguarda l’Africa, i dati relativi alle interruzioni volontarie di gravidanza sono forniti dal Guttmacher Institute come stime, con particolare attenzione dedicata alla sicurezza della pratica abortiva nell’intero continente. Un tema che determina un impegno costante di moltissimi soggetti tra organismi internazionali e organizzazioni non governative nell’ambito della cosiddetta «salute riproduttiva» e della pianificazione familiare, con campagne per la diffusione massiccia di anticoncezionali e aborto farmacologico. Il numero assoluto di aborti eseguiti nel continente africano viene stimato superiore ai 5 milioni e mezzo, di cui oltre due milioni riguardano l’Africa Orientale. Ai 300mila aborti stimati nella parte sud del continente, corrisponde il rapporto di abortività più alto, con 24 aborti ogni 100 nascite.


CINA, SISTEMA AL COLLASSO: IL FIGLIO UNICO NON PAGA
Cina il tema dell’aborto è inscindibilmente legato alla politica del figlio unico, che fa impennare le cifre riguardanti le interruzioni volontarie di gravidanza. I numeri sono esorbitanti: oltre sette milioni gli aborti praticati, per un rapporto di abortività di 41 su 100 nati, secondo le statistiche presentate dal Guttmacher Institute. A cavallo tra gli anni ’80 e gli anni ’90 i numeri assoluti hanno raggiunto i quattordici milioni, con rapporti di abortività fino a 69 aborti ogni 100 nascite. Queste cifre si portano appresso il problema legato agli squilibri demografici, col rapporto tra maschi e femmine che nel Paese ha raggiunto valori allarmanti. Preoccupazione hanno recentemente destato anche studi socio-economici e demografici che mostrano come la Cina si stia avviando verso un insostenibile divario tra la popolazione in età produttiva e quella in età avanzata e dunque verso un collasso del sistema economico. Per questo il governo cinese, sin dall’anno scorso, pare stia valutando attentamente una revisione della sua tragica politica del figlio unico.


VIETNAM, GIOVANISSIME IN FORTE CRESCITA
Vietnam le condizioni per interrompere la gravidanza sono connesse ai rischi per la salute della donna e alle eventuali malformazioni del feto, oltre che alle condizioni economiche della madre. Il Guttmacher Insitute inserisce il Vietnam tra quei Paesi per i quali le statistiche sono incomplete o incerte, ma il quadro che ne viene dipinto indica un rapporto di abortività che oscilla dai 78 aborti ogni 100 nati vivi del 1996 (un milione e mezzo di interruzioni di gravidanza) ai 33 del 2003 (oltre mezzo milione). Anche numeri più recenti fanno impressione: nel 2006 si è calcolato che a fronte di 17 bimbi nati ogni 1000 donne in età fertile si registravano 83 aborti, e che mediamente una donna vietnamita subiva nell’arco della propria vita 2,5 aborti. Nel maggio scorso il Vietnam è entrato nella classifica dei dieci Stati con la più alta diffusione dell’aborto, con particolare riferimento alle interruzioni di gravidanza in donne con meno di 19 anni.


CUBA, REGIME ALL'ERTA: SUPERATE LE NASCITE
Le condizioni per l’aborto legale a Cuba riguardano i rischi per la vita e per lo stato di salute della donna, oltre alle motivazioni legate alle malformazioni del feto e alle condizioni socio-economiche della madre. Cuba è uno degli Stati dove il numero di gravidanze interrotte è maggiore rispetto a quelle portate a terminine. Nel 2008 fu il quotidiano del regime comunista Granma a dar voce alla preoccupazione di membri del governo a proposito dell’elevato numero di aborti. Ciò non può far dimenticare la condizione di prigionia di alcuni dissidenti rei di aver denunciato le politiche pro-aborto della dittatura castrista. Oscar Elias Biscet, un medico incarcerato dal 2003, aveva portato alla luce le pratiche abortive spesso barbare e le preoccupanti cifre tra le giovanissime. La cifra assoluta, secondo le statistiche delle Nazioni Unite, oscilla intorno alle 65 mila interruzioni di gravidanza, dopo aver raggiunto picchi di 80 mila alla fine degli anni ’90.

Fa’ la cosa giusta


Ogni Martedì alle 9.08 Rai1 trasmette un programma a cura di Giovanna Rossiello, si chiama Fa’ la cosa giusta. Si tratta, come si legge nel blog, di
"uno spazio delle buone pratiche, dei diritti, della solidarietà. Di chi si
muove insieme agli altri, dalle associazioni non profit alle
imprese, per cercare di dare forma ad un welfare di comunità,
partendo dalle risposte ai bisogni del territorio. E’ anche lo spazio delle
buone notizie che danno speranza, che indicano che in questo mondo ci sono altri
modi per stare insieme più civilmente , nel rispetto dei diritti umani,
condividendo valori come la solidarietà. Buone pratiche sociali che si possono
trasformare in buone pratiche di convivenza civile tra meno squilibri e
disuguaglianze".
Un programma che consiglio a tutti, specialmente a coloro che non hanno fiducia nella Chiesa, dal momento che la maggioranza delle Associazioni della rete di solidarietà sono cattoliche o comunque nascono in ambito cattolico.

martedì 10 agosto 2010

Nuovi Orizzonti? Vita che rinasce!


Cos'è Nuovi Orizzonti?
Ce lo spiega Chiara Amirante in un meraviglioso VIDEO

I tesorini di mamma

Parliamo dei concorsi di Little Miss America ovvero di dove può arrivare la stupidità umana.
Dopo l'articolo potete guardare il filmato trasmesso da La7, un critica al documentario andato in onda su Sky intitolato “Little Miss America”.
Nel filmato di La7 una scrittrice nonché poliziotta diceva che prima i pedofili si recavano sotto al palco per scattare delle fotografie alle bambine, ora invece tutto ciò viene trasmesso in televisione, e i pedofili sono liberi di guardarlo, senza destare alcun sospetto, senza il rischio di venire scoperti.
Il caso del pedofilo che rapì e uccise una bambina di sei anni, JonBenét Ramsey, subito dopo un concorso di bellezza, evidentemente non ha insegnato niente al popolo americano.
A questo punto lubranamente parlando "La domanda nasce spontanea!".
Perchè le lobby che stanno accanendosi contro il Santo Padre nella vana speranza di inquisirlo non spendono i loro quattrini per far chiudere questo genere di trasmissioni?
Forse che il vero problema da eliminare per questi "benpensanti" non sia la pedofilia?

tratto da un articolo di Maria Venturisul mensile "Esperienza"

Sia per viscerale repulsione, sia per la patetica speranza che a colpi di telecomando potremmo “rieducare” la televisione, ogni volta che un programma vira verso la rissa, gli insulti, la volgarità, la macabra ricostruzione di un fatto di sangue o l’osceno scoop di un congiunto straziato portato in studio per dare un’impennata agli ascolti con indignazione e lacrime, subito mi affretto a sintonizzarmi altrove. Ma la scorsa settimana non ne sono stata capace: facendo zapping attraverso i canali satellitari, mi sono casualmente imbattuta in un programma Made in Usa che proponeva “il meglio” degli ultimi concorsi di miss Baby America. Una bimbetta sui cinque anni, si stava esibendo con una canzone di Madonna: tacchi a spillo, calzoncini di pelle, occhi bistrati, labbra tumide e riccioloni platinati, si muoveva e ammiccava come una prostituta formato bonsai.

A esibizione finita, mentre il pubblico la osannava con fischi e urla di entusiasmo, la madre l’ha stretta tra le braccia piangendo di commozione. Paralizzata dallo sbigottimento, ho assistito al secondo exploit: altra bimbetta in minigonna e top rosa, con seni imbottiti, ciglia finte, labbra rosso sangue che offriva un saggio di danza oscenamente sexy. Il meglio del meglio è stato il backstage, ovvero il “dietro le quinte”, con le mamme che esortavano le figliolette a impegnarsi di più, altre mamme che rimbrottavano severamente quelle che aspettavano il loro turno d’uscita mostrando chiari segni di paura.
A questo punto – e non è retorica – il cuore non mi ha retto e mi sono sottratta al morboso fascino dell’orrore.
Per quanto trash la nostra Tv possa essere, non ha mai toccato (e ritengo che mai impunemente potrebbe toccare) simili abissi di indecente manipolazione dell’infanzia. La nostra cultura vede come patologia, e non come “normalità”, iniziare le bambine di età prescolare a emergere, apparire, firmare contratti, diventare protagoniste.
Quanto hanno lavorato, le mammine d’Oltreoceano, per insegnare alle loro figlie a cantare, muoversi, truccarsi, essere seduttive? E a quante sollecitazioni, quante fatiche, quante sottili violenze queste bimbette sono state costrette per arrivare alle selezioni finali?
Un indimenticabile film con Anna Magnani (Bellissima) ci ricorda che anche da noi le ambizioni materne possono essere devastanti. [...]
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Un serivzio di La7 in merito lo si può trovare al seguente link a partire dal minuto 04:00 fino a 21:34
E se non avete tanto tempo e volete velocemente rendervi conto di cosa stiamo parlando, potete prendere visione del seguente video.



lunedì 9 agosto 2010

Se gli atei sperano nell'estinzione dei consacrati e dei sacerdoti...


E mentre gli Atei, Laicisti, Libertini e Anticlericali esultano in uno dei loro forum guardando le statistiche del calo di vocazioni e auspicando un'estinzione a breve termine, mi sento di rassicurarli con le parole di San Pio da Pietrelcina: "E' piu' facile che la terra si regga senza il sole che senza la Messa".
Vi ricordo, cari fratelli, che da singoli santi sono nate intere Congregazioni...
E se i sacerdoti fossero di meno e più santi rispetto al passato?
Bhè vorrà dire che il Signore vi stupirà con effetti speciali...sovvertendo, magari, le vostre statistiche.

sabato 7 agosto 2010

Lo strano caso di Anthony Capretta


Su vari siti affiliati all'UAAR come quello dei Laici Libertari ed Anticlericali o l'Abateo Impertinente oltre che in numerosi siti pro-gay ha fatto outing una notiza curiosa riguardante un sacerdote newyorkese, un tale Anthony Capretta, prete di giorno e drag queen di notte.
Ma l'ignoranza si sa, non ha confini, sopratutto in certi ambienti in cui l'anticlericalismo è così cieco da tirare in ballo il Papa anche quando la Chiesa di Roma non c'entra nulla.
Eh già miei cari colti amici laicisti ed anticlericali perchè Anthony Capretta non è un sacerdote cattolico, infatti la "chiesa" a cui appartiene si chiama Independent Old Catholic Church e fa riferimento ad uno dei numerosi gruppi pseudocattolici non riconosciuto dalla Chiesa di Roma. La Chiesa Cattolica Apostolica Romana non potrebbe mai accettare gli abomini che si compiono in quelle "chiese": che riconoscono il sacerdozio femminile, e ogni genere di depravazione sessuale...
La prossima volta informatevi di più...Oh sveglia ragazzi, non siete voi i colti?

venerdì 6 agosto 2010

Una mostra blasfema oltraggia Maria

Segnaliamo l'ennesima fiera del cattivogusto presso l'Accademia delle Belle Arti di Carrara...una mostra blasfema su Maria. Però che fantasia!!!
Perchè non prendere come modello un buddha grassoccio o una riproduzione della pietra sacra, l'immagine di maometto o quella di krisna, visnu etc...?
E' sempre la stessa storia.
Evidentemente Maria sta scomoda a qualcuno che abita ai piani bassi e di conseguenza ai suoi tanti figliocci.

di Pietro De Marcotratto
da L’Occidentale 4 Agosto 2010

Abbiamo letto della mostra “Pimp My Mary” - da Pimp my car, titolo di un programma TV americano in cui vecchie auto vengono ‘truccate’ e tornano presentabili - in corso all’Accademia di Belle Arti di Carrara (Corriere Fiorentino, e altri quotidiani, del 28 luglio).
L’evento presenta artisti che hanno “rielaborato a modo proprio” una statuetta della Madonna largamente commercializzata, la stessa per tutti.
Il cronista ci informa che “ne è nata una serie di Madonne di tutti i tipi, di fronte alle quali è difficile restare insensibili: ce ne sono tipo manga, una vestita da Batman, una immersa in una teca (un’altra in un vaso di vetro da conserve, p.d.m.) piena di centesimi, quella che si rimira allo specchio e quella dark”.

Si consulterà http://www.pimpmymary.it/ per qualche immagine e notizie sull’evento, nonché per la costellazione di giovani artisti e illustratori variamente ‘connessi’.

Ripercorrendo l’inimitabile profilo di Bernadette Soubirous scritto da René Laurentin, e sintesi di ricerche vastissime, rileggo l’incontro della santa con lo scultore Joseph-Hugues Fabisch, incaricato di dar forma in marmo di Carrara ad aquerò, “quella (cosa) lì”, l’Immacolata Concezione che si era manifestata pochi anni prima.Siamo nel settembre del 1863. Fabisch, esercitato al compito di scultore sacro (molto del suo lascito è andato disperso, sembra, nel corso della disastrosa “adeguazione al Concilio” delle chiese francesi) e per questo ben pagato, “ha paura”, scrive Laurentin. Tenterà di comporre il proprio linguaggio con la mirabile mimesi dell’apparizione che Bernadette compie di fronte a lui: Com’erano il corpo, la testa? le chiede. Dritti. E le mani, come le ha giunte la Signora ?“Bernadette si è alzata con grande semplicità, ha giunto le mani e levato gli occhi al cielo. Non ho mai visto niente di più bello.

Né Mino da Fiesole, né Perugino, né Raffaello hanno mai fatto niente di così soave …”, si appunta Fabisch su un foglio. Lo scultore cercherà di conciliare icona e grazia, con l’astrazione del volto (come per la Madonna con bambino della chiesa di San Policarpo a Lione) e l’espressività del panneggio.Bernadette, santamente testarda, non ammetterà che la statua assomigli a Colei che ha visto (‘era più giovane, sorridente, la mani giunte più serrate, il velo scendeva giù diritto, alla buona’, come nelle donne del paese) ma l’immagine mariana del Fabisch è lì, per noi, e polarizza da un secolo e mezzo la preghiera, nella grotta di Massabielle come nelle infinite “grotte di Lourdes” che ne ospitano le riproduzioni, nelle chiese o, moltissime, all’aperto. Indifferente, com’è l’immagine sacra, alla deprecazione della sua “riproducibilità tecnica”.

Gli organizzatori di “PimpMyMary” negano intenzioni sacrileghe o solo irriguardose, anche se non potrebbero giurare, per dire così, sulle intenzioni degli ‘artisti’ invitati. Avanzano anzi positive ragioni ‘critiche’: la manifestazione è contro la mercificazione delle immagini sacre. Ma tra gli argomenti a favore della manipolazione pop delle statuette mariane quello che ha minore plausibilità è proprio la protesta anticonsumista.
Le eredità della pop art, ipercommercializzata, hanno una poetica che cozza con giustificazioni impegnate; si lavora a stupire con “l’oggetto conosciuto e banale”, abbinato ironicamente a forme, materiali, usi eterogenei.
La straniazione e, spesso, l’irrisione, del materiale iconico di partenza sono inevitabili. Non sorprende dunque che, almeno dalle immagini date in anteprima, non appaia la “ricerca di un volto nuovo” dell’icona mariana (come si esprime la stampa) ma una serie di interventi-aggiunte (oggetti, colori, tagli) all’originale, interessanti al più come documento di quello che colonizza l’immaginario dei giovani creativi.

Il titolo stesso della manifestazione, che richiama all’imbellettamento di vecchie carcasse ed è, credo, in origine gergo da magnaccia (pimp), non era fatto per favorire una sperimentazione seria su “un’immagine tanto importante per la nostra religione”, come rassicurano gli organizzatori.

Ma il punto, per l’aspetto ideologico, è che la cultura di artisti e fruitori (quale appare sui blog) ignora lo statuto dell’immagine sacra. Tra chi sostiene che, religiosamente, diamo troppa importanza alle immagini, chi suggerisce che le immagini tradizionali vanno individualmente ricreate, e chi dice di scandalizzarsi per la loro commercializzazione (proprio in distretti, come Carrara, ove l’artigianato specializzato vive, oggi come un tempo, anche di questo), vi è un assunto comune: l’immagine (sacra) sarebbe disvalore, in quanto oggetto comune e pubblico.
Merce come ogni altro manufatto che si venda in serie, è infatti destinata alla devozione dei molti: dunque, un massimo di alienazione e di kitsch.

Forse i giovani amici non si sono mai chiesti perché nessuno pregherebbe, in uno spazio “sacro” non New Age, di fronte alla Luchadora (la Lottatrice, alla maniera delle eroine dei cartoons) o alla sgargiante Madonna incinta della mostra carrarese, come non si prega dinanzi a qualsiasi simulacro marcato dal gesto dell’artista. Non vi è approfondimento nell’arbitrio che ‘innova’ o sconcia, né vivente integrazione, ma solo sottrazione; nessun belletto da salotto o da strada può aggiungere niente, solo togliere, alla semplice, diretta, epifania della grazia che una statuetta, confermata dai sacramentali e posta al “suo” luogo (un altare, anche domestico), misteriosamente ‘rappresenta’.
To pimp my Mary è azzerare l’icona sacra, mentre il fare e vendere Madonne non lo è; il realismo religioso non ha mai preteso che le immagini del divino scendessero dal cielo.
Non a caso sono rari gli archetipi “non dipinti da mano d’uomo”.

mercoledì 4 agosto 2010

Meditazione trascendentale e Reiki tra superstizione e magia




tratto dal libro "Carismatici, sensitivi e medium" di Francois Marie Dermine (pp.297-298)
[...]A titolo di esempio, ricordiamo due dei suddetti movimenti, per di più corredati di riti capaci di propiziarci delle facoltà straordinarie tali da ridimensionare la nostra umana fragilità e rivolti a qualche potenza misteriosa, per non dire tenebrosa, sicuramente diversa dal Dio delle grandi religioni.
Il primo movimento è quello della Meditazione trascendentale, fondata nel 1953 dall'indiano Maharishi Mahesh Yogi e presentata come una tecnica grazie alla quale l'aspetto del mondo potrebbe essere cambiato da un momento all'altro»; essa consente infatti al soggetto, oltre ad aumentare le sue capacità di rilassamento, di conseguire la "consapevolezza dell'Essere", di fondersi in esso, come vuole la spiritualità indù, e di acquisire i cosiddetti siddhis, ossia quei poteri speciali quali il levitare, il volare, il diventare invisibile, l'attraversare i muri, la chiaroveggenza, ecc.
Il conseguimento di tali risultati deriverebbe dalla ripetizione di un mantra, ossia di un suono privo di significato e che si garantisce essere personalizzato. Ora, c'è da precisare che il mantra, oltre a non essere affatto personalizzato, non è nemmeno un suono privo di significato, bensi il nome o l'attributo di una divinità indù che l'ignaro meditante invoca quaranta minuti al giorno. Per di più il suo conferimento avviene nel corso di un rito iniziatico dal sapore nettamente religioso chiamato puja, una cerimonia dedicata alla divinità e consistente in un lungo inno di lode proclamato in sanscrito dall'insegnante e accompagnato da gesti rituali di adorazione e di offerta di fiori, frutti, ecc ... ; i nomi di Brahma, Shiva, Vishnu, Govinda, Krishna ritornano spesso, anche se è l'immagine di Guru Dev (il maestro di Maharishi) deposta su un tavolino ad essere venerata con frequenti inchini.
Questo senso della divinità considerata come una persona, e l'immagine come sua forma rappresentativa, è fondamentale per il significato della puja e viene sempre preservata nei rituali della puja.

Un caso analogo è quello dei Reiki, una parola giapponese nella quale ki sta per "energia" (vitale) e reí per "universale"; si tratta di una dottrina e, soprattutto, di una pratica che favorirebbe lo sviluppo della percezione delle energie "sottili" o "eteriche' del corpo umano, nonché la possibilità di riportarlo all'equilibrio indirizzando o imponendo le mani sulle persone da guarire o addirittura, sugli ambienti da purificare dalla "negatività".
Anche qui, ci sono tutti gli ingredienti della superstizione e della magia per il ricorso a mezzi ritualizzati e comunque spro porzionatí rispetto all'effetto ricercato.
Elaborato nella prima metà del Novecento dal medium e Buddista giapponese Mikao Usui, il Reiki non poteva non ispi­rarsi appunto al buddismo, in particolare a quello esoterico e
tantrico, nonché alla dottrina indù dei chakras, ídentificati con i punti vitali o canali energetíci sparsi dalla base alla sommità della spina dorsale. Su questi elementi basilari se ne innestano
altri provenienti dall'ambito occultistico e suscettibili di variare da paese a paese. in Italia, per es., Giuseppe Zanella, fondatore dell'Associazione Reiki Amore Universale (RAU), sostiene di
essere guidato da nientemeno che "Io‑Sono", da lui chiamato Padre, «una pura energia, creatore del visibile e delI'invisibiIe», nonché da altre entità: spiriti guida, guide Reiki, Esseri spirituali,
extraterrestri, ecc. Con tutto ciò si mira ad ottenere, oltre al risulto ufficiale e primario del risveglio dei chakras, il conseguimento di precisi poteri medianici.
Tre sono i livelli ambiti: il primo, detto "rnanuale", è quello dell'uso delle mani per operare guarigioni; il secondo, quello "mentale", offre la facoltà di guarire a distanza, mentre l'ultimo, chiamato "Master Reiki", abilita ad aprire i chakras di terzi e a formare dei discepoli. L'accesso ad ogni livello è affidato a un percorso iniziatico che comporta l'intervento di riti veri e propri e il ricorso insistente a simboli destinati a rappresentare esotericamente una qualità o funzione particolare. L’aspetto più esplicitamente religioso deriva dal fatto che l'energia tanto invocata (o evocata?) è chiamata per nome e viene rivestita di caratteristiche divine.

Come per la Meditazione trascendentale, siamo di fronte a una dottrina incompatibile con la fede rivelata, di matrice pan­teistica (tutto è energia e l'energia è divina), gnostica (ognuno è naturalmente un dio, dotato per di più di un potenziale illi­mitato) e occultistica (ricorso a pratiche spiritiche e tenebrose). Per un cristiano, la pretesa della doppia appartenenza comporta l'adesione a una forma di sincretismo, con tutte le conseguenze che ne possono derivare: non solo sul piano spirituale, ma anche su quello psicologico e occulto.