Dal Vangelo secondo Giovanni
In quel tempo, Gesù disse a Nicodèmo:
«Nessuno è mai salito al cielo, se non colui che è disceso dal cielo, il Figlio dell’uomo. E come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna.
Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna.
Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui».
Parola del Signore
Commento al Vangelo di Don Luigi Maria Epicoco
Oggi la liturgia si tinge del rosso della Festa dell’esaltazione della Santa Croce. Per troppo tempo forse abbiamo frainteso la croce come il gusto macabro di amare la sofferenza. Non si può amare la sofferenza, ma delle volte uno accetta di soffrire per amore di qualcuno. Ecco cos’è la croce cristiana: non l’amore per il dolore e la sofferenza, ma l’amore per l’amore stesso portato fino alle estreme conseguenze di essere persino disposti a soffrire per ciò che si ama. Cristo per questo è salito sulla Croce, e ci ha così insegnato che per amore nostro è disposto a tutto, anche a morire: “Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna”. La Croce non serve a farci venire i sensi di colpa, ma a ricordarci quanto valiamo davanti al Signore. “Tu vali tutto, anche la mia stessa vita” dice Gesù. Per questo la Croce è il segno distintivo per noi cristiani, perché è il segno di un amore senza condizioni, un amore fino alla fine, un amore disposto a dare la propria vita per chi si ama. Se delle volte le nostre croci sono pesanti è solo perché non abbiamo qualcuno per cui valga la pena tutta quella sofferenza e tutta quella fatica. È per questo che Cristo è venuto al mondo, per dire che “per amore Suo” noi possiamo tutto. Ci chiede di amarLo non per comando ma affinché tutto valga la pena sempre nonostante tutto. Ecco perché risuonano come un esame di coscienza profondo le parole che ripeteva San Pio da Pietrelcina: “Molti vengono chiedendo di essere liberati dalla loro Croce. Nessun mi chiede come portarla”. È infatti nel modo con cui abbracciamo ciò che c’è dentro la nostra vita che fa la differenza. Non sempre riusciamo a risolvere tutto ciò che ci pesa sulle spalle, ed è proprio in quel momento che invece di sentirci falliti possiamo assumere una somiglianza più profonda con Cristo. Vivere la Croce così come Egli l’ha vissuta. Farsi santi con ciò che ci fa più fatica. Imparare ad amare ciò che non abbiamo scelto.
È un commento molto profondo che induce a riflettere sulla propria condizione di sofferenza: amare ciò che non si è scelto.
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