lunedì 16 luglio 2018

Commento al Vangelo di Don Luigi Maria Epicoco - Mt 10,34-11,1

Dal Vangelo secondo Matteo
In quel tempo, Gesù disse ai suoi apostoli:
«Non crediate che io sia venuto a portare pace sulla terra; sono venuto a portare non pace, ma spada. Sono infatti venuto a separare l’uomo da suo padre e la figlia da sua madre e la nuora da sua suocera; e nemici dell’uomo saranno quelli della sua casa.
Chi ama padre o madre più di me, non è degno di me; chi ama figlio o figlia più di me, non è degno di me; chi non prende la propria croce e non mi segue, non è degno di me. 
Chi avrà tenuto per sé la propria vita, la perderà, e chi avrà perduto la propria vita per causa mia, la troverà.
Chi accoglie voi accoglie me, e chi accoglie me accoglie colui che mi ha mandato. 
Chi accoglie un profeta perché è un profeta, avrà la ricompensa del profeta, e chi accoglie un giusto perché è un giusto, avrà la ricompensa del giusto. 
Chi avrà dato da bere anche un solo bicchiere d’acqua fresca a uno di questi piccoli perché è un discepolo, in verità io vi dico: non perderà la sua ricompensa».
Quando Gesù ebbe terminato di dare queste istruzioni ai suoi dodici discepoli, partì di là per insegnare e predicare nelle loro città.
Parola del Signore

Commento al Vangelo di Don Luigi Maria Epicoco

“Non crediate che io sia venuto a portare pace sulla terra; non sono venuto a portare pace, ma una spada”. Per quanto cerchiamo ogni volta di approfondire il significato di queste parole di Gesù, ogni volta è un pugno nello stomaco sentire che Lui non è venuto per portare la pace, ma la spada. Ma la pace che è venuta a toglierci è quella della morte o di tutte le situazioni di morte che ci lasciano si nella quiete, ma nella quiete di chi non vive e non di chi ha trovato la vera vita. Tutte le volte che rimaniamo impantanati sui nostri divani, nei nostri letti, nascosti nelle nostre tane, è lì che Gesù viene a stanarci, a buttarci giù dal letto, a scaraventarci lontano dai divani dove ci siamo accomodati esistenzialmente. La pace vera che ci dà Cristo è al fondo di una profonda inquietudine che dice fondamentalmente che abbiamo vissuto. E se è a causa di qualche relazione (padre, madre, figlio) che abbiamo trovato la scusa di non affrontare mai veramente la vita, allora quella relazione non è sana, è solo travestita di bene ma è solo una maniera tutta nostra di non vivere la vita, di non diventare noi stessi, di avere una scusa, o peggio un capro espiatorio. Una mamma, un padre, una donna che si ama, o un uomo, un figlio non possono diventare la nostra scusa, dobbiamo difenderli da questa tentazione. Solo quando Cristo ha il primo posto allora ogni relazione trova la sua giusta dimensione, diversamente sotto le sembianze di bene si sta consumando solo un bubbone di infelicità che quando sarà scoppiato ormai potrebbe essere tardi. “Chi non prende la sua croce e non mi segue, non è degno di me. Chi avrà trovato la sua vita, la perderà: e chi avrà perduto la sua vita per causa mia, la troverà”. Appunto perché vivere non è sistemarsi ma prendere sul serio ciò che c’è senza paura, senza paralisi, senza fughe. Ma nessuno di noi è capace di vivere così se non attraverso una contropartita di amore. Solo l’amore ci rende capaci di vivere così. Dio ci ama e ci chiede, non ci chiede per poi amarci.


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