martedì 17 aprile 2018

Commento al Vangelo di Don Luigi Maria Epicoco - Gv 6,30-35

Dal Vangelo secondo Giovanni 
In quel tempo, la folla disse a Gesù: «Quale segno tu compi perché vediamo e ti crediamo? Quale opera fai? I nostri padri hanno mangiato la manna nel deserto, come sta scritto: “Diede loro da mangiare un pane dal cielo”».
Rispose loro Gesù: «In verità, in verità io vi dico: non è Mosè che vi ha dato il pane dal cielo, ma è il Padre mio che vi dà il pane dal cielo, quello vero. Infatti il pane di Dio è colui che discende dal cielo e dà la vita al mondo».
Allora gli dissero: «Signore, dacci sempre questo pane».
Gesù rispose loro: «Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà fame e chi crede in me non avrà sete, mai!».
Parola del Signore

Commento al Vangelo di Don Luigi Maria Epicoco

“Quale segno tu compi perché vediamo e ti crediamo? Quale opera fai?”. Moriamo un po’ tutti dalla voglia di fare a Gesù questa stessa domanda che troviamo nel Vangelo di oggi. “Come vuoi convincerci? Come facciamo a sapere che è tutto vero? Stupiscici!”. E Gesù non si offende davanti a questa richiesta, sa bene che noi abbiamo bisogno anche di toccare, di vedere, di capire. Abbiamo bisogno di verificare, di fare esperienza. Ma invece che uscirsene con un effetto speciale, Gesù fa qualcosa di sconvolgente, di più grande, di più impensabile: pone se stesso come segno, come dono, come prova che quello che dice è vero. Non regala manna discesa dal cielo, ma rende se stesso un pane spezzato per tutti: “«In verità, in verità io vi dico: non è Mosè che vi ha dato il pane dal cielo, ma è il Padre mio che vi dà il pane dal cielo, quello vero. Infatti il pane di Dio è colui che discende dal cielo e dà la vita al mondo».
Allora gli dissero: «Signore, dacci sempre questo pane».
(…) «Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà fame e chi crede in me non avrà sete, mai!»”. Il dono dell’Eucarestia è il tesoro più prezioso che il mondo ha, perché è la presenza reale di un Dio infinito e innamorato di noi, dentro la fragilità di un pezzo di pane. E questa scelta è fatta appositamente per lasciarci liberi, liberi di crederci o liberi di non crederci. Tu vedi pane ma sai che in sostanza c’è tutto Lui. Tu vedi pane ma quello è “il Tutto nel frammento”. Tu vedi pane silenzioso, ma quella è la Presenza più eloquente dell’Amore più grande, quello che dà tutto se stesso. Tu vedi pane ma la tua fede sa che è tutto infinitamente di più. Così ciò che è quotidiano, come un pezzo di pane, diventa segno di ciò che è straordinario, e lo fa senza fuochi d’artificio, ma nell’umiltà più totale, come accade ugualmente la notte che venne al mondo nella sperduta periferia della Giudea. Sono gli occhi che devono cambiare, non le cose. Sono gli occhi che devono saper vedere il di più che il cuore cerca. Ma questo è dono.


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