Dal Vangelo secondo Matteo
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Avete inteso che fu detto: “Amerai il tuo prossimo” e odierai il tuo nemico. Ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano, affinché siate figli del Padre vostro che è nei cieli; egli fa sorgere il suo sole sui cattivi e sui buoni, e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti.
Infatti, se amate quelli che vi amano, quale ricompensa ne avete? Non fanno così anche i pubblicani? E se date il saluto soltanto ai vostri fratelli, che cosa fate di straordinario? Non fanno così anche i pagani?
Voi, dunque, siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste».
Parola del Signore
Commento al Vangelo di Don Luigi Maria Epicoco
C’è una cosa che è più difficile dell’amore? È l’amore ai nemici. Gesù lo chiede esplicitamente nel Vangelo di oggi disarmando tutti quei cristiani che credono di rendere culto a Dio impugnando armi di ogni genere. A volte sono le pietre delle parole usate male, a volte solo le armi delle lobby, a volte sono le logiche di esclusione che ci sentiamo autorizzati ad attuare per amore di verità. La verità è però che Gesù ci chiede di non scendere a patti con il male ma di amare il nemico. E amare è una faccenda seria che non può essere risolta con qualche parola sbiascicata nel chiuso delle nostre sagrestie verso un cielo di cui fondamentalmente non ci fidiamo. L’amore è sempre amore per la verità, ma è anche sempre amore per il volto di chi ho accanto pur se non la pensa come me. Io odio la parola tolleranza perché ha il sapore delle solitudini accostate che tendono a ignorarsi per quieto vivere. Non credo che il Vangelo ci inviti alla tolleranza ma anzi a una grande passione. La passione per il dialogo. La passione per l’uomo. La passione per il bene che vince i nemici. La passione più grande che è morire per chi si ama. Il vero miracolo non è “dare la vita per i propri amici” ma scoprire gli amici seppelliti sotto la montagna di difetti e distanze di cui vediamo pieni i nostri nemici. “Infatti, se amate quelli che vi amano, quale ricompensa ne avete? Non fanno così anche i pubblicani?”. Ma noi siamo chiamati ad essere come il Padre: “Siate voi dunque perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste”. Ma come si fa ad essere perfetti nell’amore proprio noi che siamo radicalmente imperfetti? La nostra è una chiama in tensione, cioè siamo chiamati a tendere alla perfezione, pur sperimentando le cadute, i fallimenti, i limiti, le imperfezioni. Finché avremo vita dobbiamo tendere la nostra umanità quando più possibile, esattamente come si tende la corda di un arco. Solo così le frecce vanno lontano. Solo così andremo anche noi lontano. Molto più lontano di chi invece di tendere ha mollato scegliendo la via più semplice.
Nessun commento:
Posta un commento