mercoledì 24 giugno 2009

Falsi rimedi


fonte Zenit.org

ROMA, martedì, 23 giugno 2009 (ZENIT.org).- La mozione della provincia di Roma che prevede l'installazione di distributori automatici di preservativi nelle scuole superiori di Roma, provincia e dintorni, solleva numerosi interrogativi che orientano a non considerare "meritevole" l'iniziativa in nome della cosiddetta informazione e prevenzione.

È noto, infatti, come nei Paesi che hanno adottato campagne di informazione esclusivamente sull'uso di profilattici e pillole contraccettive, non si sia ridotta né la trasmissione di malattie sessualmente trasmesse (come evidenziato da studi scientifici realizzati, in Africa, anche da non credenti), né le gravidanze non ricercate e né gli aborti conseguentemente procurati (Francia, Inghilterra e Spagna).

C'è da chiedersi, perciò, se non sia ormai opportuno cambiare l'orientamento finora proposto (e imposto) che, avallato dalle istituzioni, promuove una visione riduttiva della sessualità. La vera prevenzione, infatti, oltre gli aspetti sanitari della questione, impatta l'attuale emergenza educativa e la difficoltà a non oscurare i significati inscritti nella sessualità umana, declinata solo come esercizio di una funzione per il piacere e non come espressione della persona per un dono disinteressato di sé.

Diffondere nelle scuole i distributori di profilattici (già presenti nelle farmacie, nei centri commerciali, nelle tabaccherie, senza sollevare anche problemi di privacy) rappresenta un incentivo diseducativo all'esercizio della sessualità, un preoccupante precedente che ignora non solo i risvolti pedagogici (una società che non educa al dominio di sé è esposta ad ulteriori malattie e rischia di essere una società senza controllo, o meglio, più facilmente "controllabile"), ma anche la crisi finanziaria che ha tagliato fondi a prestazioni per anziani, malati e disabili.

Ci si chiede, perciò, se l'investimento in profilattici, per le scuole, sia stato anche per questo motivo, opportuno. Probabilmente motivi economici (legati alle ditte produttrici) e ideologici sono alla base di tale scelta. Spesso si ritiene che la "scorciatoia" sia la strada più facile per l'educazione affettiva e sessuale, ma si ignora che proprio una falsa sicurezza (come quella veicolata dalle campagne informative sui profilattici e sul vaccino contro il papillomavirus) abbassi il livello di attenzione dei propri comportamenti che possono così risultare dannosi per la salute e banalizzanti verso la vita nascente.

Nei Paesi in via di sviluppo, abituati alle privazioni, i migliori risultati per la prevenzione delle malattie sessualmente trasmesse si sono ottenuti non con i profilattici, ma con le proposte educative orientate all'astinenza prematrimoniale e alla fedeltà coniugale. Nei Paesi sviluppati, invece, dove regna il "tutto e subito", non si accetta di rivedere la falsa idea di progresso e libertà, frutto della rivoluzione sessuale, che considera l'esercizio precoce e promiscuo della sessualità un indispensabile "diritto", da cui escludere i genitori, scippati così del loro prioritario diritto - dovere educativo.

Eppure, l'educazione integrale della persona, anche con il supporto di educatori alla procreazione responsabile, può aiutare adolescenti e giovani, a risalire, con la conoscenza della fertilità, dai segni ai significati dell'amore, della vita e del procreare umano: non una tecnica ma la proposta di uno stile di vita controcorrente umanizzante e liberante.

L'uso retto della ragione invita tutti: scuola, famiglia, agenzie educative, istituzioni, mass media a non lasciare soli i ragazzi davanti a modelli superficiali e banalizzanti la sessualità umana, perché è in gioco la loro salute e la loro felicità, presente e futura.

martedì 23 giugno 2009

Current TV e l'invito all'apostasia.


Current TV è un social news network globale visibile via satellite in oltre 58 milioni di case.
Una delle caratteristiche di questa tv consiste nel VC^2, che non è nuovo modello di ceramica da bagno ma come vedremo in seguito ci si avvicina moltissimo. Si tratta della possibilità data ai telespettatori di inviare contenuti propri.
Questi costituiscono circa il 30% della programmazione.
Bene...questa tv manda in onda qualsiasi cosa, un pochino come lo scarico di una fogna.

Il 24 Dicembre 2008, badate bene, non un giorno a caso, ma la vigilia del Santo Natale, l'emittende manda in onda la fiction pop-art di Marco Costa chiamata"Quarto Sesso".
Il logo del programma è un sacro cuore di Gesù infiammato su uno sfondo rosa shocking come potete visionare nel sito ufficiale http://www.quartosesso.com

La storia? Il protagonista è un Gesù depresso e disoccupato. Giusto per fare un esempio e comprendere cosa vuol comunicare questa TV...

Appena qualche giorno fa Current TV ha mandato in onda un serizio di ben 15 minuti e 35 secondi sullo sbattezzo.

E nella pagina del sito dell'emittente che ospita il servizio in questione, sembra di leggere un bollettino dell'UAAR, laddove è possibile apprendere persino che il 25 ottobre di ogni anno ricorre la Giornata Nazionale dello Sbattezzo. Wow, non sapevo di questa invenzione degli uaariani! Giustamente essendo la loro una fede hanno bisogno di festività!

http://current.com/items/89882560_istruzioni-per-sbattezzarsi.htm

Lo scandaloso servizio è un vero e proprio programma propagandistico di iniziazione all'apostasia. Letteralmente vergognoso!
Come non vedere in tutto ciò l'opera di satana?

Signore aiutaci!


lunedì 22 giugno 2009

Garibaldi...l'eroe dei due-moni


Ecco cosa scriveva nel suo testamento il celebre Giuseppe Garibaldi, il grande eroe osannato dai testi scolastici italiani come paladino dell'Unità d'Italia.
«Siccome negli ultimi momenti della creatura umana, il prete, profittando dello stato spossato in cui si trova il moribondo, e della confusione che sovente vi succede, s'inoltra e, mettendo in opera ogni turpe stratagemma, propaga, con l'impostura in cui è maestro, che il defunto compì, pentendosi delle sue credenze, ai doveri di cattolico; in conseguenza io dichiaro che, trovandomi in piena ragione, oggi non voglio accettare in nessun tempo il ministero odioso, disprezzevole e scellerato di un prete, che considero atroce nemico del genere umano e dell'Italia in particolare. E che solo in stato di pazzia o di ben crassa ignoranza, io credo possa un individuo raccomandarsi a un discendente di Torquemada» Giuseppe Garibaldi.
Altro che eroe dei due mondi...al massimo è stato eroe dei demoni.

Il Gay Pride di Roma e la visione di Anna Maria Taigi



Leggevo un interessantissimo post nel blog http://unesorcistaoggi.blogspot.com relativo al Gay Pride del 13 giugno nella Capitale. Come capita in occasione di queste manifestazioni non sono mancate le aberrazioni, gli atti sacrileghi e le azioni blasfeme: gente vestita da Papa o con pseudo paramenti sacri su abiti succinti o in pose equivoche, bestemmie e parole ingiuriose nei confronti della Chiesa e del Santo Padre. Riflettevo sulle parole ispirate dal Signore ad una delle più straordinarie mistiche che la storia abbia mai conosciuto, Anna Maria Taigi, terziaria trinitaria... Parole riportate nel blog sopra menzionate.


" [...]dopo questi segni, quando si sarà vicini alla fine, il Drago sarà sciolto e la Divina Madre inviterà alla penitenza e gli uomini senza tener conto dei Celesti moniti andranno per le vie della Eterna Città Santa bagnata dal Sangue dei Principi(Apostoli), portando la Lussuria in processione; e il Padre della Menzogna sarà a loro capo. Sacrilegi compiranno contro i tempi del Santo Spirito e contro la Religione: gli uomini si vestiranno da donne e le donne si vestiranno da uomini, la Voce del Santo Vicario non sarà ascoltata e l' Alma Sua figura sara fatta oggetto di scherno e risa, allora il Drago che già ha preso possesso del suo regno istillerà lumi alle menti degli a lui soggetti per diffondere l'alito pestilento della Lussuria ove il Beatissimo pose Sede e per diffondere e moltiplicare l'opera sua nefanda di distruzione e perdizione, dovrà allora dalla Cristianità implorarsi la Misericordia di Dio e fare Orazione per la Chiesa Militante domandando aiuto alla Madre Santa e offrendo penitenze e sacrifici [...]"

Impressionante il riferimento a questi tempi... Non ci rimane che pregare ed offrire sacrifici di riparazione.

P.S. Il corpo della beata Anna Maria Taigi, miracolosamente conservato, si trova a Roma presso la Chiesa di S. Crisogono in una cappella a lei dedicata.

giovedì 18 giugno 2009

Leggere e pregare per essere sempre uniti con Dio


Dai «Libri delle sentenze» di sant'Isidoro, vescovo

La preghiera ci purifica, la lettura ci istruisce. Usiamo dell'una e dell'altra, se è possibile, perché tutte e due sono cose buone. Se ciò tuttavia non fosse possibile, è meglio pregare che leggere. Chi vuol stare sempre con Dio, deve pregare e leggere continuamente.
Quando preghiamo, parliamo con Dio stesso; quando invece leggiamo è Dio che parla a noi.

Ogni progresso viene dalla lettura e dalla meditazione. Doppio è il vantaggio che riceviamo dalla lettura della Sacra Scrittura. Essa illumina il nostro intelletto, e conduce l'uomo all'amore di Dio, dopo di averlo strappato alle vanità del mondo.

Doppio è anche il fine che dobbiamo prefiggerci nella lettura: innanzi tutto cercar di capire il senso della Scrittura, in secondo luogo adoperarci per proclamarla con la maggiore dignità ed efficacia possibile. Chi legge infatti cerca prima di tutto di capire quello che legge. Il bravo lettore non si preoccupa tanto di conoscere quello che legge, quanto piuttosto di metterlo in pratica.

Nessuno può penetrare il senso della Sacra Scrittura, se non la legge con assiduità, secondo quanto sta scritto: Amala e ti porterà in alto; quando l'avrai abbracciata, essa sarà la tua gloria (cfr. Pro 4, 8). Quanto più si è assidui nel leggere la Scrittura, tanto più ricca è l'intelligenza che se ne ha, come avviene per la terra che, quanto più si coltiva, tanto più produce.

Vi sono alcuni che hanno una buona intelligenza, ma trascurano la lettura dei testi sacri, sicché con la loro negligenza dimostrano di disprezzare quello che potrebbero imparare con la lettura. Altri invece avrebbero desiderio di sapere, ma sono impediti dalla loro impreparazione.

Come chi è tardo di intelletto riesce col suo impegno a raccogliere il frutto della sua diligenza nello studio, così chi trascura il dono dell'intelletto che Dio gli ha dato, si rende reo di condanna, perché disprezza un dono ricevuto e lo lascia infruttuoso.

I segreti di Karol


Vi segnalo l'ultimo libro di Antonio Socci reperibile da pochi giorni in libreria. Si intitola "I segreti di karol". Ecco la prefazione dell'Autore. Buona lettura

Karol Wojtyla dall’età di ventisei anni viveva delle autentiche esperienze mistiche. È questa una delle notizie che il libro di Antonio Socci offre, con testimonianze di prima mano, sull’uomo che più ha impressionato e commosso la nostra generazione. La natura di queste esperienze e le “rivelazioni” soprannaturali che egli custodiva spiegano anche i suoi gesti profetici? E illuminano il suo giudizio sul carattere “apocalittico” dei nostri anni?

Giovanni Paolo II è il primo slavo sulla Cattedra di Pietro, primo straniero da 500 anni, uno dei papi più giovani per uno dei pontificati più lunghi della storia della Chiesa, un Papa proveniente da un Paese dell’Est, il Papa che ha abbattuto i sistemi totalitari del blocco comunista, cambiando la storia del mondo, il Papa che ha portato la Chiesa nel terzo millennio e che, con la sua personalità, ha ridato forza al Papato suscitando lo stupore e l’ammirazione di tanti popoli, insieme all’odio di chi ha cercato di assassinarlo sul luogo stesso del martirio di San Pietro.

Ma il suo è anche un pontificato misteriosamente annunciato e accompagnato da una serie stupefacente di profezie, di mistici, di avvenimenti soprannaturali e di manifestazioni della Madonna. Perché? Tanti segni e messaggi – insieme all’evidente drammaticità dei problemi del mondo di oggi – concordano nell’indicare il nostro tempo come lo scenario di drammatiche prove. Cosa sapeva Karol Wojtyla? È vero che lui stesso è riuscito a scongiurare un’immane tragedia che minacciava l’umanità? E come? Rispondere a questi interrogativi porta a riflettere sul presente e su quello che ci aspetta.

martedì 16 giugno 2009

Alessandro Meluzzi: l'infinito mi ha cercato



La bella avventura umana e spirituale del famoso psichiatra Alessandro Meluzzi.

tratto da Zenit.org

La storia del figlio di una generazione che ha ritrovato la fede

di Antonio Gaspari


ROMA, lunedì, 15 giugno 2009 (ZENIT.org).- Una nascita difficile, una vita complicata. E' stato comunista, socialista, ecologista, massone, new Age, macrobiotico, libertino, deputato, senatore, psichiatra di successo, giornalista, scrittore, invitato a centinaia di programmi televisivi.

Ha cercato l'infinito in mille esperienze, ma lo ha trovato solo quando ha riconosciuto la sua povertà di peccatore, ed ha permesso all'amore di Dio di raggiungerlo.

E' questa la storia di Alessandro Meluzzi, raccontata insieme a Paolo Gambi nel libro "L'infinito mi ha cercato. Da Marx a Gesù una vita in cammino" (Edizioni Piemme, 224 pagine, 14,50 Euro).

La storia di Meluzzi è quella di una generazione, quella nata nel 1955, in pieno baby boom. Una infanzia difficile, senza un vero padre e una mamma assente, ma una vita familiare vissuta grazie ad una zia, ad uno zio, ai nonni e una vita sociale passata in parrocchia.

Poi lo stravolgimento dei tempi, il '68, gli anni di piombo, la politica, la sezione del partito comunista, i viaggi per conoscere e cercare il senso della vita, la psichiatria, l'esperienza del medico che autorizza degli aborti, fino al ritorno a casa, l'incontro con sacerdoti umili e santi, l'esperienza dolorosa del rapporto con i malati, e l'incontro pieno con l'infinito.

Volto popolare della TV, Meluzzi è stato capace di iniziative incredibili.

Inviato nell'Isola dei Famosi, un reality tra i più visti, in diretta ha citato l'Angelus del Papa di una domenica di novembre del 2006, spiegando che "la vita dell'uomo è nulla se non si fonda sulla roccia della fede". Lo ha detto di fronte a 8 milioni di telespettatori, provocando un vero scandalo.

Ma non si è accontentato ed ha convinto i protagonisti del reality a pregare insieme a lui per tutta la notte. Una iniziativa che lasciò talmente trasecolati e irritati gli autori del programma, che decisero di pagargli le puntate che rimanevano purchè non si facesse più vedere.

Ai partecipanti del reality, Meluzzi chiese: "Siete stati qui due mesi, avete mai pregato?", e così tutti cominciarono a pregare tirando fuori i dolori, le angosce, le solitudini.

Secondo il noto psichiatra, questo avvenne perchè il cristianesimo "è il luogo dell'accoglienza del mistero dell'umano di ciascuno, c'è un Dio che si fa carne per venire tra noi, non è una fede spiritualista o una mistica filosofica".

Per Meluzzi, "la conversione è pratica quotidiana, c'è un prima ed un dopo ogni volta che mi inginocchio davanti a un confessore, c'è un prima e un dopo ogni volta che si va a ricevere l'Eucarestia, c'è un prima e un dopo ogni preghiera".

"Ci si converte ogni giorno. Ci sono state cadute tante e terribili, ma il seme della Parola gettato tra le spine non era diventato sterile".

Nel libro lo psichiatra, che oggi è Ipodiacono nel rito greco-melchita cattolico, racconta di essere cresciuto nella fede cattolica e di non averla rinnegata completamente in nessun passaggio della sua vita.

Ciò probabilmente non per merito suo ma per il lavoro indefesso di un angelo custode che deve aver avuto un gran da fare, come qualche anima buona, che nella Comunione dei Santi non deve aver mai smesso di pregare e invocare misericordia.

Meluzzi confessa che la sua "più che buona conversione è stata un incontro con il mistero, un incontro personale con Cristo".

Nel libro racconta dei vari periodi della sua vita quando era marxista-leninista, poi socialista, il periodo gaudente della peggio gioventù, quello della trasgressione, la fase del Parlamento, della collaborazione con tanti sacerdoti, missionari e Vescovi, il riavvicinamento ai sacramenti alle preghiere ed alle opere.

L'incontro con tanti sacerdoti impegnati nel sociale, con i silenziosi operai della Croce, la Congregazione fondata dai Volontari della sofferenza di monsignor Luigi Novarese.

"Mi hanno mostrato qual è la strada con cui si può fare della buona sanità ospedaliera nell'alveo della missione cristiana della salute e della medicina. Una buona sanità a misura d'uomo", ha sostenuto.

Per Meluzzi, "è nell'incontro con l'altro che il mistero della grazia si rivela. Questo mistero dell'altro che ci interpella, ci provoca, e che tanto più è salvifico quanto più è scomodo, è quello che mi ha consentito di fare lo psichiatra e lo psicoterapeuta".

"Dio mi si è rivelato fisicamente tangibilmente negli incontri, nell'impegno di costruire la comunità (Agape Madre dell'Accoglienza, ndr), una grande e piccola fraternità di persone che fanno dell'accoglienza e della cura della pietra scartata dai costruttori la loro testata d'angolo".

Incredibile e commovente il modo in cui Meluzzi, da ipocondriaco è diventato uno che accoglie e assiste i malati, trovando in questo incontro con il dolore e con la sofferenza, la via preferita da Dio.

"Io che era un ipocondriaco racconta Meluzzi che da studente di medicina passavo il tempo a fare gli esami del sangue tre volte a settimana a fare tac e risonanze magnetiche afflitto dal terrore di essere colpito da un tumore mi sono dedicato a curare la persone colpite dalle peggiori malattie".

Il noto psichiatra narra di padre Stefano Camerlengo, vicario generale di un istituto missionario, colpito da un tumore piuttosto grave che sta portando avanti con fatica, di chemio in chemio, e che lo rende un direttore spirituale straordinario durante la confessione.

"Perché spiega Meluzzi lo rende capace di trasmettere quel mistero del divino che soltanto con la croce, con il dolore e anche con una certa frequentazione della fine della vita come fine della vita rende veramente ragione del perchè si dice che il malato è un grande maestro. Perchè riesce a portare la vita alla sua essenzialità, esattamente come un monaco perfetto".

Gli autori del libro sono convinti che nella realtà del dolore passa il mistero della Provvidenza e il mistero di Cristo.

"Cristo hanno scritto è capace di dare un senso a quello che pare non aver nessun senso, come il dolore, la morte, la malattia".

Così oggi Meluzzi ha una comunità che accoglie i malati più gravi ed è vicepresidente dell'Associazione Italiana Malati di Cancro Parenti e Amici (Aimac).

Per spiegare la parabola della sua vita, in un dibattito radiofonico con il sostenitore dell'ateismo Piergiorgio Odifreddi, Meluzzi affermò: "non so se ho mai cercato Gesù nella mia vita. Quello di cui sono sicuro è che Lui non ha mai smesso di cercare me".

Odifreddi reagì indignato dicendo "io non sono così pazzo e megalomane come Meluzzi nel pensare che Dio viene a cercare me" e il noto psichiatra spiegò "non credo di essere megalomane nel pensare che Dio venga a cercare me. Penso sia megalomane Lui che è amore infinito che pensa di tenere nel suo cuore i miliardi di individui di cui è composta l'umanità nel passato, nel presente e nel futuro, ed è talmente megalomane da non smettere di cercare neanche il professor Odifreddi".

La verità quindi sta nel "lasciarsi amare da Dio, lasciarsi prendere dal suo amore infinito" perchè "noi non levitiamo verso qualcosa per forza nostra, ma c'è un abbraccio che ci accoglie e che ci trascina. Questo essere abbracciati da Cristo con dolcezza, sulla croce e trascinati verso la croce, mi pare non il destino mio, ma il destino di tutti gli uomini".

"E quindi noi abbracciamo la croce perchè la croce abbraccia noi, e tutto questo non è masochismo ma kenosi in un destino divino-umano che vede nella nostra accoglienza del dolore ma anche gioia il vero segreto dell'esistenza".

Il che vuol dire che dobbiamo affidarci con fiducia al Signore: "Noi sempre infedeli, sempre caduchi e sempre peccatori. Lui sempre fedele e sempre presente".

La comunità "Agape Madre dell'Accoglienza" fondata da Meluzzi, ha ripreso e adattato una definizione di Jean Vanier, e cioè: "Luoghi dove persone non del tutto sane si occupano di persone non del tutto malate e reciprocamente si accolgono".

Meluzzi ricorda che le centinaia di persone, che sono passate sulla nostra via, "ci hanno allargato il cuore, mettendoci davanti al mistero delle pietre scartate dai costruttori" che "messe in condizioni adeguate diventano la testata d'angolo per la costruzione del regno di Dio".

Il libro racconta la storia di Rocco, che fin da adolescente lavorava per la Mafia e spezzava il collo alle persone, che portò la croce in processione proprio la sera in cui venne il Vescovo, e di Sabrina, una ragazza abusata dal padre, madre di quattro bambini che seppur nati in condizioni tremende hanno fatto la gioia di tante persone.

Ha scritto Meluzzi in occasione dell'ultima nata da Sabrina, "se fosse arrivata all'ospedale dove io facevo aborti terapeutici all'università qualche anno prima la bambina Maria Sole non sarebbe nata.

Invece per fortuna è nata, è nata nella nostra comunità e la sua venuta mi è parsa davvero come quel sole che sorge che viene a visitarci. E' il mistero della vita e del divino che mi ha fatto capire qual è il valore assoluto immanente e trascendente della vita".

A questo proposito il noto psichiatra ringrazia Carlo Casini e loda le tante attività del Movimento per la Vita e dei Centri di Aiuto alla Vita, e i tanti incontri a cui ha partecipato per sostenere il lavoro di chi ama e accoglie la vita.

Il volume si conclude con una nota in cui Meluzzi confessa che questo libro è contrario ai modelli deontologici perchè una psicoterapeuta non dovrebbe mai rivelare la propria storia, ma dice di non trovare nulla di scandaloso nel fatto che coloro che ha curato nel passato, che cura nel presente e che curerà nel futuro conoscano la sua storia.

giovedì 11 giugno 2009

Nek - Per non morire mai


Dopo Se non ami, ecco a voi un'altra canzone di Filippo Neviani, in arte Nek, sul senso della vita e sulla ricerca di Dio. Bravo Filippo! Dio ti benedica!


mercoledì 10 giugno 2009

Host in the post, ovvero la comunione per posta!




Sembrerebbe uno scherzo di pessimo gusto, ma è una triste realtà. In Gran Bretagna una chiesa episcopale indipendente che si dice cattolica ma non riconosce il primato petrino invierà per posta particole consacrate a chi ne farà esplicità richiesta e sborserà la cifra pattuita attraverso un sito internet.
Neanche a dirlo...l'ennesimo tentativo di satana per profanare l'Eucaristia.

tratto da Corriere della Sera

di Francesco Tortora

09/06/2009

LONDRA - Il "corpo di Cristo" arriva via posta. Ai tradizionalisti apparirà un’eresia, mentre i più cinici la considereranno solo una pessima trovata pubblicitaria. Ciò che è certo è che i fedeli dell'Open Episcopal Church, una chiesa indipendente britannica, che si dichiara cattolica pur non riconoscendo l'autorità del Papa, ha ideato un nuovo metodo per offrire l'eucarestia ai propri fedeli: la spedizione per corrispondenza. Il servizio, lanciato con lo slogan "host in the post" e ideato soprattutto per i malati e per le persone molto anziane, permetterà ai seguaci di questa confessione religiosa di ricevere la comunione ogni domenica a casa senza dover andare a messa. Tuttavia il vero scopo dell'iniziativa è avvicinare tutte quelle persone che non frequentano i luoghi religiosi, ma nell'animo si sentono cristiani.

SPESE POSTALI - L'Open Episcopal Church, che sul suo sito ufficiale dichiara di accogliere nel suo seno anche i «divorziati, gli omosessuali, i drogati e i ladri, persone alle quali probabilmente la Chiesa di Roma rifiuterebbe la comunione», sostiene che le ostie consacrate saranno spedite gratuitamente. I fedeli che vorranno beneficiare del servizio dovranno pagare solo le spese postali: due sterline per ricevere una singola ostia ogni domenica, mentre se si vorrà avere il pacco con 500 ostie consacrate bisognerà sborsare 10 sterline. Il reverendo Jonathan Blake, che lo scorso febbraio ha celebrato il matrimonio di Jade Goody, l'ex concorrente del Big Brother inglese morta poche settimane dopo per un tumore al collo dell’utero, crede molto nel progetto. Egli afferma che quest'iniziativa può realmente aiutare tutti coloro che hanno fede in Dio: "Ci sono tante persone che non frequentano più la Chiesa, ma si considerano cristiani impegnati" dichiara senza mezzi termini il reverendo.

SCOPI E IRONIA – Secondo i membri della confessione religiosa "host in the post" dimostrerà ancora una volta quanto un'azione modernizzatrice possa far bene alla religione cattolica. Inoltre il reverendo Blake ci tiene a sottolineare che nessuna categoria di persone sarà esclusa dall'iniziativa. Se lo volessero - dichiarano i capi dell'organizzazione - anche i satanisti potrebbero ricevere via posta "il corpo di Cristo": "Gesù ci ha insegnato a non fare distinzioni" conferma il reverendo Blake. “Egli si offriva a chiunque. Non fa differenza chi ci chiede le ostie consacrate. Il Corpo di Cristo è il redentore". Secondo l'organizzazione religiosa le ostie che saranno spedite ai fedeli non supereranno lo spessore di un millimetro. Ciò garantirà la loro integrità al momento della consegna. Per adesso non è arrivato nessun commento dalla Chiesa Anglicana, che come sempre si attiene al principio di non interferire negli affari delle altre confessioni religiose. Su Internet invece è già nato un sito che fa la parodia dell'iniziativa: "Preti, vicari e padri" si legge su www.hostinthepost.co.uk. "Iscrivetevi a questo sito e da oggi in poi tutte le domeniche potrete restare nel letto come il resto della popolazione".

C'erano una volta le tombe con le croci



Se siete cristiani e volete che sulle lapidi dei vostri cari spicchi una croce o un bel simbolo religioso che ne attesti la fede, non andate a Lugo di Romagna. Perchè? Perchè questi simboli che "danneggiano l'ambiente" ed "urtano le diverse sensibilità religiose," sono vietati. Si, avete capito bene...Sulle tombe dei nuovi padiglioni per regolamento si potranno mettere solo: nome cognome – data di nascita e di morte. Qualcuno ha osato spingersi oltre ogni fondamentalismo. E' l'esaltazione del nulla...
Il ritorno alle catacombe potrebbe non essere poi così lontano!

Passioni

Così sono le passioni, intese some moti disordinati dell'appetito sensibile.

"Che un uccellino abbia la zampa legata da un filo sottile o da un filo grosso poco importa: non gli sarà possibile di volare se non dopo averlo spezzato"

San Giovanni della Croce

Aumentano i suicidi in Italia e nel mondo. Perchè?


Qualche mese fa abbiamo parlato del fenomeno Emo, una sorta di life style degli anni 80 riadattato ai nostri tempi con un pizzico di gothic in più. Bene, al fenomeno Emo come abbiamo visto è collegato quello ben più triste dell'autolesionismo e del suicidio.
Abbiamo messo in luce come dietro all'insorgenza di questi deleteri stili di vita vi sia una fusione di fattori sociali, alla base dei quali un ruolo di particolare rilievo è rivestito dalla disgregazione del nucleo familiare.

Una ricerca della clinica San Carlo di Milano (29 maggio 2009) evidenzia una crescita nei tentativi di suicidio tra i giovani...ben uno ogni 37 ore. Cifre che fanno certamente riflettere!

Penso inoltre ai recenti casi di suicidio nel mondo dello spettacolo, qulli illustri di star e starlette del piccolo e grande schermo, e sopratutto alle recenti numerose vittime sconosciute dei reality show statunitensi.

Per chi non lo sapesse ben 11 concorrenti di concorsi televisivi ad eliminazione si sono tolti la vita in tragedie che sembrano legate alle esperienze vissute in televisione.
Un fenomeno non isolato nei soli States se consideriamo i casi analoghi rilevati in India, Gran Bretagna e Svezia, dei quali si preferisce tacere.

E' la logica conseguenza della cosificazione della vita.
Se questa diviene una mercanzia, da usare finchè fa comodo e gettare quando non serve più o non è più conforme alle aspettative è chiaro che prima o poi, quando il giocattolo si rompe, il meccanismo si inceppa, i riflettori si spengono, non si è più sulla cresta dell'onda e ci si scopre fragili ed impotenti, arriva inesorabile e puntuale l'ora della disperazione.

"Là dove si trova il tuo tesoro è anche il tuo cuore".
E se il tesoro è in terra, in un contratto destinato a finire...niente ha più senso!

Se i media ci insegnano che ciò che conta è apparire, quando l'immagine decade cos'è di noi?

Se la vita è godimento, come vogliono farci credere, quando si è chiamati ad affrontare i quotidiani e drammaticamente sofferti problemi della vita come si potrà reagire senza cadere in depressione?

La vita non è un reality, non è un gratta e vinci, ma sudore e sacrificio, è croce da prendere ogni giorno!

Quella che si toglie la vita oggi è una gioventù senza speranza che ha chiuso le porte in faccia a Cristo per puro pregiudizio, perchè influenzata dai media, perchè satura di anticristianesimo ed ipocrisia o semplicemente perchè non ha incontrato chi annunciasse l'unica Verità che libera.

I suicidi sono la messe che in questi tempo sta raccogliendo satana, colui che è omicida fin dal principio e gode nel veder morire il futuro, la crema della gioventù, la speranza del domani.
Giovani vite falciate prematuramente, come steli di grano fatti appassire e strappati impietosamente prima della maturazione...

Sono i frutti più evidenti dell'ateismo dei nostri tempi.

Non ci credete? E allora ditemi voi perchè la principale causa di morte tra i giovani nell'ateissima Cina è proprio il suicidio. Un caso vero?
E allora è un caso che i Paesi con il più alto tasso di suicidi (in ordine Svizzera, la Russia, l'Ungheria, la Slovenia, la Finlandia e la Croazia ) siano notoriamente atei, e che la maggioranza di questi ha subito l'occupazione comunista?


Il Signore ridesti nel cuore della nostra gioventù la speranza che non delude, quella che si alimenta attraverso la fede viva ed un'ardente carità!

Angeli, Demoni e Galileo Galilei...


Nel celebre libro di Dan Brown "Angeli e Demoni" recentemente trasposto in versione cinematografica e lanciato in tutto il mondo in una data casuale (il 13 maggio), troviamo nominato l'immancabile Galielo Galilei, tirato in ballo dai paladini della scienza quasi a baluardo contro l'oscurantismo della Chiesa. Sul conto del povero scienziato ne abbiamo sentite di tutti i colori: sovversivo, anticlericale, bruciato al rogo, settario, torturato dall'inquisizione, incarcerato... Ma la realtà è ben diversa. Per fare un pochino di chiarezza consiglio caldamente la lettura dell'intervista al sottosegretario del Pontificio Consiglio per la cultura fatta qualche giorno fa da Zenit.org.


di Carmen Elena Villa

ROMA, martedì, 9 giugno 2009 (ZENIT.org).- L’Organizzazione delle Nazioni Unite ha dichiarato l’anno 2009 come Anno dell’astronomia, in occasione della commemorazione del quarto centenario della nascita del telescopio.

Perché alcuni dicasteri della Chiesa e alcune istituzioni religiose si uniscono alle celebrazioni dell’Anno dell’astronomia proposto dalle Nazioni Unite?

La pubblica opinione in generale manifesta una sorta di “allergia istintiva” ogni volta che si parla del caso della condanna della Chiesa a Galileo Galilei. Viene visto come un “santo laico”, come un “martire della scienza” e la Chiesa come la “grande inquisitrice” di questo genio dell’astronomia.

Il caso di Galileo è citato anche nel libro “Angeli e Demoni” di Dan Brown, il cui film è stato lanciato in tutto il mondo lo scorso 13 maggio.

ZENIT ha parlato con monsignor Melchor Sánchez de Toca, sottosegretario del Pontificio Consiglio della Cultura e coautore del libro “Galileo e il Vaticano”, su quei miti storici e sulle verità storiche del processo che la Chiesa ha svolto su questo controverso personaggio.

Parliamo un po’ delle leggende nere di Galileo...

Monsignor Sánchez de Toca: Lo scorso 9 maggio stavo dando una conferenza su Galileo a Toledo, in Spagna, ad un pubblico formato principalmente da seminaristi e ricercatori cattolici, ed ho esordito dicendo che molti si sorprendono di scoprire che Galileo non è stato bruciato sul rogo né è stato torturato o messo in prigione. Alla fine della conferenza uno dei partecipanti mi ha detto: “io sono uno di loro, io ho sempre pensato che Galileo fosse morto sul rogo”.

La cosa curiosa è che in realtà nessuno gliel’ha detto, né probabilmente l’ha letto da qualche parte. Semplicemente se lo immaginava. Questo dimostra la grande forza di questo mito che è stato costruito intorno a Galileo. Un mito in cui, diceva Giovanni Paolo II, la verità storica è molto lontana dall’immagine che è stata creata successivamente su Galileo. Tutti sono convinti che Galileo è stato maltrattato, condannato, torturato, dichiarato eretico, ma non è così.

Per fare un esempio molto recente, il libro di Dan Brown “Angeli e Demoni” contiene un breve dialogo in cui presenta Galileo come membro della setta degli Illuminati, con una serie di errori storici grossolani accanto ad altre cose che sono corrette.

Possiamo parlare di questi errori storici di “Angeli e Demoni” sul tema di Galileo?

Monsignor Sánchez de Toca: In realtà il libro riflette stereotipi molto diffusi. Il problema di fondo di questo libro è che mescola idee filosofiche ed elementi scientifici. La trama presenta il professore e sacerdote Leonardo Vetra che viene assassinato da una setta poiché ha scoperto il modo per rendere compatibili la fede e la religione. Inoltre, si afferma che la fisica è il vero cammino verso Dio. Il professore sarebbe infatti riuscito, in laboratorio, a creare la materia dal nulla. Questo è concettualmente un assurdo perché fisicamente dal nulla non esce fuori nulla. Si può creare la materia partendo dal vuoto, ma il vuoto non è il nulla. Il vuoto “è”, mentre il nulla “non è”. È un principio filosofico elementare.

Secondo questa tesi, la fisica rappresenta un cammino migliore e più sicuro per arrivare a Dio. Poi, riguardo in particolare Galileo, si ripropone lo stereotipo secondo cui Galileo fu condannato per aver dimostrato il movimento della terra. Non è così. Galileo non ha dimostrato questo. Anzi è proprio questo l’elemento che gli mancava nella sua argomentazione.

Galileo diceva, e in questo erano d’accordo anche i suoi accusatori, che non può esserci contraddizione tra il libro della Bibbia e il libro della natura, perché l’uno e l’altro procedono dallo stesso autore. La Bibbia, ispirata da Dio, e la natura ossequiosissima esecutrice dei suoi ordini. Se entrambi hanno lo stesso autore, non può esserci contraddizione. Quando sorge un’apparente contraddizione significa che stiamo leggendo male uno dei due libri. Al riguardo Galileo afferma: “È più facile che siamo noi ad equivocarci nel leggere il libro della Bibbia perché il senso delle parole della Bibbia a volte è recondito e occorre lavorare per tirarlo fuori, che sbagliare a leggere il libro della natura perché la natura non si sbaglia”.

Una verità naturale, scientificamente dimostrata, ha una forza maggiore dell’interpretazione che io do del libro della Bibbia. Per questo, dice lui, in presenza di una verità scientifica dimostrata, dovrò correggere il modo di interpretare la Bibbia. La Bibbia non si sbaglia, sono quelli che la interpretano che si sbagliano. Un criterio chiarissimo, condiviso dai suoi giudici e dal mondo intero.

D’altra parte, ciò che diceva il Concilio di Trento è che nella lettura della Bibbia bisognava seguire l’interpretazione letterale e il consenso unanime dei suoi padri, a meno che ci fosse una verità dimostrata che ci permettesse di dare una lettura spirituale o allegorica. Il criterio era molto chiaro: ciò che è avvenuto è che Galileo pensò di essere lì lì per dimostrare il movimento della Terra. Ma una cosa è esserne convinto, un’altra è dimostrare che la Terra si muove. E Galileo non ha mai dimostrato che la Terra si muovesse. Era convinto di questo, e oggi sappiamo che aveva ragione, ma i suoi giudici gli dicevano di non capire perché dovessero cambiare il modo di interpretare la Bibbia, senza una prova definitiva e quando il sentire comune affermava il contrario. I giudici adottarono una posizione prudente. Ma Galileo andò oltre. Quale fu l’errore dei giudici di Galileo? Si sarebbero dovuti astenere dalla condanna.
Come si svolse in realtà il processo a Galileo? Monsignor Sanchez de Toca: In sostanza Galileo fu processato nel 1633 per aver violato una disposizione del 1616. Tale disposizione, a cui Galileo non si attenne, gli vietava di insegnare la teoria copernicana, ovvero la dottrina secondo cui il Sole si trova al centro e la Terra gli ruota attorno.

Galileo pensò che il divieto non fosse così rigido, soprattutto dopo l’elezione di Papa Urbano VIII, e pubblicò un libro nel quale, sotto l’apparenza di un dialogo in cui vengono esposte le argomentazioni a favore e contro sia del sistema tolemaico che di quello copernicano, in realtà si celava un’apologia mascherata del sistema copernicano. Ma non fu solo questo, che già era una violazione del divieto che gli era stato imposto. Egli inoltre ottenne in modo fraudolento l’imprimatur, ingannando chi glielo concesse dicendo che era un’esposizione imparziale, mentre non lo era affatto. Per questo motivo fu accusato e quindi sottoposto ad un processo disciplinare.

Galileo non fu mai condannato per eresia, né la teoria copernicana fu dichiarata eretica. Semplicemente fu dichiarata contraria alle Scritture, perché sulla base delle prove allora esistenti non era possibile dimostrare il movimento della Terra. Per questo, dire che la Terra si muoveva sembrava andare contro le Scritture. Molto significativo fu che nel 1616 un gruppo di esperti dichiarò che la dottrina secondo cui la Terra si muoveva attorno al Sole era assurda e questo si comprende perfettamente nel contesto dell’epoca, perché era un assunto che non si poteva dimostrare e, in più, il sentire comune diceva che era il Sole che sorgeva e che tramontava.

Senza una fisica come quella di Newton, senza una prova ottica del movimento della Terra, la cosa sembrava assurda.

Noi siamo cresciuti sin da piccoli vedendo modelli e immagini del sistema solare, ma è un fatto che nessuno ha visto la Terra muoversi attorno al Sole, neanche un astronauta. Abbiamo prove ottiche del movimento della Terra, ma nessuno ha visto la Terra muoversi. Per questo la condanna di Galileo, pur rimanendo esagerata, risponde in realtà ad una logica.

E risponde non soltanto a ciò che pensava la Chiesa ma a ciò che pensava la società in generale... Monsignor Sánchez de Toca: Naturalmente. La teoria copernicana ha trovato una grane opposizione principalmente nelle università. È stata accettata solo in modo molto graduale e l’opposizione non proveniva solo dalla Chiesa cattolica. Anche le Chiese protestanti si opponevano a Copernico. Ancora nel 1670 l’Università di Upsala, in Svezia, ha condannato uno studente perché aveva difeso le tesi copernicane.
Quali furono gli errori commessi dalla Chiesa nel processo a Galileo e quali furono le conclusioni del lavoro svolto dalla Commissione creata da Giovanni Paolo II nel 1981 per studiare il caso Galileo? Monsignor Sánchez de Toca: Questo lo ha espresso molto bene il cardinal Poupard nel discorso conclusivo del lavoro di questa Commissione, in cui le sue parole appaiono sottolineate per evidenziare che si tratta della valutazione del cardinale su ciò che avvenne nel passato: “In quella congiuntura storico-culturale – quella di Galileo – molto lontana dalla nostra, i giudici di Galileo, incapaci di distinguere il dato di fede da una cosmologia millenaria, credettero che l’accoglimento della rivoluzione copernicana, che peraltro non era ancora approvata definitivamente, avrebbe potuto rompere la tradizione cattolica e che fosse loro dovere vietarne l’insegnamento. Questo errore soggettivo di giudizio, così chiaro per noi oggi, li ha condotti ad adottare una misura disciplinare a causa della quale Galileo deve aver molto sofferto. È giusto riconoscere questi errori, così come il Santo Padre ha chiesto”.

I giudici di Galileo hanno sbagliato dunque non solo perché oggi noi sappiamo che la Terra si muove. Cosa che a quel tempo non era possibile saperlo. Ma d’altra parte la storia dell’umanità è piena di matti che hanno affermato cose sorprendenti, poi rivelatesi false, e di cui oggi nessuno ricorda il nome. Se Galileo avesse proposto una teoria diversa, oggi nessuno si ricorderebbe di lui. Questo fu il primo errore oggettivo.

Il cardinal Poupard parla anche di un errore soggettivo. Quale fu questo errore? Di credere di dover vietare un insegnamento scientifico per timore delle conseguenze. Pensarono che permettere l’insegnamento di una dottrina scientifica che non era approvata poteva mettere in pericolo l’edificio della fede cattolica e soprattutto della gente più semplice. E credettero che fosse loro dovere vietare questo insegnamento.

Oggi sappiamo che vietare l’insegnamento di una dottrina scientifica è un errore. Non è compito della Chiesa dire se è stata dimostrata scientificamente o meno. Tocca alla scienza. Galileo chiedeva che la Chiesa non condannasse la teoria copernicana, non tanto per timore della propria carriera professionale, quanto perché se si fosse dimostrato in seguito che la Terra ruota intorno al Sole, la Chiesa si sarebbe trovata in una situazione molto difficile e si sarebbe ridicolizzata di fronte ai protestanti e Galileo voleva evitare questo perché era un uomo cattolico sincero. Egli diceva: “Se oggi si condanna come eretica una dottrina scientifica, come è quella secondo cui la Terra si muove attorno al Sole, cosa succederà il giorno in cui la Terra dimostri di muoversi intorno al Sole? Bisognerà dichiarare eretici quindi coloro che sostengono che la Terra sia al centro?”. Questo è ciò che era in gioco, ed è molto più complesso di ciò che solitamente si sente dire.
In cosa consistette il castigo inflitto a Galileo? Monsignor Sánchez de Toca: Si disse che Galileo si era reso veementemente sospetto di eresia, ma non fu mai dichiarato eretico. Gli fu chiesto di abiurare per dissipare ogni dubbio. Galileo abiurò. Disse che non aveva difeso le teorie copernicane. Venne messo all’indice il suo libro “Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo” e gli venne imposta una “pena salutare” che consisteva nel recitare una volta a settimana i sette salmi penitenziari, che la figlia si offrì di fare in sua vece, e – questo fu la cosa più umiliante – l’obbligo di inviare una copia della sentenza e dell’abiura a tutte le nunziature d’Europa. Fu condannato agli arresti domiciliari. In sostanza la condanna oggettivamente non fu pesante. Non stette in carcere neanche un momento. Per riguardo alla sua fama, alla sua età e alla considerazione che si aveva di lui, fu sempre trattato con grande venerazione.
Chi ha iniziato a diffondere la leggenda nera secondo cui Galileo fu bruciato sul rogo? Monsignor Sánchez de Toca: Questa è la cosa strana: nessuno l’ha detto ma tutti ne sono convinti. Probabilmente perché si sovrappongono le immagini di Galileo e di Giordano Bruno. In ogni caso, il mito di Galileo nasce con l’Illuminismo, che fa diventare Galileo una sorta di portabandiera del libero pensiero contro l’oscurantismo della Chiesa, un martire della scienza e del progresso.

Galileo, e questo è ciò che sorprende molti, non solo non è mai stato né bruciato né torturato, ma è stato in realtà un cattolico e un credente per tutta la vita. Non ha il minimo segno di un libero pensatore. Non è stato un cattolico modello, è vero, e vi sono momenti della sua vita poco edificanti, ma in nessun momento egli ha rinnegato la sua appartenenza alla Chiesa. Anzi, sente il dovere di difenderla dal rischio di esposizione al ridicolo di fronte ai protestanti.

Lo dice lui stesso, esagerando come sempre, in una lettera indirizzata ad un nobile francese: “altri possono aver parlato più piamente e più dottamente, ma nessuno è più pieno di zelo per l’onore e la reputazione della Santa Madre Chiesa di ciò che ho scritto io”. Ha un tono esagerato, ma in ogni caso dimostra che ciò è vero.

Aveva due figlie suore? Monsignor Sánchez de Toca: Ha avuto tre figli, due dei quali femmine. Quando si è trasferito da Padova a Firenze le ha messe in un convento, dovendo chiedere una dispensa perché erano molto giovani. Di una di loro, suor Maria Celeste, si conserva la corrispondenza con il padre, che è veramente ammirevole. Lei era una donna straordinaria, molto intelligente, di una grande perspicacia, una grande scrittrice; esiste un libro che si basa sull’epistolario tra suor Maria e il padre.
Ci parli del suo libro “Galileo e il Vaticano”, la cui edizione italiana è stata pubblicata di recente. Monsignor Sánchez de Toca: Questa ricerca non è esattamente sul caso Galileo, ma sul modo in cui la Commissione creata da Giovanni Paolo II ha studiato il caso Galileo. Come diceva don Mariano Artigas, il caso Galileo è un culebron (un tormentone) in un senso quasi letterale, che secondo il dizionario indica, oltre che una telenovela lunga e melodrammatica, anche una “storia reale con caratteristiche di un tormentone televisivo, ovvero insolita, strappalacrime, ed estremamente lunga”. La Commissione istituita da Giovanni Paolo II tra il 1981 e 1992 è stata oggetto di forti critiche. Dicono che non sia stata all’altezza delle aspettative di Giovanni Paolo II, che i discorsi conclusivi del cardinale Poupard e del Papa sono stati carenti e molto deboli, che la Chiesa non ha fatto realmente ciò che avrebbe dovuto. Il professor Artigas - l’altro autore del libro, che è morto nel 2006 - ed io abbiamo studiato l’intera documentazione che esiste negli archivi, per vedere esattamente ciò che la Commissione ha fatto e come lo ha lavorato.

La nostra opinione è che alcuni elementi sono mancati sin dall’inizio. Mancavano mezzi, voglia di lavorare, ma nonostante tutto, i risultati sono stati buoni: ha consentito l’apertura degli archivi del Sant’Uffizio e ha dimostrato che in realtà non esistono documenti tenuti nascosti. Sono state pubblicate importanti opere di riferimento e credo che questo abbia permesso alla Chiesa di fare una sorta di esame di coscienza. Rileggere il caso Galileo sotto una luce diversa, senza scoprire cose nuove, perché questo è difficile, e fare in modo che la Chiesa nel suo insieme guardi serenamente al caso Galileo senza rancore e senza timore.
Perché, secondo lei, il caso Galileo irrita tanto l’opinione pubblica, al punto che alcuni professori dell’Università La Sapienza hanno negato l’invito a Papa Benedetto XVI, l’anno scorso, ricordando una citazione su Galielo da lui fatta in un discorso pronunciato proprio a La Sapienza nel 1990? Monsignor Sánchez de Toca: Perché c’è chi vuole continuare a considerare Galileo una specie di “santo laico”, laico nel senso di anticristiano. Ma in realtà egli è stato un uomo di Chiesa, sebbene con tutte le sue mancanze. Ricordo, che un arcivescovo di Pisa, che era anche astronomo, nel 1922 propose di collocare in Piazza dei Miracoli, la piazza più famosa, quella della Torre di Pisa, una statua dedicata a Galileo. L’amministrazione comunale non lo ha permesso, perché voleva continuare ad avere l’esclusiva sulla figura di Galileo, come se fosse qualcuno che non apparteneva alla Chiesa ma al cosiddetto mondo laico.

Allo stesso modo, ogni volta che da parte della Chiesa qualcuno cita Galileo, si scatena una reazione di “allergia istintiva” in questi contesti pseudoscientifici in cui si dice: “come vi permettete di parlare di Galileo, voi che l’avete bruciato”?
Perché il Pontificio Consiglio della Cultura conserva un’immagine di Galileo nella sua biblioteca? Monsignor Sánchez de Toca: Proprio perché Galileo è un modello di scienziato credente. Studia il cielo, scopre cose nuove e cerca di integrare le sue nuove conoscenze all’interno della visione cristiana. Si sforza di dimostrare che queste non si pongono in contraddizione con le Scritture, con la Bibbia. Il problema è che l’ha fatto con un entusiasmo così esuberante da suscitare non poca irritazione in altre persone. Senza essere teologo, si era messo in un ambito che era riservato esclusivamente ai teologi. Nell’epoca della Controriforma, che un laico, senza aver svolto studi di teologia, si mettesse ad interpretare la Bibbia per proprio conto, per quanto fosse in sintonia con la Tradizione cattolica, suscitava immediatamente dei sospetti.
Lei ha fatto riferimento alla condotta poco esemplare di Galileo... Monsignor Sánchez de Toca: Non è un mistero che Galileo non fu esattamente un santo. Alcuni addirittura, incentrandosi sulla sua caratteristica di scienziato credente, arrivano persino a chiederne la beatificazione. Non esageriamo... Nella sua vita, Galileo aveva convissuto con Marina Gamba, a Padova, dalla quale ebbe tre figli. Ciò non era particolarmente scandaloso, ma neanche era una cosa ben vista.

Inoltre, Galileo aveva un carattere piuttosto irruente, come i grandi geni in generale. Aveva una lingua terribile. Era stato imprudente; si era rivolto alla Compagnia di Gesù, quando era un perfetto sconosciuto. I gesuiti lo accolsero a Roma e avallarono le sue scoperte. Fu un po’ presuntuoso, vanitoso e con un grande ego. Sono difetti che può avere chiunque e che non tolgono nulla alla genialità di Galileo.

martedì 9 giugno 2009

Dio non delude


Da non perdere l'ultimo libro di padre Thomas Crean O.P., professore di Filosofia ad Oxford. Intitolato"God is no delusion", pubblicato in italiano con il titolo "Non di sola materia" (Edizioni Studio Domenicano), ha destato scalpore perché risponde puntualmente alle argomentazioni trattate da Dawkins nel suo scandaloso libro "L'Illusione di Dio".

Titolo originale: Dio non delude
Thomas Crean svela l'ignoranza e i pregiudizi di Richard Dawkins
fonte: Zenit.org di Antonio Gaspari

ROMA, domenica, 7 giugno 2009 (ZENIT.org).- Fa una certa impressione scoprire nelle librerie, nella parte dedicata alle scienze, che i titoli più propagandati sono di autori il cui obiettivo principale è esaltare l'ateismo e ridicolizzare la religione cristiana.

E' il caso dell'etologo britannico Richard Dawkins, professore di Public Understanding of Science presso l'Università di Oxford, il cui ultimo libro, edito in italiano da Mondadori, ha per titolo "L'illusione di Dio" (The God Delusion).

In questo come in altri libri, Dawkins sostiene che l'ipotesi di un Dio Creatore è contraddittoria e inverosimile, che i miracoli sono storie per creduloni, che i Vangeli non forniscono alcuna informazione attendibile sulla vita di Gesù e che Cristo non è affatto il figlio di Dio, anzi è un tracotante personaggio storico che genera artificiose illusioni.

Secondo Dawkins, la religione è una grossa allucinazione che provoca un danno psicologico, intellettuale e sociale. Per questo, il professore britannico si sente in dovere di spazzar via le nebbie di un'educazione cristiana che sarebbe paurosa, cieca e infantile.

Di fronte a tanta arrogante sicumera, padre Thomas Crean O.P., professore di Filosofia ad Oxford, ha scritto il libro "God is no delusion", pubblicato in italiano con il titolo "Non di sola materia" (Edizioni Studio Domenicano), che ha destato enorme scalpore perché risponde in modo pacato e puntuale a tutte le argomentazioni di Dawkins, dimostrando come ignoranza, pregiudizi e contraddizioni alberghino nel libro del campione di ateismo britannico.

Dawkins critica i Vangeli sostenendo che"furono tutti scritti molto tempo dopo la morte di Gesù", che "non si sa chi fossero i quattro evangelisti" e che le generazioni di amanuensi che copiarono i Vangeli "avevano anche i loro scopi religiosi" e quindi apportarono ai testi delle conseguenti modifiche .

Con flemma e accuratezza tutta anglosassone, Crean rileva che esistono molti più manoscritti del Nuovo Testamento di quanti se ne trovino per qualunque altra documentazione profana.

Per esempio, le opere di Aristotele sono contenute in soli cinque manoscritti ancora esistenti, le cronache dello storico romano Tacito in venti.

Per contro, esistono approssimativamente circa 5.300 manoscritti greci contenenti la totalità o alcune parti del Nuovo testamento, e circa 10.000 manoscritti latini e 9.300 manoscritti redatti in lingue arcaiche come il siriano.

Si conserva inoltre un gran numero di frammenti di papiri, risalenti al II e III secolo, contenenti gli stralci dei Quattro Vangeli.

Ad esempio, il "frammento Rylands", datato attorno al 125 d.C. è un frammento di papiro che riporta il colloquio di Gesù con Ponzio Pilato (capitolo 18 del Vangelo di Giovanni).

Il padre domenicano fa notare che questo frammento non si trova in qualche monastero dell'Egitto o della Siria, bensì nella biblioteca del Magdalen College di Oxford, assai vicino a dove abita Dawkins.

Sull'esistenza degli evangelisti e sulla diffusione del cristianesimo, il prof. Crean si dice stupito della inusuale superficialità dell'analisi di Dawkins.

La Chiesa cristiana si diffuse negli anni immediatamente successivi alla crocifissione di Gesù. Già nell'anno 70 i cristiani erano presenti in città come Antiochia, Corinto, Alessandria, Roma, Efeso, Filippi e così via.

Se tutto è una costruzione artificiosa da parte di uomini, come è possibile che una storia così inverosimile di una persona che diceva di essere il figlio di Dio, che era stato crocifisso e poi era risorto sia stata così creduta e si sia diffusa fino ad oggi?

Forse le persone sono tutte degli allocchi e Dawkins è tra i pochi che non si sono fatti abbindolare?

Dopo aver mostrato quanto le tesi di Dawkins siano superficiali erronee e inaccurate, il prof. Crean respinge in maniera chiara le tesi evoluzioniste e casualistiche dell'autore britannico.

Nel libro "Il gene egoista" e nei testi successivi, Dawkins sostiene che la religione, di qualsiasi genere e di qualunque tempo, è un'illusione che non può essere considerata pazzia solo in forza della sua diffusione.

Il padre domenicano spiega che i seguaci di Dawkins credono che la spinta iniziale di esistenze come quelle di San Paolo, San Benedetto, Dante Alighieri, Blaise Pascal, Louis Pasteur, Fedor Dostoyevsky, del Cardinale John Henry Newman o di Madre Teresa "non sia altro che il malfunzionamento di un qualche principio utile alla sopravvivenza dei nostri geni".

In realtà, spiega il prof. Crean, l'uomo non è frutto del caso, ma della volontà, ovvero dell'Amore di Dio.

"Il nostro vero destino - ha concluso - è quindi il possesso immortale dell'amore infinito. E nessun uomo è privato di questo fine e di questa felicità, se non per libera scelta".

Il flop dei nuovi atei


Un interessante articolo/intervista comparso su Avvenire mette in luce la debolezza del pensiero dei "nuovi atei". E' John Haught ad affermare e dimostrare nel suo ultimo libro "Dio e il nuovo ateismo" edito dalla Queriniana quanto il pensiero ateo dei nostri tempi sia illogico ed incoerente. Buona lettura.

Avvenire.it Titolo originale: Scienza e fede, il flop dei «nuovi atei» 09/06/2009
I «nuovi atei»? Sono l’alter ego «laico» dei creazionisti, i cristiani fondamentalisti convinti che il racconto della Genesi sia un dato scientifico assodato. Richard Dawkins, Sam Harris e Christopher Hitchens (i 'neo laici' di maggior successo) sono 'illogici e incoerenti' rispetto ai grandi pensatori atei del passato, ad esempio Nietzsche e Camus. Alterna il fioretto dell’argomentazione e la sciabola della polemica John Haught, teologo americano di vaglia, nel suo ultimo convincente lavoro, Dio e il nuovo ateismo (Queriniana, pp. 167, euro 13,80). Senior Fellow al Science & Religion Woodstock Theological Center della Georgetown University di Washington, nei giorni scorsi Haught ha ricevuto la laurea honoris causa dall’Università Cattolica di Lovanio, in Belgio, per la sua pluridecennale ricerca sul rapporto tra teologia e scienza.
Professor Haught, nel suo saggio distingue l’ateismo 'hard-core' di Sartre, Camus e Marx, da quello 'soft-core' di Hitchens, Dawkins e Harris: qual la principale differenza?

«Gli atei 'duri' volevano che si pensasse in maniera logica alle implicazioni dell’ateismo. Nietzsche, Sartre e Camus insistevano sul fatto che Dio non esiste e quindi non c’è una base eterna ai nostri valori etici. Se Dio non c’è, non esistono nemmeno gli assoluti! Ogni cosa è relativa e noi siamo i creatori dei nostri propri valori. Perciò gli atei 'duri' pensavano che ci volesse una coerenza enorme per essere un ateo, visto che non esiste più un appoggio morale. Per questo Sartre definiva l’ateismo 'un affare crudele'. La maggior parte della gente non sarebbe capace di essere veramente atea perché troppo debole nel vivere senza valori incondizionati. I 'nuovi atei' credono che certi principi siano assoluti, come la ricerca della verità scientifica oppure i diritti civili. Ma gli atei 'duri' direbbero che questi 'neo-atei' sono deboli e codardi come i credenti in Dio, dato che si aggrappano a valori assoluti».
Lei considera 'simili' i 'nuovi atei' e i creazionisti. Qual è il loro comune errore nell’approcciare il 'problema-Dio'?

«Come i creazionisti, anche Dawkins, Harris e Hitchens considerano la Bibbia incompatibile con la scienza moderna, in particolare con l’evoluzione. Al pari dei cristiani fondamentalisti essi si approcciano ai testi religiosi antichi per provare la loro pertinenza in quanto fonti di informazioni scientifiche. Ma la Bibbia non ha mai voluto essere all’origine di verità scientifiche. Ad Hitchens, ad esempio, fanno problema i racconti dell’infanzia di Gesù in Matteo e Luca. La maggior parte degli studiosi cristiani resta affascinata dall’irriducibilità narrativa di tali passi. Questi ultimi riconoscono che gli evangelisti stanno introducendo con quei testi alcuni temi poi ampliati nel corso delle loro opere. Tali racconti si preoccupano di trasformazioni spirituali, non di informazioni scientifiche. Ma Hitchens si domanda: come possono essere ispirati queste narrazioni se Matteo e Luca non concordano sui fatti storici? E finisce per definirli 'una frode immorale'. Anche Dawkins condivide con Hitchens un certo gusto litteralistico a livello esegetico. Egli però non vedrebbe nessun contrasto tra la Genesi e l’evoluzione se non condividesse con i creazionisti l’aspettativa che una Bibbia veramente ispirata potrebbe essere una fonte di affidabili informazioni scientifiche. Ancora più penoso il caso di Harris, il quale si domanda come mai la Bibbia, se è 'scritta da Dio', non possa essere 'la fonte più ricca a livello matematico che l’umanità abbia mai conosciuto'. Per lui, se la Bibbia è ispirata, avrebbe dovuto dirci qualcosa 'sull’elettricità, sul Dna o sull’attuale misura dell’universo'».

È preoccupato dalla diffusione di questo 'nuovo ateismo'?

«Il problema è che la maggior parte delle persone non possiede una preparazione teologica per rispondere ai 'nuovi atei'. Gli operatori di media, poi, non sanno come valutare i loro scritti dal momento che non hanno riferimenti teologici o filosofici. I lettori possono facilmente essere d’accordo con i 'nuovi atei' visto che gli scandali tra i preti o gli attentatori suicidi in nome di Dio sono fatti che capitano tutti i giorni. Per molte persone questo è il lato più visibile della religione. Ho scritto il mio libro come un piccolo tentativo per mostrare che c’è molto di più di questo 'lato oscuro' nella religione, e che esistono risposte positive e teologicamente elaborate al 'nuovo ateismo', così come all’ateismo 'duro' di cui si diceva».

A suo giudizio, c’è una risposta specificatamente 'cattolica' ai 'nuovi atei'?

«Sì. Anzitutto, sarebbe necessario che la Chiesa e i suoi membri confessassero il proprio coinvolgimento nei peccati che i 'nuovi atei' elencano in maniera fervorosa (e anche divertita). Una confessione come questa sarebbe una testimonianza potente della nostra professione di fede più fondamentale, ovvero che il mondo è avvolto in una bontà e in un amore infinito, una bontà che il nostro peccato ha offeso e oscurato: in questo modo il nuovo ateismo troverebbe fiducia e giustificazione. Però possiamo notare che, ironicamente, gli stessi atei testimoniano questa stessa dimensione di bontà nell’accusare i cristiani di immoralità. In che modo potrebbero esseri sicuri che i credenti sono cattivi senza essere toccati dalla bontà che stabilisce i criteri della loro stessa accusa? I cattolici chiamano Dio la fonte di questa bontà».

sabato 6 giugno 2009

Gran Bretagna, quando la medicina ignora i disabili.



di Carlo Bellieni


tratto da L'Osservatore Romano - 1-2 giugno 2009


È stato pubblicato in questi giorni in Inghilterra un protocollo dal titolo "Valuing People Now" ("Valorizzare da subito le persone") attraverso il quale il Governo britannico rinnova la strategia per sopperire alle gravi carenze del sistema sanitario nei confronti degli individui con handicap mentale denunciate nel luglio 2008 dal rapporto "Healthcare for All" (Cura della Salute per Tutti).


Sulla rivista "Lancet", veniva così sintetizzato il risultato del rapporto:
"Il rapporto ha mostrato che le persone con disabilità di apprendimento hanno
grande difficoltà ad accedere al Sistema Sanitario Nazionale. Purtroppo, i
sanitari e il sistema sanitario ignorano ampiamente questi individui. (...) Il
fatto è che le persone con difficoltà di apprendimento sono quasi invisibili al
Sistema Sanitario Nazionale" (9 agosto 2008).


I risultati della ricerca lasciavano sgomenti sui reali diritti dei disabili in un'epoca in cui la salute è garantita come diritto e le minoranze sono, a parole, tutelate.


Il rapporto sosteneva che le persone con ritardo mentale ricevono meno analgesia e meno cure palliative - in particolare se fanno parte di etnie minoritarie - dal momento che i segni di dolore vengono confusi con quelli che sono espressione di malattia mentale. Riportava che in caso di diabete o d'ipertensione ricevono meno test e meno esami degli altri.


E la conclusione è shoccante:

"Le persone con disabilità di apprendimento sembrano ricevere cure meno efficaci
di quello che dovrebbero ricevere. C'è evidenza di un significativo livello di
sofferenza evitabile e sembra verosimile che ci siano morti che potrebbero
essere evitate".

Sono tre i punti del documento che spiegano tale carenza omissiva:

in primo luogo la carenza di educazione curriculare per medici e infermieri a trattare e interpretare le necessità e i segnali delle persone con disabilità mentale.


Il secondo punto è quello che il documento definisce overshadowing (oscuramento) diagnostico, ovvero la tendenza dei medici a scambiare erroneamente i sintomi di comuni malattie per "atteggiamenti" dovuti al ritardo mentale.


Il terzo punto è ancora più inquietante: "talora non viene offerta una cura a persone con disabilità mentale perché si traccia un giudizio sul valore di quella persona. Questo giudizio implica che una vita vissuta con disabilità mentale è una vita di minor valore". Quest'ultima frase ricorda un'indagine fatta tra i medici di numerosi Paesi che in maggioranza affermavano proprio come la vita con disabilità neurologica o fisica sia peggiore della morte ("Journal of the American Medical Association", novembre 2000).


L'ultimo punto - ma i primi due sono specchio del terzo - ci riporta a un dato inquietante, così sintetizzato da Didier Sicard, presidente emerito del Comitato Nazionale Francese di Bioetica: l'eugenetica di un tempo si è ora cambiata d'abito, ma scorre ampiamente nella nostra società.


Probabilmente è così: non si afferma più che certi esseri umani hanno un "valore inferiore" sulla base di un presunto "bene della Patria" o "della razza"; ma che in fondo è "loro interesse" morire, perché "inevitabilmente soffrono", e perché, se assolutamente dipendenti dagli altri, non avrebbero vita dignitosa; da qui a sostenere che sofferenza e dipendenza facciano perdere la qualità di "persona" il passo è breve.


Ma mentre l'inquietante affermazione che nega l'essere "persone" dei disabili trova facile risposta già nella vita di tutti i giorni, attraverso l'amore di tante mamme e mogli che curano con affetto i neonati o i malati gravi, persone a tutti gli effetti, le altre due - riguardanti il dolore "inevitabile" e la "perdita di dignità" - sono affermazioni altrettanto errate, ma che devono essere ben comprese. Vediamo di capire.


Varie ricerche mostrano che per una serie di ragioni, tra cui il livello delle cure e l'ambiente familiare, la qualità di vita percepita dai disabili può essere pari a quella della popolazione generale, come mostrano uno studio su ex prematuri tra cui molti con problemi funzionali (Saroj Saigal, in "Pediatrics" del marzo 2006) o un altro su disabili fisici, di cui solo il 18 per cento poteva camminare senza aiuto (Susanna Chow, in "Quality of Life Research", 2005).


La discrepanza tra la qualità di vita vista "dall'esterno" e quella percepita dal malato è un fatto ben noto e fu definita disability paradox da Gary Albrecht e Patrick Devlieger che osservarono che inaspettatamente il 54 per cento dei disabili moderati o gravi del loro studio riportavano di percepire una qualità di vita "eccellente" ("Social Science and Medicine", aprile 1999).


Questo non significa che la vita con disabilità non sia una vita colma troppo spesso di fatica e dolore, e soprattutto una vita da curare con priorità, ma significa che dolore e fatica non sono per sé in grado di sopraffare la voglia di vivere - a differenza di quanto invece fanno l'abbandono e la solitudine - e dunque non sono l'ultima definizione della vita dei malati che certamente soffrono, ma riescono anche, con tragica forza talora, ad andare oltre la loro stessa sofferenza.


Non è neanche vero che la malattia, anche quella estrema, renda la vita (o la morte) non dignitosa: la dignità dell'uomo resta tale anche in condizioni non dignitose: è un paradosso che reclama di cambiare le condizioni, non di mettere fine alla vita.


Le persone malate vanno curate e curate bene e la nostra società ancora è indietro rispetto ad una giusta classifica delle priorità.

Ma risulta difficile capire come invertire la tendenza in società che guardano il malato con pietismo e non generando un'attiva solidarietà; che accanitamente moltiplicano i fondi per gli screening prenatali per malattie genetiche non curabili (vedi Joyce Carter sul "Brithish Medical Journal" dell'aprile 2009), riempiono i quotidiani con richieste di apertura all'eutanasia, ma il cui accanimento decade quando invece si tratta di spendere per cercare una cura alle malattie genetiche come la sindrome Down o le altre malattie dell'apprendimento. Una tale disparità di attenzioni mostra quanto oggi i disabili siano realmente degli "indesiderati" e come siano neanche troppo velatamente invitati a farsi da parte.


La cura delle persone malate, secondo quanto emerge dal rapporto "Healthcare for All" - e da un altro significativamente intitolato "Death by Indifference" ("morte per indifferenza", del 2007) - trova dunque il maggiore ostacolo nel vederle come un "corpo estraneo" della società; magari un "corpo estraneo" da integrare e cui dare medicine, ma pur sempre un "corpo estraneo".


Questo scatena una vera e propria "handifobia" - come la chiamano in Francia - cioè l'avversione alla stessa presenza fisica della malattia in sé e negli altri, fino all'avversione verso il malato stesso.


E l'handifobia genera discriminazione e cattiva cura, come abbiamo visto; è la base della nuova eugenetica, che nasce da una paura totale di ciò che non è programmabile, centellinabile e ostentabile in sé e negli altri. L'handifobia è pericolosa perché passa subdolamente nei media e nelle scuole, mostrando una visione distorta del malato ridotto solo alla sua malattia, censurando l'umanità, gli sforzi e le conquiste dei disabili e delle loro famiglie, riducendo la disabilità a spettacolo o a stato di cui vergognarsi. L'handifobia è dunque un abuso che, come la violenza fisica, merita una sanzione pubblica verso chi la fomenta e chi la tollera, al pari di quanto previsto per altre forme violente di discriminazione sociale.