sabato 30 gennaio 2021

Commento al Vangelo di don Luigi Maria Epicoco - Mc 4, 35-41

 


Dal Vangelo secondo Marco

In quel medesimo giorno, venuta la sera, Gesù disse ai suoi discepoli: «Passiamo all’altra riva». E, congedata la folla, lo presero con sé, così com’era, nella barca. C’erano anche altre barche con lui.

Ci fu una grande tempesta di vento e le onde si rovesciavano nella barca, tanto che ormai era piena. Egli se ne stava a poppa, sul cuscino, e dormiva. Allora lo svegliarono e gli dissero: «Maestro, non t’importa che siamo perduti?».

Si destò, minacciò il vento e disse al mare: «Taci, càlmati!». Il vento cessò e ci fu grande bonaccia. Poi disse loro: «Perché avete paura? Non avete ancora fede?».

E furono presi da grande timore e si dicevano l’un l’altro: «Chi è dunque costui, che anche il vento e il mare gli obbediscono?».

Parola del Signore


Commento al Vangelo di don Luigi Maria Epicoco

È di grande effetto il racconto di Marco del Vangelo di oggi. La narrazione della tempesta restituisce in una maniera quasi plastica la situazione interiore che molti di noi vivono costantemente senza trovare mai davvero il coraggio di dirlo ad alta voce, o senza trovare quasi mai le parole giuste per esprimerla. C’è una barca, i discepoli e Gesù. Egli non è altrove come in altri racconti. Non è sulla riva mentre i discepoli sono nella barca. Questa volta Gesù è lì, nella barca insieme ai suoi discepoli. Si scatena una tempesta, e nei discepoli si affaccia la possibilità che sia la fine: “Egli se ne stava a poppa, sul cuscino, e dormiva. Allora lo svegliarono e gli dissero: «Maestro, non t’importa che moriamo?»”. Sembra quasi paradossale, ma alla situazione di difficoltà, paura e sofferenza dei discepoli si contrappone un Gesù presente ma dormiente. Dorme, come se non gli importasse, o perlomeno è questa la sensazione che hanno i discepoli. In grande sincerità dovremmo dire che non di rado abbiamo anche noi la stessa sensazione. Ci accadono cose che non ci siamo scelti, situazioni troppo grandi per le nostre piccole forze, e la barca della nostra vita è così sballottolata da una parte e dall’altra che ci sorge il dubbio che Dio esiste ma dorme. La lezione dei discepoli è bellissima: trovano il coraggio dirlo. Pregano con sincerità. Dovremmo anche noi imparare la parresia con cui dicono a Gesù quello che sentono dentro di loro. Ma come loro dobbiamo essere disposti ad accettare anche la lezione che Gesù impartisce proprio a partire da questa sensazione: “Destatosi, sgridò il vento e disse al mare: «Taci, calmati!». Il vento cessò e vi fu grande bonaccia. Poi disse loro: «Perché siete così paurosi? Non avete ancora fede?»”. Ci è difficile ragionare se non a partire sempre da ciò che sentiamo. Se sentiamo paura ragioniamo con paura. Gesù dice che la fede è disobbedire alla paura e ricordarsi di ciò che si crede anche quando non lo si sente. Credere è fidarsi di Gesù non della tempesta.



venerdì 29 gennaio 2021

Commento al Vangelo di Don Luigi Maria Epicoco - Mc 4,26-34

 


Dal Vangelo secondo Marco 

In quel tempo, Gesù diceva [alla folla]: «Così è il regno di Dio: come un uomo che getta il seme sul terreno; dorma o vegli, di notte o di giorno, il seme germoglia e cresce. Come, egli stesso non lo sa. Il terreno produce spontaneamente prima lo stelo, poi la spiga, poi il chicco pieno nella spiga; e quando il frutto è maturo, subito egli manda la falce, perché è arrivata la mietitura».

Diceva: «A che cosa possiamo paragonare il regno di Dio o con quale parabola possiamo descriverlo? È come un granello di senape che, quando viene seminato sul terreno, è il più piccolo di tutti i semi che sono sul terreno; ma, quando viene seminato, cresce e diventa più grande di tutte le piante dell'orto e fa rami così grandi che gli uccelli del cielo possono fare il nido alla sua ombra».

Con molte parabole dello stesso genere annunciava loro la Parola, come potevano intendere. Senza parabole non parlava loro ma, in privato, ai suoi discepoli spiegava ogni cosa.

Parola del Signore 


Commento al Vangelo di Don Luigi Maria Epicoco 

«Il regno di Dio è come un uomo che getta il seme nella terra; dorma o vegli, di notte o di giorno, il seme germoglia e cresce; come, egli stesso non lo sa. Poiché la terra produce spontaneamente, prima lo stelo, poi la spiga, poi il chicco pieno nella spiga». Il Vangelo di oggi ci chiede un unico gesto. Tutta la vita racchiusa in un gesto: "gettare il seme". Il resto non compete a noi, non dipende da noi. E' un po' come voler dire che la vita è tale solo se la metti in condizioni di portare frutto. E sono le scelte le cose che mettono in condizioni la vita di portare frutto. Noi vogliamo sempre controllare tutto, e stiamo male perché non ci riusciamo, forse perché siamo convinti che alla fine tutto dipende sempre da noi. Ma non è così. Da noi non dipende tutto. C'è una parte della vita che accade, che viene fuori al di là delle nostre capacità e delle nostre forze. Noi possiamo solo essere come quel contadino che con fiducia getta il seme. Non bisogna avere paura di scegliere qualcosa nella vita. Non bisogna avere paura di fidarsi. Non bisogna avere paura di rischiare in una scelta. C'è qualcosa di più brutto di sbagliare, e cioè il non provarci nemmeno. Non verrà fuori nessun grano da un campo dove non è stato seminato nulla. Da quello seminato potrebbe venir fuori anche erbaccia insieme al grano. Ma è meglio correre il rischio di non avere la perfezione, che non avere nulla per paura dell'imperfezione. «A che cosa possiamo paragonare il regno di Dio o con quale parabola possiamo descriverlo? Esso è come un granellino di senapa che, quando viene seminato per terra, è il più piccolo di tutti semi che sono sulla terra; ma appena seminato cresce e diviene più grande di tutti gli ortaggi». La seconda caratteristica che Gesù sottolinea sta nel potenziale nascosto nelle cose piccole fatte e vissute con fede. In fondo molte famiglie si sono salvate per piccoli atti di amore vissuti con fede da donne (soprattutto) e uomini che hanno sperato in tempi difficili. 


giovedì 28 gennaio 2021

Commento al Vangelo di don Luigi Maria Epicoco - Mc 4,21-25

 


Dal Vangelo secondo Marco

In quel tempo, Gesù diceva [alla folla]: «Viene forse la lampada per essere messa sotto il moggio o sotto il letto? O non invece per essere messa sul candelabro? Non vi è infatti nulla di segreto che non debba essere manifestato e nulla di nascosto che non debba essere messo in luce. Se uno ha orecchi per ascoltare, ascolti!».

Diceva loro: «Fate attenzione a quello che ascoltate. Con la misura con la quale misurate sarà misurato a voi; anzi, vi sarà dato di più. Perché a chi ha, sarà dato; ma a chi non ha, sarà tolto anche quello che ha».

Parola del Signore


Commento al Vangelo di don Luigi Maria Epicoco

«Si porta forse la lampada per metterla sotto il moggio o sotto il letto? O piuttosto per metterla sul lucerniere? Non c'è nulla infatti di nascosto che non debba essere manifestato e nulla di segreto che non debba essere messo in luce». La scelta di campo che fa Gesù è quella di parlare chiaramente, senza più nessun enigma. La parabola non è un modo per nascondere le cose ma per farle capire meglio. È importante tutto questo perché sovente nella nostra vita abbiamo difficoltà a giocare a carte scoperte. Non affrontiamo mai i problemi chiaramente, dando il giusto nome alle cose. Agiamo sempre sotto banco sperando forse di risolvere le cose senza mai affrontarle direttamente. Ma quello che ci è utile è agire alla luce del sole, mettendo in alto ciò che conta e smettendo di nasconderci dietro un diplomatichese che non porta davvero frutto. La fede, ad esempio, non può essere usata come qualcosa di intimistico da tenere nascosto in qualche cassetto delle esperienze personali. Chi crede deve poter lasciare che la luce della fede illumini ogni frammento di vita. Delle volte per paura di ostentare pecchiamo di un’eccessiva discrezione che non fa cogliere nessuna differenza tra noi e chi non crede. Il Vangelo non ci chiede proclami ma testimonianza. Non vuole che ostentiamo ma che mostriamo. Se Gesù è la luce, allora questa luce si deve vedere in qualche modo. Ma avere la fede non significa sentirsi migliori, ne tanto meno serve a sentirci autorizzati a giudicare gli altri. Ci fa allora bene ricordare quest’ulteriore insegnamento di Gesù: «Con la stessa misura con la quale misurate, sarete misurati anche voi; anzi vi sarà dato di più. Poiché a chi ha, sarà dato e a chi non ha, sarà tolto anche quello che ha». Se ci ricordassimo di tutto questo, daremmo un peso alle nostre parole e ai nostri giudizi completamente diverso. Si diventa spietati su gli altri e si spera misericordia su se stessi. Ma siamo noi l’ago della bilancia su come saremo noi giudicati a nostra volta da Colui che è l’unico che può davvero farlo. 



mercoledì 27 gennaio 2021

Commento al Vangelo di Don Luigi Maria Epicoco - Mc 4,1-20

 


Dal Vangelo secondo Marco 

In quel tempo, Gesù cominciò di nuovo a insegnare lungo il mare. Si riunì attorno a lui una folla enorme, tanto che egli, salito su una barca, si mise a sedere stando in mare, mentre tutta la folla era a terra lungo la riva.

Insegnava loro molte cose con parabole e diceva loro nel suo insegnamento: «Ascoltate. Ecco, il seminatore uscì a seminare. Mentre seminava, una parte cadde lungo la strada; vennero gli uccelli e la mangiarono. Un'altra parte cadde sul terreno sassoso, dove non c'era molta terra; e subito germogliò perché il terreno non era profondo, ma quando spuntò il sole, fu bruciata e, non avendo radici, seccò. Un'altra parte cadde tra i rovi, e i rovi crebbero, la soffocarono e non diede frutto. Altre parti caddero sul terreno buono e diedero frutto: spuntarono, crebbero e resero il trenta, il sessanta, il cento per uno». E diceva: «Chi ha orecchi per ascoltare, ascolti!».

Quando poi furono da soli, quelli che erano intorno a lui insieme ai Dodici lo interrogavano sulle parabole. Ed egli diceva loro: «A voi è stato dato il mistero del regno di Dio; per quelli che sono fuori invece tutto avviene in parabole, affinché guardino, sì, ma non vedano, ascoltino, sì, ma non comprendano, perché non si convertano e venga loro perdonato».

E disse loro: «Non capite questa parabola, e come potrete comprendere tutte le parabole? Il seminatore semina la Parola. Quelli lungo la strada sono coloro nei quali viene seminata la Parola, ma, quando l'ascoltano, subito viene Satana e porta via la Parola seminata in loro. Quelli seminati sul terreno sassoso sono coloro che, quando ascoltano la Parola, subito l'accolgono con gioia, ma non hanno radice in se stessi, sono incostanti e quindi, al sopraggiungere di qualche tribolazione o persecuzione a causa della Parola, subito vengono meno. Altri sono quelli seminati tra i rovi: questi sono coloro che hanno ascoltato la Parola, ma sopraggiungono le preoccupazioni del mondo e la seduzione della ricchezza e tutte le altre passioni, soffocano la Parola e questa rimane senza frutto. Altri ancora sono quelli seminati sul terreno buono: sono coloro che ascoltano la Parola, l'accolgono e portano frutto: il trenta, il sessanta, il cento per uno».

Parola del Signore 


Commento al Vangelo di Don Luigi Maria Epicoco 

“Di nuovo si mise a insegnare lungo il mare. E si riunì attorno a lui una folla enorme, tanto che egli salì su una barca e là restò seduto, stando in mare, mentre la folla era a terra lungo la riva”. C’è così tanta gente che Gesù deve salire su una barca per poter palare a tutti, e a quanto pare la sua più grande preoccupazione è offrire a chi l’ascolta una chiave di lettura del loro essere lì ad ascoltare. Non basta infatti avere davanti a sé una massa di followers per pensare che le cose stanno andando per il verso giusto, serve invece capire qual è la qualità dell’ascolto di ciascuna di queste persone. Ecco allora la parabola del seminatore: «Ascoltate. Ecco, uscì il seminatore a seminare. Mentre seminava, una parte cadde lungo la strada e vennero gli uccelli e la divorarono. Un'altra cadde fra i sassi, dove non c'era molta terra, e subito spuntò perché non c'era un terreno profondo; ma quando si levò il sole, restò bruciata e, non avendo radice, si seccò. Un'altra cadde tra le spine; le spine crebbero, la soffocarono e non diede frutto. E un'altra cadde sulla terra buona, diede frutto che venne su e crebbe, e rese ora il trenta, ora il sessanta e ora il cento per uno». Gesù sembra voler dire a tutte queste persone: chi siete voi tra tutti i personaggi di questo racconto? Siete ascoltatori superficiali che sentono senza ascoltare veramente? Siete personaggi emotivi, facili agli entusiasmi ma finita l’adrenalina scappano a gambe levate? O siete quelli che trattengono tutto per poi buttare tutto a mare alla prima preoccupazione che passa per la testa? Gesù sta cercando di aiutare le persone che lo seguono a capire con che qualità lo stanno seguendo e lo stanno ascoltando, perché sa che in mezzo a loro c’è anche chi sa ascoltare, serbare, mettere in pratica e portare frutto. È la grande lezione del vangelo che ci dice che la nostra forza non è mai nei numeri ma nella qualità. Un manipolo sparuto di santi possono cambiare un’intera città, ma un popolo di cristiani annacquati non servono nemmeno per coreografia. 


martedì 26 gennaio 2021

Don Luigi Maria Epicoco - Qualcuno a cui guardare

Don Luigi Maria Epicoco - La strada verso casa

Don Luigi Maria Epicoco - E tu, ti dai del tempo?

Commento al Vangelo di Don Luigi Maria Epicoco - Lc 10,1-9

 


Dal Vangelo secondo Luca 

In quel tempo, il Signore designò altri settantadue e li inviò a due a due davanti a sé in ogni città e luogo dove stava per recarsi. Diceva loro: «La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai! Pregate dunque il signore della messe, perché mandi operai nella sua messe! Andate: ecco, vi mando come agnelli in mezzo a lupi; non portate borsa, né sacca, né sandali e non fermatevi a salutare nessuno lungo la strada. In qualunque casa entriate, prima dite: "Pace a questa casa!". Se vi sarà un figlio della pace, la vostra pace scenderà su di lui, altrimenti ritornerà su di voi. Restate in quella casa, mangiando e bevendo di quello che hanno, perché chi lavora ha diritto alla sua ricompensa. Non passate da una casa all'altra. Quando entrerete in una città e vi accoglieranno, mangiate quello che vi sarà offerto, guarite i malati che vi si trovano, e dite loro: "È vicino a voi il regno di Dio"».

Parola del Signore 


Commento al Vangelo di Don Luigi Maria Epicoco 

“La messe è molta, ma gli operai sono pochi. Pregate dunque il padrone della messe perché mandi operai per la sua messe”. Così inizia il vangelo nella memoria dei Santi Timoteo e Tito. Questa seconda generazione di evangelizzatori è il chiaro frutto della richiesta di operai della messe. Da Gesù in poi, il mondo è un campo immenso che esige il si di molti affinché venga evangelizzato. Gesù che potrebbe arrivare ad ogni uomo senza di noi, ha deciso di non farlo senza di noi. In questo senso la nostra preghiera è anche una grande memoria di quanto dovremmo noi imparare a dire il nostro si qualunque cosa stiamo facendo e in qualunque stato di vita stiamo vivendo. Gli operai della messe non sono solo i preti, ma ogni battezzato che decide di non vivere più in maniera supina il proprio battesimo. Ma per far questo serve liberarsi di visioni romantiche e assumere un sano realismo: “Andate: ecco io vi mando come agnelli in mezzo a lupi; non portate borsa, né bisaccia, né sandali e non salutate nessuno lungo la strada. In qualunque casa entriate, prima dite: Pace a questa casa. Se vi sarà un figlio della pace, la vostra pace scenderà su di lui, altrimenti ritornerà su di voi”. Vivere seriamente la testimonianza battesimale significa capire che il mondo è fatto di lupi e noi siamo come degli agnelli davanti ad essi. Questa percezione di inadeguatezza non deve bloccarci ma farci ricordare che la nostra forza non è nelle nostre capacità, ma in una forza che viene dall’alto. Ad esempio se io mi convincessi che le mie forze possono bastare ad essere un buon prete allora sarei un illuso. Io da solo sono buono a fare danni, ma io con l’aiuto di Dio posso combinare anche qualcosa di buono. Lo stesso discorso è vero per qualunque vocazione. Chi vive così vive annunciando il vangelo con la propria vita e nel proprio stato di vita. Ma deve anche essere disposto ad accettare che non tutti accoglieranno la nostra vita e il nostro modo di vivere. Gesù non ci ha promesso simpatia da parte di tutti, ci ha chiesto solo di testimoniarlo senza prendercela in caso contrario.  


lunedì 25 gennaio 2021

Don Luigi Maria Epicoco - Presentazione del libro Rime a Sorpresa di Luc...

Don Luigi Maria Epicoco - Attraversare le tempeste

Commento al Vangelo di Don Luigi Maria Epicoco - Mc 16,15-18

 


Dal Vangelo secondo Marco 

In quel tempo, [Gesù apparve agli Undici] e disse loro: «Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo a ogni creatura. Chi crederà e sarà battezzato sarà salvato, ma chi non crederà sarà condannato. Questi saranno i segni che accompagneranno quelli che credono: nel mio nome scacceranno demòni, parleranno lingue nuove, prenderanno in mano serpenti e, se berranno qualche veleno, non recherà loro danno; imporranno le mani ai malati e questi guariranno».

Parola del Signore 


Commento al Vangelo di Don Luigi Maria Epicoco 

Di San Paolo non facciamo solo memoria della sua santità, del suo martirio, della sua testimonianza, bensì anche della sua conversione. E questo forse perché la conversione di quest’uomo non ha nulla a che fare con la conversione di un ateo, di un miscredente, di un senza Dio, ma a che fare con la conversione di un uomo che a Dio già credeva, anzi ci credeva talmente tanto da perseguitare i cristiani per difenderne il Suo buon Nome. San Paolo è un credente convertito. Egli passa dalla religione alla fede. Forse ognuno di noi dovrebbe pregare affinché gli accada la medesima conversione. Troppo spesso la nostra vita è piena di religione ma vuota della vera fede. La religione è frutto di educazione, di tradizione, di aspettative, ma la fede può anche non avere a che fare direttamente con tutto questo. Si incontra la fede quando in maniera forte e decisiva si fa un’esperienza che ci segna talmente tanto da farci passare dal credere in valori o idee a credere in Qualcuno. Saulo incontra Cristo sulla sua strada, e da quel momento non è più lo stesso uomo di prima. Saulo diventa Paolo. Ecco perché il Vangelo di oggi riporta le parole di Gesù sull’annuncio: «Andate in tutto il mondo e predicate il vangelo ad ogni creatura. Chi crederà e sarà battezzato sarà salvo, ma chi non crederà sarà condannato». Perché se da una parte la fede è il dono di ricevere un’esperienza che ti cambia la vita, è pur vero che davanti a questa esperienza rimaniamo liberi di dire di si o di no. «E questi saranno i segni che accompagneranno quelli che credono: nel mio nome scacceranno i demòni, parleranno lingue nuove, prenderanno in mano i serpenti e, se berranno qualche veleno, non recherà loro danno, imporranno le mani ai malati e questi guariranno». I frutti dell’annuncio non consistono in convincimenti retorici, ma in prove di fatto. È la grande lezione che ha appreso Paolo convertendosi: lui che di retorica e di ragionamenti teologici se ne intendeva, comprende che Dio agisce per fatti e non per meri ragionamenti. 


domenica 24 gennaio 2021

Commento al Vangelo di don Luigi Maria Epicoco - Mc 1,14-20

 


Dal Vangelo secondo Marco

Dopo che Giovanni fu arrestato, Gesù andò nella Galilea, proclamando il vangelo di Dio, e diceva: «Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete nel Vangelo».

Passando lungo il mare di Galilea, vide Simone e Andrea, fratello di Simone, mentre gettavano le reti in mare; erano infatti pescatori. Gesù disse loro: «Venite dietro a me, vi farò diventare pescatori di uomini». E subito lasciarono le reti e lo seguirono.

Andando un poco oltre, vide Giacomo, figlio di Zebedèo, e Giovanni suo fratello, mentre anch’essi nella barca riparavano le reti. E subito li chiamò. Ed essi lasciarono il loro padre Zebedèo nella barca con i garzoni e andarono dietro a lui.

Parola del Signore


Commento al Vangelo di don Luigi Maria Epicoco

"Dopo che Giovanni fu arrestato, Gesù andò nella Galilea, proclamando il vangelo di Dio, e diceva: «Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete nel Vangelo»". Ogni grande decisione nella vita, nasce molto spesso da qualcosa di importante che è accaduto. Per Gesù il trauma dell'arresto di Giovanni e la sua successiva morte è l'evento che lo spinge alla decisione di cominciare la sua vita pubblica. E già questa è una grande indicazione. Solitamente noi facciamo il contrario: le cose che succedono dentro la nostra vita (specie quelle più brutte) diventano l'alibi per cui non fare più nulla e non decidere più niente. Il dolore se non ci provoca a grandi scelte allora ha definitivamente vinto, ma se ci spinge a fare qualcosa di importante allora è disinnescato alla radice. Ciò non significa che non farà più male, ma che non avrà l'ultima parola. 



sabato 23 gennaio 2021

Commento al Vangelo di don Luigi Maria Epicoco - Mc 3, 20-21

 



Dal Vangelo secondo Marco

In quel tempo, Gesù entrò in una casa e di nuovo si radunò una folla, tanto che non potevano neppure mangiare.

Allora i suoi, sentito questo, uscirono per andare a prenderlo; dicevano infatti: «È fuori di sé».

Parola del Signore


Commento al Vangelo di don Luigi Maria Epicoco

“Entrò in una casa e si radunò di nuovo attorno a lui molta folla, al punto che non potevano neppure prendere cibo”. La brevità del Vangelo di oggi è inversamente proporzionale all’efficacia dell’immagine. Infatti l’immensità della gente che attornia Gesù è così grande che si ha subito la sensazione che l’evangelista Marco stia man mano facendo percepire che l’identità di Gesù si sta rivelando, e proprio per questo il suo seguito diventa incontenibile. Ma è interessante l’annotazione successiva del versetto seguente: “Allora i suoi, sentito questo, uscirono per andare a prenderlo; poiché dicevano: «È fuori di sé»”. Infatti se da una parte Gesù sta emergendo nella sua identità messianica, la difficoltà che fanno le persone che lo conoscono da tempo, soprattutto i suoi parenti, è accettare che quel ragazzo cresciuto con loro non è solo il figlio di Giuseppe il falegname, ma è il figlio di Dio. Per fare un paragone con noi dovremmo dire che molte volte di Gesù ci prendiamo gli insegnamenti, le parole, le indicazioni, ma facciamo fatica ad accettare che Egli non è solo un maestro di vita, ne solo un geniale psicologo o una fine guida spirituale ma bensì il figlio di Dio venuto a salvarci. Tutte le cose buone che Gesù suscita possono essere catalogate in esperienze positive riscontrabili nel mondo, ma c’è una cosa che sfugge ogni catalogazione ed è la sua origine divina. È proprio questo dettaglio che fa credere ad alcuni che sia pazzo. Ma con il tempo anche loro dovranno ricredersi, accettando che l’unica pazzia di cui si può accusare Gesù ha a che fare con l’amore per ogni uomo. È comunque bello poter pensare che alla fine se Gesù non ci scandalizza, ciò significa che c’è qualcosa che non va. L’esperienza della fede non è essere confermati nelle nostre aspettative ma lasciarci stupire e mettere in crisi dal Signore che supera spesso le nostre aspettative. In questo senso lo scandalo è la maniera ordinaria attraverso cui il Signore ci ricorda che Egli è Dio. 



venerdì 22 gennaio 2021

Commento al Vangelo di don Luigi Maria Epicoco - Mc 3, 13-19

 


Dal Vangelo secondo Marco

In quel tempo, Gesù salì sul monte, chiamò a sé quelli che voleva ed essi andarono da lui. Ne costituì Dodici – che chiamò apostoli –, perché stessero con lui e per mandarli a predicare con il potere di scacciare i demòni.

Costituì dunque i Dodici: Simone, al quale impose il nome di Pietro, poi Giacomo, figlio di Zebedèo, e Giovanni fratello di Giacomo, ai quali diede il nome di Boanèrghes, cioè “figli del tuono”; e Andrea, Filippo, Bartolomeo, Matteo, Tommaso, Giacomo, figlio di Alfeo, Taddeo, Simone il Cananeo e Giuda Iscariota, il quale poi lo tradì.

Parola del Signore


Commento al Vangelo di don Luigi Maria Epicoco

“Ne costituì Dodici che stessero con lui e anche per mandarli a predicare e perché avessero il potere di scacciare i demòni”. È bello pensare che il modo che Gesù ha di ragionare non è un modo aziendale. Egli non ha pensato alla Chiesa come l’esecutrice dei suoi progetti, ma come il circuito di relazioni dove Egli stesso poteva entrarci dentro in maniera totale. Per questo l’evangelista Marco sottolinea che il motivo per cui sceglie i dodici è innanzitutto perché “stessero con lui”, e solo in un secondo tempo per “mandarli a predicare”. Dobbiamo comprendere che la nostra vocazione cristiana non è sentirci delle pedine in mano a un Dio che ha progetti da realizzare, ma che siamo voluti e chiamati per vivere innanzitutto un rapporto preferenziale con lui. Altrimenti ci affanneremo a fare molte cose sentendoci però solo dei servi efficienti e non certamente dei figli felici. “Costituì dunque i Dodici: Simone, al quale impose il nome di Pietro; poi Giacomo di Zebedèo e Giovanni fratello di Giacomo, ai quali diede il nome di Boanèrghes, cioè figli del tuono; e Andrea, Filippo, Bartolomeo, Matteo, Tommaso, Giacomo di Alfeo, Taddeo, Simone il Cananèo e Giuda Iscariota, quello che poi lo tradì”. Gesù sceglie ognuno per ciò che è e non per ciò che dovrebbe essere. Egli non chiede a nessun suo discepolo di smettere di essere se stesso per seguirlo, anzi li lascia talmente tanto se stessi e liberi che potranno persino rinnegarlo e tradirlo. Senza questa caratteristica di libertà, la fede e il cristianesimo sarebbero solo delle mere esecuzioni di copioni già scritti, quando invece sono delle misteriose storie da scoprire. Il fatto che Dio sappia tutto, e sappia quindi anche come finirà la storia, non significa che per questo ci toglie la libertà di realizzarla. È forse questa la cosa più bella di Gesù: anche se sa, continua a investire e ad avere fiducia in ciascuno sapendo che persino da un errore si possono tirare fuori dei santi, e che in questo rischio risiede anche la terribile possibilità che qualcuno decida di perdersi completamente.  




giovedì 21 gennaio 2021

Commento al Vangelo di don Luigi Maria Epicoco - Mc 3, 7-12

 


Dal Vangelo secondo Marco

In quel tempo, Gesù, con i suoi discepoli si ritirò presso il mare e lo seguì molta folla dalla Galilea. Dalla Giudea e da Gerusalemme, dall’Idumea e da oltre il Giordano e dalle parti di Tiro e Sidòne, una grande folla, sentendo quanto faceva, andò da lui.

Allora egli disse ai suoi discepoli di tenergli pronta una barca, a causa della folla, perché non lo schiacciassero. Infatti aveva guarito molti, cosicché quanti avevano qualche male si gettavano su di lui per toccarlo.

Gli spiriti impuri, quando lo vedevano, cadevano ai suoi piedi e gridavano: «Tu sei il Figlio di Dio!». Ma egli imponeva loro severamente di non svelare chi egli fosse.

Parola del Signore


Commento al Vangelo di don Luigi Maria Epicoco

“Allora egli pregò i suoi discepoli che gli mettessero a disposizione una barca, a causa della folla, perché non lo schiacciassero. Infatti ne aveva guariti molti, così che quanti avevano qualche male gli si gettavano addosso per toccarlo”. Mi commuove la richiesta di Gesù nel Vangelo di oggi: elemosina un po’ di spazio sulla nostra barca per poter continuare a parlare a tutti. Il rischio, infatti, di essere schiacciato è alto. Non siamo forse abituati a pensare a un Dio che ha bisogno di noi. Dio per definizione è onnipotente, può tutto, non ha bisogno di nulla. Ma Gesù ci ha insegnato che Dio è talmente amante della nostra libertà da consegnarsi alle nostre scelte, ai nostri si e ai nostri no. Siamo discepoli di un Dio che si propone ma che non si impone. La fede, diceva Benedetto XVI, è una vittoriosa certezza. Ma questa vittoriosa certezza la si può perdere, rovinare, schiacciare nelle mille cose della vita. La vita spirituale è permettere a Gesù di avere un po’ di spazio nel nostro tempo, nelle nostre giornate, nelle nostre cose per continuare a proclamarci la buona notizia di essere completamente amati. Finché desidereremo avere un Dio che si impone a noi, rimarremo delusi. Gesù agisce con potenza nella vita di coloro che gli fanno spazio. Sarebbe bello se oggi ci domandassimo quanto spazio gli facciamo. Sarebbe bello avere consapevolezza se siamo come quei demoni che sanno bene chi è ma non si lasciano cambiare, o siamo come quelle folle che lo cercano solo perché vogliono essere guarite. Si è discepoli non quando si ha la risposta giusta, ne quando è la disperazione il vero motivo per cui lo cerchiamo; si è discepoli quando si decide di fare spazio a Colui che ha scelto la via dell’umiltà per portarci la salvezza. Pensare che il Figlio di Dio si è fatto uomo non serve a emozionarci in tempi di natale, ma serve a ricordarci che Colui che riempie i cieli e i cieli dei cieli, ha scelto di diventare bambino perché ognuno di noi rimanesse libero davanti a Lui. 



mercoledì 20 gennaio 2021

Don Luigi Maria Epicoco - Vivere con amore

Commento al Vangelo di don Luigi Maria Epicoco - Mc 3,1-6

 


Dal Vangelo secondo Marco

In quel tempo, Gesù entrò di nuovo nella sinagoga. Vi era lì un uomo che aveva una mano paralizzata, e stavano a vedere se lo guariva in giorno di sabato, per accusarlo.

Egli disse all’uomo che aveva la mano paralizzata: «Àlzati, vieni qui in mezzo!». Poi domandò loro: «È lecito in giorno di sabato fare del bene o fare del male, salvare una vita o ucciderla?». Ma essi tacevano. E guardandoli tutt’intorno con indignazione, rattristato per la durezza dei loro cuori, disse all’uomo: «Tendi la mano!». Egli la tese e la sua mano fu guarita.

E i farisei uscirono subito con gli erodiani e tennero consiglio contro di lui per farlo morire.

Parola del Signore


Commento al Vangelo di don Luigi Maria Epicoco

La scena raccontata nel vangelo di oggi è davvero significativa. Gesù entra nella sinagoga. Ormai è palese lo scontro polemico con gli scribi e i farisei. Questa volta però la diatriba non riguarda discorsi teologici o interpretazioni, ma la sofferenza concreta di una persona: “C'era un uomo che aveva una mano inaridita, e lo osservavano per vedere se lo guariva in giorno di sabato per poi accusarlo. Egli disse all'uomo che aveva la mano inaridita: «Mettiti nel mezzo!»”. Solo Gesù sembra prendere sul serio la sofferenza di quest’uomo. Gli altri sono tutti preoccupati solo di avere ragione. Un po’ come capita anche a noi che per la foga di voler avere ragione perdiamo di vista ciò che conta. Gesù stabilisce che il punto di partenza deve sempre essere la concretezza del volto dell’altro. C’è qualcosa di più grande di ogni Legge ed è l’uomo. Se si dimentica questo si rischia di diventare fondamentalisti religiosi. Il fondamentalismo non è nocivo solo se riguarda le altre religioni, ma è pericoloso anche quando riguarda la nostra. E si diventa fondamentalisti quando si perdono di vista le vite concrete delle persone, la loro concreta sofferenza, il loro concreto esserci in una storia precisa e in una condizione specifica. Gesù mette al centro le persone, e nel vangelo di oggi non si limita solo a farlo ma a interrogare gli altri a partire da questo gesto: “Poi domandò loro: «È lecito in giorno di sabato fare il bene o il male, salvare una vita o toglierla?». Ma essi tacevano. E guardandoli tutt'intorno con indignazione, rattristato per la durezza dei loro cuori, disse a quell'uomo: «Stendi la mano!». La stese e la sua mano fu risanata. E i farisei uscirono subito con gli erodiani e tennero consiglio contro di lui per farlo morire”. Sarebbe bello pensare dove siamo collocati noi in questo racconto. Ragioniamo come Gesù o come gli scribi e i farisei? E soprattutto ci accorgiamo che Gesù fa tutto questo perché l’uomo con la mano inaridita non è uno sconosciuto, ma sono io, sei tu?  




martedì 19 gennaio 2021

Commento al Vangelo di don Luigi Maria Epicoco - Mc 2,23-28

 


Dal Vangelo secondo Marco

In quel tempo, di sabato Gesù passava fra campi di grano e i suoi discepoli, mentre camminavano, si misero a cogliere le spighe.

I farisei gli dicevano: «Guarda! Perché fanno in giorno di sabato quello che non è lecito?». Ed egli rispose loro: «Non avete mai letto quello che fece Davide quando si trovò nel bisogno e lui e i suoi compagni ebbero fame? Sotto il sommo sacerdote Abiatàr, entrò nella casa di Dio e mangiò i pani dell’offerta, che non è lecito mangiare se non ai sacerdoti, e ne diede anche ai suoi compagni!».

E diceva loro: «Il sabato è stato fatto per l’uomo e non l’uomo per il sabato! Perciò il Figlio dell’uomo è signore anche del sabato».

Parola del Signore


Commento al Vangelo di don Luigi Maria Epicoco

“In giorno di sabato Gesù passava per i campi di grano, e i discepoli, camminando, cominciarono a strappare le spighe. I farisei gli dissero: «Vedi, perché essi fanno di sabato quel che non è permesso?»”. Certi brani del vangelo sono rivoluzionari ed è per questo che sono pericolosi. Infatti una rivoluzione può cominciare con il piede giusto e finire con quello sbagliato. Ciò che Gesù sta cercando di inculcare agli scribi e ai farisei è che la potenza della Legge, del sabato, delle pratiche di Israele stanno nella loro capacità pedagogica di educare alla libertà e non nel sostituirsi ad essa. Infatti c’è un uso della Legge, del sabato e della tradizione che serve a toglierci dall’imbarazzo di essere liberi, mentre, ad esempio, il sabato è istituito da Dio per ricordare a ciascuno di noi che siamo liberi. Ed è tanto vera questa libertà che almeno un giorno alla settimana noi non siamo sotto la dittatura del fare. Ma se questa intenzione di fondo viene dimenticata, anche il sabato può trasformarsi nell’ennesima cosa oppressiva che popola la nostra vita. Anzi, è forse questo il rigetto della religione che si ha nel nostro tempo: abbiamo trasmesso una fede fatta di precetti, di regole, di moralismi offuscando completamente la luce e il messaggio di fondo del Vangelo che è fatto di gioia e di libertà. Ma è anche vero che a volte in nome della gioia e della libertà si butta a mare tutto trasformando Gesù non più nel Messia ma in una versione caricaturale di qualche guru profumato di autorealizzazione e benessere. La verità è che Gesù vuole restituire il sabato al suo vero significato donando un gusto diverso a chi già l’osserva e donando un’opportunità a chi se l’è perso per strada. Se vuoi essere felice devi imparare a tenere una direzione, ma ricordati che non basta mantenere una direzione per essere felici. È in questo doppio limite che si mantiene un sano realismo cristiano. Solo così la rivoluzione del vangelo non diventa tragedia ma vero cambiamento. 



lunedì 18 gennaio 2021

Lettera Apostolica - Patris Corde

 


Proponiamo attraverso dei video la lettura delle sette parti in cui è divisa la Patris Corde, la lettera Apostolica di Papa Francesco in occasione del 150° anniversario dalla dichiarazione di San Giuseppe quale Patrono della Chiesa Universale.

Prima Parte - Padre Amato

Seconda Parte - Padre nella Tenerezza

Terza Parte - Padre nell'Obbedienza

Quarta Parte - Padre nell'Accoglienza

Quinta Parte - Padre dal Coraggio Creativo

Sesta Parte - Padre Lavoratore

Settima Parte - Padre nell'ombra


Lettera Apostolica Patris Corde - Settima parte - Padre nell'ombra

Lettera Apostolica Patris Corde - Sesta parte - Padre Lavoratore

Commento al Vangelo di Don Luigi Maria Epicoco - Mc 2,18-22

 


Dal Vangelo secondo Marco 

In quel tempo, i discepoli di Giovanni e i farisei stavano facendo un digiuno. Vennero da Gesù e gli dissero: «Perché i discepoli di Giovanni e i discepoli dei farisei digiunano, mentre i tuoi discepoli non digiunano?».

Gesù disse loro: «Possono forse digiunare gli invitati a nozze, quando lo sposo è con loro? Finché hanno lo sposo con loro, non possono digiunare. Ma verranno giorni quando lo sposo sarà loro tolto: allora, in quel giorno, digiuneranno.

Nessuno cuce un pezzo di stoffa grezza su un vestito vecchio; altrimenti il rattoppo nuovo porta via qualcosa alla stoffa vecchia e lo strappo diventa peggiore. E nessuno versa vino nuovo in otri vecchi, altrimenti il vino spaccherà gli otri, e si perdono vino e otri. Ma vino nuovo in otri nuovi!».

Parola del Signore 


Commento al Vangelo di Don Luigi Maria Epicoco 

“Ora i discepoli di Giovanni e i farisei stavano facendo un digiuno. Si recarono allora da Gesù e gli dissero: «Perché i discepoli di Giovanni e i discepoli dei farisei digiunano, mentre i tuoi discepoli non digiunano?»”. Ci sono dei perché che servono a farci scoprire il significato delle cose, e perché retorici. I discepoli del Battista e i farisei sono intenti a compiere la pratica del digiuno. Ciò che li preoccupa non è l’aver capito o meno il vero motivo per cui praticano il digiuno ma il fastidio che procura loro il fatto che i discepoli di Gesù non lo fanno. È una sensazione che spesso si affaccia nella nostra vita quando ci troviamo a dover avere a che fare con persone che vivono o fanno cose diverse dalle nostre. In fondo ciò che ci infastidisce è che la diversità mette in discussione il nostro equilibrio precario. Ma la vera svolta sarebbe approfittare dell’incontro con ciò che è diverso per riscoprire le vere ragioni che ci sono alla base delle nostre convinzioni e delle nostre scelte. Gesù in maniera molto semplice dice a coloro che lo interrogano che la funzione della pratica religiosa non è fine a se stessa. Essa non è un modo per mostrare quanto si è bravi, ma assume senso solo in rapporto allo “sposo”, cioè ha senso solo dentro una relazione: “Gesù disse loro: Possono forse digiunare gli invitati a nozze quando lo sposo è con loro? Finché hanno lo sposo con loro, non possono digiunare. Ma verranno i giorni in cui sarà loro tolto lo sposo e allora digiuneranno”. Basta questa precisazione a rendere vuota qualunque pratica religiosa che si compie fuori da un’autentica relazione con Dio. Ma implicitamente è un monito anche per i suoi discepoli: essi infatti non avranno lui per sempre. Chi segue Gesù sa bene che ci sono momenti in cui Egli è presente, e momenti in cui sembra che Egli sia assente. La nostra capacità è sapere fare tesoro dell’uno e dell’altro momento. No si digiuna per convincere Dio di qualcosa ma per imparare ad abitare la mancanza come luogo decisivo dove incontrare Dio. 


sabato 16 gennaio 2021

Commento al Vangelo di Don Luigi Maria Epicoco - Mc 2,13-17

 


Dal Vangelo secondo Marco 

In quel tempo, Gesù uscì di nuovo lungo il mare; tutta la folla veniva a lui ed egli insegnava loro. Passando, vide Levi, il figlio di Alfeo, seduto al banco delle imposte, e gli disse: «Seguimi». Ed egli si alzò e lo seguì.

Mentre stava a tavola in casa di lui, anche molti pubblicani e peccatori erano a tavola con Gesù e i suoi discepoli; erano molti infatti quelli che lo seguivano. Allora gli scribi dei farisei, vedendolo mangiare con i peccatori e i pubblicani, dicevano ai suoi discepoli: «Perché mangia e beve insieme ai pubblicani e ai peccatori?».

Udito questo, Gesù disse loro: «Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati; io non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori».

Parola del Signore 


Commento al Vangelo di Don Luigi Maria Epicoco 

“Uscì di nuovo lungo il mare; tutta la folla veniva a lui ed egli li ammaestrava. Nel passare, vide Levi, il figlio di Alfeo, seduto al banco delle imposte, e gli disse: «Seguimi». Egli, alzatosi, lo seguì”. Il vangelo di oggi inizia con l’accostamento del mare di Galilea, al mare di folla che segue Gesù. Quando le cose diventano troppo grandi rischiano di diventare pericolose. Un evento di massa è destinato a trasformarsi inevitabilmente in un evento irrazionale. Infatti ci sono spinte irrazionali che animano le folle. Anche il cristianesimo può correre lo stesso rischio, per questo il vangelo di oggi ci dice che Gesù non solo è capace di avere un grande seguito ma soprattutto egli è capace di non dimenticarsi che l’evento del vangelo è vero non in virtù della forza della massa ma in virtù dell’incontro personale con ognuno. Ecco perché Gesù tra tutti si accorge di uno. Levi, che è in realtà il futuro evangelista Matteo, è seduto al banco delle imposte. È Gesù ad accorgersi di lui. È Gesù che lo chiama, che lo provoca nella sua libertà. Da parte sua Levi si lascia conquistare da Cristo. Ma questo tipo di conquista ha sempre un prezzo da pagare: “Mentre Gesù stava a mensa in casa di lui, molti pubblicani e peccatori si misero a mensa insieme con Gesù e i suoi discepoli; erano molti infatti quelli che lo seguivano. Allora gli scribi della setta dei farisei, vedendolo mangiare con i peccatori e i pubblicani, dicevano ai suoi discepoli: «Come mai egli mangia e beve in compagnia dei pubblicani e dei peccatori?». Avendo udito questo, Gesù disse loro: «Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati; non sono venuto per chiamare i giusti, ma i peccatori»”. Per avere me Gesù non ha paura di mettere in discussione la sua fama. Per amore mio Gesù non ha paura di pagare in prima persona. Noi tutti siamo il frutto di un amore che non ha pensato a salvare se stesso, ma che ha dato tutto di sé, non solo la vita ma anche il suo buon nome pur di averci. Egli è venuto per me non in quanto bravo e santo, ma in quanto peccatore e perduto. 


venerdì 15 gennaio 2021

Lettera Apostolica Patris Corde - Quinta parte - Padre dal coraggio crea...

Lettera Apostolica Patris Corde - Quarta parte - Padre nell'Accoglienza

Commento al Vangelo di Don Luigi Maria Epicoco - Mc 2,1-12

 


Dal Vangelo secondo Marco 

Gesù entrò di nuovo a Cafàrnao, dopo alcuni giorni. Si seppe che era in casa e si radunarono tante persone che non vi era più posto neanche davanti alla porta; ed egli annunciava loro la Parola. Si recarono da lui portando un paralitico, sorretto da quattro persone. Non potendo però portarglielo innanzi, a causa della folla, scoperchiarono il tetto nel punto dove egli si trovava e, fatta un'apertura, calarono la barella su cui era adagiato il paralitico. Gesù, vedendo la loro fede, disse al paralitico: «Figlio, ti sono perdonati i peccati». Erano seduti là alcuni scribi e pensavano in cuor loro: «Perché costui parla così? Bestemmia! Chi può perdonare i peccati, se non Dio solo?». E subito Gesù, conoscendo nel suo spirito che così pensavano tra sé, disse loro: «Perché pensate queste cose nel vostro cuore? Che cosa è più facile: dire al paralitico "Ti sono perdonati i peccati", oppure dire "Àlzati, prendi la tua barella e cammina"? Ora, perché sappiate che il Figlio dell'uomo ha il potere di perdonare i peccati sulla terra, dico a te - disse al paralitico -: àlzati, prendi la tua barella e va' a casa tua». Quello si alzò e subito prese la sua barella, sotto gli occhi di tutti se ne andò, e tutti si meravigliarono e lodavano Dio, dicendo: «Non abbiamo mai visto nulla di simile!».

Parola del Signore 


Commento al Vangelo di Don Luigi Maria Epicoco 

“Si seppe che era in casa e si radunarono tante persone, da non esserci più posto neanche davanti alla porta, ed egli annunziava loro la parola”. La fama che gli ha procurato il lebbroso guarito diventa evidente in questo episodio raccontato dal vangelo di oggi in cui la sola informazione che Gesù è in casa ha come conseguenza un assembramento talmente numeroso che non c’è più possibilità di passare per entrare in casa. In questa situazione di impossibilità chi ne fa le spese è soprattutto chi è meno fortunato, chi non ha potuto correre, chi non è riuscito a farsi spazio, ad arrivare per primo. Ecco perché l’arrivo di un paralitico è accompagnato dalla constatazione che non c’è strada che conduca a Gesù. Eppure gli amici che accompagnano quest’uomo non si lasciano scoraggiare e trovano un ingegnoso modo di aggirare l’ostacolo: “Non potendo però portarglielo innanzi, a causa della folla, scoperchiarono il tetto nel punto dov'egli si trovava e, fatta un'apertura, calarono il lettuccio su cui giaceva il paralitico”. Plasticamente il vangelo di oggi ci spiega in che modo la Chiesa deve riformarsi per rendere ancora efficace l’incontro con Cristo: essa non deve minare la basi, ma aprire varchi nel tetto, cioè per poter essere efficace non deve rinunciare alla radicalità del vangelo ma ai contenitori in cui è abituata ad operare. Se infatti fino a non molti decenni fa la società si costruiva attorno a una piazza, a un campanile, ad una fontana, a una Chiesa, oggi questo concetto di comunità non esiste più. Non esiste più il tetto della parrocchia tradizionale a garantirci che c’è abbastanza spazio per l’incontro con Cristo. Dobbiamo allora avere il coraggio di aprire strade e varchi nuovi nelle esperienze tradizionali che viviamo, e allo stesso tempo dobbiamo allontanare da noi la tentazione di pensare che la gente la si avvicina rendendo il vangelo meno vangelo. Gesù scandalizza i presenti e anche la Chiesa non deve aver paura di fare questo. Sara così “salda” e “creativa”. 


giovedì 14 gennaio 2021

Commento al Vangelo di Don Luigi Maria Epicoco - Mc 1,40-45

 


Dal Vangelo secondo Marco 

In quel tempo, venne da Gesù un lebbroso, che lo supplicava in ginocchio e gli diceva: «Se vuoi, puoi purificarmi!». Ne ebbe compassione, tese la mano, lo toccò e gli disse: «Lo voglio, sii purificato!». E subito, la lebbra scomparve da lui ed egli fu purificato. E, ammonendolo severamente, lo cacciò via subito e gli disse: «Guarda di non dire niente a nessuno; va', invece, a mostrarti al sacerdote e offri per la tua purificazione quello che Mosè ha prescritto, come testimonianza per loro». Ma quello si allontanò e si mise a proclamare e a divulgare il fatto, tanto che Gesù non poteva più entrare pubblicamente in una città, ma rimaneva fuori, in luoghi deserti; e venivano a lui da ogni parte.

Parola del Signore 


Commento al Vangelo di Don Luigi Maria Epicoco 

“Allora venne a lui un lebbroso: lo supplicava in ginocchio e gli diceva: «Se vuoi, puoi guarirmi!»”. Le preghiere migliori sono quelle che nascono dal cuore e vanno al dunque. È forse questo il motivo per cui nella storia degli ultimi secoli i cristiani hanno sempre scoperto e valorizzato le giaculatorie. Esse altro non sono che preghiere brevi, ripetute, semplici, chiare, essenziali, esattamente come la giaculatoria del lebbroso del vangelo di oggi. Sarebbe bello se ognuno di noi scoprisse la propria giaculatoria, cioè scoprisse quella preghiera che ha il potere, nella sua brevità, di dire ciò che veramente ci sta a cuore. “Mosso a compassione, stese la mano, lo toccò e gli disse: «Lo voglio, guarisci!». Subito la lebbra scomparve ed egli guarì”. Sembra che Gesù non possa resistere davanti a tanta sincerità e fiducia. Ma la cosa davvero strana è che la reazione del lebbroso è di totale disobbedienza nei confronti di Gesù che lo ha guarito: “E, ammonendolo severamente, lo rimandò e gli disse: «Guarda di non dir niente a nessuno, ma va', presentati al sacerdote, e offri per la tua purificazione quello che Mosè ha ordinato, a testimonianza per loro». Ma quegli, allontanatosi, cominciò a proclamare e a divulgare il fatto, al punto che Gesù non poteva più entrare pubblicamente in una città, ma se ne stava fuori, in luoghi deserti, e venivano a lui da ogni parte”. È bello poter pensare che la vera evangelizzazione è l’impossibilità a poter tenere per sé la gioia che il Signore ci ha procurato nella vita. E anche se fosse Gesù stesso a chiederci di non dirlo, sarebbe per noi impossibile obbedirgli. Tutto ciò capovolge l’idea di annuncio stesso: esso non nasce infatti dalla pianificazione di una campagna pubblicitaria, ma da un irresistibile bisogno di raccontare a tutti quello che il Signore ha fatto dentro la nostra vita. E questo tipo di annuncio è così efficace che il seguito stesso di Gesù cresce a tal punto che per lui non c’è più possibilità di stare in un luogo chiuso.


mercoledì 13 gennaio 2021

Commento al Vangelo di Don Luigi Maria Epicoco - Mc 1,29-39

 


Dal Vangelo secondo Marco 

In quel tempo, Gesù, uscito dalla sinagoga, andò subito nella casa di Simone e Andrea, in compagnia di Giacomo e di Giovanni. La suocera di Simone era a letto con la febbre e subito gli parlarono di lei. Egli si avvicinò e la fece alzare prendendola per mano; la febbre la lasciò ed ella li serviva.

Venuta la sera, dopo il tramonto del sole, gli portavano tutti i malati e gli indemoniati. Tutta la città era riunita davanti alla porta. Guarì molti che erano affetti da varie malattie e scacciò molti demòni; ma non permetteva ai demòni di parlare, perché lo conoscevano.
Al mattino presto si alzò quando ancora era buio e, uscito, si ritirò in un luogo deserto, e là pregava. Ma Simone e quelli che erano con lui, si misero sulle sue tracce. Lo trovarono e gli dissero: «Tutti ti cercano!». Egli disse loro: «Andiamocene altrove, nei villaggi vicini, perché io predichi anche là; per questo infatti sono venuto!».
E andò per tutta la Galilea, predicando nelle loro sinagoghe e scacciando i demòni

Parola del Signore 


Commento al Vangelo di Don Luigi Maria Epicoco 

“E, usciti dalla sinagoga, si recarono subito in casa di Simone e di Andrea, in compagnia di Giacomo e di Giovanni. La suocera di Simone era a letto con la febbre e subito gli parlarono di lei”. È bello l’incipit del Vangelo di oggi che collega la sinagoga alla casa di Pietro. È un po’ come dire che la fatica più grossa che noi facciamo nell’esperienza di fede è ritrovare la strada di casa, della quotidianità, delle cose di ogni giorno. Troppo spesso la fede sembra rimanere vera solo nelle mura del tempio, ma non si collega con le mura domestiche. Gesù esce dalla sinagoga ed entra nella casa di Pietro. È lì che trova un intreccio di relazioni che lo mettono nelle condizioni di poter incontrare una persona che soffre. È sempre bello quando la Chiesa, che è sempre un intreccio di relazioni, renda possibile l’incontro concreto e personale di Cristo soprattutto con i più sofferenti. Gesù usa una strategia di prossimità che nasce dall’ascolto (gli parlarono di lei), per poi farsi vicino (accostatosi), e offrendo se stesso come punto d’appoggio in quella sofferenza (la sollevò prendendola per mano). Il risultato è la liberazione da ciò che tormentava questa donna, e la conseguente ma mai scontata conversione. Infatti ella guarisce lasciando la posizione di vittima per assumere la postura di protagonista: “la febbre la lasciò ed essa si mise a servirli”. Il servizio infatti è una forma di protagonismo, anzi la più importante forma di protagonismo del cristianesimo. È però inevitabile che tutto questo abbia come risultato una sempre e più grande fama, con la conseguente richiesta di guarire i malati. Gesù però non si lascia imprigionare solo in questo ruolo. Egli è venuto soprattutto per annunciare il vangelo: «Andiamocene altrove per i villaggi vicini, perché io predichi anche là; per questo infatti sono venuto!». Anche la Chiesa, pur offrendo tutto il proprio aiuto, è chiamata innanzitutto ad annunciare il Vangelo e non a rimanere imprigionata nel solo ruolo caritativo. 


martedì 12 gennaio 2021

Commento al Vangelo di Don Luigi Maria Epicoco - Mc 1,21-28

 


Dal Vangelo secondo Marco 

In quel tempo, Gesù, entrato di sabato nella sinagoga, [a Cafarnao,] insegnava. Ed erano stupìti del suo insegnamento: egli infatti insegnava loro come uno che ha autorità, e non come gli scribi.

Ed ecco, nella loro sinagoga vi era un uomo posseduto da uno spirito impuro e cominciò a gridare, dicendo: «Che vuoi da noi, Gesù Nazareno? Sei venuto a rovinarci? Io so chi tu sei: il santo di Dio!». E Gesù gli ordinò severamente: «Taci! Esci da lui!». E lo spirito impuro, straziandolo e gridando forte, uscì da lui.
Tutti furono presi da timore, tanto che si chiedevano a vicenda: «Che è mai questo? Un insegnamento nuovo, dato con autorità. Comanda persino agli spiriti impuri e gli obbediscono!».

La sua fama si diffuse subito dovunque, in tutta la regione della Galilea.

Parola del Signore 


Commento al Vangelo di Don Luigi Maria Epicoco 

“Andarono a Cafarnao e, entrato proprio di sabato nella sinagoga, Gesù si mise ad insegnare”. La sinagoga è il luogo principale dove si insegna. Il fatto che Gesù sia lì ad insegnare non dà nessun problema rispetto alla consuetudine dell’epoca. Eppure c’è qualcosa di diverso che l’evangelista Marco cerca di far emergere in un dettaglio così apparentemente consueto: “Ed erano stupiti del suo insegnamento, perché insegnava loro come uno che ha autorità e non come gli scribi”. Gesù non parla come gli altri. Non parla come chi ha imparato la lezione a memoria. Gesù parla con autorità cioè come qualcuno che crede in quello che dice e per questo dà un peso alle parole completamente diverso. Le prediche, i catechismi, i discorsi, e persino le ramanzine a cui sottoponiamo gli altri molto spesso non dicono cose sbagliate, ma cose estremamente vere e corrette. Ma la nostra parola sembra essere come quella degli scribi, senza autorità. Forse perché come cristiani abbiamo imparato ciò che è giusto ma forse non ci crediamo fino in fondo. Diamo informazioni corrette ma la nostra vita non sembra esserne un riflesso. Sarebbe bello se come singoli, ma anche come Chiesa trovassimo il coraggio di domandarci se la nostra parola è una parola pronunciata con autorità o meno. Soprattutto perché quando viene a mancare l’autorevolezza ci rimane solo autoritarismo, che è un po’ come dire che quando non hai nessuna credibilità puoi essere ascoltato solo per coercizione. Non è la voce grossa che ci ridà un posto nella società o nella cultura contemporanea, ma l’autorevolezza. E ciò lo si vede da un dettaglio molto semplice: chi parla con autorevolezza smaschera il male e lo mette alla porta. Per rimanere con autorevolezza nel mondo non bisogna scendere ai suoi compromessi. Per questo il male (che è sempre mondano) percepisce Gesù come una rovina. Dialogare non è strizzare l’occhio al mondo, ma smascherarlo nella sua verità più profonda; ma sempre e solo alla maniera di Cristo e non a quella di novelli crociati. 


lunedì 11 gennaio 2021

Lettera Apostolica Patris Corde - Seconda parte - Padre nella Tenerezza

Lettera Apostolica Patris Corde - Prima parte - Padre Amato

Don Luigi Maria Epicoco - Di padre in padre

Don Luigi Maria Epicoco - RIFIORIRE - L'Aquila 2022

Commento al Vangelo di Don Luigi Maria Epicoco - Mc 1,14-20

 


Dal Vangelo secondo Marco 

Dopo che Giovanni fu arrestato, Gesù andò nella Galilea, proclamando il vangelo di Dio, e diceva: «Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete nel Vangelo».

Passando lungo il mare di Galilea, vide Simone e Andrea, fratello di Simone, mentre gettavano le reti in mare; erano infatti pescatori. Gesù disse loro: «Venite dietro a me, vi farò diventare pescatori di uomini». E subito lasciarono le reti e lo seguirono.

Andando un poco oltre, vide Giacomo, figlio di Zebedèo, e Giovanni suo fratello, mentre anch'essi nella barca riparavano le reti. Subito li chiamò. Ed essi lasciarono il loro padre Zebedèo nella barca con i garzoni e andarono dietro a lui.

Parola del Signore 


Commento al Vangelo di Don Luigi Maria Epicoco 

“Passando lungo il mare della Galilea, vide Simone e Andrea, fratello di Simone, mentre gettavano le reti in mare; erano infatti pescatori. Gesù disse loro: «Seguitemi, vi farò diventare pescatori di uomini»”. Gli inizi del vangelo di Marco ci ricordano una dinamica molto importante che riguarda la corretta relazione con Cristo. La fede, infatti, non nasce per nostra iniziativa, ma per iniziativa del Signore. È Lui infatti che ci mette gli occhi addosso, e poi ci rivolge la parola, e non è il contrario. Gesù non è una scelta che facciamo dal menù delle religioni, ma è una scelta che nasce davanti a un’iniziativa che è Lui misteriosamente a prendere nei nostri confronti. Potremmo domandarci “perché a me si e a chi mi sta accanto no?”, ma la verità è che non possiamo rispondere a questa domanda perché è davvero misterioso il motivo per cui il Signore ci ha dato il dono della fede preferendoci ad altri. Sappiamo però che avere la fede non è una faccenda che inizia e finisce con noi. Avere il dono della fede implica sempre un progetto che ha anche fare con gli altri, e soprattutto con chi la fede non ce l’ha. Chi crede ha la responsabilità di credere anche per chi non crede, ha il dovere di sperare per chi non spera, di amare per chi non ama, e di pregare per chi non prega. Ma avere la fede non significa essere più amati rispetto a chi non ce l’ha. Dio ama tutti, sempre, e senza condizioni. Il dono della fede non riguarda l’amore ma la responsabilità. Forse per questo l’evangelista Marco dice che la risposta dei primi discepoli non è lenta o complessa, ma semplice e immediata, a testimonianza di un cuore semplice che li caratterizza in quanto uomini semplici: “E subito, lasciate le reti, lo seguirono. (…) vide sulla barca anche Giacomo di Zebedèo e Giovanni suo fratello mentre riassettavano le reti. Li chiamò. Ed essi, lasciato il loro padre Zebedèo sulla barca con i garzoni, lo seguirono”. Lasciare e seguire diventano due verbi significativi: bisogna fare delle scelte e camminare dietro a Qualcuno. 



sabato 9 gennaio 2021

Don Luigi Maria Epicoco - La fede vince il mondo

Commento al Vangelo di Don Luigi Maria Epicoco - Mc 6,45-52

 


Dal Vangelo secondo Marco 

[Dopo che i cinquemila uomini furono saziati], Gesù subito costrinse i suoi discepoli a salire sulla barca e a precederlo sull'altra riva, a Betsàida, finché non avesse congedato la folla. Quando li ebbe congedati, andò sul monte a pregare.

Venuta la sera, la barca era in mezzo al mare ed egli, da solo, a terra. Vedendoli però affaticati nel remare, perché avevano il vento contrario, sul finire della notte egli andò verso di loro camminando sul mare, e voleva oltrepassarli.

Essi, vedendolo camminare sul mare, pensarono: «È un fantasma!», e si misero a gridare, perché tutti lo avevano visto e ne erano rimasti sconvolti. Ma egli subito parlò loro e disse: «Coraggio, sono io, non abbiate paura!». E salì sulla barca con loro e il vento cessò.

E dentro di sé erano fortemente meravigliati, perché non avevano compreso il fatto dei pani: il loro cuore era indurito.

Parola del Signore 


Commento al Vangelo di Don Luigi Maria Epicoco 

A leggere il vangelo di Marco si ha la sensazione che il protagonista principale dell’evangelizzazione è Gesù e non i suoi discepoli. A guardare le nostre chiese e le nostre comunità, si potrebbe avere la sensazione contraria: sembra quasi che il grosso del lavoro lo facciamo noi, mentre Gesù è in un angolo ad aspettare i risultati. La pagina del Vangelo di oggi forse è importante proprio per questo capovolgimento di percezione: “Ordinò poi ai discepoli di salire sulla barca e precederlo sull'altra riva, verso Betsàida, mentre egli avrebbe licenziato la folla. Appena li ebbe congedati, salì sul monte a pregare”. È Gesù ad aver fatto il miracolo della moltiplicazione dei pani e dei pesci, è Gesù ora che congeda la folla, è Gesù che prega. Questo dovrebbe liberarci davvero da ogni ansia da prestazione di cui molto spesso ci ammaliamo nei nostri piani pastorali e nel nostro affanno quotidiano. Dovremmo imparare a relativizzarci, a rimetterci cioè al posto che ci spetta, e a detronizzarci da un protagonismo esagerato. Soprattutto perché poi arriva sempre il tempo in cui ci troviamo nella stessa posizione scomoda dei discepoli, e anche lì dobbiamo capire come si fa ad affrontare: “Venuta la sera, la barca era in mezzo al mare ed egli solo a terra. Vedendoli però tutti affaticati nel remare, poiché avevano il vento contrario, già verso l'ultima parte della notte andò verso di loro camminando sul mare”. Nei momenti di fatica, tutta la nostra attenzione è concentrata sulla fatica che facciamo e non sulla certezza che Gesù non rimane indifferente davanti ad essa. Ed è talmente vero che abbiamo gli occhi eccessivamente fissi su di essa che quando Gesù decide di intervenire la nostra reazione non è di gratitudine ma di spavento perché con la bocca diciamo che Gesù ci ama, ma quando ne facciamo esperienza rimaniamo stupiti, spaventati, turbati, come se fosse una cosa strana. Allora abbiamo ancora bisogno di lui che ci liberi anche da questa ulteriore difficoltà: «Coraggio, sono io, non temete!». 


martedì 5 gennaio 2021

Commento al Vangelo di don Luigi Maria Epicoco - Gv 1,43-51

 


Dal Vangelo secondo Giovanni

In quel tempo, Gesù volle partire per la Galilea; trovò Filippo e gli disse: «Seguimi!». Filippo era di Betsàida, la città di Andrea e di Pietro.

Filippo trovò Natanaèle e gli disse: «Abbiamo trovato colui del quale hanno scritto Mosè, nella Legge, e i Profeti: Gesù, il figlio di Giuseppe, di Nàzaret». Natanaèle gli disse: «Da Nàzaret può venire qualcosa di buono?». Filippo gli rispose: «Vieni e vedi».

Gesù intanto, visto Natanaèle che gli veniva incontro, disse di lui: «Ecco davvero un Israelita in cui non c’è falsità». Natanaèle gli domandò: «Come mi conosci?». Gli rispose Gesù: «Prima che Filippo ti chiamasse, io ti ho visto quando eri sotto l’albero di fichi». Gli replicò Natanaèle: «Rabbì, tu sei il Figlio di Dio, tu sei il re d’Israele!». Gli rispose Gesù: «Perché ti ho detto che ti avevo visto sotto l’albero di fichi, tu credi? Vedrai cose più grandi di queste!».

Poi gli disse: «In verità, in verità io vi dico: vedrete il cielo aperto e gli angeli di Dio salire e scendere sopra il Figlio dell’uomo».

Parola del Signore


Commento al Vangelo di don Luigi Maria Epicoco

Il vangelo di oggi è un mescolio di passa parola e pregiudizi: “Il giorno dopo Gesù aveva stabilito di partire per la Galilea; incontrò Filippo e gli disse: «Seguimi». Filippo era di Betsàida, la città di Andrea e di Pietro. Filippo incontrò Natanaèle e gli disse: «Abbiamo trovato colui del quale hanno scritto Mosè nella Legge e i Profeti, Gesù, figlio di Giuseppe di Nazaret». Natanaèle esclamò: «Da Nazaret può mai venire qualcosa di buono?»”. Se il passa parola è lo strumento principale dell’evangelizzazione, il pregiudizio invece ne è il suo grande impedimento. Infatti il cristianesimo lo apprendiamo sempre attraverso la contaminazione delle relazioni. Gesù lo si incontra sempre in un incontro umanissimo che segna la nostra vita e che a volte ha il volto degli amici, di un familiare, di qualcuno incontrato per caso. Ma c’è dentro di noi sempre un pregiudizio che sta a guardia di tutte le nostre esperienze. Solitamente il pregiudizio che ci abita è un modo di difenderci, di tenere sotto controllo la vita, di gestirla perché non ci riservi fregature, ma è proprio a causa dei pregiudizi che a volte tagliamo fuori ciò che conta. Natanaele è uno studioso della Legge, e proprio per questo fa fatica a comprendere cosa possa centrare un uomo venuto da Nazaret con tutto quello che le scritture e le profezie dicono del messia. In un certo senso ha ragione, ma in un altro senso ha torto. Ha ragione se si fida solo di ciò che ha imparato, ha torto quando dà la precedenza alle idee invece che alla realtà. Ecco perché il più grande esorcismo nei confronti del pregiudizio lo pronuncia Filippo: “Filippo gli rispose: «Vieni e vedi»”. Solo un’esperienza può toglierci o confermarci in un pregiudizio. Chi non si mette in gioco “provando” non ha nemmeno diritto a dire è vero o è falso. Il cristianesimo lo si può accogliere o scartare a partire dall’esperienza. Chi combatte il cristianesimo a tavolino, non ha diritto di parola perché può parlare solo chi c’ha provato.



lunedì 4 gennaio 2021

Commento al Vangelo di Don Luigi Maria Epicoco - Gv 1,35-42

 


Dal Vangelo secondo Giovanni 

In quel tempo, Giovanni stava con due dei suoi discepoli e, fissando lo sguardo su Gesù che passava, disse: «Ecco l'agnello di Dio!». E i suoi due discepoli, sentendolo parlare così, seguirono Gesù. Gesù allora si voltò e, osservando che essi lo seguivano, disse loro: «Che cosa cercate?». Gli risposero: «Rabbì  che, tradotto, significa maestro, dove dimori?». Disse loro: «Venite e vedrete». Andarono dunque e videro dove egli dimorava e quel giorno rimasero con lui; erano circa le quattro del pomeriggio. Uno dei due che avevano udito le parole di Giovanni e lo avevano seguito, era Andrea, fratello di Simon Pietro. Egli incontrò per primo suo fratello Simone e gli disse: «Abbiamo trovato il Messia», che si traduce Cristo,  e lo condusse da Gesù. Fissando lo sguardo su di lui, Gesù disse: «Tu sei Simone, il figlio di Giovanni; sarai chiamato Cefa», che significa Pietro.

Parola del Signore 


Commento al Vangelo di Don Luigi Maria Epicoco 

“Il giorno dopo Giovanni stava ancora là con due dei suoi discepoli e, fissando lo sguardo su Gesù che passava, disse: «Ecco l'agnello di Dio!». E i due discepoli, sentendolo parlare così, seguirono Gesù”. Stare, fissare, parlare sono i verbi che il Vangelo di oggi usa per raccontarci come avviene la vera evangelizzazione. Giovanni Battista non trattiene a se i suoi discepoli, anzi è come se li preparasse all’incontro più decisivo della loro vita, l’incontro con Cristo. Annunciare il vangelo non è sedurre, cioè non è condurre a se, ma è condurre a Cristo e necessariamente saper fare un passo indietro, lasciando che sia Cristo a prendere lo spazio più decisivo. Ma tutto questo sempre nella concretezza di una relazione. Ecco perché si annuncia il Vangelo “stando” con la gente, cioè costruendo delle relazioni stabili e affidabili, condividendo il tempo e le cose, e lasciando che la semplice “presenza” divenga essa stessa Vangelo. Si evangelizza con lo “sguardo”: gli altri si accorgono subito verso cosa o chi abbiamo orientato la nostra vita. I veri testimoni sanno mantenere lo sguardo fisso su Cristo ed è questa loro postura che fa passare il messaggio giusto. Quando invece lo sguardo è mondano, spostato sule cose del mondo, allora il grande assente è proprio Cristo. In fine si evangelizza con le “parole,” non perché sono ricercate e seducenti, ma perché sono parole che sanno far passare la verità e la misericordia, invece del giudizio e della condanna. La parola giusta al momento giusto sa aprire i cuori all’incontro con Cristo. Invece la parola sbagliata nel momento sbagliato può fare da muro per tutta la vita a questo incontro. Giovanni Battista ci indica quindi tre verbi come tre modi di evangelizzare senza lasciarsi imprigionare dall’ansia da prestazione. E la prova vera di questo annuncio è la libertà con cui i discepoli lasciano Giovanni per seguire Gesù. La Chiesa che evangelizza non crea adepti ma esploratori. Non offre luoghi rassicuranti ma possibilità avventurose di andare oltre il recinto.


sabato 2 gennaio 2021

Comento al Vangelo di don Luigi Maria Epicoco - Gv 1,19-28



 Dal Vangelo secondo Giovanni

Questa è la testimonianza di Giovanni, quando i Giudei gli inviarono da Gerusalemme sacerdoti e levìti a interrogarlo: «Tu, chi sei?». Egli confessò e non negò. Confessò: «Io non sono il Cristo». Allora gli chiesero: «Chi sei, dunque? Sei tu Elìa?». «Non lo sono», disse. «Sei tu il profeta?». «No», rispose. Gli dissero allora: «Chi sei? Perché possiamo dare una risposta a coloro che ci hanno mandato. Che cosa dici di te stesso?». Rispose: «Io sono voce di uno che grida nel deserto: Rendete diritta la via del Signore, come disse il profeta Isaìa».

Quelli che erano stati inviati venivano dai farisei. Essi lo interrogarono e gli dissero: «Perché dunque tu battezzi, se non sei il Cristo, né Elìa, né il profeta?». Giovanni rispose loro: «Io battezzo nell’acqua. In mezzo a voi sta uno che voi non conoscete, colui che viene dopo di me: a lui io non sono degno di slegare il laccio del sandalo».

Questo avvenne in Betània, al di là del Giordano, dove Giovanni stava battezzando.

Parola del Signore


Comento al Vangelo di don Luigi Maria Epicoco

“«Chi sei tu?». Egli confessò e non negò, e confessò: «Io non sono il Cristo»”. Le parole di Giovanni Battista non sono parole che vanno interpretate in maniera moraleggiante. La sua non è una semplice dichiarazione di umiltà ma una vera e propria rivoluzione antropologica. La tentazione dell’uomo infatti è sempre quella di cadere in una sorta di delirio di onnipotenza. È il cosiddetto “credersi Dio” che molto spesso infesta la maggior parte di noi fino al punto da vivere con un “io” sproporzionato rispetto alla realtà e alla vita stessa. “Credersi Dio” ci fa vivere e fare delle scelte che molto spesso ci portano alla rovina e alla mortificazione della gente che ci sta accanto. Un’autentica vita spirituale ci riconsegna a noi stessi senza lasciarsi sedurre dall’idea di fondo che i nostri successi, le nostre capacità o al contrario le nostre ferite e i nostri errori, sono l’assoluto in cui rispecchiarci per dire chi siamo. Il Battista aveva un successo mediatico immenso ma non ha mai pensato che questo successo lo definisse come uomo. Egli dice di se «Io sono voce di uno che grida nel deserto: Preparate la via del Signore, come disse il profeta Isaia»; che è un po’ come dire “io non sono l’ultima parola, ne sono solo segno”. Se una madre, un padre, un figlio, un amico, un confratello, una qualsiasi persona si ricordasse di non essere in se stesso un fine, ma solo il segno di un fine più grande, vivrebbe ciò che fa, ordinandolo sempre a qualcosa di più grande del proprio io e delle proprie aspettative. Sentirsi un fine, sentirsi dio, significa voler far ruotare la vita degli altri attorno a noi e considerare lesa maestà quando questo non accade. In questo senso il Battista ci dà una lezione immensa, perché ci ricorda che ogni nostra relazione è solo un modo per preparare la strada a Qualcuno che è più grande di noi. E quando questo non avviene allora si può diventare l’impedimento all’esperienza di senso nella vita degli altri. A volte la gente è lontana da Dio solo perché ha avuto relazioni pessime nella propria vita.