Quella che segue è una testimonianza di Shahbaz Bhatti, il
ministro pachistano per le Minoranze religiose ucciso il 2 marzo da un
commando di fondamentalisti islamici che lo hanno “punito” perché
cercava di modificare la Legge sulla blasfemia che in 25 anni di
applicazione è costata la vita a centinaia di cristiani. Il testo è
tratto da “Cristiani in Pakistan. Nelle prove la speranza“, Marcianum Press 2008.
“Il mio nome è Shahbaz Bhatti. Sono nato in una famiglia cattolica. Mio padre, insegnante in pensione, e mia madre, casalinga, mi hanno educato secondo i valori cristiani e gli insegnamenti della Bibbia, che hanno influenzato la mia infanzia.
Fin da bambino ero solito andare in chiesa e
trovare profonda ispirazione negli insegnamenti, nel sacrificio, e
nella crocifissione di Gesù. Fu l’amore di Gesù che mi indusse ad
offrire i miei servizi alla Chiesa. Le spaventose condizioni in cui
versavano i cristiani del Pakistan mi sconvolsero. Ricordo un venerdì di
Pasqua quando avevo solo tredici anni: ascoltai un sermone sul
sacrificio di Gesù per la nostra redenzione e per la salvezza del mondo.
E pensai di corrispondere a quel suo amore donando amore ai nostri
fratelli e sorelle, ponendomi al servizio dei cristiani, specialmente
dei poveri, dei bisognosi e dei perseguitati che vivono in questo paese
islamico.
Mi sono state proposte alte cariche al governo e
mi è stato chiesto di abbandonare la mia battaglia, ma io ho sempre
rifiutato, persino a rischio della mia stessa vita. La mia risposta è
sempre stata la stessa: «No, io voglio servire Gesù da uomo comune».
Questa devozione mi rende felice. Non voglio
popolarità, non voglio posizioni di potere. Voglio solo un posto ai
piedi di Gesù. Voglio che la mia vita, il mio carattere, le mie azioni
parlino per me e dicano che sto seguendo Gesù Cristo. Tale desiderio è
così forte in me che mi considererei privilegiato qualora — in questo
mio battagliero sforzo di aiutare i bisognosi, i poveri, i cristiani
perseguitati del Pakistan — Gesù volesse accettare il sacrificio della
mia vita.
Voglio vivere per Cristo e per Lui voglio morire.
Non provo alcuna paura in questo paese. Molte volte gli estremisti
hanno desiderato uccidermi, imprigionarmi; mi hanno minacciato,
perseguitato e hanno terrorizzato la mia famiglia. Io dico che, finché
avrò vita, fino al mio ultimo respiro, continuerò a servire Gesù e
questa povera, sofferente umanità, i cristiani, i bisognosi, i poveri.
Credo che i cristiani del mondo che hanno teso la
mano ai musulmani colpiti dalla tragedia del terremoto del 2005 abbiano
costruito dei ponti di solidarietà, d’amore, di comprensione, di
cooperazione e di tolleranza tra le due religioni. Se tali sforzi
continueranno sono convinto che riusciremo a vincere i cuori e le menti
degli estremisti. Ciò produrrà un cambiamento in positivo: le genti
non si odieranno, non uccideranno nel nome della religione, ma si
ameranno le une le altre, porteranno armonia, coltiveranno la pace e la
comprensione in questa regione.
Voglio dirvi che trovo molta ispirazione nella Sacra Bibbia e nella vita di Gesù Cristo.
Più leggo il Nuovo e il Vecchio Testamento, i versetti della Bibbia e
la parola del Signore e più si rinsaldano la mia forza e la mia
determinazione. Quando rifletto sul fatto che Gesù Cristo ha sacrificato
tutto, che Dio ha mandato il Suo stesso Figlio per la nostra
redenzione e la nostra salvezza, mi chiedo come possa io seguire il
cammino del Calvario. Nostro Signore ha detto: «Vieni con me, prendi la
tua croce e seguimi».
I passi che più amo della Bibbia recitano: «Ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere; ero forestiero e mi avete ospitato, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, carcerato e siete venuti a trovarmi». Così, quando vedo gente povera e bisognosa, penso che sotto le loro sembianze sia Gesù a venirmi incontro.
Per cui cerco sempre d’essere d’aiuto, insieme ai miei colleghi,
di portare assistenza ai bisognosi, agli affamati, agli assetati.
Credo che i bisognosi, i poveri, gli orfani
qualunque sia la loro religione vadano considerati innanzitutto come
esseri umani. Penso che quelle persone siano parte del mio corpo in
Cristo, che siano la parte perseguitata e bisognosa del corpo di Cristo.
Se noi portiamo a termine questa missione, allora ci saremo guadagnati
un posto ai piedi di Gesù ed io potrò guardarLo senza provare
vergogna”.
P.S.
I Cristiani tutt'ora sono il gruppo religioso più perseguitato al mondo.
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