martedì 28 aprile 2009

Napoleone e la Chiesa


dal libro di Luigi Fabiano, Le Ragioni di una Fede

Testo di riferimento
“Pensare la storia” di Vittorio Messori, edizioni Sugarco

E’ un dato che Napoleone Bonaparte inflisse più di qualsiasi altro despota della storia danni alla comunità ecclesiale e più ostinatamente cercò di cancellarla e non riuscendovi,di ridurla a larva, a docile Istrumentum Regni. Il papa PIO VI, spogliato di tutto, morì prigioniero in Francia nel 1799 e sembrava impossibile dargli un successore. PIO VII, eletto fortunosamente da un gruppo di cardinali che riuscì a riunirsi a Venezia.Trascorse la maggior parte del pontificato sballottato da una prigione all’altra. Minacciato, isolato, ingannato, testimone impotente della distruzione della sua chiesa. Nulla gli fu risparmiato, in una bufera di violenze e di umiliazioni che fu arrestata solo dalla caduta del tiranno Napoleone. L’ora della “vendetta” giunse nel 1814, quando il papa esule rientrò a Roma in un trionfo di popolo. Trovò 900 tra francesi e collaborazionisti indigeni, rinchiusi a Castel Sant’ Angelo. Nonostante le proteste dei romani 600 di quei prigionieri il pontefice li liberò subito.

Gli altri con un amnistia meno di due mesi dopo. Il prefetto napoleonico che era stato suo carceriere a Savona ricevette dal papa una lettera paterna per liberarlo dai rimorsi che lo tormentavano. Inoltre giunse ad inviare un messaggio al principe reggente della gran Bretagna, perchè si liberasse Napoleone esiliato a Sant’Elena o almeno, se ne mitigasse la prigionia.
Infine quando gli comunicarono che Napoleone era ammalato e desiderava un confessore, scelse egli stesso un sacerdote corso, che, a Sant’Elena sapesse meglio comprendere il suo conterraneo.

E pianse con la madre e i fratelli, organizzando suffragi, quando giunse a Roma la notizia della
sua morte.

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