mercoledì 19 settembre 2018

Commento al Vangelo di Don Luigi Maria Epicoco - Lc 7,31-35

Dal Vangelo secondo Luca
In quel tempo, il Signore disse: 
«A chi posso paragonare la gente di questa generazione? A chi è simile? È simile a bambini che, seduti in piazza, gridano gli uni agli altri così:
“Vi abbiamo suonato il flauto e non avete ballato,
abbiamo cantato un lamento e non avete pianto!”. 
È venuto infatti Giovanni il Battista, che non mangia pane e non beve vino, e voi dite: “È indemoniato”. È venuto il Figlio dell’uomo, che mangia e beve, e voi dite: “Ecco un mangione e un beone, un amico di pubblicani e di peccatori!”. 
Ma la Sapienza è stata riconosciuta giusta da tutti i suoi figli».
Parola del Signore

Commento al Vangelo di Don Luigi Maria Epicoco

Il contesto contemporaneo è ben descritto dalla pagina del Vangelo di oggi: “A chi dunque paragonerò gli uomini di questa generazione, a chi sono simili? Sono simili a quei bambini che stando in piazza gridano gli uni agli altri: Vi abbiamo suonato il flauto e non avete ballato; vi abbiamo cantato un lamento e non avete pianto!”. In sintesi il problema fondamentale è la difficoltà ad agganciare le persone su qualcosa che conta. C’è un senso diffuso di apatia, di indifferenza, di tristezza, di rinuncia. Sembra che non sia più importante ciò che ci fa gioire e ciò che ci fa soffrire. C’è una terza via che è quella dell’indifferenza. Il grande male è esattamente l’indifferentismo. Esso viene fuori per diversi motivi. Il più delle volte cresce come difesa, come un modo per non soffrire. Ma altre volte è frutto di pigrizia, di non volersi mai veramente mettersi in gioco. Questa sorta di tiepidezza, di limbo altro non è che il territorio più pericoloso che stiamo attraversando. Si può far spazio alla gioia, si può affrontare un dolore, ma come si risolve l’indifferenza? “È venuto infatti Giovanni il Battista che non mangia pane e non beve vino, e voi dite: Ha un demonio. È venuto il Figlio dell'uomo che mangia e beve, e voi dite: Ecco un mangione e un beone, amico dei pubblicani e dei peccatori. Ma alla sapienza è stata resa giustizia da tutti i suoi figli”. Gesù volutamente cita il Battista e cita sé stesso come due atteggiamenti radicalmente diversi di approcciarsi alla realtà, e dice che quando una persona non vuole mettersi in gioco, dice sempre che una cosa non va bene. Quando c’è troppa radicalità e ascesi come nel caso di Giovanni Battista l’accusa è che ha un demonio. Quando c’è molta apertura e accoglienza come nel caso di Gesù allora l’accusa è di populismo e lassismo. La verità è però un’altra, e cioè che pur di non metterci in gioco siamo disposti a dare sempre la colpa a qualcuno o a qualcosa. Chi vuole mettersi in gioco invece non trova colpevoli ma si sente responsabile.


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