lunedì 10 gennaio 2011

Genitore 1 e genitore 2....ma qualcosa non torna

Il bambino dell'immagine vi sembra spaesato? In un futuro non troppo lontano la parola papà e mamma, per inciso le prime parole che i bambini pronunciano, potrebbero scomparire. O almeno ce la stanno mettendo tutta. Perchè? Perchè papà e mamma sono due parole scomode e desuete...
Volete saperne di più? Leggete il seguente articolo di Andrea Tornielli, tagliente al punto giusto.
Ancora una volta in nome del politicaly correct a rimetterci è l'intelligenza...

tratto da LaBussolaQuotidiana.it
di Andrea Tornielli

Possiamo tirare un sospiro di sollievo: dal prossimo 11 febbraio sui passaporti statunitensi scompariranno le vecchie, obsolete e terribilmente discriminanti parole «padre» e «madre», così legate ai tempi e alla natura che furono. Ora saranno sostituite dalle più accettabili (ma soltanto apparentemente, come vedremo) espressioni «genitore 1» e «genitore 2», scelte per non discriminare i diversi tipi di famiglia, vale a dire quelle vecchio stampo e demodé, composte da un uomo e da una donna che (talvolta) generano dei figli, e quelle più a la page, nuove e moderne, che possono essere composte da uomo-uomo o donna-donna e non soltanto da quell’ormai irritante modello unico basato sulla differenza sessuale dei due componenti.
Certo, non vorremmo che gli States fossero costretti a rivedere presto questa loro decisione, che appare invero già un tantino sorpassata. Se ci si fosse infatti fermati di più a meditare il senso delle parole, si sarebbe scoperta anche l’assoluta inadeguatezza della parola «genitore», pur depurata dalle ormai fastidiose identità di genere. Infatti il genitore è colui che genera. E nel caso in questione, pur con tutti i possibili funanbolismi, è tutt’oggi alquanto arduo che uomo e uomo, o donna e donna, possano generare una nuova vita.
Occorre, e il caso recente e felice di Elton John lo dimostra, o una mamma in prestito, che conceda l’ovulo e l’utero in affitto, o almeno l’utero; oppure un donatore esterno di seme maschile. In questo caso, l’intreccio genitoriale si complica: chi ci assicura, infatti, che la madre affittuaria, non pretenda un domani di comparire almeno come «genitore 3»? In fondo, qualcosina di suo ce l’ha messo pure lei, accogliendo nel suo grembo quella nuova vita concepita in vitro, vale a dire con il sistema più moderno e asettico, che evita il barbaro e promiscuo esercizio della sessualità a fini riproduttivi.
È pur vero che esiste ed è di uso comune il termine «genitore adottivo», con il quale s’intende colui che adotta come proprio un figlio non suo. Ma in ogni caso sarebbe meglio per gli Usa, visto che cambiano, cambiare in modo chiaro, definitivo e inappellabile. Dunque, padre e madre no, genitore neppure.
Che termine usare? Si potrebbe pensare «parente 1» e «parente 2». Anche qui, però, l’obiezione sorge spontanea: quello di parente è un concetto ben più ampio di quello di genitore. Mia zia e mio cugino sono miei parenti, ma non mi hanno generato né esercitavano su di me la tutela genitoriale. Si potrebbe ricorrere al termine «persona», anche se troppo legato alla tradizione cristiana. Si può dunque pensare, meglio, a «individuo», anche se quest’ultima definizione suona un po’ troppo solipsistica, aliena dal rapporto di coppia e dunque potrebbe in fondo dispiacere.
E poi, non si dimentichi che quei numeri 1 e 2 accanto alla parola genitore ripropongono, in fondo, il maschilismo contenuto nella vecchia formulazione, che pervicacemente assegna la precedenza della citazione al padre subordinando la madre all’eterno secondo posto.
Una soluzione dignitosa e si spera accettabile in ogni tipo di famiglia, potrebbe essere questa: Individuo dotato di tutela genitoriale 1 (il numero non indica in alcun modo una precedenza né una primazia rispetto al successivamente citato), ed Individuo dotato di tutela genitoriale 2 (il numero non indica in alcun modo una subordinazione né una dipendenza rispetto al precedentemente citato). Si dirà che queste definizioni politicamente corrette appaiono un tantino lunghe.
È vero. Ma è meglio sacrificare una pagina di passaporto piuttosto che ledere i diritti di chi vuol giustamente gettare al macero le discriminanti e oggettivamente insopportabili definizioni di «padre» e «madre».

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