sabato 27 febbraio 2021

Commento al Vangelo di Don Luigi Maria Epicoco - Mt 5, 43-48

 


Dal Vangelo secondo Matteo 

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Avete inteso che fu detto: “Amerai il tuo prossimo” e odierai il tuo nemico. Ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano, affinché siate figli del Padre vostro che è nei cieli; egli fa sorgere il suo sole sui cattivi e sui buoni, e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti.
Infatti, se amate quelli che vi amano, quale ricompensa ne avete? Non fanno così anche i pubblicani? E se date il saluto soltanto ai vostri fratelli, che cosa fate di straordinario? Non fanno così anche i pagani?
Voi, dunque, siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste».

Parola del Signore 


Commento al Vangelo di Don Luigi Maria Epicoco 

Credo che delle volte dovremmo metterci seriamente nei panni dei discepoli contemporanei di Gesù, non solo perché lo siamo anche noi seppur con qualche millennio di differenza, ma perché ci farebbe bene provare la vertigine di ascoltare parole destabilizzanti come quelle del vangelo di oggi: “Avete inteso che fu detto: Amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico; ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per i vostri persecutori, perché siate figli del Padre vostro celeste, che fa sorgere il suo sole sopra i malvagi e sopra i buoni, e fa piovere sopra i giusti e sopra gli ingiusti”. Si può comprendere la richiesta di non rispondere al male con il male, ma rispondere con l’amore a chi è nostro nemico è davvero una richiesta che rasenta l’impossibile. Eppure Gesù lo domanda ai suoi discepoli mettendoli in una seria difficoltà nel comprendere come ciò sia possibile. “Infatti se amate quelli che vi amano, quale merito ne avete? Non fanno così anche i pubblicani? E se date il saluto soltanto ai vostri fratelli, che cosa fate di straordinario? Non fanno così anche i pagani? Siate voi dunque perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste”. La verità è che umanamente parlando nessuno di noi è capace di liberarsi dalla logica di azione-reazione. Ci viene quasi spontaneo reagire anche soltanto interiormente al male che riceviamo. Ma chi fa un’esperienza potente d’amore non ha più la preoccupazione di reagire perché è talmente grande il senso di gratitudine e di pienezza che prova, che nemmeno il male può togliergli davvero quello che conta. Ora, se facciamo fatica ad amare così, ciò è segno che ancora non abbiamo fatto un’esperienza decisiva dell’amore di Dio. Non dovremmo quindi chiedere al Signore ti farci amare i nemici, o di saper perdonare gli imperdonabili, ma dovremmo chiedergli di darci una così grande esperienza del Suo amore da avere come conseguenza le due cose precedenti. La richiesta di Gesù può essere solo la conseguenza di un amore così. È questo ciò che va cercato.   


venerdì 26 febbraio 2021

Commento al Vangelo di Don Luigi Maria Epicoco - Mt 5,20-26

 


Dal Vangelo secondo Matteo 

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Se la vostra giustizia non supererà quella degli scribi e dei farisei, non entrerete nel regno dei cieli. Avete inteso che fu detto agli antichi: Non ucciderai; chi avrà ucciso dovrà essere sottoposto al giudizio. Ma io vi dico: chiunque si adira con il proprio fratello dovrà essere sottoposto al giudizio. Chi poi dice al fratello: Stupido, dovrà essere sottoposto al sinèdrio; e chi gli dice: Pazzo, sarà destinato al fuoco della Geènna. Se dunque tu presenti la tua offerta all'altare e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualche cosa contro di te, lascia lì il tuo dono davanti all'altare, va' prima a riconciliarti con il tuo fratello e poi torna a offrire il tuo dono. Mettiti presto d'accordo con il tuo avversario mentre sei in cammino con lui, perché l'avversario non ti consegni al giudice e il giudice alla guardia, e tu venga gettato in prigione. In verità io ti dico: non uscirai di là finché non avrai pagato fino all'ultimo spicciolo!».

Parola del Signore 


Commento al Vangelo di Don Luigi Maria Epicoco 

“Poiché io vi dico: se la vostra giustizia non supererà quella degli scribi e dei farisei, non entrerete nel regno dei cieli”. La fede cristiana non si manifesta nel semplice essere giusti ma in qualcosa che è più grande della giustizia e che non è contemplato in nessuno schema. Madre Teresa amava dire che l’amore non consiste nel fare ciò che ci è chiesto ma nello scegliere di fare ciò che nessuno ci domanda e pretende da noi. In questo di più si gioca la differenza cristiana. Solo così le parole che Gesù continua a dire non hanno il sapore dell’esagerazione ma di quella misura altra che Egli è venuto ad insegnarci. Soprattutto quando questa misura riguarda l’amore al fratello: “Se dunque presenti la tua offerta sull'altare e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualche cosa contro di te, lascia lì il tuo dono davanti all'altare e va' prima a riconciliarti con il tuo fratello e poi torna ad offrire il tuo dono”. Che senso ha una intensa e appassionata vita di fede che non si ripercuote in un’intensa e appassionata ricerca di comunione con gli altri? Come possiamo ignorare il vincolo che Gesù stabilisce tra la presentazione della preghiera e la riconciliazione con il prossimo? Mettersi a mani giunte può essere fin troppo facile, ma porgere la mano a chi ci è accanto può diventare impresa ardua, specie quando chi abbiamo accanto c’ha fatto soffrire o ci ha fatto del male. Ma Gesù sembra voler dire che il perdono non solo è una cosa buona e necessaria, ma è anche un affare che conviene: “Mettiti presto d'accordo con il tuo avversario mentre sei per via con lui, perché l'avversario non ti consegni al giudice e il giudice alla guardia e tu venga gettato in prigione. In verità ti dico: non uscirai di là finché tu non abbia pagato fino all'ultimo spicciolo!”. Perdonare è un buon argomento per essere perdonati a nostra volta dal Signore. La misericordia e l’amore sono l’unico investimento che ritroveremo nella vita eterna, tutto il resto lo dovremo lasciare qui. 



martedì 23 febbraio 2021

Don Luigi Maria Epicoco - La vita come la fine del mondo

Commento al Vangelo di Don Luigi Maria Epicoco - Mt 6,7-15

 



Dal Vangelo secondo Matteo 

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:

«Pregando, non sprecate parole come i pagani: essi credono di venire ascoltati a forza di parole. Non siate dunque come loro, perché il Padre vostro sa di quali cose avete bisogno prima ancora che gliele chiediate.

Voi dunque pregate così:
Padre nostro che sei nei cieli,
sia santificato il tuo nome,
venga il tuo regno,
sia fatta la tua volontà,
come in cielo così in terra.
Dacci oggi il nostro pane quotidiano,
e rimetti a noi i nostri debiti
come anche noi li rimettiamo ai nostri debitori,
e non abbandonarci alla tentazione,
ma liberaci dal male.

Se voi infatti perdonerete agli altri le loro colpe, il Padre vostro che è nei cieli perdonerà anche a voi; ma se voi non perdonerete agli altri, neppure il Padre vostro perdonerà le vostre colpe».

Parola del Signore 


Commento al Vangelo di Don Luigi Maria Epicoco 

“Pregando poi, non sprecate parole come i pagani, i quali credono di venire ascoltati a forza di parole”. Le parole di Gesù nel vangelo di oggi rimangono di un’attualità disarmante. Infatti è sempre in agguato dentro di noi un atteggiamento pagano in cui l’immaginario che ci guida interiormente è quello della divinità che va propiziata con le perfomance delle nostre preghiere e dei nostri sacrifici. Dio non va convinto e questo per un motivo fondamentale: Egli è nostro Padre e ci ama. È già convinto. La dinamica della preghiera non serve a Dio ma bensì a noi. È nella misura della nostra conversione, della nostra consapevolezza, della semplicità o meno del nostro cuore che la preghiera porta frutto. Ma il punto di partenza è decisivo: non siamo pagani che vogliono manovrare la divinità, siamo cristiani convinti dell’amore di Dio. “Non siate dunque come loro, perché il Padre vostro sa di quali cose avete bisogno ancor prima che gliele chiediate”. Ed è proprio su questa affermazione di Gesù che nasce una domanda che tante volte mi sento rivolgere dalla gente: che senso ha pregare se Dio sa già tutto? La parola per noi uomini ha un valore immenso. È attraverso di essa che le cose vengono alla luce. Senza la parola siamo condannati solo a subire le conseguenze delle nostre esperienze. Grazie alla parola invece noi riusciamo a prendere distanza dalle cose e in un certo senso a tornare ad esserne protagonisti. Per questo Dio ci dà la parola, non perché Lui non sappia ma perché siamo noi che ne abbiamo bisogno. Allo stesso tempo però la preghiera non ha solo questa funzione benefica, essa effettivamente può cambiare le cose, indirizzarle diversamente, capovolgerle, ma solo a patto che sia fatta con fede e mettendo sul piatto la nostra conversione. Essa consiste nell’abbandonare il cuore di pietra e tornare ad avere un cuore di carne. I grandi santi venivano esauditi perché avevano lasciato che la Grazia di Dio ridonasse loro un cuore capace di domandare con fiducia di figli e ostinazione d’amanti.  


sabato 20 febbraio 2021

Commento al Vangelo di Don Luigi Maria Epicoco - Lc 5,27-32

 


Dal Vangelo secondo Luca

In quel tempo, Gesù vide un pubblicano di nome Levi, seduto al banco delle imposte, e gli disse: «Seguimi!». Ed egli, lasciando tutto, si alzò e lo seguì.
Poi Levi gli preparò un grande banchetto nella sua casa.
C’era una folla numerosa di pubblicani e d’altra gente, che erano con loro a tavola.
I farisei e i loro scribi mormoravano e dicevano ai suoi discepoli: «Come mai mangiate e bevete insieme ai pubblicani e ai peccatori?».
Gesù rispose loro: «Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati; io non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori perché si convertano».

Parola del Signore 


Commento al Vangelo di Don Luigi Maria Epicoco 

“Dopo ciò egli uscì e vide un pubblicano di nome Levi seduto al banco delle imposte, e gli disse: «Seguimi!». Egli, lasciando tutto, si alzò e lo seguì”. Uscì, vide e disse. In questi tre verbi c’è tutto il piano pastorale di Gesù. Infatti non si può mai comprendere cos’è l’evangelizzazione se non imparando i verbi in uscita. Papa Francesco insiste sempre con una “Chiesa in uscita”, ma sovente noi o ci difendiamo dal venire fuori dalle nostre sagrestie e confini, oppure usciamo talmente tanto che della nostra identità non rimane nemmeno una briciola. Uscire significa fare come fa Gesù: non restare fermi pensando che il vangelo va annunciato solo in luoghi prestabiliti, ma comprendendo che bisogna sempre rischiare di andare a pescare fuori dalla pescheria, perché i veri pesci sono quelli che si trovano nel mare e non semplicemente quelli che troviamo sui banchi dei negozi. Fuori da metafore dovremmo dire che ci accontentiamo di chi già c’è senza pensare ai moltissimi altri che non ci sono. Il secondo verbo è il verbo vedere. Un’autentica evangelizzazione non è mai l’applicazione di idee stabilite a tavolino, ma il suo contrario: nasce da un autentico realismo di ciò che c’è, e non semplicemente dalla dichiarazione di ciò che sarebbe bello ci fosse. Molte nostre iniziative falliscono perché non tengono conto dei contesti concreti in cui la gente vive. Il terzo verbo è il verbo dire, è cioè il verbo della proposta. Il cristianesimo non è un modo di intrattenere la gente, non è la scusa per fare gite e feste, non è il pretesto di dispensare sacramenti a gente inconsapevole che fa le cose solo per tradizione, ma è provocare la libertà delle persone con una proposta che tocca la nostra responsabilità e non semplicemente il nostro tempo libero. Mi piace pensare che Levi si alzo subito perché quando incontri qualcosa di serio e radicale è difficile rimanere indifferenti: o ti alzi e segui, o ti alzi e te ne vai, ma certamente non rimani come se non fosse accaduto nulla. 


venerdì 19 febbraio 2021

Don Luigi Maria Epicoco - La felicità è trovare un modo di donarsi

Commento al Vangelo di Don Luigi Maria Epicoco - Mt 9,14-15

 


Dal Vangelo secondo Matteo 

In quel tempo, si avvicinarono a Gesù i discepoli di Giovanni e gli dissero: «Perché noi e i farisei digiuniamo molte volte, mentre i tuoi discepoli non digiunano?».
E Gesù disse loro: «Possono forse gli invitati a nozze essere in lutto finché lo sposo è con loro? Ma verranno giorni quando lo sposo sarà loro tolto, e allora digiuneranno».

Parola del Signore 


Commento al Vangelo di Don Luigi Maria Epicoco 

“Allora gli si accostarono i discepoli di Giovanni e gli dissero: «Perché, mentre noi e i farisei digiuniamo, i tuoi discepoli non digiunano?»”. In un venerdì di quaresima sembra suonare un po’ strano un vangelo che sembra un invito alla trasgressione del digiuno. Eppure Gesù non sta dialogando con persone qualunque, ma bensì con i discepoli di Giovanni Battista. Non basta però essere discepoli del Battista per essere santi come lui. Anzi, il rischio di tutti i discepoli, in tutte le epoche, è quello di radicalizzare talmente tanto l’insegnamento del loro maestro fino al punto da tradirlo. Gesù tenta di raddrizzare la loro mentalità: «Possono forse gli invitati a nozze essere in lutto mentre lo sposo è con loro? Verranno però i giorni quando lo sposo sarà loro tolto e allora digiuneranno». Che è un po’ come dire: qual è il vero motivo per cui state digiunando? Si può digiunare per vari motivi. Alcuni fanno fioretti in quaresima solo perché hanno in mente la prova costume dell’estate, ma non credo che simili digiuni servano anche a salvarci. Forse miglioreranno i nostri selfie, ma non la nostra anima. Si può digiunare come sforzo di volontà, e non sarebbe male certamente fortificare un po’ la nostra volontà un po’ troppo molle, ma ancora non è il digiuno vero a cui si riferisce Gesù. Egli sembra avere in mente un digiuno che a che fare con una relazione, non con un digiuno fine a se stesso. Ecco perché Gesù parla dello sposo. È Lui lo sposo, è Lui cioè il motivo per cui le cose vanno o non vanno fatte. È Lui il criterio di discernimento per capire l’opportunità di una cosa rispetto ad un’altra. Non basta fare un digiuno semplicemente perché va fatto, dobbiamo sempre ricordarci “per” chi vale la pena farlo. E scoprire questo “per” è la grande rivoluzione, ma non basta. Bisogna poi capire che il significato del digiuno non consiste solo nel fare lo sforzo di non mangiare, pensando che questo dia gloria a Dio, ma nello scoprire che nessuna fame deve mai decidere per noi.   


giovedì 18 febbraio 2021

Don Luigi Maria Epicoco - La memoria della Luce

Don Luigi Maria Epicoco - La battaglia quaresimale contro lo spirito del...

Commento al Vangelo di Don Luigi Maria Epicoco - Lc 9,22-25

 


Dal Vangelo secondo Luca 

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Il Figlio dell'uomo deve soffrire molto, essere rifiutato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e dagli scribi, venire ucciso e risorgere il terzo giorno».
Poi, a tutti, diceva: «Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua. Chi vuole salvare la propria vita, la perderà, ma chi perderà la propria vita per causa mia, la salverà. Infatti, quale vantaggio ha un uomo che guadagna il mondo intero, ma perde o rovina se stesso?».

Parola del Signore 


Commento al Vangelo di Don Luigi Maria Epicoco 

Seguire un vincente è fin troppo facile. Stare dietro a qualcuno che è rifiutato diventa più complesso. Gesù dice con chiarezza, nel vangelo di oggi, che il suo destino umano non è il successo, ma bensì il rifiuto: «Il Figlio dell'uomo, disse, deve soffrire molto, essere riprovato dagli anziani, dai sommi sacerdoti e dagli scribi, esser messo a morte e risorgere il terzo giorno». Le scelte a cui ci spinge Gesù, sono scelte controcorrente. Molto spesso vivere secondo il vangelo significa essere rifiutati dalla mentalità del mondo. A nessuno piace essere messo fuori dal coro. A nessuno piace sentirsi isolato rispetto alla massa. Eppure arriva un tempo in cui dobbiamo domandarci se siamo disposti a seguire Gesù fino all’estreme conseguenze. “Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua”. Se qualcuno vuole andare dietro a Gesù deve imparare a dire di no a se stesso, deve smettere di lamentarsi della propria vita e deve scegliere di prendersene la responsabilità senza fare più la vittima. “Chi vorrà salvare la propria vita, la perderà, ma chi perderà la propria vita per me, la salverà”. Tutti coloro che si agitano per auto salvarsi alla fine affogano prima, coloro invece che si affidano al Signore accettando di lasciarsi salvare alla fine rimangono a galla. “Che giova all'uomo guadagnare il mondo intero, se poi si perde o rovina se stesso?”. A che serve cioè continuare a vivere la propria vita in maniera compulsiva non accorgendoci che non è il possesso a farci vivere ma bensì il sentirci di qualcuno? Ecco allora come il vangelo di oggi ci indica un percorso preciso: non avere paura di tirare le estreme conseguenze della nostra sequela a Cristo; smettere di vivere solo con l’atteggiamento di chi subisce e comportarci da persone libere e non più da vittime in cerca di colpevoli; lasciarsi salvare; rinunciare al possesso delle cose per riscoprire un’appartenenza che ci salva. Se qualcuno cercava una via pratica eccolo accontentato. 


mercoledì 17 febbraio 2021

Don Luigi Maria Epicoco - Il deserto

Don Luigi Maria Epicoco - La Tua Parola mi fa vivere

Commento al Vangelo di Don Luigi Maria Epicoco - Mt 6,1-6.16-18

 


Dal Vangelo secondo Matteo 

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«State attenti a non praticare la vostra giustizia davanti agli uomini per essere ammirati da loro, altrimenti non c'è ricompensa per voi presso il Padre vostro che è nei cieli.

Dunque, quando fai l'elemosina, non suonare la tromba davanti a te, come fanno gli ipòcriti nelle sinagoghe e nelle strade, per essere lodati dalla gente. In verità io vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa. Invece, mentre tu fai l'elemosina, non sappia la tua sinistra ciò che fa la tua destra, perché la tua elemosina resti nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà.

E quando pregate, non siate simili agli ipòcriti che, nelle sinagoghe e negli angoli delle piazze, amano pregare stando ritti, per essere visti dalla gente. In verità io vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa. Invece, quando tu preghi, entra nella tua camera, chiudi la porta e prega il Padre tuo, che è nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà.

E quando digiunate, non diventate malinconici come gli ipòcriti, che assumono un'aria disfatta per far vedere agli altri che digiunano. In verità io vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa. Invece, quando tu digiuni, profùmati la testa e làvati il volto, perché la gente non veda che tu digiuni, ma solo il Padre tuo, che è nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà».

Parola del Signore 


Commento al Vangelo di Don Luigi Maria Epicoco 

La più grande schiavitù a cui siamo sottoposti è quella dello sguardo: siamo tutti bisognosi di sentirci guardati. Non è un problema di vanità, è innanzitutto un bisogno latente di sentirci vivi solo nella misura in cui gli altri si accorgono di noi. Se tutto questo è umano, con il passare del tempo, non accorgendoci di questa spinta interiore, possiamo rischiare di sottomettere tutta la nostra esistenza al solo bisogno di essere ammirati. Tutto, allora, è fatto solo per attirare l’attenzione e non più per il motivo vero per cui ogni cosa andrebbe fatta. Persino la vita spirituale, che dovrebbe essere lo spazio di autenticità più importante della nostra vita, può trasformarsi in una farsa. Ecco allora che il mercoledì delle ceneri ci fa entrare nel grande tempo dell’autenticità, facendoci sperimentare tre grandi luoghi dove possiamo imparare a disintossicarci dal bisogno di essere visti per recuperare il bisogno di essere veri. Elemosina, preghiera e digiuno sono il grande alfabeto che ci offre la quaresima per prepararci all’incontro con la Pasqua. Nessuno, infatti, può risorgere se non accetta di morire a ciò che lo imprigiona. La prima prigione da rompere è quella del proprio io. Esso, infatti, ci fa vivere sempre concentrati su noi stessi, sui nostri bisogni, sulle nostre convinzioni, sulle nostre emozioni, eclissando quasi sempre l’altro, chi ci sta accanto, il nostro prossimo. Nell’esercizio dell’elemosina noi ci impegniamo a non avere più come priorità il nostro io, ma a fare entrare la grande variabile del tu. La seconda prigione è quella dell’autosufficienza, cioè del pensare di bastare a se stessi. È la preghiera che ci ricolloca nella maniera giusta, relativizzandoci. Infatti nella preghiera ci accorgiamo che Dio esiste e che non siamo noi. E questa notizia è liberante perché ci riconcilia con i nostri limiti. La terza e ultima prigione da cui liberarci è quella delle nostre mancanze. Passiamo la vita a riempire i nostri vuoti, ma solo digiunando da questo riempimento troveremo finalmente una via d’uscita.  


martedì 16 febbraio 2021

Don Luigi Maria Epicoco - Pregare è recuperare lo sguardo d'insieme

Commento al Vangelo di don Luigi Maria Epicoco - Mc 8,14-21

 


Dal Vangelo secondo Marco

In quel tempo, i discepoli avevano dimenticato di prendere dei pani e non avevano con sé sulla barca che un solo pane. Allora Gesù li ammoniva dicendo: «Fate attenzione, guardatevi dal lievito dei farisei e dal lievito di Erode!». Ma quelli discutevano fra loro perché non avevano pane.

Si accorse di questo e disse loro: «Perché discutete che non avete pane? Non capite ancora e non comprendete? Avete il cuore indurito? Avete occhi e non vedete, avete orecchi e non udite? E non vi ricordate, quando ho spezzato i cinque pani per i cinquemila, quante ceste colme di pezzi avete portato via?». Gli dissero: «Dodici». «E quando ho spezzato i sette pani per i quattromila, quante sporte piene di pezzi avete portato via?». Gli dissero: «Sette». E disse loro: «Non comprendete ancora?».

Parola del Signore


Commento al Vangelo di don Luigi Maria Epicoco

«Fate attenzione, guardatevi dal lievito dei farisei e dal lievito di Erode!». E quelli dicevano fra loro: «Non abbiamo pane»”. Se Gesù è colui che prende sul serio la persona nella sua totalità, noi  cadiamo spesso invece nella tentazione di entrare in paranoia solo con alcune cose della vita. Ad esempio noi siamo fatti di tanti tipi di bisogni: quelli fisici, quelli affettivi, quelli spirituali in senso stretto. Il cristianesimo parla a ognuno di questi bisogni, ed è un errore pensare che la fede debba limitarsi solo all’ambito strettamente spirituale. Capita però che passiamo la maggior parte della nostra vita tenendo gli occhi fissi solo sui nostri bisogni fisici o al massimo su quelli affettivi senza mai arrivare al fondo di ogni vero bisogno che è contenuto nella dinamica spirituale. Così in maniera manicale curiamo il nostro corpo, la nostra alimentazione, cerchiamo ogni tipo di appagamento affettivo e sessuale, ma non arriviamo mai a cogliere il bisogno di senso che è alla base di tutta la vita. Gesù, nel Vangelo di oggi, sta mettendo in guardia i suoi discepoli dal non farsi inquinare proprio in questo bisogno centrale, facendosi condizionare dalla mentalità dei farisei o da quella di Erode. I discepoli però sembrano avere attenzione solo per la fame della loro pancia. “«Perché discutete che non avete pane? Non intendete e non capite ancora? Avete il cuore indurito? Avete occhi e non vedete, avete orecchi e non udite? E non vi ricordate, quando ho spezzato i cinque pani per i cinquemila, quante ceste colme di pezzi avete portato via?». Gli dissero: «Dodici». «E quando ho spezzato i sette pani per i quattromila, quante sporte piene di pezzi avete portato via?». Gli dissero: «Sette». E disse loro: «Non capite ancora?»”. La palestra ti salverà la vita? L’alimentazione ti renderà felice? Il sesso ti darà la vita eterna? Tutte queste cose vanno ricollocate nella grande domanda di senso e non possono diventare l’unico motivo per cui alzarsi la mattina. 





lunedì 15 febbraio 2021

Don Luigi Maria Epicoco - Quaresima tempo di rinascita

Commento al Vangelo di Don Luigi Maria Epicoco - Mc 8,11-13

 


Dal Vangelo secondo Marco 

In quel tempo, vennero i farisei e si misero a discutere con Gesù, chiedendogli un segno dal cielo, per metterlo alla prova.
Ma egli sospirò profondamente e disse: «Perché questa generazione chiede un segno? In verità io vi dico: a questa generazione non sarà dato alcun segno».
Li lasciò, risalì sulla barca e partì per l’altra riva.

Parola del Signore 


Commento al Vangelo di Don Luigi Maria Epicoco 

“Allora vennero i farisei e incominciarono a discutere con lui, chiedendogli un segno dal cielo, per metterlo alla prova”. Ci sono due motivi per cui delle volte domandiamo dei segni: il primo è che a volte c’è dentro di noi un così grande bisogno di essere rassicurati che la ricerca di conferme è solo una grande dichiarazione di umanità; l’altro motivo è meno nobile, e in definitiva è solo un modo per prendere tempo, per non lasciarsi mettere in discussione, per tentare di alzare la posta in gioco pur di non ammettere l’evidenza delle cose. È contro quest’ultimo tipo di motivazione che Gesù si scaglia nel vangelo di oggi: “Ma egli, traendo un profondo sospiro, disse: «Perché questa generazione chiede un segno? In verità vi dico: non sarà dato alcun segno a questa generazione»”. Non si può dialogare, rispondere, confrontarsi con chi usa le parole, i segni, gli avvenimenti in maniera strumentale alle sole proprie ragioni. Chi ha un atteggiamento polemico usa persino della verità come un’arma per fare del male. In questo senso Gesù riempie di segni la vita dei semplici, ma lascia completamente digiuni quelli che pensano di sapere tutto, di aver compreso tutto, e di avere le redini in mano. “E lasciatili, risalì sulla barca e si avviò all'altra sponda”. La presunzione, la saccenza, la superbia alla fine ci fanno rimanere da soli. Gesù non si lascia trovare da coloro che vogliono manovrarlo o possederlo, ma solo da coloro che lo cercano con cuore sincero. Il vangelo di oggi è un grande invito a non entrare nella paranoia dei segni a tutti i costi, e a lasciare che il Signore si manifesti nella nostra vita così come Egli riterrà più opportuno. Tutto questo l’ho compreso una volta mentre mi trovavo a Fatima. Mi domandavo, in quel luogo benedetto, perché Maria si fosse manifestata a quei bambini e non a me, ed ebbi chiaro che loro certamente non avrebbero manovrato quel dono, io probabilmente si. Delle volte ci fa bene avere l’umiltà di accettare di non avere abbastanza umiltà. 


martedì 9 febbraio 2021

Commento al Vangelo di Don Luigi Maria Epicoco - Mc 7,1-13

 


Dal Vangelo secondo Marco 

In quel tempo, si riunirono attorno a Gesù i farisei e alcuni degli scribi, venuti da Gerusalemme.
Avendo visto che alcuni dei suoi discepoli prendevano cibo con mani impure, cioè non lavate - i farisei infatti e tutti i Giudei non mangiano se non si sono lavati accuratamente le mani, attenendosi alla tradizione degli antichi e, tornando dal mercato, non mangiano senza aver fatto le abluzioni, e osservano molte altre cose per tradizione, come lavature di bicchieri, stoviglie, di oggetti di rame e di letti -, quei farisei e scribi lo interrogarono: «Perché i tuoi discepoli non si comportano secondo la tradizione degli antichi, ma prendono cibo con mani impure?».
Ed egli rispose loro: «Bene ha profetato Isaìa di voi, ipocriti, come sta scritto:
"Questo popolo mi onora con le labbra,
ma il suo cuore è lontano da me.
Invano mi rendono culto,
insegnando dottrine che sono precetti di uomini".
Trascurando il comandamento di Dio, voi osservate la tradizione degli uomini».

E diceva loro: «Siete veramente abili nel rifiutare il comandamento di Dio per osservare la vostra tradizione. Mosè infatti disse: "Onora tuo padre e tua madre", e: "Chi maledice il padre o la madre sia messo a morte". Voi invece dite: "Se uno dichiara al padre o alla madre: Ciò con cui dovrei aiutarti è korbàn, cioè offerta a Dio", non gli consentite di fare più nulla per il padre o la madre. Così annullate la parola di Dio con la tradizione che avete tramandato voi. E di cose simili ne fate molte».

Parola del Signore 


Commento al Vangelo di Don Luigi Maria Epicoco 

Se per un istante riuscissimo a non leggere il vangelo in maniera moralistica forse riusciremmo a intuire una lezione immensa nascosta proprio nel racconto di oggi: “Allora si riunirono attorno a lui i farisei e alcuni degli scribi venuti da Gerusalemme. Avendo visto che alcuni dei suoi discepoli prendevano cibo con mani immonde, cioè non lavate (…) quei farisei e scribi lo interrogarono: «Perché i tuoi discepoli non si comportano secondo la tradizione degli antichi, ma prendono cibo con mani immonde?»”. È inevitabile schierarsi subito dalla parte di Gesù leggendo di questo modo di fare, ma prima di far partire una nociva antipatia nei confronti degli scribi e dei farisei, dovremmo renderci conto che ciò che Gesù rimprovera loro non è l’essere scribi e farisei, ma la tentazione di avere un approccio alla fede solo di natura religiosa. Quando parlo di “approccio puramente religioso” mi riferisco a una sorta di caratteristica comune a tutti gli uomini, in cui gli elementi piscologici vengono simbolizzati ed espressi attraverso dei linguaggi rituali e sacri, appunto religiosi. Ma la fede non è esattamente coincidente con la religione. La fede è più grande della religione e della religiosità. Cioè essa non serve a gestire, come fa l’approccio puramente religioso, i conflitti psicologici che ci portiamo dentro, ma serve a un incontro decisivo con un Dio che è persona e non semplicemente morale o dottrina. Il chiaro disagio che questi scribi e farisei vivono, emerge dal rapporto che essi hanno con la sporcizia, con l’impurità. Per essi diventa sacra una purificazione che ha a che fare con le mani sporche, ma pensano di poter esorcizzare attraverso questo tipo di pratiche tutta la sprocizia che una persona accumula nel proprio cuore. Infatti è più facile lavarsi le mani che convertirsi. Gesù vuole dire loro esattamente questo: non serve la religiosità se essa è un modo per non fare mai esperienza della fede, cioè di ciò che conta. È solo una forma di ipocrisia travestita da sacro. 


giovedì 4 febbraio 2021

Commento al Vangelo di Don Luigi Maria Epicoco - Mc 6,7-13

 


Dal Vangelo secondo Marco 

In quel tempo, Gesù chiamò a sé i Dodici e prese a mandarli a due a due e dava loro potere sugli spiriti impuri. E ordinò loro di non prendere per il viaggio nient'altro che un bastone: né pane, né sacca, né denaro nella cintura; ma di calzare sandali e di non portare due tuniche.

E diceva loro: «Dovunque entriate in una casa, rimanetevi finché non sarete partiti di lì. Se in qualche luogo non vi accogliessero e non vi ascoltassero, andatevene e scuotete la polvere sotto i vostri piedi come testimonianza per loro».

Ed essi, partiti, proclamarono che la gente si convertisse, scacciavano molti demòni, ungevano con olio molti infermi e li guarivano.

Parola del Signore 


Commento al Vangelo di Don Luigi Maria Epicoco 

Il Vangelo di oggi ci parla in maniera dettagliata dell’equipaggiamento che un discepolo di Cristo deve avere: “Allora chiamò i Dodici, ed incominciò a mandarli a due a due e diede loro potere sugli spiriti immondi. E ordinò loro che, oltre al bastone, non prendessero nulla per il viaggio: né pane, né bisaccia, né denaro nella borsa; ma, calzati solo i sandali, non indossassero due tuniche”. La prima cosa su cui devono fare affidamento non sono gli eroismi personali ma le relazioni. È questo il motivo per cui li manda a due a due. Non è una strategia di vendita porta a porta, ma la chiara indicazione che senza delle relazioni affidabili il Vangelo non funziona e non è credibile. In questo senso la Chiesa dovrebbe essere principalmente il luogo di queste relazioni affidabili. E la prova dell’affidabilità la si vede dal potere che si ha contro il male. Infatti la cosa che teme di più il male è la comunione. Se tu vivi in comunione allora hai potere “sugli spiriti immondi”. Si comprende allora come mai la prima cosa che fa il male è far entrare in crisi la comunione. Senza questa affidabilità delle relazioni lui può spadroneggiare. Divisi siamo vinti, uniti siamo vincitori. Ecco perché la Chiesa deve sempre avere come primo obbiettivo la difesa della comunione. “E ordinò loro che, oltre al bastone, non prendessero nulla per il viaggio”; sarebbe da sprovveduto affrontare la vita senza un punto d’appoggio. Ognuno di noi non può solo fidarsi delle proprie convinzioni, dei propri ragionamenti, delle proprie emozioni. Ha bisogno, invece, di qualcosa che gli faccia da punto d’appoggio. Per un cristiano la Parola di Dio, la Tradizione, il Magistero non sono ornamenti, ma il bastone su cui poggiare la propria vita. Stiamo assistendo invece al dilagare di un cristianesimo intimistico tutto fatto di “io penso”, “io sento”. Questo tipo di approccio alla fine ci fa ritrovare fermi e molto spesso smarriti. Avere un punto oggettivo su cui poggiare la vita è una grazia, non un limite. 


mercoledì 3 febbraio 2021

Commento al Vangelo di Don Luigi Maria Epicoco - Mc 6,1-6

 


Dal Vangelo secondo Marco 

In quel tempo, Gesù venne nella sua patria e i suoi discepoli lo seguirono.

Giunto il sabato, si mise a insegnare nella sinagoga. E molti, ascoltando, rimanevano stupiti e dicevano: «Da dove gli vengono queste cose? E che sapienza è quella che gli è stata data? E i prodigi come quelli compiuti dalle sue mani? Non è costui il falegname, il figlio di Maria, il fratello di Giacomo, di Ioses, di Giuda e di Simone? E le sue sorelle, non stanno qui da noi?». Ed era per loro motivo di scandalo.

Ma Gesù disse loro: «Un profeta non è disprezzato se non nella sua patria, tra i suoi parenti e in casa sua». E lì non poteva compiere nessun prodigio, ma solo impose le mani a pochi malati e li guarì. E si meravigliava della loro incredulità.

Gesù percorreva i villaggi d'intorno, insegnando.

Parola del Signore 


Commento al Vangelo di Don Luigi Maria Epicoco 

Non sempre i posti a noi più familiari sono anche i più ideali. Il Vangelo di oggi ce ne dà un esempio riportando le chiacchiere degli stessi compaesani di Gesù: “«Donde gli vengono queste cose? E che sapienza è mai questa che gli è stata data? E questi prodigi compiuti dalle sue mani? Non è costui il carpentiere, il figlio di Maria, il fratello di Giacomo, di Ioses, di Giuda e di Simone? E le sue sorelle non stanno qui da noi?». E si scandalizzavano di lui”. E’ difficile far agire la Grazia davanti a un pregiudizio, perché esso è la superba convinzione di conoscere già, di sapere già, di non aspettarsi nulla se non ciò che si crede già di conoscere. Se si ragiona con il pregiudizio Dio non può fare molto, perché Dio non opera facendo cose diverse, ma suscitando cose nuove in quelle che sono le stesse cose di sempre della nostra vita. Se da una persona che hai accanto non ti aspetti più nulla (marito, moglie, figlio, amico, genitore, collega) e lo hai tombato in un pregiudizio, magari con tutte le ragioni giuste del mondo, Dio non può operare nessun cambiamento in lui perché tu hai deciso che non può esserci. Ti aspetti persone nuove ma non aspetti una novità nelle stesse persone di sempre. “«Un profeta non è disprezzato che nella sua patria, tra i suoi parenti e in casa sua». E non vi potè operare nessun prodigio, ma solo impose le mani a pochi ammalati e li guarì. E si meravigliava della loro incredulità”. Il Vangelo di oggi ci rivela che ciò che può fare da impedimento alla Grazia di Dio non è innanzitutto il male, ma l’atteggiamento di chiusura mentale con cui molto spesso guardiamo chi ci sta accanto. Solo deponendo il pregiudizio e le nostre convinzioni sugli altri allora potremmo vedere prodigi operati nel cuore e nelle vite di chi ci è accanto. Ma se noi siamo i primi a non crederci allora sarà difficile vederli veramente. In fondo Gesù è disposto sempre a fare miracoli ma a patto che si metta sul tavolo la fede, non gli “ormai” con cui molto spesso ragioniamo.  


martedì 2 febbraio 2021

Don Luigi Maria Epicoco - Book Trailer - La vita come le fine del mondo

Commento al Vangelo di Don Luigi Maria Epicoco - Lc 2,22-40

 


Dal Vangelo secondo Luca 

Quando furono compiuti i giorni della loro purificazione rituale, secondo la legge di Mosè, Maria e Giuseppe portarono il bambino a Gerusalemme per presentarlo al Signore - come è scritto nella legge del Signore: «Ogni maschio primogenito sarà sacro al Signore» - e per offrire in sacrificio una coppia di tortore o due giovani colombi, come prescrive la legge del Signore. Ora a Gerusalemme c'era un uomo di nome Simeone, uomo giusto e pio, che aspettava la consolazione d'Israele, e lo Spirito Santo era su di lui. Lo Spirito Santo gli aveva preannunciato che non avrebbe visto la morte senza prima aver veduto il Cristo del Signore. Mosso dallo Spirito, si recò al tempio e, mentre i genitori vi portavano il bambino Gesù per fare ciò che la Legge prescriveva a suo riguardo, anch'egli lo accolse tra le braccia e benedisse Dio, dicendo: «Ora puoi lasciare, o Signore, che il tuo servo vada in pace, secondo la tua parola, perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza, preparata da te davanti a tutti i popoli: luce per rivelarti alle genti e gloria del tuo popolo, Israele». Il padre e la madre di Gesù si stupivano delle cose che si dicevano di lui. Simeone li benedisse e a Maria, sua madre, disse: «Ecco, egli è qui per la caduta e la risurrezione di molti in Israele e come segno di contraddizione - e anche a te una spada trafiggerà l'anima -, affinché siano svelati i pensieri di molti cuori». C'era anche una profetessa, Anna, figlia di Fanuèle, della tribù di Aser. Era molto avanzata in età, aveva vissuto con il marito sette anni dopo il suo matrimonio, era poi rimasta vedova e ora aveva ottantaquattro anni. Non si allontanava mai dal tempio, servendo Dio notte e giorno con digiuni e preghiere. Sopraggiunta in quel momento, si mise anche lei a lodare Dio e parlava del bambino a quanti aspettavano la redenzione di Gerusalemme. Quando ebbero adempiuto ogni cosa secondo la legge del Signore, fecero ritorno in Galilea, alla loro città di Nàzaret. Il bambino cresceva e si fortificava, pieno di sapienza, e la grazia di Dio era su di lui. 

Parola del Signore


Commento al Vangelo di Don Luigi Maria Epicoco 

La festa della Presentazione di Gesù al Tempio è accompagnata dal brano del vangelo che ne racconta la storia. L’attesa di Simeone non ci racconta semplicemente la vicenda di quest’uomo, ma ci racconta la struttura che alla base di ogni uomo e di ogni donna. È una struttura di attesa. Noi ci definiamo spesso in rapporto alle nostre attese. Noi siamo le nostre attese. E senza rendercene conto la sostanza vera di ogni nostra attesa è sempre Cristo. È lui il compimento vero di ciò che ci portiamo nel cuore. La cosa che forse dovremmo cercare di fare tutti è cercare Cristo ravvivando le nostre attese. Non è facile incontrare Cristo se non si hanno delle attese. Una vita che non ha attese è sempre una vita malata, una vita piena di peso e di senso di morte. La ricerca di Cristo coincide con la presa di coscienza forte di una rinascita di una grande attesa nel nostro cuore. Ma mai come nel Vangelo di oggi il tema della Luce è così ben espresso: “luce da illuminare le genti e gloria del tuo popolo Israele”. Luce che dissipa le tenebre. Luce che rivela il contenuto delle tenebre. Luce che riscatta le tenebre dalla dittatura della confusione e della paura. E tutto questo è ricapitolato in un bambino. Gesù ha un compito specifico dentro la nostra vita. Ha il compito di accendere luci lì dove ci sono solo tenebre. Perché solo quando chiamiamo per nome i nostri mali, i nostri peccati, le cose che ci spaventano, le cose su cui zoppichiamo, solo allora siamo abilitati a estirparli dalla nostra vita. Oggi è la festa della “luce accesa”. Oggi dobbiamo avere il coraggio di fermarci e di chiamare per nome tutto quello che è “contro” la nostra gioia, tutto quello che non ci permette di volare alto: rapporti sbagliati, abitudini distorte, paure sedimentate, insicurezze strutturate, bisogni inconfessati. Oggi non dobbiamo avere paura di questa luce, perché solo dopo questa salutare “denuncia” può iniziare dentro la nostra vita una “novità” che la teologia chiama salvezza.



lunedì 1 febbraio 2021

Don Luigi Maria Epicoco - Cosa imparare dalla crisi

Commento al Vangelo di don Luigi Maria Epicoco - Mc 5,1-20

 



Dal Vangelo secondo Marco

In quel tempo, Gesù e i suoi discepoli giunsero all’altra riva del mare, nel paese dei Gerasèni. Sceso dalla barca, subito dai sepolcri gli venne incontro un uomo posseduto da uno spirito impuro.

Costui aveva la sua dimora fra le tombe e nessuno riusciva a tenerlo legato, neanche con catene, perché più volte era stato legato con ceppi e catene, ma aveva spezzato le catene e spaccato i ceppi, e nessuno riusciva più a domarlo. Continuamente, notte e giorno, fra le tombe e sui monti, gridava e si percuoteva con pietre.

Visto Gesù da lontano, accorse, gli si gettò ai piedi e, urlando a gran voce, disse: «Che vuoi da me, Gesù, Figlio del Dio altissimo? Ti scongiuro, in nome di Dio, non tormentarmi!». Gli diceva infatti: «Esci, spirito impuro, da quest’uomo!». E gli domandò: «Qual è il tuo nome?». «Il mio nome è Legione – gli rispose – perché siamo in molti». E lo scongiurava con insistenza perché non li cacciasse fuori dal paese.

C’era là, sul monte, una numerosa mandria di porci al pascolo. E lo scongiurarono: «Mandaci da quei porci, perché entriamo in essi». Glielo permise. E gli spiriti impuri, dopo essere usciti, entrarono nei porci e la mandria si precipitò giù dalla rupe nel mare; erano circa duemila e affogarono nel mare.

I loro mandriani allora fuggirono, portarono la notizia nella città e nelle campagne e la gente venne a vedere che cosa fosse accaduto. Giunsero da Gesù, videro l’indemoniato seduto, vestito e sano di mente, lui che era stato posseduto dalla Legione, ed ebbero paura. Quelli che avevano visto, spiegarono loro che cosa era accaduto all’indemoniato e il fatto dei porci. Ed essi si misero a pregarlo di andarsene dal loro territorio.

Mentre risaliva nella barca, colui che era stato indemoniato lo supplicava di poter restare con lui. Non glielo permise, ma gli disse: «Va’ nella tua casa, dai tuoi, annuncia loro ciò che il Signore ti ha fatto e la misericordia che ha avuto per te». Egli se ne andò e si mise a proclamare per la Decàpoli quello che Gesù aveva fatto per lui e tutti erano meravigliati.

Parola del Signore


Commento al Vangelo di don Luigi Maria Epicoco

“Come Gesù scese dalla barca, gli venne incontro dai sepolcri un uomo posseduto da uno spirito immondo.(…) Visto Gesù da lontano, accorse, gli si gettò ai piedi”. La reazione che ha questo indemoniato davanti a Gesù ci fa davvero molto riflettere. Il male dovrebbe fuggire davanti a Lui, perché allora invece gli corre incontro? È così grande l’attrattiva che Gesù esercita che neppure il male ne è immune. Gesù è davvero la risposta a tutto ciò che è creato, che persino il male non può non riconoscere in Lui il compimento vero di ogni cosa, la risposta più vera ad ogni esistenza, il significato profondo di ogni vita. Il male non è mai ateo, è sempre credente. Credere è un’evidenza per lui. Il suo problema è fare spazio a questa evidenza fino a trasformarne le scelte, le azioni. Il male sa, e proprio a partire da ciò che sa compie una scelta contraria, opposta a Dio. Ma allontanarsi da Dio significa anche sperimentare l’inferno dell’allontanarsi dall’amore. Lontano da Dio non riusciamo nemmeno più ad amarci. E il Vangelo ci descrive questa situazione di allontanamento come una forma di masochismo verso se stessi: “Continuamente, notte e giorno, tra i sepolcri e sui monti, gridava e si percuoteva con pietre”. Si ha sempre bisogno di essere liberati da dei mali del genere. Nessuno di noi, a meno che non soffra di una qualche patologia, può davvero con lucidità scegliere di farsi male, di non amarsi. Chi vive questo vorrebbe esserne liberato, anche se non sa come e con quale forza. È il demonio stesso a suggerirci la risposta: “urlando a gran voce disse: «Che hai tu in comune con me, Gesù, Figlio del Dio altissimo? Ti scongiuro, in nome di Dio, non tormentarmi!». Gli diceva infatti: «Esci, spirito immondo, da quest’uomo!»”. Gesù può liberarci da ciò che ci tormenta. La fede è fare tutto ciò che umanamente possiamo fare per aiutarci, e poi lasciare che ciò che non riusciamo più a fare noi lo possa compiere la Grazia di Dio. “Videro l’indemoniato seduto, vestito e sano di mente”.