Dal Vangelo secondo Matteo
In quel tempo, [mentre Gesù parlava,] giunse uno dei capi, gli si prostrò dinanzi e disse: «Mia figlia è morta proprio ora; ma vieni, imponi la tua mano su di lei ed ella vivrà». Gesù si alzò e lo seguì con i suoi discepoli.
Ed ecco, una donna, che aveva perdite di sangue da dodici anni, gli si avvicinò alle spalle e toccò il lembo del suo mantello. Diceva infatti tra sé: «Se riuscirò anche solo a toccare il suo mantello, sarò salvata». Gesù si voltò, la vide e disse: «Coraggio, figlia, la tua fede ti ha salvata». E da quell’istante la donna fu salvata.
Arrivato poi nella casa del capo e veduti i flautisti e la folla in agitazione, Gesù disse: «Andate via! La fanciulla infatti non è morta, ma dorme». E lo deridevano. Ma dopo che la folla fu cacciata via, egli entrò, le prese la mano e la fanciulla si alzò. E questa notizia si diffuse in tutta quella regione.
Parola del Signore
Commento al Vangelo di Don Luigi Maria Epicoco
Il dolore quando si affaccia dentro la nostra vita, cancella in un attimo tutte le chiacchiere, le cose futili, le divisioni banali che tante volte ci hanno anche visti infervorati. Davanti alla sofferenza di un figlio, ad esempio, non conta più per che squadra tifi, a chi voti, o che preferenze hai. Il dolore di un figlio ti costringe a domandarti cosa puoi fare per lui, che senso ha tutto questo, e come si può andare avanti. Credo che questo sia lo stato d’animo del papà che incontra Gesù nel vangelo di oggi: “giunse uno dei capi che gli si prostrò innanzi e gli disse: «Mia figlia è morta proprio ora; ma vieni, imponi la tua mano sopra di lei ed essa vivrà». Alzatosi, Gesù lo seguiva con i suoi discepoli”. La disperazione, il dolore, spingono quest’uomo a smettere di essere “politicamente corretto”, e lo spingono a rivolgersi a Gesù per ciò che è e non per ciò che rappresenta per gli scribi, i farisei, i sacerdoti, i romani e così via. Il dolore spinge quest’uomo a trattare Gesù come Figlio di Dio senza altre polemiche. Non dovremmo mai dimenticare questa lezione, perché Gesù può diventare argomento di discussione, di divisione, di polemica, di appartenenza, di nicchia, di diatriba, ma la cosa che conta di più è ricordarsi che è il Figlio di Dio. E proprio perché è il Figlio di Dio gli si può consegnare qualcosa di così irreversibile come la morte. La resurrezione della figlia di quest’uomo è solo segno di qualcosa che Gesù compirà in prima persona, cioè la Resurrezione definitiva, la vittoria definitiva della morte. Un cristiano non dove mai avere paura di questa grande verità. Il motivo vero per cui siamo cristiani è perché crediamo alla Resurrezione di Cristo. Non si è cristiani perché si parteggia per qualche insegnamento di bontà presente nel vangelo. Si è cristiani a partire dalla Resurrezione di Cristo. Perché se la morte non è vinta che cosa vale la pena? La vita vale la pena solo se non va a finire nel nulla, ma va a finire nelle braccia di Qualcuno.
In quel tempo, [mentre Gesù parlava,] giunse uno dei capi, gli si prostrò dinanzi e disse: «Mia figlia è morta proprio ora; ma vieni, imponi la tua mano su di lei ed ella vivrà». Gesù si alzò e lo seguì con i suoi discepoli.
Ed ecco, una donna, che aveva perdite di sangue da dodici anni, gli si avvicinò alle spalle e toccò il lembo del suo mantello. Diceva infatti tra sé: «Se riuscirò anche solo a toccare il suo mantello, sarò salvata». Gesù si voltò, la vide e disse: «Coraggio, figlia, la tua fede ti ha salvata». E da quell’istante la donna fu salvata.
Arrivato poi nella casa del capo e veduti i flautisti e la folla in agitazione, Gesù disse: «Andate via! La fanciulla infatti non è morta, ma dorme». E lo deridevano. Ma dopo che la folla fu cacciata via, egli entrò, le prese la mano e la fanciulla si alzò. E questa notizia si diffuse in tutta quella regione.
Parola del Signore
Commento al Vangelo di Don Luigi Maria Epicoco
Il dolore quando si affaccia dentro la nostra vita, cancella in un attimo tutte le chiacchiere, le cose futili, le divisioni banali che tante volte ci hanno anche visti infervorati. Davanti alla sofferenza di un figlio, ad esempio, non conta più per che squadra tifi, a chi voti, o che preferenze hai. Il dolore di un figlio ti costringe a domandarti cosa puoi fare per lui, che senso ha tutto questo, e come si può andare avanti. Credo che questo sia lo stato d’animo del papà che incontra Gesù nel vangelo di oggi: “giunse uno dei capi che gli si prostrò innanzi e gli disse: «Mia figlia è morta proprio ora; ma vieni, imponi la tua mano sopra di lei ed essa vivrà». Alzatosi, Gesù lo seguiva con i suoi discepoli”. La disperazione, il dolore, spingono quest’uomo a smettere di essere “politicamente corretto”, e lo spingono a rivolgersi a Gesù per ciò che è e non per ciò che rappresenta per gli scribi, i farisei, i sacerdoti, i romani e così via. Il dolore spinge quest’uomo a trattare Gesù come Figlio di Dio senza altre polemiche. Non dovremmo mai dimenticare questa lezione, perché Gesù può diventare argomento di discussione, di divisione, di polemica, di appartenenza, di nicchia, di diatriba, ma la cosa che conta di più è ricordarsi che è il Figlio di Dio. E proprio perché è il Figlio di Dio gli si può consegnare qualcosa di così irreversibile come la morte. La resurrezione della figlia di quest’uomo è solo segno di qualcosa che Gesù compirà in prima persona, cioè la Resurrezione definitiva, la vittoria definitiva della morte. Un cristiano non dove mai avere paura di questa grande verità. Il motivo vero per cui siamo cristiani è perché crediamo alla Resurrezione di Cristo. Non si è cristiani perché si parteggia per qualche insegnamento di bontà presente nel vangelo. Si è cristiani a partire dalla Resurrezione di Cristo. Perché se la morte non è vinta che cosa vale la pena? La vita vale la pena solo se non va a finire nel nulla, ma va a finire nelle braccia di Qualcuno.
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