lunedì 8 marzo 2010

Riflessioni di don Davide Banzato dal Brasile


Parole davvero toccanti...

Avrei voluto tenervi aggiornati quotidianamente sul mio viaggio in Brasile ma non è per niente semplice, sia per motivi di tempo che per motivi tecnici: eccomi allora ad appuntare qualche considerazione al volo, a volte anche sgrammaticata, e non appena trovo una connessione inviare il tutto a chi dall’Italia mi può aiutare a pubblicare le emozioni, le sensazioni, tutto ciò che sto vivendo qui e che mi sta toccando nel profondo. Grazie per le vostre preghiere…

5 marzo 2010 h.10,30
Questa notte ho preso un sonnifero per potermi addormentare. Il dolore era troppo grande e troppe le notti insonni o comunque disturbate. Quegli sguardi spenti. Quel il grido. Il grido di Dio nei piccoli… Pensavo di esserci abituato oramai. Ma al dolore non ci si abitua mai. Non è come per le malattie, che una volta guarite ti lasciano gli anticorpi. Anzi, più si è in Dio e più sia Ama, maggiormente si diviene vulnerabili perchè capaci di più empatia e compassione…

Nove anni fa percorrevo Beiramar strada di Fortaleza nel nord-est del Brasile per incontrare i bambini di strada. Non riuscivo più a prendere sonno. Pensavo di aver superato questa fase di tormento. Ma al male, al vero male con la M maiuscola non ci si può abituare. Quando a Stazione Termini passavo le notti con i ragazzi di strada, al mio rientro a Piglio non dormivo pensando che avevo un letto, una casa, tutto. Invece i miei ragazzi, i miei amici stavano in strada, in pericolo, rischiando la vita, con una pistola in tasca e dovendo spacciare per sopravvivere, esposti ai rischi della strada, all’indifferenza e all’odio della società che li considera feccia, alla polizia che passa e li picchia o li porta in carcere con il risultato di colpire sempre solo l’ultimo anello di una catena, quello più debole, quello che forse ha meno responsabilità nel peccato sociale della droga o della prostituzione.

Eccomi ora non in Italia nei ghetti e nelle zone calde in cui sono stato di Padova, Roma, Verona, Torino, Mestre, Napoli… ma in Brasile. E qui è ancora più dura. I bambini sono le vittime. I bambini odiati da tutti. Si fanno di crack fin dalla tenera età. Sono nel narcotraffico e nella prostituzione. Sono violenti perchè non amati. Sono stati abusati in famiglia e iniziati a tutto forzatamente. La prova per entrare nel gruppo è stata uccidere un loro amico o qualcosa di questo livello come rito di iniziazione. Se non sono oggi nel gruppo o per strada, allora significa che sono stati uccisi. Li vedevo anni fa per le strade. Ti fermavi a prendere qualcosa al bar e venivi circondato da loro. Ora non ci sono più, sono invisibili, nascosti. Perchè? Un bel programma di “pulizia” attraverso furgoni che li caricano all’improvviso, squadroni della morte e violenze di ogni genere li rende continuamente girovaghi e nascosti. Perchè questo? Rovinano l’immagine turistica della bellissima città fonte di guadagno per tutti dato che gli aerei sono pieni di uomini che addirittura si vantano delle prodezze sessuali vissute con bimbi o ragazzi e ragazze che si svendono per un pugno di riso o, a volte, anche solo per un abbraccio viscido che almeno è sempre un abbraccio. Restano solo alcuni di loro in strada vicino agli alberghi. Sono quei pochi privilegiati per essere portantini della droga nel “pacchetto turistico” che prevede mare, albergo con vitto alloggio, ragazze che fin dall’aereoporto ti aspettano, eventuali minori “in affitto” e droga.

6 marzo 2010 h.00.30
Oggi a Fortaleza con alcuni Cavalieri della Luce siamo andati ad evangelizzare: c’erano Dania, Mauro, padre Renato Chiera, la nostra splendida Chiara Amirante, don Francesco… Rientro ora dalle strade di Beiramar dove c’è prostituzione minorile e ragazzini bambini in strada con ferite gravi dovute agli squadroni della mortre. Sono le 00.30 ho pianto con loro… non sai quanti racconti… quanta rabbia, impotenza, schifo e nausea. I grattaceli davanti al mare con italiani tedeschi e americani che fanno gli splendidi… i bambini dai 4 anni ai 16 già fatti di crak rintronati che piangono e ti abbracciano, a cui curare ferite fisiche morali e dell’anima. Sono violentati e costretti a scappare. “Da quanti anni vivi in strada?” “Otto”. “Perchè?” “Perchè a casa mio padre mi picchiava sempre” “Ma qui ti cercano i narcotrafficanti e ti picchiano, la tua banda ti picchia, e anche la polizia ti picchia…non è che vada meglio” “E’ vero, ma le botte di mio padre mi facevano più male”.
Una ragazza invece mi abbraccia e mi dice: “Portami via, lontano da qui perchè sennò torno per la droga”. Parla bene italiano ormai. L’ha imparato prostituendosi, sa i dialetti addirittura. Mi mostra il seno scoperto da cui esce del latte e mi dice “Non dirlo a nessuno, sono incinta. Ora però devo lavorare lo stesso. Mi ubriaco così non ci penso e il bimbo nascerà ubriaco e non penserà neppure lui”. Sono devastato. Piango e ho il cuore stretto. Preghiamo per questi figli e queste figlie, per questi fratelli e per queste sorelle non amati…

7 marzo 2010 h.1,30
l tenere il cuore aperto. E’ stato devastante. Qui ci ho vissuto. So a cosa vado incontro a cuore aperto e forse per questo volevo difendermi un po’. Certe immagini una cosa è vederle negli schermi, sentirne parlare, passarci vicino… altra passare la notte in strada con loro, sedersi a terra, difenderli dai turisti, dalla polizia, dai narcotrafficanti e poi dover tornare a casa su un letto sapendo che loro rischieranno ancora la vita e domani uscendo potrei trovarli o non trovarli più perchè uccisi, rapiti per traffico di organi, o se è andata bene con un buco nella gamba per una pallottola, uno sguardo ancor più perso per il crack, gli abusi, le torture… e parlo di bambini di 4 anni di sniffano crack e ti parlano come adulti!!! Fino ai 14-16 anni perchè poi o non sopravvivono o diventano ormai nela malavita dei boss incapaci di intendere e volere… Non ho respiro e un grido nell’anima forte un grido che urla…

8 marzo 2010 h,11,00
Ricordo lo sguardo di Cicero, 14 anni di età e da 3 anni in strada. Sguardo nel vuoto. Pelle ed ossa. Ma sempre in ricerca di noi, del nostro ascolto, della nostra attenzione. Ricordo la reazione del proprietario del ristorante che caccia il ragazzino a cui voglio dare un pezzo di pizza. Ricordo… penso… non c’è soluzione. Prego. Anche don Francesco davanti a Chiara è scoppiato. Lei gli ha chiesto “come stai?” “Ma insomma” “Perchè che è successo?” …ed è scoppiato in lacrime. Non ci si può avvicinare davvero a questi ragazzi senza esser raggiunti dal loro dolore e non si può rimanere indifferenti. Se penso a quante stupidaggini viviamo in Italia. I ragazzi, ma anche gli adulti, sono capaci di piangere o lamentarsi per problemi che non esistono come il non avere quel vestito o quel modello di celluare e si perde tempo in giudizi, litigate, incomprensioni, ricerca di autoaffermazione. Il mondo intanto muore. Un bambino, anzi, 150 milioni di bambini di strada vivono veri problemi. Non noi incapaci di ringraziare Dio per avere anche troppo. E a volte ci sentiamo pure di aver fatto del bene dando qualcosa. Ci prendiamo il lusso di sentirci con la coscienza pulita. Tu che hai, tu che sei ricco, non hai altro che restituito quel che devi al fratello povero! Altro che elemosina! Il nostro superfluo qui è essenziale.

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