venerdì 1 maggio 2009

Santa Gemma Galgani, l'anima vittima



«Gemma, coraggio! Ti aspetto al Calvario: è verso quel monte che sei diretta».

E’ alla luce di questa profezia di Gesù che ci è possibile comprendere almeno in parte la storia della mistica via crucis che Gemma inizia a percorrere a partire dalla sua infanzia. Un cammino doloroso che caratterizza l’intero arco della sua esistenza terrena, fatta di una quotidianità fondata sulla coesistenza di apparenti opposti: dolore e amore, gioia e sofferenza, buio ed estasi. Sentimenti diversi trasformati in amore nel crogiuolo della Passione di Cristo.

«(…) Quanto più vorrei essere sciolta, tanto più mi sento stretta stretta e legata al nodo di Gesù. Più che posso, nel mondo cerco di lasciare ogni cosa, ma invece trovo tutto; fuggo tutti i piaceri della vita, e trovo invece un piacere tanto tanto grosso, che mi fa contenta tutta. Brucio continuamente, e vorrei sempre più bruciare; soffro e vorrei sempre più soffrire… desidererei vivere, desidererei morire… Glielo dico chiaro: quel che desidero e voglio, non lo so neppure io… Cerco r non trovo, ma poi non so che cerco… amo poco, vorrei amare tanto di più il mio… Sento di amare, ma chi amo non l’intendo, non lo capisco… Ma nella mia tanta ignoranza sento che vi è un Bene immenso, un bene grande. E’ Gesù…».

Il Signore abitua progressivamente Gemma ad un “mondo capovolto” in cui alla linearità degli eventi naturali si sostituisce lo straordinario, l’inconsueto.
Chi si sofferma sulla figura di questa santa con lo sguardo critico del razionalista legato alla logica lineare del mondo, non può comprendere, resta confuso, perplesso dinnanzi allo scandalo della croce.
Gemma si trova in una dimensione densa di trascendenza, sospesa tra cielo e terra, crocifissa con il Crocifisso, trafitta col suo amato sposo Gesù. In lei, amore e dolore, si fondono confluendo come due oceani; è il mistero del verbum crucis che la nostra santa volutamente abbraccia in un duplice amen amoroso e doloroso che percorre un itinerario in tre tappe: prima il dolore amoroso, poi il dolore doloroso ed infine la notte oscura anticipatrice della Luce celeste.
Più si tenta di avvicinare tale misteriosa realtà che riempie le ore, i giorni, le notti di Gemma più si sprofonda in una dimensione che illuminando acceca, come accade a chi guardando il sole ne rimane abbagliato.

Il tirocinio della croce nella vita della giovane santa inizia precocemente, fin da piccina il Signore l'andava preparando e l'aspet¬tava al solenne appuntamento della mistica crocifissione. Lo si desume dall’incredibile susseguirsi di vicende dolorose: la morte della mamma (1886), del fratello Gino (1894), del babbo (1897), l'operazione al piede (1896), la malattia mortale da cui fu prodigiosamente guarita (1898-1899), e ancora il sequestro della farmacia paterna, il dolore per le umiliazioni subite a causa delle ripetute visite dei medici, le incomprensioni, le derisioni ed infine le accuse di isteria. A queste sofferenze conformi alla natura umana, seguono quelle sovrannaturali, il dolore per i suoi peccati, per quelli dell’umanità, la stigmatizzazione, la coronazione di spine, la trafittura del costato, i flagelli invisibili che le rigavano il corpo, la copiosa emissione di sangue dalla bocca e talvolta dagli occhi, le vessazioni diaboliche, le aridità dell’ultimo periodo di vita.

Nonostante ciò, scorrendo le righe all’apparenza semplici dell’Autobiografia, squillanti di pene divine, si rimane estasiati dal senso di profonda gioia che traspare, comunicato con una tenerezza quasi infantile che trasmette un forte senso di assoluto. Gemma non si pone i problemi dell’uomo moderno attanagliato dal pensiero relativista, lei conosce bene che una sola via conduce alla salvezza, la croce di Cristo.

Con gioia accetta la missione affidatale da Gesù, quella di partecipare alle sue stesse sofferenze, perché ha compreso, come santa Caterina da Siena, che il Cristo è stato tenuto sulla croce non dai chiodi, ma dall’amore e che pertanto coloro che vogliono seguirLo devono essere crocifissi con Lui per amore e dall’amore.

Questa identificazione con il Salvatore, questa cristificazione operante, trasforma il senso stesso della sofferenza, che non appare più come una realtà da fuggire ed allontanare, quanto piuttosto da accogliere ed abbracciare come elemento indispensabile. Gemma illuminata dal Signore sulla grandezza dell’opera redentrice che passa attraverso il mistero del dolore, chiede di poter soffrire e preferirebbe morire soffrendo piuttosto che vivere e non patire. La sofferenza diventa quindi fecondità, una fiamma che bruciando consuma ed illumina, trasformandosi in amore incarnato ed in amore donato.

Un grande insegnamento per la nostra società che continuamente tace sulla dialettica di dolore ed amore, che preferisce nascondere per non capire, rifugiandosi in un cieco positivismo. La scienza, chiamata in causa per trovare un rimedio definitivo al problema del dolore, si mostrerà sempre impotente di fronte alla realtà di un mistero che affonda le sue radici nella notte dei tempi. Solo la croce di Cristo può illuminarne il senso più profondo ed autentico.
E’ difficile piegare il capo al mistero del Venerdì Santo, eppure ogniqualvolta la sconvolgente verità della croce si ripete, sanguinante di dolore nel corpo e terrificante di dolore nello spirito, nella vita di anime elette come Gemma, qualcosa nella nostra vita inizia a cambiare.
Lo stigmatizzato, come testimone che attesta in sé stesso l’attualità della Passione di Cristo, è portatore di una singolare certezza, quella di una presenza viva del Salvatore nel mondo.
Un Dio vicino che, memore della sua promessa: «sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo» (cf. Mt. 28 20), non lascia l’uomo in balia di un cieco destino, dimostrandosi prodigo nella volontà di condurlo ad una partecipazione piena della sua gioia in cielo.
Quello di Gemma è dunque un messaggio di speranza, un grido innalzato dalla croce affinché “l’amore non amato” venga accolto e ricambiato.

“Dove sono, dove mi trovo? Chi è mai vicino a me? Senza nessun fuoco vicino mi sento bruciare; senza nessuna catena addosso, a Gesù mi sento stretta e legata; da cento fiamme mi sento tutta struggere, che mi fanno vivere e mi fanno morire. Soffro babbo mio, vivo e muoio continuamente; ma la vita mia con tante altre vite del mondo non la cambierei a nessun patto. Mai non sto ferma, vorrei volare, vorrei parlare, e a tutti vorrei gridare: Amate Gesù solo solo”.

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