sabato 1 agosto 2009

RU486: il pesticida umano



Così Ferrara ha definito la pillola abortiva, la RU486 che l’Aifa, l’Agenzia italiana del farmaco, ha concesso di commercializzare nel nostro Paese.
Il prezzemolo moderno funziona così: un funzionario del sistema clinico, ché la parola medico è deviante e stupidamente nobilitante, ti dà in ospedale, se con il tempo e con l’uso non te lo passi addirittura la farmacia, un veleno antifeto che, molte settimane dopo il concepimento, puoi ingerire per espellere il bambino “indesiderato” che hai in corpo a casa tua, con dolore e rischi per la salute, nella più disperata e indifferente delle solitudini, tirando lo sciacquone.
Un'invenzione diabolica, l'ennesima...


di Gabriella Mecucci

Tratto da cronache di Liberal del 31 luglio 2009

La Ru486 è un metodo abortivo pericoloso, lungo, doloroso, incerto e costoso.

E se ieri sera monsignor Elio Greccia, presidente emerito della Pontificia Academia pro Vita ha ricordato che «l'assunzione della Ru486 equivale ad un aborto volontario con effetto sicuro» e precisato che il suo uso prevede «la scomunica per il medico, per la donna e per tutti coloro che spingono al suo utilizzo», da parte sua Eugenia Roccella, sottosegretaria alWelfare, ha riportato l'attenzione sulle imprevedibili conseguenze cui potrebbe portare la sua introduzione. «La Ru486 - ha spiegato la sottosegretaria - porta intrinsecamente la donna ad abortire a domicilio, proprio perché il momento dell'espulsione non è prevedibile, creando così una situazione di clandestinità legale». Il farmaco, per di più, ha già provocato la morte di ben 29 donne. Una percentuale enormemente più alta dei decessi per aborto e per parto.

Tanto è vero che il New York Times, quotidiano progressista e "pro choice", non ha esitato a definirla kill pill, cioè assassina. E infatti la Ru, nel mondo sviluppato, se si eccettuano pochissimi Paesi - Francia, Svezia e Inghilterra - viene usata poco o pochissimo. In Spagna - dove pure è autorizzata - la percentuale di utilizzo è pari al 5 per cento e in Germania e in Olanda è vicina allo zero. Purtroppo sono i Paesi del Terzo Mondo o quelli emergenti ad aver scelto ampiamente questa via: basti pensare all'India dove questo farmaco viene assunto dalle donne fuori da strutture ospedaliere, nella solitudine domestica.

Che la Ru sia pericolosa è un giudizio diffuso, del resto i dati parlano chiaro. Ma al di là dei rischi per la vita, il metodo arbotivo tramite kill pill è lungo e doloroso. Funziona così: il primo giorno si assume il mifepristone che uccide il feto e il terzo si prende la prostaglandina che provoca le contrazioni e determina l'espulsione del feto. Nessuno è in grado di stabilire con precisione quando la donna abortisce: la maggior parte lo fa entro le 24 ore dall'assunzione della seconda pillola. Le doglie dell'espulsione sono dolorose, spesso dolorosissime.

In rete si trovano centinaia di testimonianze che danno conto della drammaticità dell'evento e della gravità di alcuni effetti collaterali che si verificano con una notevole frequenza. Ecco un racconto fra i tanti:

«Mi è stata data la Ru486 per abortire. Ho eseguito esattamente le istruzioni e, dopo aver preso la pillola, ho sentito un dolore fisico atroce, per almeno 12 ore ininterrottamente, e ho perso sangue in modo veramente eccessivo. Il sangue attraversava i pantaloni ma sentivo troppo dolore per potermi pulire: è stato il peggiore dolore fisico mai avuto in vita mia».

Di effetti collaterali - come dimostra il racconto - ce ne sono parecchi. Il più grave è il rischio di forti perdite di sangue, ma anche il vomito, la diarrea, i crampi. Insomma, le donne che prendono la Ru sono costrette ad assumere pesanti antidolorifici: spesso addirittura degli oppiacei.

Ma c'è di più: la pill kill non ha un'efficacia garantita: si sono contati sino al 20 per cento di insuccessi. Tanti dolori senza che il risultato sia certo.

Non solo: con questo metodo o si corre il rischio di ricacciare la pratica abortiva dentro casa con un enorme aumento del pericolo di vita, o - come dovrebbe accadere in Italia nel rispetto della legge 194 - si è obbligati a ricoverare una donna nelle strutture pubbliche per tre giorni, con un vistoso aumento dei costi: si parla di oltre 2. 500 euro. A fronte di tutte queste controindicazioni, non si capisce perché la Ru486 dovrebbe essere preferibile all'aborto: al di là delle convinzioni ideologiche o di natura religiosa, essa è certamente una "mina vagante" per il corpo e la salute della donna.

Il problema - come è stato più volte detto - non è quello di introdurre la kill pill, ma piuttosto di far funzionare meglio la 194 ottenendo per questa via l'abbattimento delle intrerruzioni di gravidanza volontaria. I recenti dati indicano che una qualche flessione c'è stata, ma ancora è troppo poco. E soprattutto: fra le immigrate la percentuale degli aborti è in significativa crescita. La gravità delle controindicazioni nei confronti della Ru spiega perché la Exelgyn, ditta che la produce, è restia a chiederne l'introduzione in realtà dove l'opinione pubblica è particolarmente sensibile al tema. Tanto è vero che in Italia la richiesta non venne fatta nemmeno quando era ministro Umberto Veronesi.

I rischi acclarati rendono meno decisi anche i sotenitori di questa pillola. Livia Turco, democratica, ex ministro della Salute, si è limitata a dire che «la validità del farmaco deve essere stabilita da organismi tecnici (l'Aifa, ndr.)». E il capogruppo del Pd al Senato, Dorina Bianchi, ha aggiunto: «Bisognerebbe evitare che con il via libera per l'inserimento della pillola Ru 486 passi soltanto il messaggio che abortire è diventato più facile». Molte invece le dichiarazioni contrarie alla Ru.
L'ex presidente della Repubblica, Francesco Cossiga, ha chiesto in una interpellanza al presidente del Consiglio dei ministri se il farmaco in questione «è intrinsecamente compatibile con la legge194», «se rientra nella legge 194, rispetto all'articolo 15, che parla di uso delle tecniche più moderne, più rispettose dell'integrità psichica e fisica della donna e meno rischiose per l'interruzione della gravidanza». La parlamentare del Pdl, Laura Bianconi, poi, lamentava che «l'Aifa decidesse sull'introduzione della pillola Ru senza aver fornito a noi rappresentanti del Parlamento italiano i dovuti chiarimenti tecnici e scientifici richiesti da più tempo in merito alla pericolosità».

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