lunedì 19 ottobre 2009

Bambino guarito per intercessione di Giovanni Paolo II


Un articolo di Andrea Tornielli pubblicato su "Il Giornale" riporta il caso della miracolosa guarigione di un bambino, operata per intercessione di Giovanni Paolo II ancora vivente. Buona lettura...

di Andrea Tornielli

È uno dei presunti «miracoli» avvenuti grazie all’intercessione di Giovanni Paolo II, quando il Papa era ancora in vita, che si aggiunge a quelli che stanno arrivando da persone che hanno incontrato Wojtyla durante il suo lungo pontificato, durato quasi 27 anni.

Anche in questo caso, chi scrive era a conoscenza del fatto prima della morte di Giovanni Paolo II. E conosce di persona la mamma del bambino, Margherita Enrico, collega giornalista che abita in una città del Nord Italia. È una storia ben nota all’entourage papale: si tratta della guarigione di un bambino da una grave forma di deficienza immunitaria.

Margherita Enrico e il marito sono due professionisti e hanno due figli. Il più piccolo di questi, Francesco, sei mesi dopo la sua nascita, avvenuta nel 1993, ha cominciato ad avere seri problemi di salute. Ecco l’eccezionale racconto della madre, che abbiamo raccolto nei giorni del funerale di Papa Wojtyla, mentre si trovava a Roma per rendere l’ultimo omaggio al Pontefice ma anche per effettuare una nuova serie di esami clinici che hanno confermato la perfetta salute del figlio Francesco.

Che sintomi manifestava il bambino?
«Francesco mangiava poco, dimagriva. All’inizio, nei primi mesi di vita, non ci abbiamo dato troppa importanza. Poi è stato di colpo molto male, con difficoltà respiratorie. Lo abbiamo ricoverato d’urgenza all’ospedale della nostra città: aveva infezioni ai reni, all’intestino, ai bronchi. Era in condizioni gravissime e i medici non erano certi di potergli salvare la vita. Ha passato molti mesi in ospedale».

Che cosa gli hanno diagnosticato i medici?
«Una forma di immunodeficienza. Il suo organismo non aveva le difese immunitarie necessarie, non produceva le immunoglubuline. Questa grave carenza lo esponeva a tutti i tipi di infezioni».

Può raccontare che cosa è accaduto negli anni successivi?
«Mio figlio si è ripreso, i medici gli hanno salvato la vita, ma è rimasto un bambino diverso dagli altri. Gracilissimo, stava sempre male, non aveva forze, non poteva fare alcuno sport, si ammalava di continuo. In più, a causa delle continue infezioni alle orecchie, per molto tempo non ha potuto sentire bene ed è stato affetto da un problema di dislessia, da problemi nell’articolare il linguaggio».

I medici vi davano qualche speranza? Come dovevate curarlo?
«Gli specialisti che abbiamo consultato ci dicevano che non vedevano una soluzione al problema di Francesco. Io, vedendolo in quelle condizioni, ho lasciato il lavoro per seguirlo quotidianamente, per stargli sempre vicino».

Com’è avvenuto l’incontro col Papa? Perché vi siete rivolti a lui?
«Noi avevamo il desiderio di incontrarlo, perché siamo credenti. Tramite un prelato che conosceva molto bene Giovanni Paolo II abbiamo avuto questo privilegio. Nel giugno 2002 siamo stati invitati nell’appartamento del palazzo apostolico, per assistere alla Messa privata. Era prestissimo, di mattina. Siamo entrati nella cappella del Papa e lui era già lì inginocchiato che faceva adorazione silenziosa davanti al Santissimo sacramento. Oltre a Francesco c’erano anche mio marito e l’altra mia figlia. Abbiamo partecipato alla Messa celebrata dal Santo Padre, poi siamo stati introdotti nel suo studio per un saluto a tu per tu...».

All’epoca Papa Wojtyla camminava o stava seduto nella sedia a rotelle?
«No camminava ancora, riusciva a muoversi autonomamente, anche se si aiutava con il bastone».

Incontrandolo gli avete parlato della malattia di vostro figlio?
«No, ci siamo soltanto presentati. Francesco non gli ha neanche detto di voler guarire. Ma è stato molto bello perché lui e il Papa si sono guardati a lungo negli occhi e in quel momento mio figlio ha avuto la sensazione di conoscere da sempre il Santo Padre. Era come se si trovasse di fronte a un vecchio amico: si è sentito accolto, amato».

E poi che cosa è accaduto?
«Giovanni Paolo II ha benedetto mio figlio e lo ha accarezzato sul volto. In quel momento, ci dirà poi Francesco, lui ha avuto la sensazione che dalla mano di Wojtyla uscisse come del calore. Ci ha raccontato proprio in questi termini quanto gli era accaduto in quegli istanti mentre si trovava davanti al Pontefice».

Che cosa vi ha detto vostro figlio appena usciti da quell’incontro in Vaticano?
«Ha detto subito: “Mamma, papà, io mi sento bene! Non sono più stanco!”. Era contento, allegro. Ci ha raccontato della sua sensazione, di quel calore che ha avvertito nel momento in cui il Santo Padre lo benediceva. Pensi che noi lo abbiamo anche preso in giro, gli abbiamo detto di non farsi strane illusioni, di non farsi ingannare dalle sensazioni passeggere. Ma certamente siamo rimasti subito colpiti dal fatto che appariva cambiato, completamente cambiato. Ce ne siamo accorti non appena tornati a casa. La spossatezza, la mancanza di forze che lo assaliva continuamente erano scomparse. Ha ripreso a fare sport. La maestra si è accorta subito che era accaduto qualcosa perché quasi non lo riconosceva. Era rifiorito, era diventato un altro».

Avete fatto dei controlli medici per accertare che cosa fosse successo?
«Sì, li abbiamo fatti subito. I dottori ci hanno detto: “Non ha più niente. È guarito”. Da allora e fino a questo momento tutti i controlli hanno confermato questa guarigione».

Come ha reagito Francesco alla notizia?
«Ha voluto scrivere subito al Papa. Di suo pugno. Gli ha mandato una lettera con queste parole: “Santo Padre ti ringrazio per prima cosa perché ho avuto la possibilità di conoscere un santo. Ho visto come pregavi Gesù. Ho visto anche che sulle tue spalle quando eri curvo in preghiera c’erano tutti i problemi del mondo. Grazie perché mi hai guarito. Da adesso io prego ogni giorno per te il rosario e chiedo alla Madonna di guarirti”».

E il Papa ha risposto?
«Sì, anche lui di suo pugno, personalmente. È stato meraviglioso, commovente, ricevere la sua lettera di risposta indirizzata a mio figlio. Non si è mai attribuito quanto è successo, non ha mai parlato di miracolo, ma ha scritto: “Ringraziamo il Signore, il Signore è buono!”».

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