sabato 12 dicembre 2020

Commento al Vangelo di don Luigi Maria Epicoco - Mt 17,10-13

 



Dal Vangelo secondo Matteo

Mentre scendevano dal monte, i discepoli domandarono a Gesù: «Perché dunque gli scribi dicono che prima deve venire Elìa?».

Ed egli rispose: «Sì, verrà Elìa e ristabilirà ogni cosa. Ma io vi dico: Elìa è già venuto e non l’hanno riconosciuto; anzi, hanno fatto di lui quello che hanno voluto. Così anche il Figlio dell’uomo dovrà soffrire per opera loro».

Allora i discepoli compresero che egli parlava loro di Giovanni il Battista.

Parola del Signore


Commento al Vangelo di don Luigi Maria Epicoco

“Allora i discepoli gli domandarono: «Perché dunque gli scribi dicono che prima deve venire Elia?»”. Tutto l’Antico Testamento si conclude con l’attesa di Elia, e il cuore dei Vangeli ha il suo apice sotto la Croce quando tutti i presenti attendono che venga Elia. Dietro questa attesa c’è la promessa che ciò che conta ha sempre qualcosa che ne prepara la strada e lo indica. Ma Gesù ricorda ad alta voce che il destino di tutti i profeti è quello di non essere riconosciuti nel momento in cui parlano e profetizzano: “Ed egli rispose: «Sì, verrà Elia e ristabilirà ogni cosa. Ma io vi dico: Elia è già venuto e non l'hanno riconosciuto; anzi, l'hanno trattato come hanno voluto. Così anche il Figlio dell'uomo dovrà soffrire per opera loro»”. È un’amara verità: capiamo l’importanza di qualcosa o di qualcuno quando ormai è troppo tardi. Eppure basterebbe essere più semplici, più umili, più pazienti e più leali, per accorgerci che il Signore riempie la nostra vita di ciò che conta attraverso le cose più normali e meno evidenti di cui è fatta la nostra esistenza. Vorremmo sempre un effetto speciale che ci dica che quella è una cosa giusta, ma la verità è che chi cerca effetti speciali non si accorge di quanta bellezza che c’è nelle cose semplici che ci circondano e che ci parlano senza gridare. La verità che stiamo cercando non riguarda più il futuro, ma il presente che c’è davanti ai nostri occhi. È una lezione che i pastori imparano immediatamente quando la notte in cui Gesù viene al mondo sanno riconoscere il figlio di Dio in un bambino avvolto in fasce e adagiato in una mangiatoia. In quella semplicità disarmante essi sono capaci di compiere il gesto di fede più alto: “e prostratisi lo adorarono”. L’avvento è il tempo in cui dobbiamo far pace con un Dio che non ha bisogno di attirare l’attenzione per venire al mondo, ma necessità di un cuore attento che sa scorgere nel dettaglio l’essenziale che si sta cercando e che trovatolo riempie la vita fino a farla traboccare di gioia.



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