di p. Raniero Cantalamessa
Domenica delle Palme 16-03-2008
[...] Di Gesù nell’orto degli ulivi è scritto: “Cominciò a provare tristezza e angoscia. Disse loro: ‘La mia anima è triste fino alla morte”; restate qui e vegliate con me’”. Un Gesù irriconoscibile! Lui che comandava ai venti e ai mari e gli obbedivano, che diceva a tutti di non temere, ora è in preda a tristezza e angoscia. Quale la causa? Essa è tutta contenuta in una parola, il calice: “Padre mio, se è possibile, passi da me questo calice!” Il calice indica tutta la mole di sofferenza che sta per abbattersi su di lui. Ma non solo. Indica soprattutto la misura della giustizia divina che gli uomini hanno colmato con i loro peccati e trasgressioni. È ”il peccato del mondo” che egli ha preso su di sé e che pesa sul suo cuore come un macigno.
Il filosofo Pascal ha detto: “Cristo è in agonia, nell’orto degli ulivi, fino alla fine del mondo. Non bisogna lasciarlo solo in tutto questo tempo”. È in agonia dovunque c’è un essere umano che lotta con la tristezza, la paura, l’angoscia, in una situazione senza via d’uscita, come lui quel giorno. Noi non possiamo fare niente per il Gesù agonizzante di allora, ma possiamo fare qualcosa per il Gesù che agonizza oggi. Sentiamo ogni giorno di tragedie che si consumano, a volte nel nostro stesso edificio, nella porta dirimpetto, senza che nessuno si accorga di niente. Quanti orti degli ulivi, quanti Getsemani nel cuore delle nostre città! Non lasciamo soli coloro che vi sono dentro [...].
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