venerdì 19 luglio 2019

Don Fabio Rosini - Toccati dalla grazia - IL MANTELLO

IL MANTELLO
Nel primo appuntamento di questa nostra avventura in questa storia di guarigione noi abbiamo visto l’avventura di una donna che ha un flusso di sangue da dodici anni che rende vulnerata, ferita la sua femminilità, la sua vita intima e che ha tentato in tante maniere di guarire spendendo tutti i suoi averi. Parlavamo nella prima parte di queste false soluzioni. I nostri problemi intimi, le nostre ferite, i nostri dolori profondi noi cerchiamo molto spesso di risolverli con mille medici che questo mondo ci può offrire. E questa è l’immagine proprio dell’opera umana che non riesce a toccare fino in fondo la necessità di essere visitato ad un livello che tutta la scienza, la capacità, tutto ciò che siamo non basterà mai. Abbiamo bisogno di qualcosa che vado oltre per toccare quel livello profondo.
Questa donna è così, è in questa condizione: la condizione in cui tutte le soluzioni si sono rivelate insufficienti. E che succede? Noi passiamo alla seconda parte di questa nostra avventura e vediamo che cosa succede dal versetto 27 di questo quinto capitolo del Vangelo di Marco:
Ora una donna, che aveva perdite di sangue da dodici anni26e aveva molto sofferto per opera di molti medici, spendendo tutti i suoi averi senza alcun vantaggio, anzi piuttosto peggiorando, 27udito parlare di Gesù, venne tra la folla e da dietro toccò il suo mantello. 28Diceva infatti: «Se riuscirò anche solo a toccare le sue vesti, sarò salvata».
Noi qui abbiamo un insight della consapevolezza di questa donna. Questa donna ha una convinzione: se riuscirò anche solo a toccare le sue vesti sarò salvata. Come è arrivata a questo tipo di certezza. Noi pensiamo che per pensare una cosa di questo genere uno deve aver avuto qualche movimento interiore o esteriore, che qualche cosa è successo, perché lei possa avere questa idea. Sta passando Gesù, c’è tanta folla, ma lei è profondamente convinta che anche solo toccare il mantello di Gesù sarà risolutorio, ma come è arrivata a questa certezza? Lo dice nelle prime tre parole: udito parlare di Gesù.  Ha sentito parlare di Gesù.
Noi stiamo parlando del processo della guarigione: nella prima puntata abbiamo visto la malattia, ora siamo presi dalla logica del guarire, entriamo in questa dinamica. Questa dinamica da che cosa parte? Qual è il punto di partenza di una guarigione profonda dello spirito, della realtà? Una parola udita! L’uomo si salva perché riceve una parola: noi sappiamo che tutto ciò che cambia tutto l’essere della persona è ciò che nel profondo accoglie come vero.
Una parola può salvare una persona. Dice il centurione nel capitolo 8 del Vangelo di Matteo: dì soltanto una parola e il mio servo sarà salvo. Noi ripetiamo questa frase nella liturgia eucaristica: dì soltanto una parola ed io sarò salvato. Una parola. Da una parola dipende tutto. Noi siamo esseri illogici, noi siamo esseri senzienti e coscienti, portatori di senso. Una parola sbagliata e una vita si può storcere. Uno da bimbo riceve una parola bella, di speranza e quella diventa il cuore del suo cuore. Per tutta l’esistenza quella persona avrà una struttura interiore positiva, costruttiva, perché una bella parola è stata messa nel suo cuore. Molto spesso quando noi vediamo le persona andare a vuoto, sprecare la vita e ridurre la propria esistenza a una porcheria, noi siamo ancora al livello dei sintomi. Ma dobbiamo capire che dietro ci sono dei mali e dietro a questi mali ci sono delle menzogne, delle parole credute vere che in realtà sono parole di morte. Ogni persona si muove per una intenzione, si muove per un fine e questo fine è collegato a qualcosa che crede profondamente. Guarire è sempre un processo che parte dall’origine dei mali. E l’origine del male spirituale dell’uomo è aver accolto qualcosa di non vitale, di non salvifico. Questa donna ha udito parlare di Gesù. È qui che lei innesca la sua dinamica di salvezza. Cosa ha sentito questa donna? Noi dovremmo pensare a come questo testo viene compilato, accolto come testo liturgico per la chiesa e diventa vangelo: c’è un popolo di cristiani che sta annunciando Gesù, che permette alle persone di udir parlare di Gesù. Si può parlare in tante maniere. Una delle forme più belle di parlare di Gesù è incarnarlo, si parla anche senza parole, si parla anche attraverso il fatto di incarnare, rendere presente, ma fondamentalmente noi sappiamo che l’annunzio esplicito di Gesù è il veicolo fondamentale. Per cui le persone non è che ricevono un’informazione, ricevono la via della salvezza. Il regno dei cieli è come un granellino di senape che è piccolo piccolo, poi diventa una pianta grande, è il seme che se poi viene accolto dà il frutto il cento, il sessanta, il trenta… il problema è che l’uomo si salva accogliendo una parola perché si danna anche accogliendo una parola. Se noi andiamo a vedere al storia di Genesi 3 dove contempliamo il disastro umano vediamo che tutto parte dall’aver accolto una menzogna. Se noi andiamo a vede come tante persone arrivano alla salvezza tutto parte da un annunzio di Gesù. Questo è ciò che salva, questo è ciò che fa scattare la storia da una storia distruttiva a una storia costruttiva.

Possiamo a questo punto chiederci: ma che cosa dice la Chiesa di Gesù? Perché sentir parlare di Gesù è ciò che ci guarisce, è ciò che ci rende bella la vita, ciò che sana dalle radici i nostri mali? La chiesa fin dal principio ha dovuto prendere possesso della bellezza  della sua fede a l’ha formulata come simbolo della fede, ha fatto concili per dire qual’era la sua fede. Quella fede che viveva ha dovuto anche razionalizzarla, quella fede che nella sua carne, la carne dei martiri, la carne di tanti santi di comunità ecclesiali meravigliose bisognava razionalizzarla. La chiesa di Gesù dice delle cose ben precise e noi le diciamo nel credo nella messa domenicale. Noi ricordiamo ciò che noi sappiamo di Gesù: noi sappiamo alcune cose fondamentali , ma non ricordate. Sono queste quelle che ci guariscono, che Gesù è l’unico benedetto figlio di Dio: Dio da Dio, luce da luce, Dio vero da Dio vero, generato e non creato della stessa sostanza del Padre.  E noi quindi iniziamo a parlare di Dio in questa forma, non ne parliamo in maniera astratta. Dopo aver detto nel credo che è Padre, noi diciamo che lui è in se stesso amore paterno e filiale, è relazione. E noi ringraziamo un Dio che non è un’istanza etica, fredda, distante e che non ha niente a che vedere con la nostra grammatica esistenziale. La nostra grammatica esistenziale, il nostro modo di vivere in qualche maniera ricorda come Dio vive in se stesso e che lui in se stesso è amore paterno, familiare è relazione. La cosa che noi registriamo è che noi annunziamo non un Signore che è pieno di non si sa quale prerogativa straordinaria. No! Annunziamo un figlio!annunziamo una vita filiale, annunziamo qualcuno che è figlio ed è nostro Signore. quanti Signori abbiamo avuto nella nostra vita? Quei medici di cui si parla in questo vangelo che non ci hanno guarito per niente…a quanti Signori possiamo dare la nostra vita? C’è un Signore che ci insegna la vita dei figli, la vita di coloro che stanno in questo mondo con la percezione di essere amati e di essere guardati, curati da un Padre celeste. Noi annunziamo quest’uomo che è vero Dio e vero uomo. Noi annunziamo qualcuno che ha unito Dio e l’uomo in se stesso.
Il tema più profondo della nostra infelicità è la solitudine è la “scomunione”. Quest’uomo è comunione, è Figlio, è nostro Signore e nello stesso tempo è vero uomo. È la nostra meta: arrivare ad essere uniti a Dio fino in fondo, realmente. E noi annunziamo attraverso l’incarnazione di nostro Signore che la nostra vita è destinata alla pienezza dell’esistenza divina. Diceva un grande padre della chiesa, sant’Ireneo di Lione: la carne è capace di Dio. Noi sappiamo che Maria, madre di Gesù, è madre di Dio. La nostra carne in Maria ha avuto la possibilità di creare questo contatto con Dio meraviglioso.
Noi annunziamo la dignità della carne, la dignità meravigliosa che è destinato all’unione con Dio. Questo Gesù noi lo annunziamo morto per i nostri peccati, morto per amore nostro, capace di amarci fino alla morte, uno sposo fedele che non ci molla, nemmeno quando lo uccidiamo; uno che mentre lo torturiamo prega per noi, uno che mentre lo crocifiggiamo dice “padre perdonali perché non sanno quello che fanno”. Ed è disceso agli inferi, è disceso giù nel buio della nostra esistenza. Noi da soli non riusciamo a tirarci fuori dalla nostra infelicità, è venuto lui a prenderci lì nel punto più nero del nostro essere, nel nulla. Questo figlio benedetto di Dio , vero Dio e vero uomo, incarnato nel grembo della vergine Maria per opera dello Spirito Santo è colui che è capace di scendere negli inferi del nostro essere, colui che sa amarci fino al nostro nulla e da li risorgere.  Noi annunziamo la risurrezione di Cristo: udir parlare di Gesù è udir parlare della vita, della vita che è opera di Dio e che è più forte della morte. E questo è il Signore! questo è il Signore che risorge per perdonarci, risorge per la giustificazione mostrando nel suo corpo che tutto il male che noi gli abbiamo dato ha trovato una risposta di amore, ha trovato una risposta di misericordia. Noi sappiamo che i nostri peccati sono perdonati, che il Signore Gesù è risorte ed è più forte del nostro peccato. Questo è il Signore che ascende alla destra del Padre. Lui arriva alla meta, quella meta verso cui stiamo camminando tutti, Il Padre; in lui è resa possibile. Lui ha squarciato il uro che c’era tra noi e Dio. In Lui che ha preso la nostra povertà c’è la possibilità di entrare fino in fondo nella pienezza della vita che è vivere al cospetto del Padre, sedere alla destra del Padre; è Lui il vero senso della vita, è Lui il vero potente che non ha un potere che è secondo questo mondo, ma il potere in cielo e sulla terra, sa unire il cielo e la terra, ha il potere di darci di vivere le cose di questo mondo in unione con il cielo. E verrà lui a giudicare i vivi e i morti. Noi che siamo tanto impauriti delle nostre povertà dobbiamo ricordare che il giudice, cioè colui che ci valuterà è colui che è morto per noi, è colui che ci guarda con benevolenza, colui che è per noi.
Abbiamo ricordato queste cose per dire: che cos’è che salva l’uomo? L’uomo è salvato dalla comunione con Dio, l’uomo è salvato dall’amore che in Gesù Cristo si è reso presente e che la chiesa proclama.
Questa donna ha udito parlare di Gesù, ha sentito qualche cosa che logicamente nella redazione di questo testo per noi ricettori di questa parola liturgica sappiamo che tutte queste cose sono il punto dove si sciolgono le nostre menzogne. Alla fin fine tutte le nostre menzogne stanno attorno alla sfiducia, alla disperazione, al disprezzo, al cercare la vita dove non c’è, al guardare il mondo come nemico ed estraneo. Questa vita da figli, questa missione di salvatore, questa unione con il cielo, questa avventura che passa per la croce, la morte, gli inferi, la risurrezione e la gloria, questa è la storia che ci salva. Questa è ciò che ha illuminato tanti cristiani. Questa donna ha udito parlare di Gesù. Abbiamo ricordato le cose essenziali che noi diciamo del Signore Gesù. Noi abbiamo bisogno di ricevere una parola. Molto spesso quando la nostra vita si incarta, si incastra, si blocca noi cerchiamo di girare i nostri pensieri mentre stiamo impazzendo trovando male soluzioni deludenti . no! Dobbiamo ricevere l’annuncio del Signore, dobbiamo metterci in ascolto, dobbiamo udire parlare di Gesù.

Questa donna ha capito che se toccherà Gesù, se toccherà questa vita che sta passando, questa unione fra uomo e Dio che è Gesù, lei potrà guarire. Dice che anche se riuscirà a toccare solo le sue vesti sarà salvata: è interessante che il Vangelo di Luca che riporta questo stesso testo aggiunge un particolare ulteriore. Questa donna tocca la frangia del mantello: è un aspetto del mantello di Gesù. Il mantello di Gesù aveva frange? Sì, era il mantello di un predicatore, di un rabbino. Secondo le leggi dell’antico testamento in più parti (per esempio Es 22,12) noi sappiamo che gli israeliti osservanti dovevano portare dei nodi ai quattro angoli del loro mantello per ricordare il loro legame con il Signore, per guardare quel nodo e ricordare che c’è un’alleanza tra loro e il Signore, per non vagare con gli occhi qua e la appresso a inganni. Gesù è l’alleato vero con Dio, è suo Figlio, è unito al Padre e Gesù è quello che sta in rapporto con Dio, sempre.
Questa donna cosa va a toccare? Questo mantello, questa estremità. A noi quello che più interessa è il fatto che toccare Gesù è il momento in cui lei guarisce. Le cose, pur belle, che abbiamo ricordato, chela chiesa dice in questo momento devono essere concretizzate. Il problema che qui vediamo è il passare dall’aver udito parlare al toccare. Dobbiamo passare da un senso a un altro: dall’udito al tatto/contatto, che è il senso della relazione. Lei deve toccare Gesù: non si può, non si potrà mai, non succederà mai che possiamo dare un sacramento per telefono o via internet. I sacramenti bisogna darli di persona: c’è sempre l’imposizione delle mani, c’è sempre qualche cosa di fisico. Il nostro corpo è sempre importantissimo : ci si salva con il corpo.
Senza la carne non ci si salva. Solo con le idee non succede proprio niente, noi abbiamo bisogno di toccare.
In un certo senso qui è un altro fulcro dell’intero testo: il fatto che queste opere meravigliose si fanno con Gesù di persona avendo un rapporto diretto con lui. Questa donna tocca la frangia del mantello, l’estrema parte. Bisogna toccare il corpo di Gesù, bisogna toccare i sacramenti, bisogna toccare le opere cristiane, bisogna  venire a contatto con la chiesa che è il corpo di Gesù, il suo mantello, è la sua estrema  parte. E oggi dove possiamo toccarlo noi Gesù? Chi tocca un cristiano tocca Gesù, chiunque è stato battezza è stato immerso nel Padre, nel Figlio e nello Spirito Santo, è stato unto con il sacramento della confermazione per essere un consacrato a Dio, mangia il corpo di Cristo per essere il corpo di Cristo. Tutte queste cose, che son i sacramenti dell’iniziazione, costituiscono la Chiesa corpo del Signore e costituiscono la tangibilità. Noi dobbiamo capire questa cosa: la guarigione che questa donna sperimenta è perché arriva ad una esperienza concreta. Noi dobbiamo prendere e fare un piccolo esercizio: questo è un punto di arrivo di questa parte: capire dove noi possiamo presentemente toccare il Signore. forse lo possiamo toccare appunto nell’assemblea  cristiana che ci è data di poter frequentare , lo tocchiamo nei sacramenti , sicuramente  lo tocchiamo nella parola di Dio, sicuramente lo tocchiamo con la preghiera, sicuramente lo tocchiamo con le opere di misericordia, sicuramente lo tocchiamo e guariamo per mezzo della comunità cristiana, nello stare con i fratelli cristiani, nelle relazioni cristiane, nel perdono reciproco. Lo si tocca il Signore Gesù con una serie di strumenti piccoli e grandi, grazie, nella preghiera, nella devozione, nella relazione, nella vita cristiana, nella storia dei santi, nella cultura cristiana, eco della potenza del Signore. noi abbiamo bisogno quindi di capitalizzare la nostra esperienza del Signore Gesù sotto un punto di vista strettamente concreto. Bisogna toccare il signore, bisogna toccarlo in prima persona singolare: non bastano le catechesi, non bastano gli ascolti che pure sono il primo movimento: si parte dall’udire e bisogna arrivare al toccare. Noi dovremmo fare in prima persona singolare questi atti, dobbiamo farli regolarmente e più li faremo più saremo contenti di farli; più li faremo bene e più avremo gioia nel farli e dovremo fare memoria dei nostri contatti con il Signore. un bell’esercizio darebbe chiedersi: quando l’ho toccato il Signore nella mia vita? E tornare su quei fatti, su quegli eventi, tornare su quegli atti, tornare su quelle pratiche. Se una cosa ci ha fatto toccare il Signore torniamo a toccarla. Se una cosa ci fa toccare il Signore stiamoci accanto.

Dobbiamo disseminare la nostra vita di contatti diretti con il Signore. noi sappiamo che è presente nel sacramento dell’eucaristia ed è li che ci attende per poter entrare in relazione con lui, per poter dialogare con lui. Sappiamo che siamo chiamati a un contatto stretto. Come l’amata nel Cantico dei cantici dobbiamo essere saggi e cercare lo sposo, cercare il nostro amato, colui che solo toccandolo guariamo, perché toccando lui noi tocchiamo l’amore. Quando tocchiamo l’amore siamo sanati, perché è l’amore che guarisce il profondo dell’essere umano.

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