mercoledì 8 aprile 2009

Il Missionario? Un fragile vaso di creta


Però noi abbiamo questo tesoro in vasi di creta, perché appaia che questa potenza straordinaria viene da Dio e non da noi. Siamo infatti tribolati da ogni parte, ma non schiacciati; siamo sconvolti, ma non disperati; perseguitati, ma non abbandonati; colpiti, ma non uccisi, portando sempre e dovunque nel nostro corpo la morte di Gesù, perché anche la vita di Gesù si manifesti nel nostro corpo. Sempre infatti, noi che siamo vivi, veniamo esposti alla morte a causa di Gesù, perché anche la vita di Gesù sia manifesta nella nostra carne mortale. Di modo che in noi opera la morte, ma in voi la vita. 2 Cor 4,7-12

Morte e resurrezione, fragilità e potenza, sofferenza e vita piena sono le tematiche che si rincorrono in questi versetti.
Tematiche centrali, profondamente radicate nella vita di san Paolo, che attingono direttamente alle fonti del suo straordinario incontro sulla via di Damasco, con il Cristo Risorto sfolgorante di luce eppure sofferente nelle membra della sua Chiesa perseguitata, con il Cristo eternamente solidale con l’umanità redenta che porta nel Suo corpo ancora i segni del glorioso e doloroso sacrificio.

Dolore e amore, Morte e Resurrezione due binomi tanto misteriosi quanto inscindibili! Paolo è consapevole della grandezza del dono di Dio di cui è stato fatto mediatore e servitore quel giorno a Damasco.

C’è un Vangelo da annunciare, un tesoro di inestimabile ricchezza da donare ad un’umanità povera e bisognosa di una Parola di vita che dia senso pieno all’ esistenza!

Se in Paolo è grande la consapevolezza di questo tesoro, altrettanto chiara, però, è la coscienza della sua debolezza ed inadeguatezza che egli paragona alla fragilità di un vaso di creta.
"Noi abbiamo questo tesoro in vasi di creta" (2 Cor 4,7).

Paolo conosce il peso e le difficoltà dell’evangelizzazione, come pure la fragilità umana, conosce bene le insidie della natura umana corrotta, sempre propensa a compiere “il male che non vuole”. Eppure ci tiene a ricordare che il tesoro del kerygma cristiano a noi affidato in "vasi di creta" si trasmette attraverso deboli strumenti, "perché appaia che la potenza straordinaria viene da Dio e non da noi" (Ibid 7).

La scelta di Gesù è umanamente illogica e perdente. Perché affidare la diffusione del Vangelo a uomini neppure selezionati per le loro capacità, che si presentavano non con sublimità di parole o di sapienza, ma in debolezza e con molto timore e trepidazione (1Cor2,1-3)?

Traditori, popolani, ex-persecutori, uomini di mondo, ladri, vigliacchi, deboli…
Eppure sembra che a più di 2000 anni di distanza il criterio di selezione utilizzato da Dio per salvare il mondo non sia cambiato.

Ha scelto la debolezza scandalosa di Gesù Crocifisso, poi la “stoltezza della predicazione” per diffondere l’annuncio del Vangelo e, infine, deboli vasi di argilla a cui ha affidato tale predicazione. Il motivo del modo di agire di Dio, che sconvolge ogni criterio umano di successo, costituendo un vero pugno nello stomaco per la nostra società efficientista, è una lezione inferta alla nostra superbia, al nostro crederci indispensabili e autosufficienti.

Il messaggio che Paolo vuole comunicarci è chiaro: solo Dio salva e l’uomo non può presumere mai nulla davanti a Lui.
Ogni discepolo di Gesù e ogni comunità cristiana ha nella debolezza il punto di forza
!

Magari lo comprendessimo. Molti atteggiamenti cambierebbero nella nostra vita, nel nostro modo di evangelizzare e portare nel mondo la Parola della Croce…

C’è sempre una subdola paura nascosta dietro al proclamarsi deboli, al mostrarsi fragili in questo mondo, al soffrire per amore. Per questo si è disposti ad elemosinare il triste plauso dei potenti e la loro protezione, si preferisce nascondere verità scomode ed essere politicamente corretti, in modo da stare in pace con tutti, senza compromettersi mai. Si cerca la strada comoda e si criticano le scelte radicali che giudicano la nostra coscienza compromessa da quel male che abbiamo accolto a braccia aperte. La Verità fa paura, perché è Amore e l’Amore quando è autentico fa sempre soffrire, almeno qui sulla terra come ci ha insegnato Gesù.

Proclamare la Verità scomoda di Cristo con fermezza e decisione, comporta quella sofferenza che il più delle volte non vogliamo abbracciare, perché fa paura, perché fa male. Eppure tutte le volte che ci comportiamo così, tutte le volte che rifiutiamo di essere quelli che dovremo essere, tutte le volte in cui non accettiamo la nostra debolezza, il soffrire volentieri per Gesù, dimentichiamo che esser deboli vuol dire partecipare alla debolezza di Dio che salva attraverso l’amore senza difese di Gesù crocifisso!

Se a volte sperimentiamo in modo quasi angoscioso la nostra debolezza, non ci dobbiamo scoraggiare: è probabilmente il modo col quale Dio ci sta purificando per renderci strumenti più adatti per la sua azione di salvezza; è dunque l’occasione per ricordarci che nell’opera della salvezza non dobbiamo sentirci dei protagonisti, ma dei “servi inutili” (Lc 17, 10); non dei maestri in assoluto, ma degli umili ambasciatori di un messaggio che ci trascende.
L’Apostolo delle genti ci mostra che proprio questo aspetto è ciò che caratterizza la spiritualità che ogni missionario del Vangelo deve maturare per essere fedele al mandato che ha ricevuto.

Ogni cristiano resta sempre un fragile vaso di creta
. Svolge bene il suo compito quando lascia trasparire, magari attraverso le sue crepe, la potenza straordinaria che viene da Dio e che agisce nei cuori con la forza dello Spirito Santo.
Egli è un testimone fedele quando, attraverso la sua povera persona, diffonde il profumo di Cristo che attira sorelle e fratelli, perché nelle loro coscienze è già all’opera lo Spirito Santo.

Il missionario del Vangelo non deve far altro che far conoscere, con la sua vita e la sua parola, quel Gesù che è diventato il suo unico tesoro e quel Vangelo che lo ha inebriato come l’unico profumo che dà gioia alla vita. Far conoscere Cristo vuol dire però annunziarlo senza posa, proclamare la Sua Parola che salva con coraggio e determinazione fin sui tetti delle case, uscendo dai comodi gusci in cui il più delle volte ci si rinchiude, andando incontro alle pecore smarrite dei nostri tempi con tutti i mezzi a disposizione, secondo i carismi che il Signore ci ha affidato!

Sfidando avversità e contrarietà, senza temere nulla, ma accettando tutto con amore e offrendo ogni sofferenza subita per la maggior gloria del nome di Gesù e per la salvezza dell’umanità! Il vaso di creta, è creato per contenere qualcosa.
Nel nostro caso specifico il tesoro del Cristo crocifisso e Risorto, vivo e desideroso di donare pienezza di vita a coloro che non hanno ancora incontrato il Suo Amore! Ne deriva un impegno inderogabile per il missionario: quello di riempirsi per tutta la vita del tesoro che è inviato a far conoscere, della luce di Cristo da far trasparire e del profumo del Vangelo da emanare attorno a sé.

Tutto ciò richiede inoltre un altro impegno non meno esigente: quello di tener lontano ciò che impoverisce il tesoro di Cristo, ciò che attenua la luce del Vangelo, i cattivi odori che adulterano il dolce profumo di Cristo!
Solo adorando Cristo nei nostri cuori, unendo le nostre sofferenze alle Sue, morendo a tutto e a tutti in Lui e vivendo di Lui saremo testimoni credibili ed affidabili in un mondo assetato di Verità e d’Amore, assetato di Dio!

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