mercoledì 2 maggio 2018

Commento al Vangelo di Don Luigi Maria Epicoco - Gv 15,1-8

Dal Vangelo secondo Giovanni
 In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli:
«Io sono la vite vera e il Padre mio è l’agricoltore. Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo taglia, e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto. Voi siete già puri, a causa della parola che vi ho annunciato.
Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non può portare frutto da se stesso se non rimane nella vite, così neanche voi se non rimanete in me. Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto, perché senza di me non potete far nulla. Chi non rimane in me viene gettato via come il tralcio e secca; poi lo raccolgono, lo gettano nel fuoco e lo bruciano.
Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quello che volete e vi sarà fatto. In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto e diventiate miei discepoli».
Parola del Signore

Commento al Vangelo di Don Luigi Maria Epicoco

Che immagine suggestiva ci dà oggi Gesù nel vangelo: “Io sono la vera vite e il Padre mio è il vignaiolo (…)Io sono la vite, voi i tralci”. Abbiamo così un intreccio di relazioni spiegate attraverso un intreccio di immagini. La prima è l’immagine di intimità che ogni vignaiolo ha con la propria vite. È tra le mani di quel vignaiolo e la fecondità della vite che viene fuori prima l’uva e poi il vino. Questo è innanzitutto ciò che è Gesù con il Padre. E noi dove siamo in tutto ciò? Noi siamo in Gesù, come un ramo attaccato al tronco di una vite. La nostra relazione è una relazione di strettissima vita con Gesù stesso. È dall’attaccamento a Lui che dipende tutto. Un tralcio che volesse vivere staccato dal tronco non riceverebbe nient’altro se non la secchezza della morte. Perché è dal tronco che passa la vita anche nei rami. Gesù è per noi necessario non accessorio. Il cristianesimo è innanzitutto la fede nella “necessità di Cristo”. La menzogna del male la potremmo sintetizzare così: “non ho bisogno. Posso farmi da me”. Ma non serve essere cristiani per accorgersi di quanto possano essere mortifere parole simili, perché è proprio quando l’uomo non vuole avere più bisogno e vuole farsi da solo che arriva a distruggere e a distruggersi in nome di una libertà andata a male. “Chi rimane in me e io in lui, fa molto frutto, perché senza di me non potete far nulla”, ci ricorda Gesù. E ce lo dice come principio di liberazione e non come condanna ad essere dipendenti da lui. Infatti la relazione con Cristo non è una relazione di dipendenza, ma di necessità. La differenza è semplice, la dipendenza è una diminuzione della libertà e ciò avviene quando deve essere un altro a decidere al posto nostro. La necessità invece è la condizione affinché uno possa essere messo in grado di poter fare una scelta. “Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quel che volete e vi sarà dato”. Cioè se rimanere attaccati a me tutto sarà possibile, soprattutto essere liberi.


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