giovedì 27 agosto 2009

Monica, la mamma santa!



Ah sante Mamme senza cui non si sarebbero fatti santi tanti figli e tante figlie!
Come si farebbe senza di loro?
In un bell'articolo di don Marcello Stanzone, ripercorriamo alcuni aspetti salienti della vita di Santa Monica attraverso gli scritti del figlio Sant'Agostino.


Titolo originale: Santa Monica, vedova: quando una mamma salva l'anima del figlio
Fonte: Pontifex.roma.it

Monica nasce nel 331 circa nell’attuale Song-Ahras in Algeria. Giovanissima sposò Patrizio, un legionario di Tagaste e membro del consiglio della città. Il marito però a differenza di lei, non era cristiano e ciò non piaceva a Monica che sperava in una sua conversione. Dal matrimonio nacquero almeno tre figli: Agostino, il maggiore, Navigio e Perpetua. Praticamente tutte le notizie sul conto di Monica provengono dalle “Confessioni”, dai “Dialoghi” e da “ De Beata Vita” e dalle lettere di Sant’Agostino, sulla cui vita la madre ebbe una grandissima influenza, egli infatti scrisse: “ Non ho parole sufficienti per esprimere il profondo affetto che provava per me […] Aveva il corpo debole di una donna, ma la fede forte di un uomo, la dignità appropriata all’età, un amore materno per suo figlio e una cristiana devozione”. Monica allattò Agostino al seno, fatto poco comune in una famiglia come la loro e con il suo latte, egli dice, ...

... ella lo imbeveva della generosità di Dio. Monica era disturbata dalla vita licenziosa del figlio, ma Agostino considerava i suoi ammonimenti come “ semplici consigli da donna”. Monica pregava per la sua conversione e quando egli divenne manicheo non volle più vederlo, fino a che non venne rassicurata in sogno che alla fine sarebbe giunto a condividere pienamente con lei la fede. Era molto scoraggiata riguardo ad Agostino, quando un essere luminoso le apparve e le disse che doveva asciugarsi le lacrime, perché “tuo figlio è con te”. Monica parlò ad Agostino della visione, ed egli le rispose che certamente sarebbero potuti stare vicini se ella avesse rinunciato alla sua fede cristiana. Ma decisa Monica gli replicò: “ Non ha detto che io ero con te, ma che tu eri con me!”.

Quando Agostino andò in Italia nel 383, ella decise di seguirlo. Agostino era partito insieme alla sua compagna e al figlio, e aveva lasciato la madre in un santuario a Cartagine, adducendo la scusa di dover salutare un amico. Monica andò a cerarlo a Roma, ma Agostino aveva già lasciato la città. Lo seguì a Milano, dove si era stabilito e dove Monica divenne amica di sant’Ambrogio, vescovo di quella metropoli. Per quindici anni Monica aveva tollerato le relazioni licenziose di Agostino, ma decise che era suo compito assicurarsi che si sposasse per il suo bene e per poter essere ammesso al battesimo. Gli propose di combinare un matrimonio con una donna ricca e quindi di abbandonare la sua compagna. Alla fine però la madre dovette accettare il suo rifiuto e si ritirò con lui e altri amici nella villa a Cassiciacum dove si occupava della casa ma era in grado di partecipare anche se solo ad un livello poco profondo alle discussioni filosofiche della cerchia del figlio. Agostino apprezzava la fede semplice di sua madre Monica che la Chiesa festeggia il 27 agosto, ma era convinto che il credente dovesse crescere nella conoscenza della fede e ripensarla criticamente per non essere travolto dagli errori e dalle critiche. Dopo tante preghiere Monica era al colmo della gioia per la conversione del figlio e per il battesimo avvenuto nel 387.

A tale riguardo Agostino scrisse: “ Ella ha visto che le hai donato molto più di quello che aveva domandato con le lacrime, le preghiere, i lamenti”. Monica decise di rientrare in Africa con il figlio, ma durante il viaggio, morì a Ostia all’età di cinquantacinque anni. Prima di morire aveva condiviso con il figlio una forte esperienza spirituale nota come “ la visione di Ostia”. Scrive Agostino nelle “ Confessioni”:

“ Avvenne una volta che io e lei ce ne stessimo soli, appoggiati al davanzale di una finestra che dava sul giardino interno della casa che ci ospitava, là presso Ostia, dove non lontani dal frastuono della gente, dopo la fatica del lungo viaggio, ci stavamo preparando ad imbarcarci. Parlavamo soli con grande dolcezza e, dimentichi del passato, ci protendevamo verso il futuro, cercando di conoscere alla luce della Verità presente chi sei Tu, la condizione eterna dei santi, quella vita cioè che occhio non vide, né orecchio udì, né mai entrò in cuore d’uomo. Ce ne stavamo con la bocca anelante verso l’acqua che emana dalla Tua sorgente, da quella sorgente di vita che si trova presso di te…Tuttavia, Signore, Tu sai che in quel giorno, mentre così parlavamo e, tra una parola e l’altra, questo mondo con tutti i suoi piaceri perdeva ai nostri occhi ogni richiamo, mia madre mi disse: “ Figlio, quanto a me non trovo ormai più alcuna attrattiva per questa vita. Non so che cosa io stia a che fare ancora quaggiù e perché mi trovi qui.

Questo mondo non è più oggetto di desideri per me. C’era in solo motivo per cui desideravo rimanere ancora in questa vita: vederti cristiano cattolico, prima di morire. Dio mi ha esaudito oltre ogni mia aspettativa, mi ha concesso di vederti al suo servizio e affrancato dalle aspirazioni di felicità terrene!”. ..Dopo nove giorni di malattia quell’anima benedetta e santa se ne partì da questa terra”.
E Agostino pianse ripetendo: “ Tu mi hai generato due volte!”.

In conclusione quella di santa Monica è una delle storie più belle del rapporto tra una madre piena di fede ed un figlio scapestrato: fa toccare con mano la potenza dell’amore materno che non si accontenta dei successi umani del figlio ma mira alla totale realizzazione del figlio, quella che solo l’unione con Dio può donare. La sua arma segreta fu la preghiera, grazie alla quale ella ebbe la gioia in vita di vedere anzitutto il marito Patrizio abbracciare la fede e, in seguito, di assistere alla conversione ed al battesimo cristiano del Figlio Agostino. Per questo santa Monica è la protettrice delle donne sposate, delle madri e delle vedove e si invoca per l’educazione religiosa e la salvezza dell’anima dei propri figli.

mercoledì 26 agosto 2009

Malata di SLA guarisce miracolosamente a Lourdes


I soliti razionalisti diranno: "La scienza per il momento non è ancora in grado di dare risposte". Ma dinnanzi ad un FATTO simile non si può che dar lode all Signore.
Ne sa qualcosa la Signora Antonia Raco affetta da SLA che recatasi in barella i primi di agosto a Lourdes per chiedere la grazia per una bimba di 5 anni...è ritornata sulle proprie gambe, completamente guarita!

Cari razionalisti, andate a guardare di persona le cartelle cliniche, andate a parlare con i neurologi...prego...Chissà che possiate incontrare Dio.

P.S. Scrivo cari razionalisti, perchè so che mi leggete ed in effetti me ne avete dato comprova con i messaggi che mi sono arrivati via e-mail.


tratto da Il Giornale

25 agosto 2009

Malata di Sla guarisce nelle acque di Lourdes

Torino - "Preferisco parlare di un dono, di una grazia, non di miracolo". Nelle parole di Antonia Raco, la donna di Francavilla sul Sinni affetta da Sla che, dopo un viaggio a Lourdes, ha ripreso a camminare, tutta la commozione di chi, davanti al Mistero, lo riconosce e lo porta a testimonianza ovunque vada. Alla donna era stata diagnosticata la Sla nel 2004. Dal 2006 aveva smesso di camminare ma lo scorso 5 agosto, al ritorno dal viaggio a Lourdes, ha ripreso tutte le attività motorie che la malattia le aveva precluso. "Non è spiegabile con i mezzi di cui scientificamente dispongo", ha commentato il neurologo Adriano Chiò delle Molinette di Torino.

L'incapacità della scienza Davanti al miracolo la scienza frena e scopre i propri limiti. Il medico, che ha in cura la signora dal 2006, ha spiegato: "A giugno, quando ho visitato la signora, non era in grado di camminare, ma solo di sollevarsi dalla sedia a rotelle e stare in piedi con un appoggio. Ora cammina normalmente e senza stancarsi e le è rimasto solo un leggero disturbo alla gamba sinistra, da cui era partito il male. Non ho mai osservato una situazione del genere in malati di sla. la diagnosi era inequivocabile: la signora aveva una forma di sla a lenta evoluzione. Una malattia che può rallentare e al massimo fermarsi, ma che non crediamo possibile che migliori, perchè intacca i neuroni irreversibilmente". "È un fenomeno che io stesso impiegherò del tempo a elaborare", ha continuato il neurologo Chiò spiegando di aver "disposto che vengano ripetuti alcuni esami che la signora ha effettuato in Basilicata come la spirometria, l’elettromiografia, gli studi dei potenziali evocati". "Ma quello che abbiamo visto per ora è una regressione della malattia, che scientificamente crediamo impossibile in pazienti affetti da Sla". Il neurologo, restio a usare il termine "miracolo", ha sottolineato che quella di stamattina "è stata una visita di controllo programmata da tempo. Stenderò una relazione clinica come al solito, ma non era una visita per accertare un miracolo. Di questo si occupano le autorità ecclesiastiche".

Ora guarda al futuro La paziente, che ha, poi, fatto ritorno a casa a Francavilla sul Sinni (in provincia di Potenza), continuerà comunque a essere seguita al centro Sla delle Molinette di Torino, dove è in cura dal 2006. "Dal 5 agosto - ha raccontato la signora - quando ho sentito la voce che mi diceva di alzarmi, non ho più usato la sedia a rotelle. Solo la prima volta che sono uscita, perchè volevo prima consultarmi con il parroco". "A Lourdes - ha aggiunto - ero andata con la diocesi (di Tursi e Lagonegro, ndr) anche per pregare per tante persone, soprattutto per una bimba di 5 anni che è più grave di me. Il viaggio l’ho fatto in barella, sul Treno Bianco dell’Unitalsi".

Il bagno nella vasca santa Al primo agosto risale il bagno nella vasca benedetta: "In acqua ho sentito una voce che diceva di farmi coraggio e come qualcuno che mi sollevava, e ho capito che stava accadendo qualcosa. A casa, il 5 agosto, è tornata la voce. Diceva: dillo a tuo marito. Allora davanti a lui io mi sono alzata, ho fatto una giravolta e gli sono andata incontro". "Ora cammino, non sono mai stanca e non sento dolore - ha concluso prima di andarsene - È come se avessi avuto una seconda possibilità".

Di seguito i link all'intervista in due tempi fatta ad Antonietta Raco








domenica 23 agosto 2009

La strage degli innocenti cinese: tra ideologia e superstizione


tratto da Il Foglio 29 luglio 2009


Moratoria contro i nuovi pagani

Il libro di Harry Wu "Strage di innocenti. La politica del figlio unico in Cina" dimostra come oggi, nel XXI secolo in Cina migliaia di bambini vengono uccisi nel grembo della madre, in qualsiasi periodo della gestazione, oppure affogati, strozzati, lasciati morire di freddo, una volta nati. Cose simili avvengono anche in India. Chi ama la storia sa che quello che succede oggi in questi due grandi paesi, che insieme costituiscono quasi un terzo della popolazione mondiale, è sempre accaduto, in passato, anche nella vecchia Europa o nel nuovo Mondo. Sino all'avvento del cristianesimo…

di Francesco Agnoli



Il libro di Harry Wu "Strage di innocenti. La politica del figlio unico in Cina" dimostra come oggi, nel XXI secolo, in quel paese migliaia e migliaia di bambini vengono uccisi nel grembo della madre, in qualsiasi periodo della gestazione, oppure vengono affogati, strozzati, lasciati morire di freddo, una volta nati. Cose simili avvengono anche in India.

Ebbene, chi ama la storia sa che quello che succede oggi in questi due grandi paesi, che insieme costituiscono quasi un terzo della popolazione mondiale, è sempre accaduto, in passato, anche nella vecchia Europa o nel nuovo Mondo. Sino all'avvento del cristianesimo.
Una delle idee che più ricorrono negli scritti dei primi cristiani, è infatti il loro desidero di ribadire sovente un concetto: noi cristiani siamo diversi dai pagani, anche perché non uccidiamo i nostri figli, né nel grembo delle nostre donne, né fuori.

Minucio Felice, un apologeta del II secolo, nel suo "Ottavio", al capitolo XXX, paragrafo 2, paragonando l'insegnamento di Cristo con quello degli dei pagani, scrive:

"Voi esponete i vostri figli appena nati alle fiere e agli uccelli, o strangolandoli li sopprimete con misera morte; vi sono quelle che ingurgitando dei medicamenti soffocano ancora nelle proprie viscere il germe destinato a divenir creatura umana e commettono un infanticidio prima di aver partorito. E questo apprendete dai vostri Dei, Saturno infatti non espose i propri figli, ma addirittura li divorò".

A sua volta, il grande Tertulliano, nel suo "Apologetico", cap. IX, ribadisce:

"A noi cristiani l'omicidio è espressamente vietato, e quindi non ci è permesso neppure di sopprimere il feto nell'utero materno. Impedire la nascita è un omicidio anticipato. Nulla importa che si sopprima una vita già nata o la si stronchi sul nascere: è già essere umano quello che sta per nascere. Ogni frutto è già nel suo seme".

Un altro documento molto importante del cristianesimo del II secolo, proveniente dall'Asia Minore, la Lettera a Diogneto, ribadisce gli stessi ideali in questo modo assai sintetico: "i cristiani si sposano come tutti e generano figli, ma non gettano i neonati".

Proprio su questo tema dell'infanticidio lo storico A. Baudrillart ha scritto: "Non vi è forse materia, in cui tra la società antica e pagana e la società cristiana e moderna, l'opposizione sia più accentuata che i loro modi rispettivi di considerare il fanciullo".

In effetti, se guardiamo al mondo antico, notiamo che l'aborto e l'infanticidio sono assai diffusi.

"Seneca – ricorda il sociologo americano Rodney Stark, in 'Ascesa e affermazione del cristianesimo' – riteneva l'annegamento dei bambini alla nascita un evento ordinario e ragionevole. Tacito accusava i giudei ai quali 'è proibito sopprimere uno dei figli dopo il primogenito', ritenendola un'altra delle loro usanze 'sinistre e laide'. Era comune abbandonare un figlio indesiderato in un luogo in cui, in linea di principio, chi voleva crescerlo avrebbe potuto raccoglierlo, anche se solitamente veniva lasciato in balia delle intemperie e di animali e uccelli".
I bambini, a Roma come in Grecia, vengono dunque tranquillamente uccisi, oppure venduti, oppure esposti e lasciati morire di fame e di freddo, quando non vi è qualcuno a salvarli, solitamente per farne schiavi. Sappiamo di ritrovamenti, nelle fognature romane, di ammassi di ossa appartenute a neonati, abbandonati e poi gettati via come residui e immondizie.
Vittime dell'infanticidio sono più spesso le bambine, come nella Cina e nell'India di oggi, mentre l'aborto comporta, oltre alla morte del feto, non di rado anche il decesso, oppure la sterilità, della madre.

Il rifiuto dei primi cristiani di ricorrere all'aborto e all'infanticidio, connesso dunque a una loro alta fecondità, non è soltanto una grande conquista dell'umanità, ma anche uno degli elementi che permettono ai primi cristiani, insieme alle conversioni, di crescere sempre di più, sino a superare numericamente i pagani.

Ma l'infanticidio non è praticato soltanto a Roma, come testimoniato anche dalla leggenda di Romolo e Remo, o in Grecia, ma in tutto il mondo antico.

Il celebre bioeticista e animalista Peter Singer sostiene con forza l'idea che tale antica consuetudine sia da riscoprire anche oggi, assieme all'aborto legale. Infatti, se è vero che solo i cristiani la respinsero con forza – argomenta Singer –, perché mai dovremmo credere che essi siano stati gli unici ad aver ragione, mentre tutti gli altri popoli e religioni del passato, avrebbero avuto torto?

"L'uccisione dei neonati indesiderati – scrive Singer nel suo libro 'Ripensare la vita' – è stata prassi normale in moltissime società, in tutto il corso della preistoria e della storia. La troviamo per esempio nell'antica Grecia, dove i bambini handicappati venivano esposti sui pendii delle montagne. La troviamo in tribù nomadi, come quella dei Kung del deserto del Kalahari, dove le donne uccidono i bambini nati quando ci sia un figlio più grande non ancora in grado di camminare. L'infanticidio era prassi corrente anche su isole polinesiane come Tikopia, dove l'equilibrio tra risorse alimentari e popolazione veniva mantenuto soffocando i bambini indesiderati dopo la nascita. In Giappone, prima dell'occidentalizzazione, il 'mabiki', parola nata dalla prassi di sfoltire le piantine di riso per consentire a tutte quelle restanti di fiorire, ma che finì per indicare anche l'infanticidio, era ampiamente praticato non solo dai contadini, che potevano contare su modesti appezzamenti di terreno, ma anche dai benestanti".

Con la diffusione del cristianesimo in buona parte del mondo, aborto e infanticidio divengono fenomeni molto più rari e circoscritti, mentre le legislazioni, a partire da Costantino, intervengono nella tutela degli infanti e si sviluppano opere di carità e di assistenza per i bambini abbandonati e per le famiglie in difficoltà. Sino al ritorno dell'aborto nelle legislazioni comuniste e naziste, nel Novecento, e dell'infanticidio, con la nuova legge sull'eutanasia dei bambini fino ai dodici anni, in Olanda.

***

Se torniamo ora con la mente ai due grandi paesi in cui l'aborto, anche forzato, e l'infanticidio sono fenomeni di massa, è facile, dopo questo breve excursus, capire il perché di tutto ciò: Cina e India sono tra i paesi in cui il Vangelo di Cristo è penetrato di meno, e con esso anche la cultura occidentale, portatrice, consapevole o no, di questo messaggio o almeno di parte di esso.
Quando i primi missionari gesuiti raggiungono la Cina, rimangono piuttosto ammirati da questa grande civiltà. Quello che però colpisce negativamente il grande Matteo Ricci, allorché nel 1583 mette piede nel Celeste Impero, è la prostituzione dilagante, la grande corruzione, la frenesia per il denaro e, soprattutto, la diffusione della pratica dell'infanticidio. Il regime comunista, capace di pianificare milioni di aborti forzati, sterilizzazioni di massa, uccisione in serie di neonati, ha ancora lontano da venire, ma il rispetto dei fanciulli, in quel paese per altri aspetti ammirevole, manca del tutto.

Come scriverà J. J. Matignon ai primi del Novecento in "Superstition, crime e misère en Chine", i cinesi sovente vendono le loro figlie come prostitute, oppure le uccidono, per la povertà ma anche a causa delle loro superstizioni magiche, del loro ossessivo culto degli antenati: "Come sempre in Cina la superstizione gioca un ruolo chiave: infatti gli occhi, il naso, la lingua, la bocca, il cervello dei bambini sono reputati materie organiche dotate di una grande virtù terapeutica. Succede che dopo il parto la puerpera cada ammalata, e allora, per ingraziarsi gli spiriti, le bimbe o in certi casi i bimbi sono soppressi. Esistono delle donne che hanno il preciso compito di procurare la morte alle neonate… I neonati sono soppressi o buttandoli in un angolo dell'abitazione o in una cassa dei rifiuti; dove la polvere e le immondizie non tarderanno ad ostruirne le vie respiratorie". Altre volte i bambini vengono annegati o soffocati con dei cuscini, anche se l'influenza degli europei, conclude Matignon, sembra avere qualche effetto limitante nei confronti di queste consuetudini.

Quasi negli stessi anni di Matignon, due missionari raccontano sulla Cina le medesime cose. Il primo è un gesuita, sant'Alberto Crescitelli, poi decapitato e sventrato, a 37 anni, il 21 luglio 1900, durante la rivoluzione dei Boxer. Il secondo è un missionario verbita della Val Badia, in Trentino Alto Adige, san Giovanni Freinademetz. Giunto nel paese che amerà per tutta la vita, sino a morirvi di tifo, egli scrive ai suoi cari, in più occasioni, che i cinesi hanno il "costume di esporre il proprio bambino o semplicemente scambiarlo oppure venderlo... Uno dei nostri migliori cristiani, prima della sua conversione, aveva ucciso la sua bambina scagliandola contro le pietre semplicemente perché piangeva troppo" (Sepp Hollweck, "Il cinese dal Tirolo", Athesia, 2003).
In un'altra lettera, scritta da Hong Kong il 28 aprile 1879, Freinademetz racconta come le monache cattoliche abbiano costruito due orfanatrofi, in cui raccolgono più di mille bambini all'anno. I cinesi "li danno per niente o per alcuni centesimi, e non se ne curano altro".

I missionari dunque – scrive da Puoli il 2 luglio 1882 – girano per le strade a raccoglierli, ne trovano a migliaia in fin di vita e si limitano a battezzarli, mentre quelli che possono li salvano: "Molte anime furono già salvate dopo che siam arrivati qui, molti bambini di pagani battezzati che poi se ne morirono ed ancora ieri abbiamo fatto una sepoltura solenne con una piccola bambina di più di un anno, che se ne morì. La sua propria madre voleva strangolarla per poter allattare un bambino altrui e guadagnare denari, essa poi sentì che noi accettiamo ogni sorta di bambini e li alleviamo bene; dunque ce la portò avanti più di due mesi, si ammalò e morì dopo essere stata confermata da noi mezz'ora prima di morire. Noi volevamo fare la sepoltura con tutta pompa per dimostrare ai pagani come onoriamo loro creature che essi gettano via. I pagani qui non usano scrigni da morte per piccoli bambini ma appena morti fanno un buco e lo gettano dentro. Noi gli facemmo a quella bambina un bel vascello tinto a rosso, la vestimmo con una bella veste azzurra, la portavamo in chiesa, noi tutti missionari accompagnati dai cristiani, che non avevano mai visto così. Molti pagani vennero a vedere…" (G. Freinademetz, "Lettere di un santo", Imprexa).

***

Come in Cina, dove l'infanticidio è oggi addirittura affare di Stato, analogamente in India. Anche nel grande paese dominato dalla religione induista l'uccisione, soprattutto delle bambine, è largamente diffusa, per motivi economici e non solo. L'agenzia missionaria "Asia News" riportava recentemente questa notizia: "Presso molte popolazioni tribali le figlie femmine sono considerate solo un peso e la mentalità sociale ne ammette sia il feticidio che l'infanticidio. Nel 2006 in un piccolo villaggio del distretto di Ranga Reddy, a 80 chilometri da Hyderabad, undici neonate sono state lasciate morire di fame dai genitori. Molti tribali sono soliti avvolgere la bambina non voluta dentro stracci e lasciarla morire. Secondo la stampa locale, Jarpula Peerya Nayak, padre di 27 anni, ha detto che 'mia moglie per la terza volta ha avuto una bambina. Una figlia femmina è un peso e abbiamo deciso di non darle da mangiare. Così è morta. È troppo difficile crescere una bambina e trovarle marito'. Il 25 febbraio anche suo cugino J. Ravi e la moglie hanno lasciato morire di fame la loro neonata. 'Mia figlia – racconta Ravi – è morta due giorni dopo la nascita, perché non l'abbiamo nutrita. Abbiamo già due figlie, non possiamo permetterci di averne un'altra'. Un tribale spiega che quale dote della figlia dovrà fornire 'uno scooter, fino a 70 grammi d'oro e 50 mila rupie, per avere un buon marito'. Dopo la morte, i tribali scavano una fossa e vi seppelliscono la neonata, con sopra una pietra. I cani hanno scavato la fossa e mangiato parte del corpo della figlia di Ravi, così l'hanno seppellita di nuovo. La maggior parte delle quaranta famiglie del villaggio hanno assistito a simili episodi o li hanno commessi, dopo avere già avuto due o più figlie femmine. Jarpula Lokya Nayak ha fatto morire di fame due figlie".

Anche in India l'impegno dei missionari e delle minoranze cristiane è votato, oltre che al tentativo di infrangere il muro delle caste e delle diseguaglianze sociali, alla difesa della vita nascente e dell'infanzia, in nome del Dio che si è fatto bambino. Basti un solo esempio: quello di Madre Teresa di Calcutta.

Tutti sanno che la missione di questa donna è stata quella di aiutare i poveri dell'India, gli emarginati, i deboli, gli ultimi. Tra costoro Madre Teresa non ha mai dimenticato di citare i bambini nel grembo materno, definiti da lei, i "più poveri tra i poveri". Nel libro "Dateli a me. Madre Teresa e l'impegno per la vita", Pier Giorgio Liverani riporta il pensiero della santa, espresso in mille circostanze, con una grande forza, come in queste sue frasi: "L'aborto è ciò che distrugge la pace oggi. Perché se una madre può uccidere il proprio bambino, che cosa impedisce a me di uccidere voi o a voi di uccidere me? Niente. Ecco quello che io domando in India, che chiedo ovunque: che abbiamo fatto per i bambini? Noi combattiamo l'aborto con l'adozione. Così salviamo migliaia di vite. Abbiamo diffuso la voce in tutte le cliniche, gli ospedali, i posti di polizia: Vi preghiamo di non uccidere i bambini, di loro ci prenderemo cura noi" .

La lotta a favore dei bambini contro l'aborto e l'infanticidio è stata condotta da Madre Teresa e dalle sue suore, talora sino al martirio, con grande forza, scontrandosi con una cultura ignara della sacralità della vita sin dalla sua origine. Per gli induisti ad esempio, i bambini abbandonati o rifiutati dai genitori, se sopravvivono, sono e rimangono dei paria, dei sotto-casta, che scontano colpe precedenti. Le donne, in generale, e tanto più le bambine, sono costose, a causa della dote, e sono considerate inferiori al maschio, "fino al punto, non raramente, di avvelenarle al seno, cospargendolo di veleno, mentre succhiano il latte materno".

Così succede che vi sia talvolta un numero di nascite molto alto, per la ricerca del maschio a tutti i costi e per il conseguente alto numero di infanticidi femminili: si abortisce selettivamente, sino a quando non si ottiene il figlio desiderato, di sesso maschile. Madre Teresa e le sue suore hanno fondato numerose case della carità, scuole ed orfanotrofi, ottenendo grande apprezzamento, ma anche l'opposizione del primo ministro Morarij Desai, che nel 1979 le accusò di aiutare i bambini con le scuole e gli orfanatrofi al solo fine di battezzarli e di convertirli. Madre Teresa gli rispose: "Mi pare che lei non si renda conto del male che l'aborto sta provocando al suo popolo. L'immoralità è in aumento, si stanno disgregando molte famiglie, sono in allarmante aumento i casi di pazzia nelle madri che hanno ucciso i propri figli innocenti. Signor Desai: forse, tra poco lei si troverà faccia faccia con Dio. Non so quale spiegazione potrà dargli per aver distrutto le vite di tanti bambini non nati, ma sicuramente innocenti, quando si troverà davanti al tribunale di Dio, che la giudicherà per il bene fatto e per il male provocato dall'alto della sua carica di governo".

E Madre Teresa aggiungeva come nei 102 centri di Calcutta gestiti da lei fossero passate, nell'ultimo anno, 11.701 famiglie indù, 5.568 famiglie musulmane e 4.341 famiglie cristiane, a cui si era insegnato il senso della famiglia, il rispetto della vita, la necessità di una procreazione responsabile, arrivando a determinare la riduzione delle nascite, ma senza il ricorso né all'aborto né all'infanticidio! Il grido dei bambini non nati, degli infanti uccisi, diceva Madre Teresa, ripetendo in altro modo i concetti espressi secoli e secoli prima da Minucio Felice, Tertulliano e tanti altri, "ferisce l'orecchio di Dio".


venerdì 21 agosto 2009

Catechesi di Padre Ljubo del 29 Marzo

Il video che vi presento oggi non è dei più recenti, risale infatti all'ultimo incontro tenuto al Palasharp di Milano il 29 Marzo 2009. Ma vi assicuro che vale la pena ascoltare...
Il tema della catechesi è La Bibbia nella famiglia.




mercoledì 19 agosto 2009

Giovani e Rave Party




Se ne sente parlare di tanto in tanto, quando ci scappa il morto, o i morti come la scorsa settimana... Sono raduni più o meno clandestini, musica a palla e droga a volontà.

Su youtube è possibile farsi un'idea di cosa sia un rave party, ascoltare la musica assordante, guardare quei poveri ragazzi che a testa bassa davanti ad una cassa si muovono forsennati oppure con movimenti lenti e ritardati; è l'apoteosi dell'individualismo, la vittoria del non amore, il regno delle tenebre.

C'è un tormentone poi che ho visto impazzare su youtube, centinaia di giovani che si sono registrati mentre cantano e ballano sulle note dell'ennesimo inno a satana..."Ketamina" una canzone in cui si stranomina Sodoma, si inneggia al calarsi, alla bestemmia e ad ogni sorta di immoralità.

Volete sapere a cosa assomiglia un rave?
Ad un girone infernale...e così, difatti, lo ha definito il protagonista dell'articolo scritto ieri su Avvenire da Nicletta Martinelli.

Buona lettura!


«Nel girone infernale dei rave party ho toccato il fondo»

di Nicoletta Martinelli

Tratto da Avvenire del 18 agosto 2009

«Si ingoia, si aspira, si inietta, si fuma, si beve persino, sotto forma di goc­ce. Ai rave party l’unica indiscussa protagonista è la droga. Da vendere, da scam­biare, da barattare». Il ragazzo che racconta lo chiameremo Andrea perché il suo nome vuo­le tenerlo per sé. La storia che ha vissuto – al contrario – ci tiene a condividerla: «Se può es­sere utile...».

Andrea di rave party ne ha fre­quentati parecchi, la prima volta aveva quin­dici anni. «L’ultima ne avevo diciotto. Quando ho toccato il fondo con l’eroina ho deciso che non volevo cominciare a scavare. Che volevo risalire la china»: e così ha fatto grazie all’aiu­to della Comunità Giovanni XXIII, a Rimini, che lo ha aiutato a disintossicarsi. Poco più che a­dolescente, Andrea ha girato l’Italia per parte­cipare a quei raduni non autorizzati a base di droga, musica e alcol: «La prima soprattutto, il resto fa solo da contorno. Il bello dei rave è che puoi farti alla luce del sole, non hai bisogno di nasconderti per prendere tutte le sostanze che vuoi. Una vera pacchia per gli spacciatori che offrono tutto il repertorio dello sballo».

Anche M. I. (in questo caso è l’autorità giudi­ziaria a non rendere nota l’identità) è partito in cerca del suo paradiso a buon mercato. Il viag­gio è stato lungo, la festa troppo breve: 26 an­ni, aveva lasciato Israele diretto in Italia esclu­sivamente per partecipare al rave party orga­nizzato lo scorso fine settimana nelle campa­gne di Bocca della Selva, tra Campobasso e Ca­serta. «Siamo venuti apposta per il raduno» confermano gli amici del giovane interrogati dalla Polizia e confessano di aver fatto il pieno di stupefacenti ben prima di arrivare a desti­nazione. In tasca della vittima sono stati trovati involucri diversi, uno per ogni differente so­stanza che progettava di consumare. I compa­gni di viaggio lo hanno scoperto esanime do­menica mattina, hanno provato a rianimarlo e a chiamare il 118. Ma il cellulare laggiù è inu­tile, non prende: caricato in macchina il ra­gazzo, hanno guidato fino all’ospedale dove i medici hanno constatato la morte. L’autopsia – eseguita ieri pomeriggio all’ospedale Carda- relli di Campobasso – ha confermato che il de­cesso è stato causato da un cocktail micidiale di sostanze stupefacenti.

Stesso sballo, stessa notte ma altro raduno nel­la campagna tra Diso e Castro, nell’estrema punta del Salento. E altro morto probabilmen­te di overdose, Laura Lamberti, una venti­treenne di Potenza ma l’autopsia eseguita ieri non ha ancora chiarito ogni dubbio. La posi­zione di una decina di perso­ne che hanno organizzato e promosso il raduno non au­torizzato è al vaglio degli in­quirenti.

«Rischi grosso se non conosci le sostanze che ti vendono nei rave. Un cartone, per esempio – racconta Andrea – non è u­guale all’altro. Ma la differen­za può sfuggire ai più». Un car­tone è proprio quel che dice il termine: un pezzo di cartone stampato – ma­gari con innocue figure dei disegni animati – imbevuto di Lsd pura e venduto a quadratini di un centimetro. «Che si masticano. Ma biso­gna fare attenzione. Un Cuoricino rosso, per e­sempio, è quattro volte più potente di un Hof­mann 2000 (Hofmann è il nome dell’uomo che scoprì Lsd, ndr) – racconta Andrea – ma se non lo sai non è detto che qualcuno te lo spieghi. E prendere il primo al posto del secondo può a­vere effetti devastanti». Lo sballo è a portata di tutte le tasche: «Certa­mente. Un cartone costa tra i dieci e i venti eu­ro a centimetro. E se ti organizzi – continua An­drea – puoi fare qualche buon affare con gli scambi. Io mi portavo l’eroina e la barattavo con Lsd che poi scambiavo con qualcosa d’al­tro. E via così».

Ai raduni alternativi trovi di tut­to.

Tanto alternativi – diciamolo - non lo sono neppure più, ormai sono di moda: «Li frequentano anche i figli di papà, i fighetti - li chia­ma Andrea – che vogliono un’esperienza un po’ forte. Gente che poi torna a casa da mamma e papà. Certo, ci so­no ancora i randagi, com’ero io. Che stavo via da casa tre o quattro mesi per volta per se­guire questa follia. Poi i miei genitori mi hanno detto ba­sta. Adesso scegli. O cambi vita o stai fuori per sempre». Una durezza che con Andrea ha pa­gato: «Già. Mi capita ancora di vedere amici di un tempo che svernano in famiglia. Ma così è troppo comodo. Sballati sulle spiagge in esta­te e con la brutta stagione a casa al calduccio. Se anche i genitori di quei ragazzi fossero più rigidi... Lo scontro con la mia famiglia è stato violento – conclude Andrea – però mi ha sal­vato la vita».

lunedì 17 agosto 2009

Due nuovi video realizzati...

Spero diano di vostro gradimento!
A lode e gloria di Dio!





Siamo tempio di Dio?


di don Tullio Rotondo


Noi siamo tempio di Dio?

Si! Dice s. Paolo
1Corinzi 3:16 Non sapete che siete tempio di Dio e che lo Spirito di Dio abita in voi?
2Corinzi 6:16 Quale accordo tra il tempio di Dio e gli idoli? Noi siamo infatti il tempio del Dio vivente, come Dio stesso ha detto:
Abiterò in mezzo a loro e con loro camminerò
e sarò il loro Dio,
ed essi saranno il mio popolo.
Se siamo tempio di Dio siamo casa di Dio …
2Cronache 7:12 Il Signore apparve di notte a Salomone e gli disse: «Ho ascoltato la tua preghiera; mi sono scelto questo luogo come casa di sacrificio.
Ma ….la casa di Dio deve essere casa di preghiera ….
Isaia 56:7 li condurrò sul mio monte santo
e li colmerò di gioia nella mia casa di preghiera.
I loro olocausti e i loro sacrifici
saliranno graditi sul mio altare,
perché il mio tempio si chiamerà
casa di preghiera per tutti i popoli».
…perciò la Scrittura Santa ci dice ….
Efesini 6:18 Pregate inoltre incessantemente con ogni sorta di preghiere e di suppliche nello Spirito, vigilando a questo scopo con ogni perseveranza e pregando per tutti i santi,
1Tessalonicesi 5:17 pregate incessantemente,
E Gesù afferma ….riferendosi velatamente anche all’anima di certi uomini ….
Luca 19:46 dicendo: «Sta scritto:
La mia casa sarà casa di preghiera.
Ma voi ne avete fatto una spelonca di ladri!».

Notate bene: ……..è ladro anche chi si sottrae all’obbedienza di Dio per fare ciò che a lui piace …..Noi infatti apparteniamo a Dio e a Cristo che ci ha acquistati a caro prezzo ….. La preghiera ci deve aiutare ad essere sempre giusti, cioè ad essere sempre pienamente sottomessi a Dio ….

Dice s. Alfonso che “l'esercizio più necessario d'un'anima che vuol dar gusto a Dio, è l'uniformarsi in tutto ( sempre meglio) alla divina volontà, abbracciando con pace tutte le cose contrarie al nostro senso ne' dolori, infermità, affronti, contraddizioni, perdita di robe, morti di parenti o d'altre persone care; con prenderle fin dalla mattina dalle mani di Dio. Le tribolazioni sono le beate fiere, dove i santi fan grandi acquisti di meriti. Non possiamo noi dar maggior gloria a Dio, che coll'uniformarci in tutto a' suoi s. voleri. Questo è l'esercizio continuo delle anime divote. Ed a ciò serve l'orazione mentale: Tutto quello (dicea s. Teresa) che dee procurare chi si esercita nell'orazione è di conformare la sua volontà colla divina; e si assicuri che in questo consiste la più alta perfezione”.

Meraviglie dell'Eucaristia...


di don Tullio Rotondo

Se uscendo dalla s. Messa vedessimo il diffondersi di miracoli su miracoli e il mondo convertito non ci dovremmo meravigliare perché ogni s. Messa è opera di Cristo Dio-uomo per la salvezza del mondo, ogni s. Messa è il miracolo più grande compiuto da Cristo ( s. Tommaso d’Aquino “Ufficio del Corpo di Cristo”) una sola s. Messa basta per convertire e santificare sommamente tutti gli uomini di tutti i tempi, una sola s. Messa basta per espiare per tutti i peccati di tutti i tempi …. La s. Messa ha un valore infinito (Benedetto XVI “Caritatis Sacramentum”), la s. Messa ha un valore infinito di glorificazione di Dio, di ringraziamento di Dio, di espiazione e di impetrazione di grazie!!!!!

O Dio, dal mio nulla di peccatore e di cieco ti adoro!!

venerdì 14 agosto 2009

Massimiliano Kolbe e i due mazzi di fiori



Nel mese di maggio 1941 fu arrestato dalle SS e portato nel campo di prigionia di Auschwitz. Immatricolato con il numero 16670.

Alla fine del mese di luglio dello stesso anno un uomo del block di Kolbe era riuscito a fuggire dal campo: per rappresaglia i tedeschi selezionarono dieci persone della stessa baracca per farle morire nel bunker della fame.

Quando uno dei dieci condannati, Francesco Gajowniczek, scoppiò in lacrime dicendo di avere una famiglia a casa che lo aspettava, Kolbe uscì dalle file dei prigionieri e si offrì di morire al suo posto. In modo del tutto inaspettato, lo scambio venne concesso. I campi di concentramento erano infatti concepiti per spezzare ogni legame affettivo e le azioni "generose" non erano accolte volentieri.

Dopo 2 settimane senza acqua né cibo nel bunker, visto che quattro dei dieci condannati, tra cui Kolbe, erano ancora vivi, furono uccisi il 14 agosto 1941 con una iniezione di acido fenico e il loro corpo venne poi cremato. Una volta, profeticamente, Massimiliano aveva detto:
« Vorrei essere come polvere per viaggiare con il vento e raggiungere ogni parte del mondo e predicare la Buona Novella. »


Dopo la sua morte, la madre riportò un episodio che Massimiliano le aveva raccontato quando aveva circa 10 anni: disse che gli era apparsa la Vergine Maria con due mazzi di fiori, uno rosso ed uno bianco, chiedendogli quale volesse; il bambino disse che li voleva tutti e due. Alla mattina, svegliandosi, li trovò entrambi sul suo cuscino. Il mazzo bianco rappresentava una vita pura al servizio di Dio, quello rosso il sangue che avrebbe sparso con il martirio.

Vedendo la sua vita a posteriori si può dire che ha avuto gli aspetti caratterizzati dai due mazzi di fiori.

lunedì 10 agosto 2009

Lettera di Padre Livio sul caso Tomislav Vlasic


Cari amici,
la superficialità, mista a mala fede, cui con i mass media hanno sollevato l'ennesimo polverone su Medjugorje, mi obbliga, come studioso e testimone del fenomeno, oltre che come servitore inutile della Regina della pace, a fare alcune precisazioni per iscritto, dopo averle fatte al microfono

Il documento (riservato) della riduzione alla stato laicale dell'ex francescano (concessa su sua richiesta) è stata messo sul nostro sito internet già dal marzo 2009. L'ex francescano con la sua comunità era sotto inchiesta da parte della Chiesa dal 1988. Dopo la sospensione a divinis (2008) è arrivata la riduzione alla stato laicale (2009). Se non ottempera ad alcune disposizioni della S. Sede potrebbe un domani arrivare la scomunica. (I Documenti ufficiali sono tutti pubblicati nel nostro sito internet).

Ciò che la S. Sede contesta all'ex francescano non sono le sue attività pastorali a Medjugorje, dove ha svolto, con altri frati, l'ufficio di coadiutore parrocchiale (non quindi di parroco) dall'autunno 1981 al settembre 1985, ma le sue attività in Italia, dal 1988 al 2008, quando lui ha dato vita a una sua personale comunità religiosa.

Nei tre anni e mezzo che è stato a Medjugorje l'ex frate ha svolto un'attività parrocchiale centrata soprattutto su un gruppo di preghiera giovanile, al quale però non hanno mai partecipato i sei veggenti, eccezione fatta per Marija, che partecipava sia al gruppo parrocchiale sia a quello guidato direttamente dalla Madonna mediante il veggente Ivan.

Infatti la Madonna, a partire dal 1982, si è formata lei stessa un gruppo che guidava personalmente mediante due apparizioni straordinarie alla settimana. A tale gruppo di preghiera, guidato dalla Madonna, partecipavano numerosi giovani e tre veggenti: Ivan, Marija e Vicka. Ivanka e Jakov non partecipavano a nessun gruppo. Tale gruppo è tuttora operativo.

E' quindi un'affermazione che non corrisponde alla verità sostenere che l'ex frate sia stato la guida o l'assistente spirituale dei veggenti. Non è corretto neppure metterlo in rapporto col "fenomeno Medjugorje" dal momento che vi manca da 23 anni.

Egli non ha mai ricoperto l'ufficio nè di guida spirituale, nè di assistente spirituale, nè di confessore dei sei veggenti. Più tardi la sola Marija P. si è scelta un direttore spirituale nella persona di Fra Slavko.

Colui che i mass media chiamano disinvoltamente la guida o l'assistente spirituale dei sei veggenti, in realtà, a partire dal 1985 fino all'attuale provvidenziale condanna, ha cercato di sosituirli con altre veggenti che egli si era associato alla guida della sua comunità.

Al riguardo il P. Provinciale dei Francescani di Erzegovina. Dr. fra Ivan Sesar - ha affermato: "Questo provincialato non ha mai raccomandato né nominato alcuno come guida spirituale dei ragazzi. Penso che nemmeno i parroci di Medjugorje abbiano mai avuto questo mandato di essere guida spirituale dei veggenti. Il fatto è che alcuni frati erano loro confessori, avevano con loro e le loro famiglie un rapporto amichevole e questo si può capire. Chi è amico di chi, oppure chi è la guida spirituale, dovete chiederlo voi stessi ai veggenti. In questi giorni si è potuto leggere nei media che alcuni dei veggenti lo hanno negato categoricamente" (Dal quotidiano croato Vecernji list - 14-09- 2008).

La verità è che l'ex frate si è presentato da se stesso, in una lettera del 1984 a Giovanni Paolo II, come la guida spirituale dei veggenti. Egli si è autonominato tale, nell'illusione di influenzarli, salvo poi a sceglierne altri di suo gradimento.

I veggenti di Medjugorje, come i due bambini di La Salette, come Bernadette, come i veggenti di Fatima, ecc... hanno avuto ed hanno nella Madonna la loro guida. Infatti dopo 28 anni di apparizioni sono dei bravi cristiani che non hanno mai deviato dalla fede.
Vostro Padre Livio

PS Nel nostro sito internet www.radiomaria.it sotto Medjugorje -Documenti trovate un'ampia documentazione.
Nella home page in fondo a destra potete scaricare la mia trasmissione in radio al riguardo.
Per contrastare la disinformazione del circuito mass-mediatico diffondiamo il più possibile questo testo.

Facebook e la spersonalizzazione



tratto da Il Sussidiario.net

Una dei tanti dispacci d'agenzia diffusi qualche giorno fa, recitava: «Facebook e MySpace pericolosi, perché causano traumi psicologici che portano a tragedie, compreso il suicidio.

Il verdetto è dell'arcivescovo Vincent Nichols, capo della chiesa cattolica in Inghilterra e nel Galles, che in un’intervista al Sunday Times lancia un vero e proprio allarme sui siti di networking sociale. "L'amicizia non è una merce - dice Nichols - l'amicizia è qualcosa che implica impegno e dura quando funziona bene". L'alto prelato si dichiara preoccupato dalla crescente incapacità di costruire relazioni inter-personali proprio a causa dell'eccessivo uso di messaggini, e-mail e scambi via internet al posto di incontri e conversazioni faccia a faccia o perlomeno al telefono. L'effetto è “disumanizzante”, argomenta, e le comunità virtuali non potranno mai creare circoli di persone "a tutto tondo". Così, i giovani si ritrovano a coltivare rapporti che, in realtà, non esistono e quando se ne rendono conto, subiscono un trauma psicologico gravissimo. E “tra i giovani spesso un fattore chiave per arrivare al suicidio è il trauma da relazioni effimere”, avverte Nichols».

Come c’era da aspettarsi i giornali hanno titolato su quest'ultima frase, annunciando, con una sintesi ardita che, secondo il prelato inglese, Facebook è accusato di provocare suicidi. Anche leggendo la sola agenzia e non l'intero articolo pubblicato dal Times, si comprende facilmente che il pensiero dell'arcivescovo Nichols è parecchio più articolato e anche ampiamente condivisibile.

Non v'è dubbio alcuno che la nascita del web abbia costituito la vera grande rivoluzione dei media dell'ultimo secolo. Altrettanto vero che le varie applicazioni che sono state poi create, dal motore di ricerca ai social network, stanno cambiando radicalmente il nostro modo di studiare, lavorare, divertirci, socializzare. In una parola, stanno cambiando il nostro modo di vivere.

Alla domanda se la società era pronta ad assorbire e gestire un simile cambiamento sembra proprio di dover rispondere di no. E l'aforisma di McLuhan “il mezzo è il messaggio” si sta trasformando in un’assai amara profezia. La prima bolla di internet lo dimostra: plotoni di topo manager hanno investito cifre folli in aspettative di sviluppi tecnologici senza farsi domande su quali contenuti avrebbero dovuto veicolare e perché. Milioni di persone acquistano di continuo cellulari sempre più performanti in attività multimediali e sempre più scarsi nella connessione telefonica: la popolazione, soprattutto quella rappresentata dalle classi giovanili, è conquistata più che altro dall'aspetto ludico della tecnologia, mentre è sempre più ignara della ricerca di un qualsiasi contenuto di qualità. Decine di migliaia di marketing manager hanno perso inutilmente le notti su Second Life, dimenticando che in natura nulla si crea e nulla si distrugge, e che ciò che è virtuale non può essere reale: e quindi non esiste.

Meglio chiarire, per non essere tacciati di passatismo: in campi come quello aeronautico, industriale, matematico o anche speculativo, le simulazioni virtuali hanno un’importanza fondamentale proprio perché servono a interpretare o ad affrontare meglio il reale. I dolori cominciano quando il virtuale occupa tutto il posto del reale. A quel punto milioni di anni di evoluzione vengono cancellati, la memoria depositata nel cervello rettiliano perde fondamentali punti di riferimento, i rapporti umani si disgregano in una confusione disordinata, senza che un nuovo ordine si affacci all'orizzonte.

Come abbiamo ribadito, il motore di ricerca offre l'opportunità di giganteschi risparmi di tempo, facilitando oltre ogni limite immaginabile studi e ricerche, ma nel contempo notizie e informazioni non verificate e certificate rischiano di fare danni gravissimi. I social network offrono l'opportunità di ritrovare amici persi da tempo nel turbine della vita, scambiarsi pareri, idee, recensioni di libri e spettacoli, ma possono anche illudere milioni di persone che un amico sconosciuto incontrato sul web possa scaldarti il cuore.

Questo voleva dire semplicemente l'arcivescovo Nichols: nell'era in cui trionfa uno dei più performanti mezzi di comunicazione interattiva, il contenuto della comunicazione è diventato talmente nullo o inesistente che – paradossalmente – la gente si sempre più sola. E poiché la solitudine è senz’altro una delle concause del suicidio, ecco che l'eccesso di virtualità, con i suoi finti amici, irreali o surreali, può alla fine diventare una esasperante causa di solitudine.

Don Giussani soleva ripetere che l'educazione è un fatto di mimesi e di esperienza. Nella società virtuale rimane al massimo la mimesi, l'acritica imitazione e venendo meno il principio dell'esperienza, crolla ogni possibile impalcatura sulla quale impiantare rapporti umani di qualsivoglia genere.

Se è questo che vogliamo, stiamo semplicemente desiderando la fine del mondo.

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Segnalo anche uno spassoso articolo comparso su Il Foglio intitolato:

Perché Facebook ha senso solo se è usato come strumento per offendere le persone

Buona lettura!



domenica 9 agosto 2009

Festival dei Giovani - Medjugorje 2009



Da pochi giorni si è concluso l'annuale Festival dei Giovani di Medjugorje.
Chi, come il sottoscritto, si fosse perso l'evento che quest'anno poteva essere seguito in diretta dal sito della parrocchia, non demorda. Potrà infatti seguire il Festival in differita, grazie agli streaming audio messi da vittoriobo su Gloria.tv. Come sempre un doveroso grazie a questo apostolo di Maria.

Buon ascolto!












sabato 1 agosto 2009

Il popolo dei Cesaroni: sarà poi così innocua questa fiction?


E' una delle fiction più amate dagli italiani. E' seguita da migliaia di adulti ed adolescenti; ma quali messaggi comunica? Ce lo spiega Roberto Fontolan in un articolo davvero bello.
Buona lettura e buona riflessione.


titolo originale dell'articolo: Tele-famiglia da incubo

tratto dal IlSussidiario.net

di Roberto Fontolan

venerdì 31 luglio 2009

Un paio di settimane fa, con una famiglia di amici rientrati in Italia dopo molti anni trascorsi negli Stati Uniti, si è discusso del seguente tema: la fiction “I Cesaroni” è pornografica? Le loro figlie infatti, capitate nel nostro Paese nel bel mezzo dell’estate, avevano visto in tv le repliche della fortunatissima serie in onda su Canale 5 (si sa che la strategia dei palinsesti di stagione è soprattutto affidata alle “riproposte”). E da lì era nata una discussione in famiglia poi allargata alla serata comune. Alla conversazione partecipavano anche alcuni giovani insegnanti di liceo.

La premessa sulla quale tutti ci eravamo accordati è che il termine “pornografico” non andava riferito ai centimetri di pelle scoperta degli attori/attrici, effettivamente pochi o irrilevanti, ma al senso dell’opera, al suo “messaggio”. La conversazione è stata animata e per la verità non ha raggiunto una risposta univoca.

Poi, qualche sera fa, l’ultima puntata replicata ha fornito ragioni sostanziose a chi propendeva per il sì. In una oretta di tv sono state emesse le seguenti sentenze: non c’è nulla di male nel farsi le canne; non c’è nulla di male a perdere la verginità con una prostituta; non c’è nulla di male a vessare i compagni di scuola secchioni e “sfigati” (il loro riscatto è anzi diventare come i vessatori); non c’è nulla di male nel fare sesso la prima o seconda volta che si esce con un nuovo conoscente. La puntata era complessa, con qualche vezzo psicanalitico, tipo il Cesaroni più anziano che riesce a portare a termine la sua “prima volta” soltanto se travestito da un’altra persona. Gli autori si sono in effetti sbizzarriti.

Messa alla berlina ogni “inaccettabile” severità della scuola nei confronti dei bulli, che invece vanno portati alla bontà attraverso il ricatto e le bugie, c’è stato poi tutto il tempo di cantare le lodi della prostituzione dolce, con le fattezze di una innocua e candida tardona, e naturalmente di soffermarsi sulla forza dell’amore che lega il figlio di lui (il Cesaroni giovane) alla figlia di lei (la seconda moglie): non sono nemmeno fratellastri, però l’allusione è pesante. Sorridono tutti i Cesaroni e fanno sorridere. Storie leggiadre alla Garbatella, dove tutto è lieve e il mare della vita è appena increspato dal turbine dei sentimenti, l’unica cosa che conti davvero.

L’altra famiglia non esiste più, è vecchia, è normale, è ovvia, stantia, noiosa, senza eventi e intrecci simpatici, ammuffita. Le fiction, dall’epoca del Medico in Famiglia con il leggendario Nonno Libero, ne hanno fatta di strada. Quest’anno adolescenti e genitori italiani hanno guardato I Cesaroni di Mediaset e Tutti pazzi per amore, della Rai (così è salva la par condicio), nella quale il nodo drammatico è il recupero del rapporto tra un figlio e il padre separato che dopo il matrimonio “tradizionale” si è scoperto gay e si è fidanzato con un uomo (tutto però si ricompone, in nome dell’amore).

Per tanto tempo i grandi drammi della famiglia e dell’amore sono stati raccontati dalla letteratura e dal cinema. E sono stati appunto drammi. Sulle pagine di Pasternak e Garcia Marquez si è pianto e il pensiero si è arroventato guardando Bergman o anche Antonioni o persino Allen. Ma oggi la tele-famiglia è solo commedia, una allegra commedia idiota e spaventosa, un delirio di superficialità e malizia.

Non date retta quando autori e direttori di rete (di destra, di sinistra e cattolici, non fa molta differenza) difendono le loro “opere” dicendo che “fotografano la realtà” e che “fanno ascolto”. È vera solo la seconda: fanno ascolto, esattamente come lo farebbe la pornografia “autentica” messa in prima serata. Sarebbe una scelta più onesta. E per la prima, beh, la realtà è ben altra cosa.


RU486: il pesticida umano



Così Ferrara ha definito la pillola abortiva, la RU486 che l’Aifa, l’Agenzia italiana del farmaco, ha concesso di commercializzare nel nostro Paese.
Il prezzemolo moderno funziona così: un funzionario del sistema clinico, ché la parola medico è deviante e stupidamente nobilitante, ti dà in ospedale, se con il tempo e con l’uso non te lo passi addirittura la farmacia, un veleno antifeto che, molte settimane dopo il concepimento, puoi ingerire per espellere il bambino “indesiderato” che hai in corpo a casa tua, con dolore e rischi per la salute, nella più disperata e indifferente delle solitudini, tirando lo sciacquone.
Un'invenzione diabolica, l'ennesima...


di Gabriella Mecucci

Tratto da cronache di Liberal del 31 luglio 2009

La Ru486 è un metodo abortivo pericoloso, lungo, doloroso, incerto e costoso.

E se ieri sera monsignor Elio Greccia, presidente emerito della Pontificia Academia pro Vita ha ricordato che «l'assunzione della Ru486 equivale ad un aborto volontario con effetto sicuro» e precisato che il suo uso prevede «la scomunica per il medico, per la donna e per tutti coloro che spingono al suo utilizzo», da parte sua Eugenia Roccella, sottosegretaria alWelfare, ha riportato l'attenzione sulle imprevedibili conseguenze cui potrebbe portare la sua introduzione. «La Ru486 - ha spiegato la sottosegretaria - porta intrinsecamente la donna ad abortire a domicilio, proprio perché il momento dell'espulsione non è prevedibile, creando così una situazione di clandestinità legale». Il farmaco, per di più, ha già provocato la morte di ben 29 donne. Una percentuale enormemente più alta dei decessi per aborto e per parto.

Tanto è vero che il New York Times, quotidiano progressista e "pro choice", non ha esitato a definirla kill pill, cioè assassina. E infatti la Ru, nel mondo sviluppato, se si eccettuano pochissimi Paesi - Francia, Svezia e Inghilterra - viene usata poco o pochissimo. In Spagna - dove pure è autorizzata - la percentuale di utilizzo è pari al 5 per cento e in Germania e in Olanda è vicina allo zero. Purtroppo sono i Paesi del Terzo Mondo o quelli emergenti ad aver scelto ampiamente questa via: basti pensare all'India dove questo farmaco viene assunto dalle donne fuori da strutture ospedaliere, nella solitudine domestica.

Che la Ru sia pericolosa è un giudizio diffuso, del resto i dati parlano chiaro. Ma al di là dei rischi per la vita, il metodo arbotivo tramite kill pill è lungo e doloroso. Funziona così: il primo giorno si assume il mifepristone che uccide il feto e il terzo si prende la prostaglandina che provoca le contrazioni e determina l'espulsione del feto. Nessuno è in grado di stabilire con precisione quando la donna abortisce: la maggior parte lo fa entro le 24 ore dall'assunzione della seconda pillola. Le doglie dell'espulsione sono dolorose, spesso dolorosissime.

In rete si trovano centinaia di testimonianze che danno conto della drammaticità dell'evento e della gravità di alcuni effetti collaterali che si verificano con una notevole frequenza. Ecco un racconto fra i tanti:

«Mi è stata data la Ru486 per abortire. Ho eseguito esattamente le istruzioni e, dopo aver preso la pillola, ho sentito un dolore fisico atroce, per almeno 12 ore ininterrottamente, e ho perso sangue in modo veramente eccessivo. Il sangue attraversava i pantaloni ma sentivo troppo dolore per potermi pulire: è stato il peggiore dolore fisico mai avuto in vita mia».

Di effetti collaterali - come dimostra il racconto - ce ne sono parecchi. Il più grave è il rischio di forti perdite di sangue, ma anche il vomito, la diarrea, i crampi. Insomma, le donne che prendono la Ru sono costrette ad assumere pesanti antidolorifici: spesso addirittura degli oppiacei.

Ma c'è di più: la pill kill non ha un'efficacia garantita: si sono contati sino al 20 per cento di insuccessi. Tanti dolori senza che il risultato sia certo.

Non solo: con questo metodo o si corre il rischio di ricacciare la pratica abortiva dentro casa con un enorme aumento del pericolo di vita, o - come dovrebbe accadere in Italia nel rispetto della legge 194 - si è obbligati a ricoverare una donna nelle strutture pubbliche per tre giorni, con un vistoso aumento dei costi: si parla di oltre 2. 500 euro. A fronte di tutte queste controindicazioni, non si capisce perché la Ru486 dovrebbe essere preferibile all'aborto: al di là delle convinzioni ideologiche o di natura religiosa, essa è certamente una "mina vagante" per il corpo e la salute della donna.

Il problema - come è stato più volte detto - non è quello di introdurre la kill pill, ma piuttosto di far funzionare meglio la 194 ottenendo per questa via l'abbattimento delle intrerruzioni di gravidanza volontaria. I recenti dati indicano che una qualche flessione c'è stata, ma ancora è troppo poco. E soprattutto: fra le immigrate la percentuale degli aborti è in significativa crescita. La gravità delle controindicazioni nei confronti della Ru spiega perché la Exelgyn, ditta che la produce, è restia a chiederne l'introduzione in realtà dove l'opinione pubblica è particolarmente sensibile al tema. Tanto è vero che in Italia la richiesta non venne fatta nemmeno quando era ministro Umberto Veronesi.

I rischi acclarati rendono meno decisi anche i sotenitori di questa pillola. Livia Turco, democratica, ex ministro della Salute, si è limitata a dire che «la validità del farmaco deve essere stabilita da organismi tecnici (l'Aifa, ndr.)». E il capogruppo del Pd al Senato, Dorina Bianchi, ha aggiunto: «Bisognerebbe evitare che con il via libera per l'inserimento della pillola Ru 486 passi soltanto il messaggio che abortire è diventato più facile». Molte invece le dichiarazioni contrarie alla Ru.
L'ex presidente della Repubblica, Francesco Cossiga, ha chiesto in una interpellanza al presidente del Consiglio dei ministri se il farmaco in questione «è intrinsecamente compatibile con la legge194», «se rientra nella legge 194, rispetto all'articolo 15, che parla di uso delle tecniche più moderne, più rispettose dell'integrità psichica e fisica della donna e meno rischiose per l'interruzione della gravidanza». La parlamentare del Pdl, Laura Bianconi, poi, lamentava che «l'Aifa decidesse sull'introduzione della pillola Ru senza aver fornito a noi rappresentanti del Parlamento italiano i dovuti chiarimenti tecnici e scientifici richiesti da più tempo in merito alla pericolosità».