di
Luisella Saro
tratto da
Culturacattolica.it
Che Eugenio Scalfari sia pieno di sé non è una novità. Che sia lui a spiegarci, nell’articolo di spalla di oggi, su Repubblica, qual è “il senso della vita secondo Gesù” francamente, però, è troppo e il troppo stroppia. O fa ridere.
Ma figuriamoci se i suoi “fedelissimi” fan notare, al loro padreterno, che un ateo che scrive a pagina 50 di non avere fede “e neppure sente il bisogno di cercarla” forse sarebbe opportuno lasciasse ad altri certe tematiche. Niente da fare. Tutti ossequiosamente zitti, quelli di Repubblica, e lui libero di titolare così il suo ‘pezzo’ di oggi e, sotto il titolo, piazzarci la sua bella firma.
Ricapitolo, così chi pazientemente mi sta seguendo, senza spendere inutilmente un euro potrà lavorare d’immaginazione. I lettori della “nuova bibbia formato tabloid”, oggi, vigilia di Natale, hanno modo di scoprire qual è “il senso della vita secondo Gesù”. Ipse explicavit…Babbo Natale, e cioè Eugenio Scafari il barbuto.
Siccome titoli, occhielli, impaginazione, immagini non sono casuali, l’occhio… parte da lì. E così a pagina 50 si legge: “Dialoghi. Eugenio Scalfari e il cardinale Martini ragionano sui nodi che stringono fede ed esistenza terrena. Da due punti di vista partiti da premesse diverse cercano nella giustizia nella carità e nel perdono una prospettiva comune”. E ancora, in grassetto, nelle due pagine che raccontano il colloquio tra il giornalista e il cardinale: “Martini: Il dubbio mi tormenta sempre, fa parte della nostra condizione di uomini e non di angeli. Chi non si cimenta con esso, crede in maniera poco intensa”. Un Martini qui e lì virgolettato in grassetto, specie quando le sue affermazioni sono in linea con il relativismo sbandierato ogni santo giorno come dogma dal gruppo editoriale Espresso. Non fosse sufficientemente chiara l’idea del prelato, è lo stesso Scalfari a spiegare ben bene il concetto.
Raccontando di quando, nel 44, con Roma occupata dai nazisti, ventenne ha trovato rifugio insieme ad un altro centinaio di giovani nella Casa del Sacro Cuore dove i gesuiti tenevano gli esercizi spirituali, scrive: “Ricordo queste vicende personali per dire che i gesuiti che conobbi non somigliavano in nulla a Carlo Maria Martini. Erano molto accoglienti e amichevoli, ma piuttosto arcaici nel loro modo di considerare la religione; Martini invece è pienamente coinvolto nella modernità di pensiero”. Armonia perfetta, insomma. E infatti, se qualcuno si chiede che ci faccia uno Scalfari ateo e anticlericale a colloquio dal cardinale Martini, ecco la risposta. “Siamo sulla stessa lunghezza d’onda, ci sentiamo in sintonia l’uno con l’altro e il motivo probabilmente è questo: ci poniamo tutti e due le stesse domande: chi siamo, da dove veniamo, dove andiamo. (…) Le nostre risposte spesso differiscono ma talvolta coincidono e quando questo avviene per me è una festa e spero anche per lui”.
Che le risposte arcinote di Scalfari alle domande “chi siamo, da dove veniamo, dove andiamo” coincidano con quelle di un qualunque cardinale fa accapponare la pelle e verrebbe da pensare che l’ex direttore, ormai di una certa età, possa magari aver travisato il senso del discorso del religioso con cui dialoga, ma attenzione: nell’intervista di oggi – lo scrive il giornalista – c’è l’imprimatur di Martini, che ha letto e riletto tutto il testo. Niente equivoci… sic!
E allora, quale sarebbe “il-senso-della-vita-secondo-Gesù-secondo-Scalfari”? Ecco, di nuovo, un aiutino dal titolo. “Eros e amore. Il senso della vita nelle parole di Gesù”: spiegazione sintetica del teologo Babbo Natale.
Per gli analfabeti e/o per chi non fosse all’altezza delle elucubrazioni filosofico-dogmatiche di pagina 50 e 51, in alto, grandissimo, il dipinto di Tiziano Amor sacro e Amor profano del 1515, custodito presso la galleria Borghese di Roma. Biblia pauperum Republicae.
E così, in questo articolo della vigilia di Natale, mentre la Cristianità si appresta a re-incontrare il Verbo che si fa Carne, ecco un’altra “sparata” di Scalfari che rende risibile l’idea di Dio di farsi Uomo e di condividere, in tutto, la nostra umanità. Così scrive il dottissimo: “Io penso che la vita sia cominciata da un essere monocellulare e poi sia andata vertiginosamente avanti secondo l’evoluzione naturale. Noi abbiamo una mente riflessiva che ci consente di pensare noi stessi e di vedere le nostre azioni, ma nell’economia dell’Universo siamo un piccolo evento: così è nato il mondo e noi tutti e così scomparirà. A quel punto nessun’altra specie sarà in grado di pensare Dio e Dio morirà se nessun essere vivente sarà in grado di pensarlo. Noi non siamo una regola, noi siamo un caso”. Se qualcuno si aspetta, a questo punto, che il cardinale interrompa il logorroico delirio scalfariano, si sbaglia. Imprimatur anche su questo.
Per quale ragione duemila anni fa Dio abbia deciso di assumere la condizione di un “piccolo evento”…bisognerebbe forse chiederlo a Scalfari, perché Martini non lo dice. Nemmeno ora che è Natale.
Ha invece qualcosa da dire (e da ridire) sulla Trinità e sui Santi, il cardinale, che così si esprime: “La Trinità è Dio-comunione. Il Figlio è la Persona con cui il Padre si manifesta agli uomini. Forse il modello ‘ontologico’ con cui si è pensata la Trinità fino ad oggi dovrebbe cedere il passo al modello ‘relazionale’ che aiuterebbe meglio anche il dialogo orizzontale. Quanto ai Santi, non sono solo intermediari tra noi e Dio ma anche testimoni del bene e forse la Chiesa ne ha canonizzati troppi”.
Se lo dice lui…
Siamo così arrivati al dunque. “Il senso della vita nelle parole di Gesù” ascoltate (?) da Scalfari che – bontà sua – le spiega a noi comuni cattolici, non poteva infatti non comprendere due “cosine” sulla Chiesa. “Scalfari: Forse è troppo istituzione. Martini: Forse è troppo istituzione. Scalfari: Forse è troppo dogmatica. Martini: Direi in un altro modo: l’aspetto collegiale della Chiesa è stato troppo trascurato. Secondo me questo punto andrebbe profondamente rivisto”.
Esempio di collegialità? Il “duetto” Scalfari-Martini su Repubblica, il 24 dicembre 2011. Magari poco ortodosso, ma sufficientemente “moderno” e quindi… perfetto.
Ed ecco la conclusione: i due che si salutano, il cardinale che dice che prega spesso per Scalfari, Scalfari che gli risponde che lo pensa molto e che quello è il suo modo di pregare.
“Lui si avvicina al mio orecchio”, scrive infine l’ex direttore di Repubblica, “e con un filo di voce dice: ‘Prego per lei, e anch’io la penso spesso’, sorride e mi stringe la mano. Forse voleva dire che pensare l’altro è più che pregare. Io almeno l’ho capito così”.
No, egregio direttore. Per un cristiano pensare l’altro non è più che pregare; è vero esattamente il contrario, poiché la preghiera è la forma più alta di bene che un essere umano possa dimostrare ad un altro essere umano. Sempre che lo consideri qualcosa di più di un essere monocellulare… evoluto.
Sa una cosa, egregio direttore? Se ha preso questo abbaglio rispetto alla preghiera, figuriamoci su tutto il resto! Abbia pazienza, ma “il senso della vita secondo Gesù” spiegato da Babbo Natale ci convince davvero poco, anzi per niente.