giovedì 31 maggio 2012

Panchinari o Campioni?



Ci sono due modi di giocare la grande partita della vita: da panchinari, stando comodamente seduti ad osservare, giudicare, inveire, in qualità di insoddisfatti spettatori di una vita non vissuta in prima persona, oppure da protagonisti, giocandosela, scendendo in campo...prendendo calci, subendo falli, correndo, soffrendo, ma anche facendo assist e tirando in porta per portare a casa il risultato. 

Entrambe le possibilità ci sono concesse dato che il nostro Mister non ha stabilito un limite di giocatori da far scendere in campo...

A noi la scelta, dunque. Giocarci la vita in prima persona e gioire di una vittoria certa (partiamo da un clamoroso 33 a zero a tavolino), o vivere da eterni panchinari tristi e chiusi in se stessi. 

Lascio a voi continuare la riflessione, non senza avervi regalato uno stupendo dialogotratto dal libro "Cose che nessuno sa" di Alessandro D'Avenia. Buona lettura!

"Sbaglia i rigori solo chi ha il coraggio di tirarli". 

Sarà banale, ma è così. Tu, Giulio, hai la capacità di metterti in gioco. Guardati attorno: è pieno di ragazzi che non fanno un cavolo, che se ne stanno incollati alla PlayStation o al computer, tutti bravini bravini a obbedire a quello che gli si dice o a far finta di farlo per quieto vivere, così  poi la mamma gli compra la moto, il videogioco e i jeans. lo li vedo, là fuori è pieno. Dormono. Vivono in  una quieta disperazione. Non investono su nulla, scelgono la via più facile, non sono creativi, nell'età  fatta per esserlo. Solo chi ha fame crea, solo chi cerca crea. Tu hai fame, Giulio. Per questo mi piace quel  tuo modo di fare provocatorio, strafottente, che mette tutto in discussione, perché è l'atteggiamento di  chi cerca, di chi vuole sapere per cosa valga la pena giocarsi la vita. Tu ti metti in gioco per ciò che  ancora non si vede, molti altri solo per ciò che è sicuro. Ma non esiste alcun investimento sicuro: vivere  e amare significa, in ogni caso, essere vulnerabili ... Per questo tu sbagli i rigori. Ma tu provi a tirarli,  Giulio. C'è chi non è neanche sceso in campo ... »  

«Sì, ma devo sbagliare sempre? Tutto quello in cui mi impegno finisce male, l'unico posto dove non farei  danno è in prigione ... E questa è la volta che ci finisco ... »   

«Ti verrò a trovare» sorrise Filippo, e proseguì: «Qualunque sia la cosa che ti è cara, il tuo cuore prima o  poi dovrà soffrire per quella cosa, magari anche spezzarsi. Vuoi startene al sicuro? Vuoi una vita tranquilla come tutti gli altri? Vuoi che il tuo cuore rimanga intatto? Non darlo a nessuno! Nemmeno a un  cane, o a un gatto, o a un pesce rosso. Proteggilo, avvolgilo di passatempi e piccoli piaceri ... Evita  ogni  tipo di coinvolgimento, chiudilo con mille lucchetti, riempilo di conservanti e mettilo nel freezer: stai  sicuro che non si spezzerà ... Diventerà infrangibile e impenetrabile. Sai come si chiama questo, Giulio?»  chiese Filippo, che si era infervorato nel parlare. Gli era spuntata una vena sulla fronte.   Giulio scosse la testa. Voleva sentire il seguito. «Inferno. Ed è già qui: un posto dove il cuore è totalmente ghiacciato. Sicuro, ma freddo. Là fuori è pieno di queste persone. Glielo leggi in faccia che hanno  il cuore freddo: per paura, per mancanza di fame, per pigrizia. Tu non sei così, Giulio. Questo ti salva,  anche se fai delle gran cavolate ... Perché c'è modo e modo di tirare i rigori!»   

(Alessandro D'Avenia - Cose che nessuno sa)

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