martedì 8 maggio 2018

Commento al Vangelo di Don Luigi Maria Epicoco - Gv 16,5-11

Dal Vangelo secondo Giovanni
In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli:
«Ora vado da colui che mi ha mandato e nessuno di voi mi domanda: “Dove vai?”. Anzi, perché vi ho detto questo, la tristezza ha riempito il vostro cuore.
Ma io vi dico la verità: è bene per voi che io me ne vada, perché, se non me ne vado, non verrà a voi il Paràclito; se invece me ne vado, lo manderò a voi.
E quando sarà venuto, dimostrerà la colpa del mondo riguardo al peccato, alla giustizia e al giudizio. Riguardo al peccato, perché non credono in me; riguardo alla giustizia, perché vado al Padre e non mi vedrete più; riguardo al giudizio, perché il principe di questo mondo è già condannato».
Parola del Signore

Commento al Vangelo di Don Luigi Maria Epicoco

Il clima descritto nel vangelo di oggi potremmo definirlo come una sorta di apnea. Siamo a poche ore dal compimento della passione, e i discepoli cominciano a consapevolizzare la partenza di Gesù, la sua morte. Davanti alla possibilità di quell’assenza non riescono più a ragionare. Non riescono più a guardare al bene di fondo che sta accadendo. È Gesù che tenta di ritrovare il bandolo della matassa dandoci la lezione più bella dell’amore: “Ora io vi dico la verità: è bene per voi che io me ne vada, perché, se non me ne vado, non verrà a voi il Consolatore; ma quando me ne sarò andato, ve lo manderò”. Amare significa ad un certo punto saper fare un passo indietro affinché emerga l’altro, emerga la sua libertà, emerga uno spazio dove possa arrivare davvero il Consolatore. Arriva un momento in cui la Presenza deve passare attraverso una distanza. Se un padre o una madre ad un certo punto non indietreggiassero nella vita del figlio lasciando che esso prenda delle decisioni, trovi la sua strada, diventi se stesso, che genitori sarebbero? Eppure per noi è così difficile concepire così l’amore. Con la scusa che l’amore è “presenza” non facciamo mai nessun passo indietro. Ma la presenza dell’amore è cosa diversa da quell’invadenza che rovina tutto, anche lo stesso amore. Gesù stesso, che è il Figlio, sa creare con i suoi discepoli una distanza feconda. La sua non sarà un’assenza vuota, ma un’assenza dove potrà arrivare lo Spirito Santo. I discepoli devono imparare la libertà. Devono imparare a prendere delle decisioni. Devono imparare a vivere ciò che per tre anni hanno solo ascoltato e imparato. Devono mettere in pratica. Ma tutto questo a partire dalla distanza che Gesù creerà con loro. La lezione che ci viene da questa pagina del Vangelo non è solo una lezione di teologia, ma è una lezione di vita profonda. Quello che Gesù ha fatto con i suoi discepoli siamo chiamati noi stessi a farlo nella nostra vita, in tutte quelle relazioni che noi definiamo d’amore.


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