giovedì 26 marzo 2009

Il Rinnegamento di Pietro



di Confr. Piero della regina della Pace, Passionista

Lettura

Or mentre Pietro se ne stava giù nel cortile, giunse una delle serve del sommo sacerdote e avendo visto Pietro che si scaldava, fissandolo gli disse: “Anche tu eri col Nazareno, Gesù”. Ma lui negò dicendo: “Non so e non capisco cosa tu dici”. Quindi uscì fuori nel vestibolo e un gallo cantò. Vedutolo ancora, la serva incominciò a dire di nuovo ai presenti: “Costui è uno di loro”. Ma lui negò nuovamente. Poco dopo i presenti dissero di nuovo a Pietro: “Sei davvero uno di loro. Infatti, sei galileo”. Ma lui incominciò a imprecare e a giurare: “Non conosco quest’uomo, di cui parlate”. E subito, per la seconda volta, un gallo cantò.

Allora Pietro si ricordò delle parole che Gesù gli aveva detto: “Prima che il gallo canti due volte, mi rinnegherai tre volte”; e proruppe in pianto. (Marco 14,66 – 72).

Per comprendere

Dopo l’arresto, Gesù è stato condotto presso l’abitazione del sommo sacerdote Caifa per il primo interrogatorio, questa casa tra l’altro si trovava a circa 100 metri dal luogo dove si era svolta l’ultima cena. In questo luogo era concesso l’ingresso ai soli membri del sinedrio, e in questo caso per assistere al processo a quel galileo cui si dava la caccia da tre anni; la folla invece che aveva partecipato all’arresto nel Getzemani si sistema al di fuori nel cortile con l’attesa curiosa di notizie di ciò che accade dentro. Qui accendono un fuoco per ricevere del calore nella fredda notte della primavera palestinese. Proprio qui, vicino a questo fuoco, ritroviamo Pietro.

Pietro ha un temperamento focoso, è un leader nato, potremmo dire con termini di oggi che era un piccolo imprenditore: non era frequente al tempo di Gesù, trovare uno che possedeva una barca. Ma tante volte, agisce su due piedi, senza pensarci su, per poi finire in brutte figure, come quando volle camminare sull’acqua e poi per poco non annegava; o quando vorrebbe impedire a Gesù di andare a Gerusalemme a morire, per poi ricevere dal Suo Maestro un duro: “Va via da me, satana!”. Anche in seguito, una volta capo della Chiesa nascente, viene dall’apostolo Paolo ripreso perché proprio lui, quello che guida la Chiesa, si vergogna di farsi vedere mangiare allo stesso tavolo con dei pagani. Ma era stato scelto da Gesù come capo della Chiesa proprio per questo temperamento focoso, di quello che non si tira indietro, qualità necessaria in un leader che deve sostenere e dare forza a un gruppo, soprattutto quando il Figlio dell’Uomo non ci sarebbe stato più.

Questo temperamento, spinge Pietro a entrare addirittura nella casa dove il Cristo è prigioniero, e a sedersi con grande coraggio, dopo che era fuggito, proprio accanto a chi ha partecipato alla cattura del suo Gesù.

Ma il suo dramma inizia quando è riconosciuto. Una serva, che forse era presente al momento dell’arresto, oppure notando che Pietro è silenzioso, di aspetto preoccupato rispetto agli altri che ridono e si raccontano la riuscita dell’operazione, fissa Pietro, lo osserva con attenzione, e di improvviso lo accusa di fronte a tutti: “Anche tu eri col Nazareno, Gesù!”.

Immaginiamo che le voci e le risate saranno taciute d’improvviso, sarà seguito un lungo momento di silenzio, tutti avranno volto lo sguardo verso quel galileo che la serva indica con un dito.

E Pietro, ormai in primo piano contro ogni previsione, imbarazzato e alzandosi le dice che si sbaglia e va via, mentre un gallo canta.

Ma la donna non si rassegna, è certa che quello è un seguace del galileo, così lo insegue e la scena si ripete. Questa volta però lei non lo accusa direttamente, ma si rivolge alla gente dicendo: “Costui è uno di loro!”. Pietro di nuovo le risponde che si sbaglia, ma proprio il suo parlare lo tradisce. La folla sente quel dialetto che non è tipico di quella regione, come noi subito sapremmo distinguere un toscano da un romano, da un napoletano o da un milanese.

E così Pietro, proprio nel perdere il controllo, nel giustificarsi, rompe i limiti della prudenza e viene da tutti scoperto, e gli dicono: “Devi essere uno di loro, il tuo parlare tradisce che sei un galileo!”. Pietro ormai ha perso ogni controllo, arriva a imprecare, urlare, addirittura giurare che non conosce quell’uomo. Quell’uomo…. ormai per lui Gesù non è più il Messia, il Cristo, ma è “Quell’uomo” e il gallo che con il suo secondo canto accompagna la fuga di Pietro, chiude definitivamente il dramma.

Ma ecco il colpo di scena, Pietro ricorda l’avviso del Maestro: “Prima che il gallo canti due volte mi rinnegherai tre volte” e prima ancora gli aveva detto: “Io ho pregato per te, che non venga meno la tua fede; e tu, una volta ravveduto, conferma i tuoi fratelli”. Così le lacrime arrivano come le acque del mare che puliscono lo scoglio e il pentimento porta Pietro non a suicidarsi come Giuda, ma a riunirsi con la sua Chiesa, con gli altri apostoli.
Per meditare

Pietro se ne stava giù nel cortile

Povero Pietro, ha avuto più coraggio degli altri suoi compagni, entrare proprio nella tana del lupo e ora tocca il fondo della sua vita. Chissà quali i motivi che l’avevano trascinato a spingersi proprio fin lì. Però, fatto questo, non riesce ad andare più in là. Ricorda un po’ i nostri modi di fare: siamo spinti in certe occasioni a fare del bene, però poi non riusciamo ad andare oltre, cioè a coinvolgere la nostra stessa persona. Come se ci fosse un limite oltre il quale vi è un vuoto in cui non vogliamo rischiare di addentrarci.

Pietro decide di seguire il Maestro, che un giorno gli aveva detto: seguimi e ti farò pescatore di uomini; ma il suo è stato fino ad ora un seguire solo nel corpo, non è ancora pronto a seguirlo nello spirito.

Il cuore di Pietro non è ancora pronto a seguire il maestro fin dentro il sinedrio, luogo in cui si materializza il rischio della propria persona, si limita così a stargli vicino solo per la comunanza dello stesso luogo.

Lo dimostrano le tre bugie consecutive, la sua azione rivela il pensiero: sono qui da solo, nessuno di chi mi conosce può sentirmi, che male c'è a mentire, che cambierebbe affermare di conoscere quell’uomo?

Così è l’uomo chiuso in se stesso, senza l’appoggio di Gesù, senza l’aiuto di una comunità, Pietro lì solo tra la folla è il tralcio separato dalla vite, l’arto separato dal capo e dal corpo, e diventa così
inevitabile la conseguenza di pensare a se stesso.

Quanto assomiglia alla nostra società, dove l’incedere frettoloso del tempo, il moltiplicarsi di

attività, d’impegni, di lavori, isolano l’uomo in un’accentrazione dell’io, dove Gesù e dove l’altro sono solo un impegno in più.

Anche noi seguiamo Gesù e il bisognoso, che rappresenta Gesù, solo fino a giù nel cortile, tra folla, serve e galli.

Pietro, ci racconta l’Evangelista Luca, è scosso dal Signore che passò di lì tra le guardie, e voltandosi lo guardò. Da questo sguardo, congiunto al realizzarsi della profezia del canto di un gallo, rinasce l’apostolo, il Capo della Chiesa. Muore il vecchio uomo e nasce la Pietra su cui si fonderà la Chiesa, pietra lavata dalle lacrime dell’Apostolo.



Beato l’uomo a cui è rimessa la colpa,

e perdonato il peccato.

Beato l’uomo a cui Dio non imputa alcun male

e nel cui spirito non è inganno.

Tacevo e si logoravano le mie ossa,

mentre gemevo tutto il giorno.

Giorno e notte pesava su di me la tua mano,

come per arsura d’estate inaridiva il mio vigore.

Ti ho manifestato il mio peccato,

non ho nascosto il mio errore.

Ho detto: “Confesserò al Signore le mie colpe”.

E tu hai rimesso la malizia del mio peccato.

(Salmo 31,1-5)



Solleviamo i nostri occhi a Gesù che passa, ieri prigioniero dei soldati, oggi prigioniero del Suo amore, ieri benevolo verso l’Apostolo che l’aveva appena rinnegato, oggi in attesa di svuotare il Suo Cuore dell’eccesso di bontà, per rialzarci dalle nostre cadute.

Solleviamo i nostri occhi, e riceviamo la pace per il peccato perdonato.


Dalla vita di San Paolo della Croce. Fondatore dei Passionisti

“Calpesta questo Cristo!”

La carità con cui accoglieva le anime che ritornavano pentire a Dio era davvero grande.
Difficilmente derogava a questa regola; solo in caso estremo usava severità, quando capiva ch’era l’ultimo

espediente a disposizione per espugnare i renitenti alla grazia divina.

Terminata la missione di Bieda, ritornando al convento di Vetralla incontrò un uomo che bestemmiava. Acceso di santo zelo, estrasse il crocifisso e presentandolo al bestemmiatore gli disse forte:

-“Vedi un po’ se ti dà l’animo di calpestare questo Cristo! Animo, mettilo sotto i piedi!”.

Confuso, il bestemmiatore si buttò in ginocchio dicendo:

-“Perdono, Padre, perdono!”.

Piangeva. Paolo continuò:

-“Se, dunque, non ti dà l’animo di porti questo Crocifisso sotto dei piedi, perché lo bestemmi?”.

E proseguì il suo viaggio, lasciando il bestemmiatore pentito, inginocchiato in mezzo alla strada.

(Tratto da “Come visse San Paolo della Croce” di P. Cristoforo Chiari C.P.

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