Una notizia incredibile...e proprio perchè straordinariamente incredibile, ma vera, taciuta dalla maggior parte dei media!
Ne da notizia su il Sussidiario.net Valerio Pece in un bellissimo articolo datato 31/01/2009 e intitolato “L’eccezione Croazia”: un esempio da seguire.
Ve lo propongo integralmente...per onorare la Verità taciuta!
Ne da notizia su il Sussidiario.net Valerio Pece in un bellissimo articolo datato 31/01/2009 e intitolato “L’eccezione Croazia”: un esempio da seguire.
Ve lo propongo integralmente...per onorare la Verità taciuta!
In Croazia, dal 1985 al 2005, gli aborti sono diminuiti del 91,1%. Siamo di fronte a un vero e proprio crollo. La fonte è certa: l’Istituto Nazionale Croato per la Salute pubblica. I numeri dicono che nel 1989, ultimo anno del regime comunista, si sono avuti 40.000 aborti volontari contro i 4.600 del 2005.
Un dato statistico del genere è così sconvolgente che avrebbe dovuto scatenare analisti, sociologi, psicologi; produrre convegni e tavole rotonde ai più alti livelli. E invece niente. “L’eccezione Croazia” in tema di aborto, caso unico al mondo, nonostante i numeri clamorosi che la stanno accompagnando, ha avuto un’eco minima sui media. Tra le poche voci che hanno rotto questo silenzio, vi è stato un prezioso articolo dell’ottimo Antonio Gaspari su Zenit, non a caso agenzia cattolica. E sì, perché il motivo in grado di spiegare l’anomalia croata (non solo in tema di aborto, lo vedremo poi) è da individuare proprio nella fede cattolica del suo popolo, una fede che nel tempo si è conservata salda e profonda. In particolare, i croati non sono mai venuti meno alla devozione verso la Vergine, sviluppatasi nel corso dei secoli per mezzo di santi (gli apostoli del popolo slavo Cirillo e Metodio), Papi (Giovanni IV), imperatori (Eraclio), monaci (i benedettini francesi e poi quelli di Montecassino). E oggi confermata dalle apparizioni mariane della vicina Medjugorje. Ora, se è vero che la lettura di questi nessi causali (in sintesi: più fede, meno aborti e drammi sociali) è assolutamente pacifica per il popolo croato, nutriamo qualche dubbio sul fatto che i nostri esperti di statistica - in una realtà culturalmente ingessata come quella italiana - reputino queste relazioni causa-effetto degne di essere illustrate. Eppure le cose stanno esattamente così, vediamo perché. La Chiesa croata, con una paziente azione pastorale, negli ultimi decenni ha contribuito a una profonda ricostruzione del tessuto sociale, completamente sfilacciato dopo lunghe stagioni di iniezioni di ideologia comunista. L’azione educativa della Chiesa cattolica ha portato a una vera e propria rivoluzione nei costumi sociali. Non c’è solo il crollo dell’interruzione volontaria di gravidanza (che di certo non si spiega solo con il fatto che non sia gratuita), anche gli altri dati ufficiali riservano sorprese. La Croazia va in controtendenza rispetto all’emergenza denatalità (è in crescita il numero di famiglie con tre figli) e ha una percentuale di divorzi, nonché di persone affette da Hiv, tra le più basse d’Europa. Va detto che la gente croata ha vissuto sulla propria pelle cosa significa abitare una società da cui si è cercato di cancellare il sentimento religioso con la violenza. La filastrocca pro Tito “Sei stati, cinque nazioni, quattro lingue, tre religioni, due alfabeti e un solo Tito”, a significare la sua abilità nel tenere insieme tante diversità, tace sul fatto che il mezzo utilizzato è stato il sistematico sopruso (prova ne è che all’indomani della sua morte qualsiasi legame fra le varie etnie è sanguinosamente franato). La storia dell’ex Jugoslavia è tutt’altro che una filastrocca. La verità parla di intellettuali scomodi uccisi e incarcerati dai comunisti titini, di migliaia di chiese distrutte, di centinaia di sacerdoti sterminati; per umiliare la fede del popolo si è arrivati persino ad arare i cimiteri. A dare credibilità alla voce della Chiesa contribuiscono anche le luminose testimonianze dei suoi figli. Quella dell’Arcivescovo di Zagabria Luigi Stepinac, per esempio, condannato da Tito a sedici anni di lavori forzati perché oppostosi alla creazione di una chiesa separata da Roma. Dalla sua morte, avvenuta nel 1960, nonostante l’opposizione del regime, la sua tomba è diventata meta di continui pellegrinaggi. Giovanni Paolo II, nel 1998, proclamerà Stepinac beato. È anche a causa di queste storie - numerose e ben ancorate nella memoria del popolo - che oggi le persone si fidano degli insegnamenti proposti dal Magistero della Chiesa, mostrando tra l’altro di essere al riparo da quel rischio di “statolatria” recentemente paventato da Mons. Antonio Amato. «Non promuoviamo le posizioni cattoliche perché sono cattoliche, ma perché sono le migliori. Migliori per tutti, non solo per i cattolici». Questo è il limpido motto del “Centro per la Vita” di Zagabria, una delle più importanti associazioni a difesa della vita e della famiglia. Questo slogan è anche una perfetta sintesi dell’azione educativa della Chiesa nel mondo. Al cui cospetto le accuse di ingerenza, che regolarmente si alzano ormai dappertutto (Italia compresa) appaiono, in tutta sincerità, alquanto puerili. Anche in Italia bisognerà che prima o poi qualcuno risponda a un quesito per nulla scontato. Il vertiginoso aumento dei divorzi (pari al 70% negli ultimi 10 anni), un tasso di natalità tra i più bassi del mondo, gli oltre 4 milioni e 600 mila vite abortite dall’introduzione della legge 194 a oggi, sono piaghe sociali da combattere o eventi fisiologici con cui convivere? La domanda purtroppo non è retorica. Se così fosse, non si spiegherebbe l’ostilità, spesso rabbiosa, nei confronti di una Chiesa che quei drammi non li nasconde ma li combatte. E anche con successo, specie quando non è lasciata sola (l’esempio croato è lì a dimostrarlo). Molto meglio - qui sta il punto - inaugurare una nuova collaborazione tra Stato e Chiesa al fine di formare le nuove generazioni. Dare avvio a un vero e proprio “patto” per la costruzione di un piano educativo comune, costituirebbe un’operazione di rinnovamento culturale enorme, la sola in grado di fermare la deriva del nostro paese. A gridarne la scandalosa urgenza basterebbero semplicemente i fatti di cronaca di ogni giorno. In Croazia (ovviamente non senza qualche atteggiamento restio) quest’alleanza è già operante. Molti programmi educativi statali sono tranquillamente sponsorizzati dalla Conferenza Episcopale Croata. Alcuni di questi sono anche approvati dal Ministero dell’Educazione, ragion per cui sono diffusi e utilizzati nelle scuole di ogni ordine e grado. Tutto ciò senza nessuno scandalo. Anzi, con un grande senso di gratitudine da parte del popolo, il quale non vuole più vivere “etsi Deus non daretur”, come se Dio non esistesse. La spassionata difesa della vita da parte della Chiesa cattolica (ribadita dalla Cei nell’Istruzione “Dignitas personae”), che non permette incertezze nella difesa dell'embrione e della sua dignità, che vuole impedire manipolazione della vita umana, nuove aberrazioni, attenta a evitare che l’utile abbia la meglio sul giusto e che il desiderio diventi diritto, non è altro, a ben vedere, che l’invito ai popoli di ogni tempo a non autocensurare quel bene immenso che è la ragione umana. Quella ragione che è esattamente il terreno comune di Stato e Chiesa. Il popolo croato sembra averlo capito. E noi?
Un dato statistico del genere è così sconvolgente che avrebbe dovuto scatenare analisti, sociologi, psicologi; produrre convegni e tavole rotonde ai più alti livelli. E invece niente. “L’eccezione Croazia” in tema di aborto, caso unico al mondo, nonostante i numeri clamorosi che la stanno accompagnando, ha avuto un’eco minima sui media. Tra le poche voci che hanno rotto questo silenzio, vi è stato un prezioso articolo dell’ottimo Antonio Gaspari su Zenit, non a caso agenzia cattolica. E sì, perché il motivo in grado di spiegare l’anomalia croata (non solo in tema di aborto, lo vedremo poi) è da individuare proprio nella fede cattolica del suo popolo, una fede che nel tempo si è conservata salda e profonda. In particolare, i croati non sono mai venuti meno alla devozione verso la Vergine, sviluppatasi nel corso dei secoli per mezzo di santi (gli apostoli del popolo slavo Cirillo e Metodio), Papi (Giovanni IV), imperatori (Eraclio), monaci (i benedettini francesi e poi quelli di Montecassino). E oggi confermata dalle apparizioni mariane della vicina Medjugorje. Ora, se è vero che la lettura di questi nessi causali (in sintesi: più fede, meno aborti e drammi sociali) è assolutamente pacifica per il popolo croato, nutriamo qualche dubbio sul fatto che i nostri esperti di statistica - in una realtà culturalmente ingessata come quella italiana - reputino queste relazioni causa-effetto degne di essere illustrate. Eppure le cose stanno esattamente così, vediamo perché. La Chiesa croata, con una paziente azione pastorale, negli ultimi decenni ha contribuito a una profonda ricostruzione del tessuto sociale, completamente sfilacciato dopo lunghe stagioni di iniezioni di ideologia comunista. L’azione educativa della Chiesa cattolica ha portato a una vera e propria rivoluzione nei costumi sociali. Non c’è solo il crollo dell’interruzione volontaria di gravidanza (che di certo non si spiega solo con il fatto che non sia gratuita), anche gli altri dati ufficiali riservano sorprese. La Croazia va in controtendenza rispetto all’emergenza denatalità (è in crescita il numero di famiglie con tre figli) e ha una percentuale di divorzi, nonché di persone affette da Hiv, tra le più basse d’Europa. Va detto che la gente croata ha vissuto sulla propria pelle cosa significa abitare una società da cui si è cercato di cancellare il sentimento religioso con la violenza. La filastrocca pro Tito “Sei stati, cinque nazioni, quattro lingue, tre religioni, due alfabeti e un solo Tito”, a significare la sua abilità nel tenere insieme tante diversità, tace sul fatto che il mezzo utilizzato è stato il sistematico sopruso (prova ne è che all’indomani della sua morte qualsiasi legame fra le varie etnie è sanguinosamente franato). La storia dell’ex Jugoslavia è tutt’altro che una filastrocca. La verità parla di intellettuali scomodi uccisi e incarcerati dai comunisti titini, di migliaia di chiese distrutte, di centinaia di sacerdoti sterminati; per umiliare la fede del popolo si è arrivati persino ad arare i cimiteri. A dare credibilità alla voce della Chiesa contribuiscono anche le luminose testimonianze dei suoi figli. Quella dell’Arcivescovo di Zagabria Luigi Stepinac, per esempio, condannato da Tito a sedici anni di lavori forzati perché oppostosi alla creazione di una chiesa separata da Roma. Dalla sua morte, avvenuta nel 1960, nonostante l’opposizione del regime, la sua tomba è diventata meta di continui pellegrinaggi. Giovanni Paolo II, nel 1998, proclamerà Stepinac beato. È anche a causa di queste storie - numerose e ben ancorate nella memoria del popolo - che oggi le persone si fidano degli insegnamenti proposti dal Magistero della Chiesa, mostrando tra l’altro di essere al riparo da quel rischio di “statolatria” recentemente paventato da Mons. Antonio Amato. «Non promuoviamo le posizioni cattoliche perché sono cattoliche, ma perché sono le migliori. Migliori per tutti, non solo per i cattolici». Questo è il limpido motto del “Centro per la Vita” di Zagabria, una delle più importanti associazioni a difesa della vita e della famiglia. Questo slogan è anche una perfetta sintesi dell’azione educativa della Chiesa nel mondo. Al cui cospetto le accuse di ingerenza, che regolarmente si alzano ormai dappertutto (Italia compresa) appaiono, in tutta sincerità, alquanto puerili. Anche in Italia bisognerà che prima o poi qualcuno risponda a un quesito per nulla scontato. Il vertiginoso aumento dei divorzi (pari al 70% negli ultimi 10 anni), un tasso di natalità tra i più bassi del mondo, gli oltre 4 milioni e 600 mila vite abortite dall’introduzione della legge 194 a oggi, sono piaghe sociali da combattere o eventi fisiologici con cui convivere? La domanda purtroppo non è retorica. Se così fosse, non si spiegherebbe l’ostilità, spesso rabbiosa, nei confronti di una Chiesa che quei drammi non li nasconde ma li combatte. E anche con successo, specie quando non è lasciata sola (l’esempio croato è lì a dimostrarlo). Molto meglio - qui sta il punto - inaugurare una nuova collaborazione tra Stato e Chiesa al fine di formare le nuove generazioni. Dare avvio a un vero e proprio “patto” per la costruzione di un piano educativo comune, costituirebbe un’operazione di rinnovamento culturale enorme, la sola in grado di fermare la deriva del nostro paese. A gridarne la scandalosa urgenza basterebbero semplicemente i fatti di cronaca di ogni giorno. In Croazia (ovviamente non senza qualche atteggiamento restio) quest’alleanza è già operante. Molti programmi educativi statali sono tranquillamente sponsorizzati dalla Conferenza Episcopale Croata. Alcuni di questi sono anche approvati dal Ministero dell’Educazione, ragion per cui sono diffusi e utilizzati nelle scuole di ogni ordine e grado. Tutto ciò senza nessuno scandalo. Anzi, con un grande senso di gratitudine da parte del popolo, il quale non vuole più vivere “etsi Deus non daretur”, come se Dio non esistesse. La spassionata difesa della vita da parte della Chiesa cattolica (ribadita dalla Cei nell’Istruzione “Dignitas personae”), che non permette incertezze nella difesa dell'embrione e della sua dignità, che vuole impedire manipolazione della vita umana, nuove aberrazioni, attenta a evitare che l’utile abbia la meglio sul giusto e che il desiderio diventi diritto, non è altro, a ben vedere, che l’invito ai popoli di ogni tempo a non autocensurare quel bene immenso che è la ragione umana. Quella ragione che è esattamente il terreno comune di Stato e Chiesa. Il popolo croato sembra averlo capito. E noi?
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