martedì 6 marzo 2012

Come smontare lo sfrenato e disumano eco-animalismo in 4 semplici mosse


Una recente vicenda giudiziaria ha visto coinvolte alcune orche e i proprietari di tre grandi parchi acquatici americani. Gli avvocati della Peta (People for Etichal Treatment of Animals) hanno trascinato in giudizio questi ultimi con l'accusa di aver segregato i poveri cetacei lontani dall'habitat naturale, riducendoli in schiavitù per il ludibrio dei perfidi spettatori.
Il comportamento degli aguzzini avrebbe infranto, a detta degli animalisti, il 13° emendamento della Costituzione americana che vieta la schiavitù e i lavori forzati. 
I giudici hanno ovviamente respinto la richiesta stabilendo che l’emendamento si applica ai  soli esseri umani: «Nella storica frase “We the people…” (“Noi, il popolo…”) nessuno alludeva alle orche». 

Vediamo, in 4 punti, coadiuvati dalle riflessioni del filosofo Tommaso Scandroglio, come smontare le assurde pretese degli eco-animalisti del nostro tempo:

1) PERCHE’ SOLO ALCUNI ANIMALI? PERCHE’ NON LE PIANTE?  “Le orche, le scimmie, etc...hanno dei diritti”, dicono. E’ possibile essere d’accordo, ma a patto che per non discriminare nessuno dovremmo riconoscere dei diritti non solo ai tenerissimi panda, ma anche a pulci, zecche, pidocchi, ragni, piccioni, topi, scarafaggi, formiche, mosche, zanzare ecc. Ma anche i batteri appartengono al regno animali, dunque se l’animale vale quanto l’uomo dovremmo smettere di curarci la polmonite, le enteriti, la tubercolosi, il tetano? 
Bisognerebbe che questi militanti animalisti smettessero anche di girare a piedi o in auto per le loro battaglie, dato che ogni loro movimento comporta il massacro di milioni di animali (sotto le scarpe, sul parabrezza ecc.). E perché poi discriminare le piante? Questi fanatici, aggressivi verso chi non è vegetariano, fanno scorpacciata di quegli stessi vegetali di cui dimostrano le attività neurologiche e, addirittura, la capacità di lanciarsi richieste di aiuto. Sì, magari quando scorgono in lontananza Michela Brambilla o Margherita Hack

2) ESTENDERE LORO ANCHE DIRITTI MINORI? Se le orche hanno diritto alla libertà ciò comporta necessariamente riconoscere loro anche diritti minori o di pari importanza: diritto di compravendita, di voto, alla pensione, di coniugio, etc. Tutte modalità attraverso cui la libertà di un individuo si esprime e che quindi non possono essere negate.

3) RICADUTE TRAGICOMICHE? Se la sentenza americana avesse avuto esito positivo le ricadute sarebbero state tragicomiche: obbligo di tutti i possessori di bocce in vetro contenenti pesci rossi di sversare il contenuto in mare o nel lago. Anche cardellini, fringuelli, pappagalli e canarini avrebbero visto aprirsi le porte delle loro gabbiette a motivo di questo animalesco indulto (per entrambe le specie ovviamente il risultato sarebbe stato la morte improvvisa dato che sono animali domestici). Da qui ovviamente il divieto perpetuo di trasmettere il cartone animato Gatto Silvestro perché il canarino Titty dietro le sbarre avrebbe sicuramente configurato apologia di reato. Infine il dubbio: forse che anche l’amato cane Fido implicitamente ci chiede di lasciarlo in mezzo ad una strada per ritornare libero allo stato brado condizione originaria dei suoi lontani progenitori, piuttosto che restare legato ad un guinzaglio impacchettato in un maglioncino rosso? Però se lo facessimo saremmo di certo travolti dall’ira di una pletore di animalisti convinti. Insomma ci troveremmo tra due fuochi: Fido libero o ridotto in schiavitù ma non abbandonato
Un’altra domanda: ama di più i pesci o i pappagalli chi li tiene nell’acquario/gabbietta o chi li lascia liberi nel loro ambiente?

4) AVERE DEI DIRITTI COMPORTA DEI DOVERI Se vogliamo estendere agli animali i diritti destinati agli uomini, questa stessa libertà per forza di cose comporterà delle responsabilità
Da che mondo è mondo se io uomo uso male della mia libertà dovrò pagarne le conseguenze: libero di andare in giro in auto, ma se investo una persona me ne assumerò le conseguenze anche legali. 
La dolce Tilly, una di queste cinque orche, in passato ha sbranato ben due dei suoi addestratori. Nulla di scandaloso: ci sarà pur un motivo se questi cetacei in inglese sono conosciuti con l’appellativo di killer whales. Essendo in America però la nostra Tilly si meriterebbe un’immensa sedia elettrica
In Italia, a Livorno, un branco di cani ha sbranato in questi giorni un camionista, padre di famiglia. Un cane non randagio, addomesticato e “amico dell’uomo” ha massacrato un bimbo di 9 anni nel 2008, nel 2009 la stessa sorte è toccata a un bimbo di un anno, pochi mesi fa un neonato è morto dopo l’aggressione del cane dei genitori. Di fronte a tutto questo, chi invocasse la scriminante “l’animale è innocente perché è l’istinto ad averlo costretto ad agire così”, entrerebbe in palese contraddizione:  se è l’istinto a presiedere alle azioni degli animali, allora dobbiamo concludere che i loro atti sono determinati da madre natura e quindi non sono liberi, come quelli umani. Ma allora significa che cagnolini e orche sono schiavi dell’istinto. E dunque, che senso ha lottare per difendere inesistenti diritti “umani” di libertà? 


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