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mercoledì 24 febbraio 2010

Il linguaggio dei segni...

di Saverio Gaeta

La vicenda del parroco di Isola Farnese che ha stigmatizzato la festa a base di hamburger organizzata in un vicino fast food nel pomeriggio del Mercoledì delle Ceneri ha suscitato polemiche fra chi pensa che sia necessario rispettare la fede e le tradizioni maggioritarie di un popolo e chi invece reputa un valore assoluto la totale libertà di azione del singolo.
A me è semplicemente tornata alla memoria l’immagine della mensa delle benemerite suore Oblate della Sacra Famiglia di via Boccea, che un paio di domeniche fa hanno offerto ai loro ospiti un gustoso cotechino, preparando nel contempo decine di frittate al formaggio per i molti islamici che non avrebbero potuto mangiare la carne di maiale.

E nel contempo mi ha riacceso l’irritazione che sempre mi suscitano le pubblicità con sacerdoti che danno uno sciroppo contro la tosse come fosse l’Eucaristia, oppure che utilizzano i santi del Paradiso per vendere più caffè, o ancora che proclamano che «la domenica esiste una sola fede»: quella di chi mastica calcio e beve una particolare birra.
Non credo che il mio atteggiamento sia dovuto un moralismo spicciolo e banale. Penso piuttosto che lo svilimento delle parole e dei gesti che appartengono a uno specifico ambito religioso provochi un progressivo degrado dell’intera cultura civile.

Chi è fermo nelle proprie convinzioni è anche capace di rispettare quelle altrui. Chi invece è immerso nella nostra società “liquida”, dove tutte le opinioni si mescolano e sembrano di eguale consistenza, non riesce a comprendere il valore del simbolo: un gesto che di per sé è minuto e in apparenza difficile da comprendere, ma che rimanda a qualcosa di estremamente più grande. Stemperando con una battuta, sarebbe bello che tutti fossero consapevoli che il “linguaggio dei segni” non è unicamente quello dei sordomuti…

martedì 14 aprile 2009

Colui che digiuna...


San Giovanni Crisostomo in riferimento al brano di Mt 17,21 scrive:

“Parole che si riferiscono non solo al genere dei demoni lunatici, ma a ogni classe di demoni. Il digiuno effettivamente dà molta sapienza, rende l'uomo simile a un angelo del cielo e combatte i poteri incorporei. Però è anche necessaria la preghiera, come elemento principale; e colui che prega come conviene e digiuna non necessita di molte cose, e così non diventa avaro, ed è pronto all'elemosina. Colui che digiuna è poi leggero, prega con vigilanza, estingue le concupiscenze dannose, rende Dio propizio, e umilia l'anima superba.

Chi dunque prega con il digiuno ha due ali, anche più leggere degli stessi venti. Infatti non sbadiglia né si addormenta durante l'orazione (come accade a molti), ma è più infiammato del fuoco ed è superiore alla natura terrestre. Questo uomo è conseguentemente il nemico terribile del demonio, poiché non c'è niente di più poderoso dell'uomo che prega come si deve; e se hai il corpo infermo per digiunare, non l'hai tuttavia per pregare. E se non puoi digiunare, puoi astenerti dai piaceri illeciti; e questa non è una cosa di scarsa importanza, né molto distante dal digiuno” (Commento al Vangelo di Matteo).

venerdì 20 marzo 2009

Non ho tempo per pregare...


"Non ho tempo di pregare!" diceva un giovane ad un sacerdote.

"Allora prendi il tempo che usi quando mangi per pregare, rispose il prete e dopo … troverai sempre il tempo per mangiare !"


domenica 11 gennaio 2009

Il segreto per la conversione del mondo


A un parroco che si lamentava della indifferenza dei suoi fedeli il s. Curato d’Ars rispose: “ Avete predicato? Avete pregato? Avete digiunato? Vi siete disciplinato? Avete dormito su duro giaciglio? Finché non vi risolvete a fare questo non avete diritto di lamentarvi.” (Trochu “Vita del Curato d’Ars.” c. 15)

S. Alfonso “Via della salute “

§. II. PRATICA DELLA MORTIFICAZIONE

"Qui vult venire post me, abneget semetipsum, et tollat crucem suam, et sequatur me" (Matth. 16. 2). Ecco tutto quel che ha da fare chi vuol esser seguace di Gesu-Cristo. Il negare se stesso è il mortificare l'amor proprio. Vogliamo salvarci? bisogna vincer tutto, per assicurare il tutto. Povera quell'anima, che dall'amor proprio si lascia guidare!La mortificazione è di due modi, "interna" ed "esterna": colla mortificazione "interna" si ha d'attendere a vincere le passioni, e specialmente quella che più ci predomina. Chi non supera la passione predominante, sta in gran pericolo di perdersi. All'incontro chi la supera, facilmente vincerà tutte le altre. Alcuni però si fan predominare da un vizio e si tengono per buoni, perché non si vedono sopra i vizii che tengono gli altri. Ma che importa? dice S. Cirillo, un solo buco aperto basta a sommergere la barca. Né vale a dire di questo vizio non posso astenermi; volontà risoluta vince tutto: s'intende sempre coll'aiuto di Dio, che non mai manca. La mortificazione "esterna" poi importa il vincere gli appetiti sensuali. I mondani chiamano crudeli i santi, che negano al loro corpo ogni soddisfazione di senso, e l'affliggono con cilizii, discipline ed altre penitenze. Ma dice S. Bernardo che eglino son molto più crudeli con se stessi, mentre per miseri e brevi piaceri in questa terra si condannano ad ardere sempre nel fuoco dell'inferno. Alcuni altri poi dicono già doversi negare al corpo ogni diletto vietato; ma disprezzano le mortificazioni esterne, dicendo che la mortificazione interna è la necessaria, cioè mortificare la volontà. Sì signore, principalmente bisogna mortificar la volontà, ma bisogna ancora mortificare la carne, perché quando la carne non è mortificata, difficilmente sarà ubbidiente a Dio. Diceva S. Giovanni della Croce che a chi insegna non esser necessarie le mortificazioni esterne, non se gli dia credito, ancorché facesse miracoli.