venerdì 27 gennaio 2012

Anche questi Castelli crollano.....


C’è una abissale differenza tra la visione da casa di “Servizio Pubblico” e l’essere tra la folla dei disperati che ha perso il lavoro, che non vede prospettive per il futuro. In quell’edificio comunale del cagliaritano, occupato martedì sera dalla Consulta dei Movimenti, gli umori erano palpabili, intensi.

 Le immagini immediatamente messe in rete su , che come ambiente principale mostrano lo studio di Michele Santoro  per una volta fanno passare in secondo piano il super protagonista conduttore.
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Dall’intervento del leader del Movimento Pastori Sardi, Felice Floris, a quello del sindaco Piergiorgio Lixia, senza dimenticare l’operaio Antonello Pirotto che con una colorita da qualche Castelli non rompermi i c....”, ha descritto il dramma dell’industria isolana che ha messo in ginocchio migliaia di famiglie.

Uomini di mezza età che improvvisamente e di fronte all’indifferenza delle istituzioni, governo in primis, si sono ritrovati in cassa integrazione e tagliati fuori per motivi anagrafici dal mondo del lavoro.
Il tangibile disgusto creato dalle immancabili e discutibili esternazioni razziste dell’ex ministro della Lega Nord che ha inveito contro i siciliani (dimenticando che il Pdl proprio in Sicilia ha un immenso bacino di voti.

Povertà (il prezzo del latte e dei derivati sottostimato, indebitamento delle attività produttive e conseguente perdita di posti di impiego), sottosviluppo (mancanza di servizi essenziali come la possibilità di fruire del gas metano), critiche forti ai costi e privilegi di una classe parlamentare da riformare: nessuno è stato risparmiato, nemmeno il governo Monti  insediatosi recentemente.

L’importante è che questa puntata di “Servizio Pubblico” venga ricordata come la serata del disagio da affrontare e non solo come quella dell’ennesima fuga da uno studio televisivo di un Castelli che vive in un pianeta personale lontano dalla realtà o di un Santoro che riesce a catalizzare lo spettacolo su se stesso strumentalizzando il dolore della gente comune.




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