martedì 31 gennaio 2012

L'abito non fa il monaco....ma il diavolo la pensa diversamente....


L'attacco del male nei confronti degli uomini, come spesso ci ricorda anche Maria, ultimamente si concentra su tre fronti. La famiglia, la vita consacrata ed i giovani. Non c'è bisogno di fare grandi ricerche sociologiche o antropologiche per vedere queste situazioni, basta accendere la TV o il pc.

Il male non è una categoria eterea per noi cattolici, non una questione filosofica. Il male è un essere dotato di personalità è il diavolo (dia-ballo dal greco, colui che divide).
Grazie a Dio molte informazioni corrette possono essere recepite attraverso autori in linea con la Tradizione della Chiesa cattolica fra cui Padre Amorth, Don Beppino Co, Mons. Andrea Gemma, Padre Francesco Bamonte, Fra Benigno, tutti sacerdoti impegnati nel ministero della liberazione.

Lo scopo di questa riflessione è solo quello di riportare una testimonianza di un carissimo e fidato  amico che da pochi mesi ha emesso i voti in una congregazione religiosa:

"Conosco molto bene un sacerdote esorcista della mia stessa congregazione, che da qualche anno ha avuto il mandato dal suo Vescovo per un gruppo di fedeli bisognosi del suo ministero.
Fra questi una mamma di famiglia che, a causa di malefici fatti da terzi, è soggetta a possessioni demoniache senza che ella avesse la benché minima idea di ciò che le accadeva. Da qui è cominciato un iter di cammino spirituale fatto di preghiera, sacramenti e "benedizioni" che hanno rivelato l'dentità malefica del demonio e che presto, a volontà di Dio, la porteranno a completa liberazione.
Tralasciando tutte le manifestazioni descritte anche nel Rito per l'Esorcismo, che devono verificarsi per accertare la possessione, c'è stato un evento in particolare che mi ha molto colpito.
Una sera, trovandomi in quella comunità dove opera il sacerdote, è arrivata questa signora che conoscevo appena. Il marito ha espresso il desiderio che anch'io potessi partecipare alla preghiera per la moglie, così mi sono messo li vicino a pregare, come di solito facevo. L'entità si è manifestata poco dopo in una maniera tanto violenta che ne il sacerdote ne gli astanti in numero di 4, riuscessero a mantenere la donna. Per questo ho prestato il mio aiuto mantenendola per le gambe. In questo momento ho notato che l'entità malefica soffriva molto per la mia presenza..... Non riuscivamo a capirne il motivo, dato che io non sono ancora sacerdote, pur essendo consacrato. Dopo molti lamenti, il demonio costretto dal sacerdote, per la bocca della donna, ha rivelato il motivo della sofferenza. Era il tocco dell'abito religioso che a suo dire"bruciava maledettamente ed impediva di muoversi". Così ho completamente abbracciato la persona avvolgendola con l'abito. L'entità non si è più mossa, sembrava immobilizzata ed ha perso la forza sovrumana di prima.
Dopo poco è avvenuta la temporanea liberazione...."

Questa testimonianza non ha nessun pretesto di verità assoluta, è riportata solo per incoraggiare sacerdoti e religiosi a mostrare i segni della propria consacrazione. Molte volte per fretta, per praticità o per modernità non si indossa più l'abito religioso o talare che spesso è frutto di preghiera e rivelazioni fatte da Dio ai Fondatori delle varie Congregazioni religiose.

L'abito fa il monaco?
Certamente no, ma aiuta a farlo. Non è un abbellimento o una mascherata, ne tantomeno un surplus. E' un dono. Un dono che va debitamente usato, evitando fondamentalismi e nostalgie di stampo lefevbriano, ma evitando anche di riporlo in una teca di vetro come oggetto da museo.......

2 commenti:

  1. Nel modo di pensare, di parlare, di giudicare i fatti del mondo, di servire e amare, di relazionarsi con le persone, ANCHE NELL'ABITO, il sacerdote deve trarre forza profetica dalla sua appartenenza sacramentale, dal suo essere profondo" (Benedetto XVI, 12 marzo 2010)

    "L'abito ecclesiastico, come quello religioso, ha un particolare significato…. giova ai fini dell'evangelizzazione ed induce a riflettere sulle realtà che noi rappresentiamo nel mondo e sul primato dei valori spirituali che noi affermiamo nell'esistenza dell'uomo. Per mezzo di tale segno, è reso agli altri più facile arrivare al Mistero, di cui siamo portatori, a Colui al quale apparteniamo e che con tutto il nostro essere vogliamo annunciare."
    (Giovanni Paolo II, 8 settembre 1982)

    L'abito fa il monaco. Perfino per l'Unità. Anche il quotidiano fondato da Antonio Gramsci se n'è accorto. Se l'abito, da solo, non basta fare il buon monaco, di sicuro il toglierselo tradisce il cattivo monaco.
    Non c’è da imbarazzarsi a indossarlo, anzi, sarebbe un segno di rispetto per la comunità cattolica e avrebbe anche il potere di eliminare ogni ambiguità. È difficile riconoscere un sacerdote in un tizio in camiciola: siamo in presenza di un inganno, per lo meno sul piano semiologico.
    La tonaca, alla semplice vista, ci trasmette tutto questo: molto spirito e poca carne. Un prete che sostituisce la tonaca con un abito comune è come se rinunciasse allo spirito.
    L'Unità, 15 agosto 2010

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  2. Grazie Lux per l'articolo e a te Anonymous per i preziosi contributi!

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