sabato 15 gennaio 2011

Voltaire l'intollerante

di Rino Camilleri
tratto da LaBussolaQuotidiana.it
titolo originale Il disprezzo di Voltaire

E’ un «Voltaire sconosciuto» quello che racconta Andrea Vannicelli su Studi cattolici del novembre 2010. Recensendo un libro del 2006 dello storico francese Xavier Martin, ci mostra il «sordo risentimento nei confronti degli ebrei» e degli africani, schiavi «per natura» in quanto inferiori, che nutriva l’Apostolo della Tolleranza. E questo era già noto. Meno noto il suo disprezzo assoluto per il popolo, «tra l’uomo e la bestia», e le donne. Solo per loro conveniva mantenere in piedi l’odiata religione cristiana, affinché stessero al loro posto e ci rimanessero.
Divenne ricchissimo e potente a furia di «adulazione nei confronti di coloro» ai quali dedicava le sue opere. Ma diventava un belva coi suoi servitori. Nel 1739 recitava in teatro e un servo gli faceva da suggeritore. Poiché dimenticava le battute, se la prese con lui, urlando e sputandogli in faccia in piena scena, cosa che sollevò l’ilarità del pubblico. Isterico diventata con «chiunque osasse contraddirlo». Il celebre medico ginevrino Théodore Tronchin, che lo aveva in cura, lo giudicava «persona puerile e immatura, collerica e squilibrata».
Fece imprigionare due volte nella Bastiglia il giovane scrittore protestante La Baumelle, ricorrendo alle famigerate lettres de cachet con cui il re poteva incarcerare chiunque senza processo. La Baumelle ne uscì rovinato ma si era permesso di criticare le opere del Sommo, che lo accusò falsamente di scrivergli lettere anonime. Un altro giovane scrittore, J. Clément, subì lo stesso trattamento, e pure il giornalista parigino Elie Fréron, che ne morì di crepacuore lasciando la famiglia nella miseria.
Ma tale era la fama e l’influenza a corte di Voltaire che, quando fu ricevuto all’Accademia di Francia, la censura reale ebbe «l’ordine di non lasciar pubblicare nulla» di critico nei confronti del Nostro. Lo stesso Federico II di Prussia, che l’aveva letteralmente coperto d’oro, fu oggetto delle sue violentissime invettive quando fu allontanato da Berlino. Da tutto il libro recensito emerge il ritratto di «un filosofo che pratica e teorizza lo spregio dei suoi simili, eccetto i suoi colleghi filosofi», ai quali consigliava per lettera (1736): «Occorre mentire come un demonio, non in maniera timida e nemmeno per qualche tempo, ma arditamente e sempre».

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