SONO
VENUTO A PORTARE IL FUOCO
Desiderio,
passione, felicità
di
Don Luigi Maria Epicoco
Questa meditazione sarà
divisa in tre tempi, dedicando il primo a fare una cosa che può sembrare
inutile, cioè ridare carne al cristianesimo, concretezza all’esperienza
cristiana.
Spesso, siamo convinti
che essere cristiani significhi, ad un certo punto, trovare un’idea geniale
sulla vita, un’idea geniale che ci chiarifichi la vita! Incontrare la fede significa
incontrare una cosa che, ad esempio, spieghi un dolore che ho vissuto, che
spieghi la contraddizione della mia vita o che mi dica che cosa devo fare
domani…Questo tipo di cristianesimo solitamente ci delude, perché, quasi mai,
riusciamo a trovare un’idea che riesca a dire tutta la nostra esistenza, quello
che abbiamo vissuto e quello che vivremo. E questo per un motivo molto
semplice: perché noi ci dimentichiamo che Gesù Cristo si è incarnato. Si è
incarnato significa che è entrato nella storia, è entrato nello spazio e nel
tempo: tradotto significa che Cristo è diventato un fatto.
Quindi, per capire se
abbiamo incontrato o no Cristo, non dobbiamo rivolgerci alle nostre idee
geniali, ma dobbiamo capire se, nei fatti, è successo che lo abbiamo
incontrato.
Non vi spaventate
perché non mi riferisco a niente di soprannaturale, nessuna apparizione o
fenomeno mistico! Noi possiamo dire che incontriamo Cristo quando incontriamo
qualcosa che rende la nostra vita viva, completamente viva; Gesù usa una
espressione straordinaria, dicendo “Sono venuto a portare il fuoco sulla
terra e come vorrei che questo fuoco fosse già acceso”. Dire che Egli è
venuto a portare il fuoco, significa che ci sono dei momenti,nella nostra vita,
in cui sentiamo che la nostra esistenza brucia per qualcosa, sentiamo che le
cose non sono uguali da quando è successa quella cosa. Quando noi pensiamo ad
un fatto così, dobbiamo pensare come concretamente all’incontro con qualcuno,
ad un’esperienza che abbiamo avuto. Immaginate quando una persona si innamora:
tutto cambia! L’aspetto del mondo cambia, lo sguardo con cui tu guardi gli
altri cambia, il tuo sonno cambia, la tua percezione della scuola, della tua
famiglia, delle percezioni, tutto cambia! Ma non perché è cambiato il mondo o
l’aspetto del cielo, né perché sono cambiate le persone intorno a te, ma perché
è successo qualcosa che ha cambiato la tua posizione.
Quanto tu ti innamori
di qualcuno è come se la vita la riesci a vedere da un punto di vista
completamente diverso, inedito: questo è l’incontro con Cristo!
E’l’incontro con
qualcosa che, ad un certo punto, cambia completamente la nostra posizione. Ma
Cristo non lo incontriamo mai in astratto, lo incontriamo sempre concretamente,
in situazioni singolari, particolari. Non dobbiamo spaventarci nel dire che, da
quando abbiamo conosciuto quella persona, in qualche maniera abbiamo fatto
esperienza di Cristo, perché quella persona ha cambiato la nostra vita, la
sentiamo diversa la vita; da quando abbiamo vissuto quella sofferenza, non
siamo più le stesse persone di prima, perché sentiamo la vita in maniera
completamente diversa; da quando abbiamo sperimentato quella cosa che ci è
accaduta, la nostra vita non è più uguale.
Per capire se noi
abbiamo incontrato o no Cristo, dobbiamo rivolgerci alla vita stessa, alla nostra
vita. Sapete qual è l’errore che noi facciamo? Quello di pensare che Cristo si
nasconda soltanto dietro le cose che noi possiamo catalogare come cose belle:
Cristo ha la capacità di nascondersi dietro qualunque evento, anche quelli più
terribili, brutti, quelli che ci fanno sentire impotenti, deboli, fragili.
La domanda vera è se
dopo quella sofferenza, siamo diventate delle persone diverse, migliori. Ed
anche se abbiamo sperimentato delle fragilità, la vita non è più come quella di
prima; questa è l’esperienza dei discepoli.
I discepoli non erano
esperti delle catechesi di Gesù, non ricordavano a memoria tutti i suoi
discorsi, tutte le sue prediche; quello che tentano di ricordarsi lo dicono
agli altri, qualcuno tenta di prendere appunti e vengono fuori i Vangeli, ma gli
evangelisti stessi sanno che quello che Gesù ha detto e fatto è troppo grande
per essere chiuso in un libro. La cosa più interessante è che, da quando hanno
incontrato quest’uomo, la loro vita non è stata più la stessa.
Ora, se pensate alla
vostra storia, certamente è successa la stessa cosa: ci sono degli eventi che
scandiscono i tempi dell’esistenza. E` successa quella cosa e, dal quel momento
in poi, la vita non è stata più uguale; è successo che ho incontrato qualcuno e,
da quell’incontro, la vita non è stata più uguale; è accaduto che ho
incrociato, in un particolare della mia esistenza qualcosa che, per gli altri,
era assolutamente banale ma per me non era banale e, da quel momento in poi, la
mia vita non è stata più la stessa.
Avere una vita
spirituale significa riuscire ad accorgersi di quello che è accaduto dentro la
nostra storia e capire come Dio ha usato la nostra storia per toccarci. Quando
noi siamo toccati dalla nostra storia, lì siamo toccati da Cristo!
Ecco perché ho detto
che vorrei ridare carne al cristianesimo: perché noi pensiamo sempre che Cristo
è un’esperienza che dovremmo fare o che, magari, è un’esperienza che abbiamo
fatto una volta, quando ci siamo messi in fondo nei banchi a pregare, o durante
una veglia, in cui siamo scoppiati a piangere o durante un campeggio in cui
siamo messi in cerchio, ci siamo detti delle cose ed abbiamo sentito una pace
infinita. Sì è vero! In quel momento era certamente il Risorto a farsi presente;
ma è troppo poco pensare che Cristo si trovi semplicemente qui, in un banco di
una chiesa o in un campeggio o in un’esperienza che ci ha toccato emotivamente.
Cristo abita
completamente la nostra storia e, ci sono dei momenti in cui tocca talmente
tanto la nostra vita, che noi non siamo più le stesse persone di prima.
Pensate a Pietro: un
pescatore, rude, certamente non un acculturato, non un sapiente. Cristo va a
toccare quest’uomo alla fine di una notte in cui non ha pescato nulla; tocca la
vita di quest’uomo facendogli una domanda fastidiosissima “Non hai preso
niente?”…Ad un pescatore che non ha pescato nulla, tu gli domandi “ non
hai preso nulla”... Eppure, a partire da questa domanda che brucia, che fa
male, Gesù entra nella storia di quest’uomo e vivono insieme un’esperienza che
dura tre anni.
Questa esperienza
finisce in maniera drammatica, non soltanto perché Gesù muore, ma pochi istanti,
poche ore prima della morte di Cristo, quest’uomo che si è vista cambiata la
vita da quando ha incontrato questo sconosciuto Maestro che è andato a
raccoglierlo dopo una notte di fallimenti, lo rinnega…No, non lo conosco…
Eppure non lo stava
interrogando la polizia dell’epoca o le autorità…era una serva che, vicino al
fuoco, diceva “Aspetta io ti ho visto tu sei uno di quelli” “No, no perché
dici questo? Io non lo conosco”“Ma hai un accento galileo, tu sei come lui!”
“Vi dico no, non lo conosco”…Da quella notte, Pietro non è stato più la
stessa persona di prima; ad esempio, da quella notte, Pietro ha avuto un sacco
di difficoltà ad usare la parola amore e amare. Prima la usava con molta
facilità. Sappiamo tutti che guardiamo le persone negli occhi e gli diciamo ti
amo finché non facciamo l’esperienza di sbagliare o essere traditi: da quel
momento in poi, quanto è faticoso dire a qualcuno ti amo, quanto è faticoso
lasciarsi amare.
Ma Cristo non è così!
Entra anche in quei momenti in cui noi siamo più deboli, più fragili, in cui
non abbiamo più il coraggio di dire ti amo, in cui non crediamo più all’amore,
in cui facciamo fatica a lasciarci perdonare.
Sapete Pietro come si
confessa quella notte? Scoppiando a piangere. Per un istante incrocia il suo
sguardo con lo sguardo di Cristo ed, in quel momento - dice il Vangelo - uscì fuori e pianse amaramente.
Come si può incontrare
Cristo in un pianto? Vi è mai capitato di piangere la notte? Di piangere quando
nessuno vi vede? Di piangere perché non riuscite a trovare le parole per
raccontare agli altri quello che state vivendo? Non abbiate paura…è Cristo! In
quel momento, il Signore sta toccando la nostra vita, lo fa nella gioia e lo fa
nel dolore: non ci fa più essere le stesse persone di prima perché, da quel
momento in poi, quando tu hai sperimentato una grande gioia o una grande sofferenza, la vita
comincia a diventare più viva. E proprio perché più viva, tu ti senti più
fragile a volte, più debole, più vulnerabile, ma sai anche – ed è questa la
grande lezione che ci insegna Cristo – che non è tanto importante quanto tu sei
debole, è importante quanto sei capace di affidarti, di non credere alla tua
debolezza, ma di credere di più a qualcuno che ti parla e dice <>.
La professione della
nostra fede non è fatta su cose che potrebbero essere una teologia che viaggia
al di sopra della nostra vita; noi non siamo cristiani perché siamo bravissimi
a spiegare il mistero della Trinità.
Siamo cristiani quando
capiamo che la nostra professione di fede è decidere a che cosa voler credere,
è dare credito. E, quando uno guarda con lealtà la propria vita, si accorge che
dice “Sì da qualche parte esiste Dio e Gesù, il Figlio di Dio”, ma è discepolo
della sua paura perché la sua paura ascolta, è discepolo della sua tristezza
perché la sua tristezza ascolta, è discepolo della sua incapacità perché la sua
incapacità ascolta.
Quanto sarebbe bello
incontrare un Dio che, entrando dentro la nostra vita, ci dica “Adesso
faccio scomparire la tua tristezza! Adesso faccio scomparire la tua debolezza!
Adesso faccio scomparire la tua insicurezza!”: un mago che viene e ci
risolve il problema.
No! Sarebbe troppo
facile pensare che questa sia la fede. La fede è una scelta che accade davanti
a cose diverse: tu ti trovi davanti ad una cosa vera che è la tua paura e,
davanti ad Uno che ti dice “Credi più a me che alla tua paura. Sei disposto
a fare questa scelta?”.
Quanto è difficile mettersi
contro sè stessi! Quanto è difficile mettersi contro una parte di noi che grida
“Non ce la farai mai! Non sarai mai felice! Non incontrerai mai niente di
grande nella vita! La tua vita non ha nessun senso e nessun significato…”.
In fondo, ce lo aveva
detto Gesù “Chi vuole seguirmi, rinneghi sè stesso”.
Questo, tradotto,
significa che tu abbia il coraggio di mettersi contro, di disobbedire a te
stesso perché soltanto se tu trovi il coraggio di disobbedire a te stesso,
allora, quello che hai incontrato, non è per la tua distruzione, non è per la
tua morte, ma è per la tua vita.
Chi è Pietro dopo quel
tradimento? Chi è Pietro dopo quel pentimento? Non è più la stessa persona di
prima: è più fragile ma è anche più fiducioso, è un santo. I santi non sono
quelli che non sbagliano, ma quelli che riescono a vedere la grandezza e
l’opera di Dio anche attraverso gli sbagli che hanno fatto.
Sapete perché vi sto
dicendo questo? Perché non serve a nulla questa condivisione, se non partiamo
da quella grande pagina del Vangelo che è la nostra vita, che è la nostra
storia: finché penseremo che, quelle del Vangelo, sono storie che riguardano
gli altri e cominciamo ad invidiare questi altri quando diciamoquanto vorremmo
essere noi su quel mare a prendere
quelle reti, a sentire la voce di Gesù…Quanto vorremmo stare noi in quel
cenacolo a toccarLo, a mangiare il pane e bere il vino con Lui…Quanto sarebbe
stato bello buttarsi dalla barca, nuotare fino alla spiaggia e stare davanti a
Lui risorto…essere presi sotto braccio da Lui che ti dice “Ma tu mi ami più
di tutti gli altri?”…Quanto sarebbe stato bello!
Fratelli miei, oggi
voglio annunciarvi che il Signore, costantemente, fa questo dentro la nostra
vita! La domanda è: abbiamo occhi per accorgerci di come Gesù è entrato ed
entra nella nostra storia? Solitamente no, per due motivi: il primo, perché
pensiamo che Dio abbia a che fare solo con le cose belle e, siccome la nostra
vita è fatta anche di cose che non sono belle, abbiamo difficoltà a comprendere
cosa c’entri con la nostra esistenza. Ricordatevi la perfida tentazione del
demonio, quando si avvicina a Gesù nel deserto per tentarlo; ricordate come
comincia il discorso per tentarlo? “Se sei Figlio…” e, poi, gli domanda
delle cose ma, la tentazione è questa: vuole mettere in discussione il suo
essere figlio. Sapete cosa significa? Se veramente Dio è tuo padre perché ha
fatto succedere quella cosa? Se veramente Dio esiste, dov’era quando hai fatto
quello che hai fatto? Se veramente dice che ti ama, come ha potuto tollerare la
sofferenza che hai vissuto? Che catechista straordinario il demonio! Come
riesce ad allontanarci da Lui!
Nessuno di noi può
capire quanto la propria vita è diversa, finché non la guarda come il momento
attraverso cui Cristo tocca la nostra storia e la cambia.
“Sono venuto a portare
il fuoco” e noi passiamo un’intera esistenza a difenderci dal
fuoco. Sapete perché? Perché tutti vorremmo sentire forza e passione per
qualcosa ma tutti noi ci proteggiamo dalla sofferenza. Vorremmo amare ma
abbiamo paura di soffrire. Vorremo fare un viaggio ma siamo atterriti dall’idea
di perderci. Vorremmo saltare ma dentro di noi c’è una voce che dice “E se ti
fai male?”…Allora teniamo lontano il fuoco! Come possiamo essere cristiani se
ci difendiamo dalla vita? Nessuno di noi può accogliere Gesù risorto finchè non
accoglie tutta la vita, non solo la parte che gli piace, ma tutta la vita. Con
questa grande speranza, il Signore entra nella nostra vita in qualunque evento,
quando c’è la luce e quando c’è il buio.
La vera domanda che
dobbiamo farci è: che persone stiamo diventando lasciandoci toccare dalla gioia
o dal dolore? Credo che questa sia una domanda coraggiosa che deve cominciare
ad abitare la nostra vita spirituale perché, fino a che pensiamo che la vita
spirituale, sia pensare delle cose belle di Dio o dire delle cose belle a Dio…questa cosa non cambia la nostra vita!
Il Signore non ha bisogno di una lode che accresca la Sua gloria – dice la
Parola di Dio -, ha bisogno della lode di chi, guardando la propria vita,
capisce che, la propria vita, è diventato il luogo dove Lui si è manifestato.
Vi cito due episodi: il
primo è quello di un uomo anziano con la moglie che si chiamava Elisabetta, lui
Zaccaria, che passano un’intera esistenza ad aspettare un figlio che non
arriva; alla fine arriva questo figlio e, ovviamente, quando arriva, Zaccaria
non gli crede, motivo per cui rimane muto. Per tutto il tempo della gravidanza di
Elisabetta, Zaccaria non parla: quando arriva il momento in cui devono dare un
nome a questo bambino, Elisabetta, con un coraggio tipico delle grandi
matriarche della Bibbia, dice “Si chiamerà Giovanni” e tutti i vicini di
casa e parenti dicevano “Ma nessuno si chiama Giovanni in casa vostra!
Chiamiamolo Zaccaria come il papà magari”. Si rivolgono a lui, al padre che
prende una tavoletta e scrive “Giovanni è il suo nome” e, in quello
stesso istante, si scioglie la lingua di Zaccaria e pronuncia questo straordinario
inno di ringraziamento, di lode che conosciamo come il Benedictus “Benedetto
il Signore Dio di Israele perché ha visitato e redento il suo popolo”. Non
è che Zaccaria ha imparato il catechismo a memoria e lo sta ripetendo come una
recita: è riuscito a vedere come la liberazione ha toccato la sua vita! E la
canta, la dice, la racconta! Lo ha liberato…sì!Lui che viveva ostaggio della
paura di aver sbagliato qualcosa nella vita…che cosa abbiamo fatto? Perché non
abbiamo un figlio? che cosa di sbagliato abbiamo fatto?Perchè viviamo in questa
contraddizione?
Quanto sarebbe bello
se, vivendo la nostra vita spirituale, noi cominciassimo a capire quanto è
concreto Gesù risorto! Quanto questo fuoco ha almeno tre grandi
caratteristiche:
il fuoco illumina…se
non ti lasci toccare dalla vita, rimani nel buio perché soltanto la vita ti
illumina nel capire la vita;
il fuoco riscalda…solo
se ti lasci raggiungere da Gesù nella tua vita, avverti anche che Dio è uno che
è presente dentro la tua vita, non uno che spiega;
il fuoco brucia…nessuno
di noi vuole bruciarsi, ma, a volte, è necessario bruciarsi perché il fuoco fa
scomparire tutte le cose che non servono e lascia, invece, le cose che contano.
Quando si prende qualcosa fatta di oro ma incrostata anche da altre cose, tu la
passi al fuoco ed esso brucia tutte le incrostazioni e lascia solamente l’oro
puro. A volte la vita ci brucia non per toglierci tutto, ma per farci
risplendere di un oro che non potevamo conoscere se non attraverso quella
esperienza del fuoco, del passare anche attraverso l’essere bruciati da quell’esperienza.
Luce, calore e il
bruciare del fuoco. Ora una domanda che lascio a voi: abbiamo mai riconosciuto
Gesù come un fatto nella nostra vita? Possiamo dire ad alta voce il nome del
fatto con cui Lui ha toccato gli eventi, dove certamente Lui si è fatto
presente perché, da quel momento in poi, noi non siamo più le stesse persone di
prima? Riusciamo a vedere questo? Perché soltanto a partire da questo tocco ha
senso anche parlare del resto.
“Mentre si stava
avvicinando a Gerico, un cieco era seduto a bordo della strada, e chiedeva
l’elemosina. Sentendo parlare la folla domandò che cosa accadesse; gli
risposero:<>. Allora si mise a
gridare: << Gesù Figlio di Davide abbi pietà di me!>>. Quelli che
camminavano davanti, lo sgridavano per farlo tacere. Ma il cieco gridava ancora
più forte: <>. Gesù, allora, si
fermò ed ordinò che gli portassero il cieco e, quando fu vicino domandò
<< Checosa vuoi che faccia per te?>>. Egli rispose:<<
Signore, che io ci veda!>>. EGesù gli disse <> e, subito, civide di nuovo e si mise a seguirLo,
ringraziando Dio. Ed anche la gente che era presente, alla vista del fatto, si
mise a lodare Dio>>.
Che cos’è la nostra
vita senza Cristo? Che cos’è la nostra vita quando non incontra un significato?
E` vita che elemosiniamo; elemosiniamo l’affetto degli altri, elemosiniamo
attenzioni, elemosiniamo un posto nel mondo, elemosiniamo il minimo sindacale
per sopravvivere… non è una vita felice: è una vita che elemosina. Ed è la condizione di tutte quelle persone
che non hanno trovato ancora un motivo che riempia la loro vita di un
significato. Quando la tua vita è vuota, l’unica cosa che puoi fare è
elemosinare. Sapete cosa succede quando una persona elemosina? Che qualcuno ti
dà qualche spicciolo, qualcun altro, invece, ti ignora e tu…“mi vuoiun po' di
bene?”“No! Non voglio darti nulla!”E tu sei umiliato…elemosini e tutti ti
dicono di no e, ogni tanto, ti danno qualcosa, giusto per mettersi a posto la
coscienza e la tua vita è una vita che non vede nulla, è una vita ai margini
sul marciapiede ad elemosinare. Incontrare Cristo significa non vederlo subito,
quasi nessuno nel Vangelo riesce a vedere subito Gesù o a riconoscerlo subito
per ciò che è. Sapete come fa quest’uomo ad incontrare Cristo? Sentendo la
folla accorrere: sente un trambusto di persone, non vede Gesù, non sente
parlare Lui, non sente la sua predicazione o il racconto di un suo miracolo.
Sente il caos di una folla che lo sta seguendo .
Io non so se il mondo,
vedendo noi che siamo chiesa (cioè una folla che segue Gesù), se il mondo,
sentendo il rumore del discepolato, gli venga voglia di domandare “Ma che succede?”.
E’ Gesù di Nazareth che passa: può essere solo una informazione…sì è uno
importante, uno che tutti conoscono, uno di cui si sente la fama…
E` Gesù di Nazareth che
passa…Allora quest’uomo si mise a gridare…Fratelli miei, ricordate che la
definizione più importante di preghiera, forse, la troviamo in questo brano. La
preghiera è gridare, perché quando uno grida, significa che ci tiene a
qualcosa, significa che ha toccato il fondo e che quello che sta domandando è
prezioso per lui “Gesù Figlio di
Davide abbi pietà di me!” che, tradotto, significa “Almeno tu accorgiti di
me!Almeno tu guardami! Almeno tu piegati verso quello che io sto soffrendo!”
Cosa succede? Che la folla, la famosa folla che ha fatto nascere una domanda,
lo sgrida... “Quelli che camminavano davanti, lo sgridavano per farlo
tacere.Ma il cieco gridava ancora più forte: <>”.
Penso sia necessario
fermarci per comprendere bene questi due miracoli prima di comprendere il
grande miracolo: la cosa peggiore per una persona non è trovarsi nella
condizione del cieco. Trovarsi nella condizione del cieco, a volte, non è per
colpa nostra, a volte è perché la vita ci ha messo in quella condizione. Non è
che quel cieco ha fatto qualcosa di pericoloso che gli ha tolto la vista! Si è
trovato in quella situazione. Certe volte, noi ci troviamo ad elemosinare per
le storie che abbiamo avuto, per la famiglia che abbiamo avuto, per quello che
è la nostra esistenza. Non è importante capire come è potuto succedere questo
dramma di trovarsi ciechi ad elemosinare la vita: il grande miracolo sapete che
cos’è? E` che quest’uomo si trova in una condizione simile ma conserva dentro
di sé una domanda. Qui, fratelli miei, il problema non è se siamo o no felici:
la vera domanda è se desideriamo essere felici anche se, in questo momento,
siamo infelici.
Ci abita questa
domanda? Abbiamo una curiosità che ci dica: esisterà qualcosa di più grande di
quello che sto vivendo in questo momento? Esisterà qualcosa di più grandedi
questo dolore che sto vivendo in questo momento? Esisterà qualcosa di più
grande del senso di vuoto ed inutilità che sto vivendo in questo momento?
Questo è il primo grande miracolo che dobbiamo domandare al Signore: desiderare
qualcosa nel nostro cuore. Sapete cosa succede quando tu cominci a desiderare
qualcosa di grande? Che tutti ti vengono contro, che tutti quelli che ti
circondano dovrebbero aiutarti ma, molto spesso, ti sgridano. Sapete perché? E’
più facile gestire un infelice che un felice. Le persone felici non si
controllano, le persone felici non le tieni sotto controllo, non gli puoi
mettere le redini; gli infelici li rigiri come vuoi, perché sono infelici e,
qualunque cosa gli dai, riesci a tirarli da questa o dall’altra parte. Il mondo
ci vuole infelici perché se tu sei infelice consumi, se consumi fai girare
l’economia, se gira l’economia funziona il nostro mondo. Il mondo ha bisogno
della nostra infelicità per funzionare.
Il cristianesimo è in
polemica con questa mentalità,perché non si accontenta che tu sia una brava
persona, ma vuole che tu sia felice. Affinchè tu possa essere felice, devi
desiderare di essere felice! Allora hai bisogno non solo di una domanda di
felicità, ma anche di passione. Che cos’è la passione? E’ l’ostinazione di
questo cieco…ed egli gridava più forte…Figlio di Davide abbi pietà di me!
Avete mai avuto una passione nella vita?
Quando uno incontra una passione, lo racconta a tutti ed, all’inizio, tutti ti
ascoltano; poi, ad un certo punto, dicono “Sì ma ora basta con questa storia!
Quello è fissato con questa passione! Per cortesia, basta eh!”. Non ti
capiscono perchè sei fissato con una cosa e, per non sentirci tagliati fuori,
rinunciamo a questa passione, perché il nostro sport preferito è tenere
contenti gli altri…perché se gli altri sono contenti, noi ci sentiamo accettati…
se ci sentiamo accettati, pensiamo di aver risolto il problema.
“Sono venuto a portare
il fuoco sulla terra, sono venuto a portare la divisione,
a mettere padri contro figli e figli contro padri, madri contro figlie e figlie
contro madri”…. Ma che razza di Dio è un Dio che divide e mette l’uno
contro l’altro?
E’ un Dio che ti dice
che c’è un peccato più grande di non onorare il padre e la madre: è non vivere
nessuna vita per tenere contenti il padre e la madre. Ora, togliete la parola
padre e madre, e metteteci qualunque altra persona: non si può essere felici
tenendo contenti gli altri. Ad un certo punto, dobbiamo trovare anche il
coraggio di deludere gli altri, perché noi abbiamo diritto a diventare noi
stessi.
Abbiamo diritto ad
essere diversi, Abbiamo diritto ad avere qualcosa che ci faccia diventare
diversi. Allora, vedete, qual è il passaggio? Desiderare di essere felici. E
quando tu desideri di essere felice, nasce in te una passione. La passione è
sempre un problema per gli altri, ma tu devi essere ostinato in quella
passione. Pensate che cosa è passato per la testa a Pietro Di Bernardone,
stimatissimo mercante di stoffe pregiate ad Assisi, quando il suo unico figlio
Giovanni - chiamato Francesco – se ne esce con questa storia che non vuole
niente…che vuole fare il povero…Togliti dalla testa queste idee! Torna a
casa!Mi spezzi il cuore vivendo così! Ricordate come Francesco stabilisce
quella divisione? In piazza, davanti a tutti, si spoglia e restituisce i suoi
vestiti al padre, dicendo “Da questo momento in poi ho un altro Padre, ho il
Padre dei cieli”.
Sapete chi era Giovanni,
chiamato Francesco, agli occhi di tutti?Un pazzo! Persone che decidono di
essere felici, all’inizio, sono sempre ritenute pazze perché difendono la
propria unicità, difendono il fatto che sono un capolavoro unico, irripetibile,
che ha bisogno di venire fuori a patto che tu trovi una ostinazione per cui
vivere, una passione.
Questo è il secondo
grande miracolo che ci insegna il Vangelo che abbiamo prima riportato: il
miracolo di desiderare di essere felici e il miracolo di trovare una passione
contro anche tutti quegli altri che vogliono tenere in silenzio la nostra
passione e la nostra ostinazione. Il mio non è un invito a ribellarvi, ad una
rivoluzione cieca…no!E’ l’invito a non avere paura, a volte, di essere anche di
turbamento. E’ inevitabile: quando una persona diventa se stessa,
inevitabilmente turba, dà fastidio. Sapete perché volevano far stare in silenzio
quel cieco? Immaginate tutta la folla osannante, il servizio d’ordine a posto,
l’ambulanza parcheggiata in fondo alla piazza, transenne, tutto fatto così…e
questo che grida“Figlio di Davide!”…Ma ci rovini tutto! Lo sgridavano.
La teologia chiama
questa storia qui profezia: i profeti sono così, rovinano la scena, rovinano la
perfezione di una organizzazione ma, solitamente, sono i profeti che aprono la
strada alla grazia di Dio. Fratelli miei, dentro di noi c’è seppellito un
profeta che grida,che vuole gridare contro tutto e contro tutti: è la grazia di
Dio che sta spingendo dentro di noi e ci fa domandare un’unica cosa al Signore:
“Signore accorgiti di me!”.
Gesù allora - dice il
Vangelo - si fermò ed ordinò che gli portassero il cieco. Chi tiene sotto
controllo la famosa folla che sgrida il cieco? Gesù che, ad un certo punto,
dice “Fermi portatelo qua”…è un ordine di Gesù! Noi abbiamo un grande
alleato alla grande domanda di felicità che ci portiamo nel cuore: è Gesù il
grande alleato della nostra felicità. Perché dovremmo pregare o ascoltare il
Vangelo? Perché abbiamo una vita cristiana? Perché sappiamo che in Lui abbiamo
l’unico grande alleato. Quando studiavo a Roma, ogni tanto, succedeva qualcosa
di difficile nella mia storia personale, ed io, tutto deluso, andavo dal mio
confessore a raccontare tutto quello che succedeva e, lui, mi guardava negli occhi,
e mi diceva una di quelle frasi che sembrano già pronte, buone per qualsiasi
evenienza; mi metteva una mano sulla spalla e mi diceva “Luigi ricordati che
soltanto Gesù Cristo è morto per te”. Col passare della vita, ho capito che
aveva ragione: solo Gesù è morto per me e, tutti gli altri che hanno dato la
vita per me, sono segno di Lui che ha dato la vita per me. Ecco la grande
domanda che voglio lasciarvi: che cos’è che riaccende la
domanda di felicità che è dentro il nostro cuore?Che cos’è che riaccende la
passione? Avete mai fatto l’esperienza di sentire che, veramente, Gesù ha dato
la vita per voi? Che, veramente, Lui ci tiene? Che, veramente, Lui ha la capacità
di fermare tutta la giostra e di ordinare che tu vada davanti a Lui?
Gesù non vuole
incontrare una massa di persone ma vuole incontrare te! Ogni tanto rimprovero
gli universitari con cui lavoro perché, quando si celebra la messa, magari con
100 giovani davanti,, e tutti si fanno forte del fatto che comunque, alla messa
qualcuno risponderà, c’è sempre qualcuno che risponde più forte…No! Quando partecipate
alla S. Messa dovete pensare che è come se foste solo voi e solo Lui e non c’è
nessun altro! La domanda è rivolta solo a te, sei interpellato tu in prima
persona.
Quand’è l’ultima volta
che vi siete sentiti interpellati di persona nella vostra esperienza di fede?
Non come gruppo ma personalmente, sentire che ha fermato tutta la giostra e ti
ha chiamato.
“Quando fu vicino gli
domandò “Che cosa vuoi che faccia per te?” Che domanda!
Passiamo un’intera vita a domandarci qual è la volontà di Dio. Volete capire
qual è la volontà di Dio? Il punto di partenza è uno: che cosa desideri tu? Se
vuoi capire la volontà di Dio, devi partire da quello che vuoi tu, questo è il
punto di partenza di ogni discernimento. La volontà di Dio non è una cosa
contro di noi, ma una cosa che parte da noi: la prima traccia della volontà di
Dio, non è qualcosa che è fuori di noi ma parte da quello che desideriamo noi.
Qual è la tua volontà Signore? Che cosa vuoi Tu da me? E Lui risponde: cosa
vuoi tu? Tu cosa vuoi?...E’ bello pensare che il Signore non ci vuole esecutori
di una vita o di un copione che non ha niente a che fare con noi…Il Signore,
invece, parte sempre dal nostro desiderio più profondo: non si mette mai contro
il nostro desiderio più profondo perché Lui ci ha messo quel desiderio profondo
nel cuore. E’ Lui l’autore di quel desiderio. La vera domanda è che cosa
vogliamo veramente, che cosa desideriamo…Gesù conosce già la risposta, ma è quell’uomo
che deve dire, ad alta voce, ciò che vuole perché soltanto da questa
esplicitazione, soltanto quando verbalizza ciò che si porta nel cuore, soltanto
in quel momento, può accadere un miracolo! Uno può darti qualcosa soltanto
quando ti accorgi che la vuoi veramente perché, finchè non vuoi veramente
qualcosa, nessuno può darti niente! Ecco perché Gesù gli dice:“Che cosa vuoi
che faccia per te?” Cosa vuoi?....Egli rispose “Signore che io veda”…Sembra
la risposta normale di un cieco: che cosa può volere un cieco se non vedere. Ma
non è una risposta banale questa, soprattutto perché pronunciata da quest’uomo:
fino ad un istante prima, fino al momento in cui sta domandando questa cosa,
quest’uomo non vede. Riportando questo nella nostra vita, che cosa significa?
Che noi rimaniamo sempre a elemosinare la vita finchè non vediamo dove stiamo
andando, da dove veniamo, che senso ha la nostra vita….finchè noi non vediamo,
rimaniamo sempre schiavi della vita! Abbiamo bisogno di qualcuno che ci faccia
vedere: Signore io voglio vedere! Non voglio che Tu viva la vita al posto mio o
che Tu mi risolva il problema, ma che mi faccia vedere qual è la strada…Non
voglio che Tu mi togli il viaggio, ma che Tu mi faccia vedere come si fa…Fa’
che io veda!
Questo è il coraggio
che dobbiamo avere quando gli diciamo sia fatta la tua volontà: è un po' come
dire “Sono disposto che Tu accenda la luce e che io, dopo che Tu hai acceso la
luce, viva secondo quello che ho visto”. Perché il più grande nostro peccato è
vedere e poi non prendere nessuna decisione rispetto a ciò che abbiamo visto, è
avere una strada e non percorrerla, è avere l’occasione di essere felice e non
fare nulla per essere felice. Quante volte, nella vita, il Signore ci dà quello
che abbiamo sempre domandato ma non lo cogliamo! Abbiamo paura e sapete di
cosa? Abbiamo paura delle decisioni, abbiamo paura di dire per sempre, abbiamo
paura di dire per tutta la vita…e se poi ci siamo sbagliati? E se poi non è
così? Vogliamo sempre una uscita di sicurezza, vogliamo che qualcuno ci dia la
prova incontrovertibile che è esattamente così! Ma se Dio si comportasse in
questo modo, ci toglierebbe la libertà: tu rimani libero quando conservi il
dubbio.
Sapete perché
l’Eucarestia è un mirabile sacramento? Perché tu sei messo nella libertà di
credere che Lui è realmente lì presente oppure no! E se tu dici non è lì,
nessun fulmine ti ammazza. E se non è niente vero? Se tutto quello che stiamo
facendo non serve a nulla? E se non esiste nessun cielo, nessun Dio, nessuna
resurrezione? Avete ragione! E’ proprio perché avete questo dubbio che siete
liberi! Il Signore vi ha messo in questa condizione di libertà: se dite di sì è
perché avete deciso, non perché vi è stata tolta la scelta. E finchè avete
sempre l’opportunità di dire no, sarete liberi: per questo il Signore ci lascia
questo, le grandi domande…Chi mi assicura che è così? Nessuno! Mi credi o no?
Questa è la domanda seria…
Fa’ che io veda…credo
che sia una preghiera serissima quella del Padre Nostro, perché quando diciamo“sia
fatta la Tua volontà”, stiamo dicendo a noi stessi che siamo pronti a prenderci
la responsabilità di quello che vogliamo veramente. Tu dici a Lui “sia fatta la
Tua volontà”: quindi, da quel momento in poi, non posso più tirarmi indietro
davanti a quello che io voglio veramente. Sapete qual è il nostro teatrino?
Lamentarci, fare le vittime…poi uno ti mette nelle condizioni di cambiare…eh
no! Perché se tu mi togli questa cosa,io che faccio? Ho sempre fatto la
vittima, mi sono sempre lamentato, rigirato la frittata di essere lo sfigato
del mondo!
Prenderti la
responsabilità di quello che vuoi veramente: sei disposto a prenderti la
responsabilità di quello che ti porti, in fondo, nel cuore? Questo significa
dire a Lui “sia fatta la Tua volontà”!E’ un sì non in astratto, è un sì a
quello che ti porti dentro, è un sì a te anche: quanto coraggio ci vuole, non a
dire sì a Dio nascosto nei cieli,ma dire di sì a Dio che si è nascosto nel tuo
cuore e che domanda una tua decisione.
Non cercate la fede come qualcosa che vi possa
togliere i dubbi. Cercate la fede come il coraggio di prendere una decisione,
nonostante i dubbi: questa è la fede. Soltanto chi vive così, ad un certo punto,
si accorge che è felice anche se gli altri non lo capiscono. Gesù descrive la
felicità in questo modo: “il Regno di Dio è simile ad un uomo che ha trovato
un tesoro nascosto in un campo, trovato
quel tesoro lo nasconde di nuovo poi va’, vende tutto quello che ha e compra quel campo”.
Agli occhi di tutti quest’uomo è un pazzo perché ha venduto tutto per comprare
un pezzettino di terra inutile! Ma cosa ne sanno gli altri di cosa è nascosto in
quel campo? Ma quanto è stupido quello che rinuncia a tutte le ragazze del
mondo per dire di sì ad una sola: ma che ne sanno tutti gli altri del tesoro
che è nascosto in quell’unica persona!
Ma che persone inutili
queste suore che si chiudono nei conventi a pregare…che fanno chiuse là? Sono
folli! Ma non lo sanno il tesoro nascosto!
E’ facile per noi
giudicare quando non sappiamo niente del tesoro nascosto, ci sembra sempre
illogico, inutile. Non capiamo che i grandi sì della vita esigono grandi
decisioni,grandi radicalità, anche quando gli altri non le capiscono queste
cose…ma non perché tu pensi, ma perché tu hai scoperto un tesoro nascosto e sei
disposto a dar via tutto per quel tesoro nascosto nel campo. Le persone felici
sono quelle che hanno trovato il tesoro nascosto, non hanno nulla secondo la
logica del mondo, ma hanno un tesoro nascosto, hanno un motivo; le persone
felici non “hanno” in termini di verbo avere,non hanno le cose, non sei felice
perché possiedi una carriera, soldi, macchine, le persone che possiedi perché
ti fanno star bene…no! Sono felici perché hanno trovato un motivo.
Fratelli miei, da
quando abbiamo incontrato Cristo abbiamo incontrato un motivo e, questo, ci
basta ad essere felici! Avere incontrato un motivo. Un giorno Gesù, finendo di
parlare e spiegando una cosa così difficile come sè stesso donato nella propria
carne e nel proprio sangue, la maggior parte delle persone che lo seguivano, se
ne vanno tutte… è troppo duro quello che ci dici non riusciamo a comprenderlo…Lui
rimane deluso da questo atteggiamento della gente che lo segue e, forse, un po'
arrabbiato.Deluso guarda i suoi, i dodici e gli dice “Prego la porta è aperta…volete
andarvene? Potete andarvene anche voi a casa…”Allora uno di loro, Pietro, lo
guarda e gli dice “Sì è vero, ce ne possiamo andare ma dove andiamo? Tu solo
hai parole di vita eterna”… Tu solo rendi la vita viva, Tu solo ci dai una
vita che brucia, solo Tu! E’ vero neanche noi ti capiamo, neanche noi riusciamo
a vivere come ci chiedi, è difficile per noi perdonare 70 volte 7 il fratello…hanno
ragione ad andarsene… ma dove andiamo? Perché solo Tu hai parole di vita!
E’ difficile vivere il
vangelo..ma dove andiamo? Solo Lui ha parole di vita eterna! Siamo qui non
perché siamo migliori, nemmeno Pietro era il migliore…ma siamo qui perché siamo
convinti che solo Lui ha parole di vita eterna e, quando tu ascolti quella
parola, hai un motivo e, se hai un motivo, sei felice e la tua
vita vale la pena.