domenica 23 maggio 2010

Se il mondo ascoltasse...


Chi oggi tenti di parlare della fede cristiana, di fronte a persone che per professione o per convenzione non hanno familiarità col pensiero e col linguaggio ecclesiale, avvertirà ben presto quanto sia ostica e sconcertante tale impresa. Avrà probabilmente subito la sensazione che la sua posizione sia descritta per filo e per segno nel noto apologo del clown e del villaggio in fiamme narrato da Kierkegaard, recentemente ripreso in forma stringata da Harvey Cox nel suo libro La città secolare.
La storiella narra di un circo viaggiante in Danimarca, colpito da un incendio. Il direttore mandò subito il clown, già abbigliato per la recita, a chiamare aiuto nel villaggio vicino, oltretutto perché c’era pericolo che il fuoco, propagandosi attraverso i campi da poco mietuti e quindi secchi, s’appiccasse anche al villaggio. Il clown corse affannato al villaggio, supplicando gli abitanti ad accorrere al circo in fiamme, per dare una mano a spegnere l’incendio. Ma essi presero le grida del pagliaccio unicamente per un astutissimo trucco del mestiere; tendente ad attirare il maggior numero possibile di persone alla rappresentazione; per cui lo applaudivano, ridendo sino alle lacrime. Il povero clown aveva più voglia di piangere che di ridere e tentava inutilmente di scongiurare gli uomini ad andare, spiegando loro che non si trattava affatto di una finzione, d’un trucco, bensì di una amara realtà, giacchè il circo stava bruciando per davvero.
Il suo pianto non faceva altro che intensificare le risate: si trovava che egli recitava la sua parte in maniera stupenda…La commedia continuò così finchè il fuoco s’appiccò realmente al villaggio e ogni aiuto giunse troppo tardi: villaggio e circo finirono entrambi distrutti dalle fiamme.

Cox narra questo apologo a titolo esemplificativo, per delineare la situazione in cui versa il teologo al giorno d’oggi, e nel clown, che non riesce a far si che il suo messaggio sia veramente ascoltato dagli uomini, vede l’immagine del teologo. Anch’egli, infatti, paludato com’è nei suoi abiti da pagliaccio tramandatigli dal Medioevo o da chissà quale passato, non viene mai preso sul serio. Può dire quello che vuole, ma è come se avesse appiccicata addosso un’etichetta, come se fosse imprigionato nel suo ruolo. Comunque si comporti, qualsiasi tentativo faccia per presentare la serietà del caso, tutti sanno già in partenza che egli è appunto solo un clown. Si sa già di che cosa parli, si sa che offre solo una rappresentazione che ha poco o nulla da spartire con la realtà.


2 commenti:

  1. ..e quindi forse occorre che l'evangelizzazione, l'annuncio di Cristo agli uomini di oggi avvenga da noi laici (che in realtà siamo i veri pagliacci), da uomini semplici che non hanno grossi studi alle loro spalle ma che possono solo dire la loro vita cambiata dall'incontro con Cristo..

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  2. In realtà basterebbe che i clown si pulissero il volto ad una fonte cristallina...

    Tuttavia il vero problema che l'aneddoto fa emergere riguarda il pregiudizio che molti hanno nei confronti di coloro che hanno il coraggio di dire la verità, spesso scomoda (vedi il Papa e molti vescovi).

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