Dal
Vangelo di Luca (9, 57-62)“ Mentre andavano per la strada, un tale gli
disse: «Ti seguirò dovunque tu vada». Gesù gli rispose: «Le volpi hanno le loro
tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell’uomo non ha dove
posare il capo». A un altro disse: «Seguimi». E costui rispose: «Signore, concedimi
di andare prima a seppellire mio padre». Gli replicò: «Lascia che i morti
seppelliscano i loro morti; tu invece va’ e annuncia il regno di Dio». Un altro
disse: «Ti seguirò, Signore; prima però lascia che io mi congedi da quelli di
casa mia». Ma Gesù gli rispose: «Nessuno che ha messo mano all’aratro e poi si
volge indietro è adatto per il regno di Dio».
Questo
stralcio del Vangelo di Luca è un passo decisivo perché parla della sequela,
cioè dei modi attraverso cui noi possiamo seguire Gesù. L’evangelista Luca
racconta tre modalità, tre situazioni diverse tra loro ma accomunate dal fatto
che chi ci sta dietro, cioè i discepoli, sentono l’esigenza di seguire Gesù.
Permettetemi di aprire una parentesi: il primo passo della fede è un far
crescere dentro di noi il desiderio di capire, di conoscere, il desiderio di
incontrare Gesù che - tradotto teologicamente -
è il desiderio di seguirlo. Nasce come curiosità, magari cominciamo a
pensarci sempre di più ed a dire che, forse, non abbiamo usato la nostra fede
fino in fondo o che, forse, quello che abbiamo pensato del Vangelo, non era
proprio quello giusto…così comincia a crescere dentro di noi una voglia, un
desiderio profondo di seguire Gesù: è una sorta di sete che cresce insieme con
noi ed è importantissima. Questo passo del Vangelo di Luca inizia dopo che è
nata questa sete dentro ciascuno di noi. E nasce per tanti motivi: per
l’incontro con una persona, perché uno è folgorato da qualcosa, per una
situazione di sofferenza, per una situazione di gioia ecc… Io, da sacerdote, ho
avuto l’esperienza di veder nascere questo desiderio di incontrare Gesù, nelle
salse più diverse.
A
volte, però, tutto rimane un grande aborto cioè rimane un grande desiderio e
basta. Dopo un po’ questo desiderio comincia a scemare perché, se tu non ci
costruisci qualcosa sopra questo desiderio, esso finisce. Come dico spesso,
l’innamoramento non per forza poi diventa amore, uno può essere innamorato e
poi, ad un certo punto, finisce tutto; non è scontato che se io sono
innamorato, quella cosa poi diventi amore. Allora, questa sorta di volano che
ci dà la fede all’inizio – questo desiderio di conoscerLo – crea quello che si
chiama il discepolato. I discepoli chi
sono? Quelli che imparano, quelli che vanno dietro ad un maestro ed il Vangelo
di Luca, con questi pochi versetti, ci spiega le motivazioni più disparate
attraverso cui una persona sceglie o meno o è scelta per andare dietro a Gesù.
Un
tale gli disse: «Ti seguirò dovunque tu vada». E’ bellissimo, è una dichiarazione assoluta di
discepolato; io, davanti ad una cosa del genere, gli avrei detto “Grazie!”.
Invece, Gesù è durissimo «Le volpi
hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell’uomo
non ha dove posare il capo»: fratelli miei, il problema è sempre lo
stesso! Se tu segui Gesù perché vuoi avere una certezza, hai sbagliato: Gesù
non è una certezza così come ce la immaginiamo noi, non è un rifugio, non è una
soluzione, né qualcosa che ti mette al riparo della vita. Dici…Ho Gesù, sto
tranquillo, posso pure evitare di vivere….Molti di noi è così che pensano Gesù,
come la soluzione a tutti i loro problemi, come qualcosa che non ci costringe
più a vivere perché la vita ci fa soffrire, ci fa stancare, abbiamo Gesù e,
quindi, possiamo evitare di far questo. Ci convinciamo che Gesù sia questa
certezza e che non abbiamo bisogno più di nessun cammino perché c’è Gesù e ci
sembra pure devoto questo pensiero! Ma non è così….Gesù dice che il Figlio
dell’Uomo non ha dove posare il capo, ce l’hanno le volpi, ce l’hanno gli
uccelli del cielo ma il Figlio dell’Uomo
ti costringe a camminare. Voglio farvi capire quanto sia importante questa
cosa: immaginate che uno abbia il desiderio di arrivare da qualche parte e non
sa camminare; allora, ha bisogno di qualcuno che lo prenda in braccio e lo
porti a quella destinazione. Costui può dire “se trovo qualcuno che mi prende
in braccio e mi porta lì, ho risolto il problema”: ma Gesù non è questo.
Gesù
non è un paio di braccia che ci prendono, ci stringono e ci portano da qualche
parte: Gesù è la precarietà di due gambe che devono imparare a camminare. E’
una certezza in cammino Gesù, non una certezza che ferma il cammino. Esattamente
come se tu puoi arrivare da un posto all’altro in braccio a qualcuno o da un
posto all’altro perché qualcuno ti insegna a camminare.
Immaginate
i bambini che devono imparare a camminare, a stare in piedi sulle loro gambe:
all’inizio faticano, cadono, fanno piroette ma poi, pian piano, imparano.
Questa è la certezza di Gesù: ti fa stare in piedi sulle tue gambe, passando
attraverso la precarietà di questa educazione, al cammino. Quindi, se tu pensi
che Gesù sia la soluzione alla tua vita perché ti evita la vita, quello non è
Gesù. Uno dice a Gesù…Adesso vengo da Te ed hai risolto il problema del mio
dolore…no! Gesù, io vengo da Te ed hai risolto il problema della mia
famiglia…no! Gesù, io vengo da Te ed hai risolto il problema che vivo dentro la
mia esistenza per quella ferita…no! Tu vai da Gesù e, da quel momento in poi,
inizia un cammino che ti porta da qualche parte, non qualcosa che ti evita quel
cammino. Io diffido sempre da chi dice…Gesù mi ha liberato da un momento
all’altro da questa cosa…Non è educativo questo e Gesù stesso non lo fa con i
discepoli. Se leggete il Vangelo, vi accorgerete che il cammino che fa fare ai
discepoli è esattamente un cammino, non gli dice tutto subito; quando incontra
Pietro, Giacomo e Giovanni non li fa sedere e gli dice di essere il Figlio di
Dio, che a Gerusalemme sarà crocifisso e che poi risorgerà il terzo giorno, in
modo che si preparino per quello che accadrà tre anni dopo. Gesù non fa così,
ma li prepara e gli dice qualcosa quando pensa che loro siano pronti. E’ troppo
facile camminare quando c’è un papà che ti mantiene le mani, poi quel papà o
quella mamma ti lasciano ma tu non vorresti per paura di cadere: però è
necessario che lo facciano, altrimenti tu non impari a stare in piedi sulle tue
gambe.
La
fede esige da noi che impariamo a stare in piedi sulle nostre gambe, cioè esige
che ciascuno di noi impari davvero ad essere libero. Non ci sono sconti nella
fede; non è che siccome uno ha la fede, ha qualcosa di scontato anzi è il
contrario: la fede rende tutto più esigente! Se al mondo non importa nulla che
tu sei seduto in un angolo e passi l’esistenza lì, per la fede questa cosa è
inconcepibile, è inconcepibile che uno stia chiuso in un nido o in una tana. Il Figlio dell’uomo non ha dove posare il
capo quindi, se mi vuoi seguire, smetti di cercare rifugi nella
fede. E’ una conversione profondissima
perché tutti noi abbiamo bisogno di rifugio, tutti noi abbiamo bisogno di pace,
tutti noi abbiamo bisogno, ad un certo punto, di fermarci e vorremmo un guscio,
un posto dove nasconderci. Una volta, andai a cena da una famiglia e mi rimase
impressa la scena di uno dei figli piccoli perché i genitori mi raccontarono
che, quando era stressato, si andava a mettere in un angolo tra il suo letto e
l’armadio: lì si sentiva al sicuro, aveva bisogno di sentire qualcosa intorno a
sé che lo proteggesse e, quell’angolo, era quel rifugio. Ecco, se tu pensi che
la fede sia questo cioè un posto, nella stanza della tua vita, dove puoi
andarti a rifugiare, non è così! Gesù è uno che viene in quell’angolo, ti
prende e dice “Coraggio! Vieni fuori da qui! Torna in sala da pranzo…torna di
nuovo a camminare, a vivere!”. Ecco perché Gesù risponde in modo esigente!
Seconda
cosa… A un altro disse: «Seguimi».
Questa è la cosa più bella della sequela: non tu che scegli di seguire Gesù ma
Lui che chiede a te di seguirlo. Gesù cerca te e tu lo eviti, usando la vita. «Signore, concedimi di andare prima a
seppellire mio padre»: chi di voi, con un po’ di cuore, non avrebbe
concesso di andare a seppellire il padre? E’ un atto di carità, il Vecchio
Testamento lo definisce un’opera di misericordia. Gli replicò: «Lascia che i morti seppelliscano i loro morti; tu invece va e annuncia il regno di Dio».
Nella nostra vita ci sono cadaveri, zone d’ombra, parti della nostra storia che
sono morte e, molto spesso, noi siamo ostaggio di queste parti morte della
nostra vita. Ci sono cadaveri che non ci permettono di andare avanti: ferite,
storie che abbiamo vissuto, dolori che ci hanno schiacciato, incomprensioni,
tradimenti ecc…La nostra storia è piena di cadaveri che esigono che noi andiamo
via da lì, che esigono di essere seppelliti. Soltanto che tu non riesci mai a
seppellire davvero quei cadaveri! Cominci a fare la fossa, li metti un po’
dentro e poi rispuntano fuori, rigalleggiano dentro la tua vita. E tu
dici…Signore, appena avrò risolto questo problema, comincerò a prenderti sul
serio…Appena avrò chiuso questa mia ferita, allora comincerò a credere bene…Appena
avrò superato il fatto che io mi sono sentito in quella maniera e, quindi, non
riuscito ad andare avanti, ti seguirò…Dice Gesù “Smettetela di rimanere ostaggi
dei cadaveri della vostra storia! Basta! Lasciate che i morti seppelliscano i
loro morti”: cioè non vi fissate con delle cose che ormai sono accadute, non
lasciate che quelle cose scelgano per voi, non rimanete ostaggi del passato.
Significa questo: smettila di guardare indietro, se vuoi essere discepolo devi
imparare ad andare avanti. Tu va ed annuncia il regno di Dio, guarda avanti,
non guardare le tue ferite! Guarda
avanti, non guardare quella cosa brutta che è successa! Lo sappiamo che è
successo, lo sappiamo che c’è un morto ma che vogliamo fare? Vogliamo che quel
morto diventi tutta la vita? Non è mancanza di carità da parte di Gesù, perché
non sta dicendo di non avere carità nei confronti del padre, ma è come se Gesù
stesse dicendo che bisogna accettare il fatto che quella cosa lì è morta e che
bisogna liberarsi da questo. Il cadavere del padre è il cadavere di una cosa che ha a che fare
con la nostra storia, un pezzo importante della nostra vita da cui veniamo, da
cui siamo stati messi al mondo, partoriti ed è questo il significato del
cadavere del padre. Non si ha discepolato se tu rimani ostaggio del
passato:….eh ma a me è successa questa cosa e non posso andare avanti…eh ma
ormai io ho questa cosa quindi…. Tutte queste cose le ascolto nelle confessioni
e le vedo anche con me: quante volte, nel leggere la Parola di Dio, dico al
Signore di farmi superare un problema che magari mi porto dietro da quando ero
bambino, così dopo potrò prendere sul serio qualcosa. E’ come se Gesù mi
guardasse dicendomi “Ma basta con questa storia di quando eri bambino! Non sei
più bambino, basta!”. Gesù dice questo non perché non vuole che io risolva
quella storia ma perché non vuole che io ne rimanga ostaggio. Nessuno sta
dicendo, quindi, che non dobbiamo prendere sul serio quello che ci è accaduto
ma che, a volte, lo prendiamo talmente tanto sul serio che ne diventiamo
ostaggi. Sì, consideriamo le nostre ferite, diamo un nome ai nostri cadaveri ma
non passiamo la vita al cimitero: non possiamo rimanere ostaggi del passato.
Terza
cosa. Un altro disse: «Ti seguirò,
Signore; prima però lascia che io mi congedi da quelli di casa mia». Io
chiamo questa la disponibilità condizionata: si ti seguo ma fammi semplicemente
congedare da quelli di casa. Potrebbe sembrare che non ci sia differenza tra
questa situazione e quella precedente, invece, in realtà ce n’è molta: la prima
sequela ci chiedeva di liberarci dall’idea di Gesù come una sicurezza che non
ci fa camminare (Gesù è una sicurezza in cammino); la seconda ci chiedeva di
liberarci dal nostro passato, smetterla di essere ostaggi del nostro passato ed
andare avanti; la terza sequela è liberarci da rapporti che non ci fanno andare
avanti. E’ inutile negare che ci sono
dei rapporti familiari – e per familiari non significa che si abbia lo stesso
cognome – che sono molto dentro la nostra vita, che ci tengono in ostaggio e
non ci aiutano ad andare avanti nella nostra vita. Il senso della risposta data
in questo caso è quello di andare prima a congedarsi da casa per evitare che
quelle persone ci rimangano male: noi siamo il capolavoro dei compromessi e,
quindi, diciamo al Signore di volerlo seguire ma anche di voler tenere contenta
una persona. Ecco il perchè della risposta di Gesù «Nessuno che ha messo mano all’aratro e poi si volge indietro è adatto
per il regno di Dio»: finchè si utilizzeranno gli accrocchi dei
compromessi, non sarai libero. Devi trovare il coraggio di liberarti da alcuni
rapporti che non ti fanno andare avanti perché, così come te li vivi, non sono
rapporti liberanti, non sono rapporti di libertà che ti fanno diventare te
stesso, non sono rapporti che ti aiutano a seguire Gesù.
Adesso
vediamo un panorama della Parola meditata: mai farsi aspettative su Gesù
pensando che ci eviti la vita, mai rimandare questo incontro con Gesù perché
siamo ostaggi del passato, mai trovare compromessi in questo incontro con Gesù
perché siamo ostaggio di alcuni rapporti. La libertà di camminare liberi da
queste tre categorie: questa è la sequela vera, quella profonda, quella che ti
fa accettare il fatto che il cammino è
sempre incerto, che puoi cadere, che i cadaveri ci stanno ma non devono
decidere al posto tuo, che quella donna, quell’uomo, quell’amico o quella
madre, quel padre o quel figlio esistono dentro la tua esistenza ma tu devi
avere il coraggio di domandarti se questo rapporto ti sta facendo andare avanti
o rimanere fermo. Ed è davvero amore rimanere lì fermo? E’ davvero una prova
d’amore cercare sempre un compromesso in certi rapporti?
Quando
il Signore ci domanda qualcosa, ricordate che ci dà anche gli strumenti per poter
fare questo qualcosa: questo è un invito a non usare il fai da te. Torno a
casa, rompo un piatto in testa al marito e gli dico che da oggi in poi non
conta più niente per me e che mi devo liberare da lui: questo è il fai da te!
Non dobbiamo fare questo ma, proprio per quello che abbiamo capito, dobbiamo
cominciare un cammino perché è sbagliato
pensare che esista un mettersi in cammino che rinuncia alle certezze e questo
Gesù lo sa tanto che, in certe giornate, le cose ce le fa capire ed in altre le
cose sono un po’ più oscure. Anche noi abbiamo bisogno della carota, non
andiamo avanti solo a bastone. E’ una utopia pensare di liberarsi del passato
perché noi non possiamo mai essere completamente liberi dalla nostra storia,
dobbiamo soltanto decidere che non abbia la parte preminente della nostra vita:
se tu ti porti addosso la ferita di sentirti abbandonato, non è che ti svegli
una mattina e, siccome vuoi seguire Gesù, di questa cosa non ne tieni più
conto. Devi sempre domandarti però, anche se c’è quel cadavere, quanto sta
decidendo al posto tuo. E’ utopico pensare di potersi liberare di tutti i
rapporti che non fanno crescere; io stesso so che a mia madre posso dire delle
cose fino ad un certo punto e che, da un certo punto in poi, non ci capiamo
più. Non dico che lei non mi ama ma che se dovessi stare a tutto quello che,
magari, mi dice mia madre, io non crescerei: allora, devo avere il coraggio di
dire basta cioè non significa buttare via mia madre ma capire fino a che punto
posso tenerla in considerazione e quando devo invece dire “Mamma stai là”.
Certe famiglie vengono distrutte per l’ingerenza di altre persone che reclamano
diritti di dover parlare sulla tua vita; voi sapere che va di moda o criticare
il Santo Padre perché si chiama Benedetto XVI o acclamare il Santo Padre perché
si chiama Francesco. In entrambi i casi non va bene, perché nessuno di noi può
arrogarsi il diritto di dire come fare il Papa, uno può pure vivere in maniera
tutta sua un pontificato ma tocca a lui scegliere come fare quella cosa, non
devo dirglielo io! Invece, ogni tanto, ci sono questi maestrini che sanno come
devi fare il prete, come devi fare la moglie, come devi fare il figlio o il
marito e tutto viene mascherato dall’amore…Amici miei, se tu ti fidi che tuo
figlio ha un cuore ed un cervello ed ha deciso di farsi schiacciare da quella
donna è un problema suo, non tuo, non puoi costantemente ingerire nella vita di
una persona anche se le vuoi bene. Niente ti autorizza ad esautorare la libertà
di una persona in nome dell’amore. Se queste cose le subiamo, di solito, le
facciamo anche; quindi, dobbiamo domandarci quanto siamo noi così, quanto siamo
causa dell’ostaggio degli altri, quanto noi siamo cadavere nella vita
dell’altro, quante volte noi ci poniamo come certezza per la vita dell’altro:
amare però è aiutare l’altro ad usare la propri libertà, non usarla al posto
dell’altro.
Gesù
è uno che fa questo e ti dice che, se vuoi seguirlo, devi accettare questo:
precarietà, libertà dal passato, libertà da rapporti che non ti fanno andare
avanti. Questa è la sequela, questo è il cristianesimo: se una di queste tre
cose non funziona o sei fermo o sei convinto di stare a camminare ma, in
realtà, non è così.
…Da
dieci anni offro al Signore questa mia ferita…Aspetta, stai offrendo al Signore
questa tua ferita e poi? Non hai fatto
altro a parte fare offerta per dieci anni? Ma c’è un mondo oltre quella ferita
ma ci siamo fissati che là è il problema e ci lamentiamo sempre…. Avanti, la
vita va avanti e noi dobbiamo andare avanti con la vita e con Gesù che va
avanti. Il Vangelo inizia con questa frase “Mentre andavano per la strada”: stavano camminando, Gesù è un
treno in corsa e se lo perdi quel treno, arrivederci! Non sempre passano questi
treni ma, quando passano, bisogna avere il coraggio di prenderlo altrimenti ci
prende questo treno in pieno nel senso che viviamo la fede così male che,
invece di tirare fuori il bene da quell’incontro, lo vivi come qualcosa che ti
sta annullando, schiacciando.
Credo
che queste tre tappe siano fondamentali per ciascuno di noi; allora, cosa
possiamo fare? Domandarci in maniera leale che cos’è che andiamo cercando con
la fede, che cos’è che ci tiene in ostaggio del passato, che cos’è che in
alcuni rapporti non ci fa davvero andare avanti. Se prendiamo sul serio queste
cose, amici miei, serenamente perché non possiamo risolvere tutto insieme ma ne
verremo fuori, magari ci vorrà del tempo, il Signore ci dà tutto il tempo di
cui abbiamo bisogno e, se non ci basta questa vita, ci dà pure un pezzo
dell’altra. L’esistenza del purgatorio è una cosa bellissima perché, noi lo
immaginiamo come un luogo di purga appunto, ma in realtà sono tempi
supplementari: è come se Dio ti dice che, se anche non hai vinto la partita, ti
dà ancora tempo per fare goal perché ci ama non per punirci. Il prolungamento
del cammino anche nell’altra vita è segno di amore, non di punizione: certo è
la punizione di voleva vincere la partita ed ancora non l’ha vinta, ma è
l’adrenalina di una partita, non castigo. Se tu sai che sei figlio di Qualcuno
che continua a darti minuti ed ad allungare la partita finchè non segni goal,
che cosa vuoi di più dalla vita?
Chiediamo
la Signore la grazia di poter vivere così questa sequela, la grazia di
lasciarci guidare da Lui che deve stare sempre davanti a noi come Colui che
guida il cammino e ti dice anche qual è il modo giusto di camminare.
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