martedì 15 maggio 2018

Commento al Vangelo di Don Luigi Maria Epicoco - Gv 17,1-11

Dal Vangelo secondo Giovanni
In quel tempo, Gesù, alzàti gli occhi al cielo, disse:
«Padre, è venuta l’ora: glorifica il Figlio tuo perché il Figlio glorifichi te. Tu gli hai dato potere su ogni essere umano, perché egli dia la vita eterna a tutti coloro che gli hai dato.
Questa è la vita eterna: che conoscano te, l’unico vero Dio, e colui che hai mandato, Gesù Cristo. Io ti ho glorificato sulla terra, compiendo l’opera che mi hai dato da fare. E ora, Padre, glorificami davanti a te con quella gloria che io avevo presso di te prima che il mondo fosse.
Ho manifestato il tuo nome agli uomini che mi hai dato dal mondo. Erano tuoi e li hai dati a me, ed essi hanno osservato la tua parola. Ora essi sanno che tutte le cose che mi hai dato vengono da te, perché le parole che hai dato a me io le ho date a loro. Essi le hanno accolte e sanno veramente che sono uscito da te e hanno creduto che tu mi hai mandato.
Io prego per loro; non prego per il mondo, ma per coloro che tu mi hai dato, perché sono tuoi. Tutte le cose mie sono tue, e le tue sono mie, e io sono glorificato in loro. Io non sono più nel mondo; essi invece sono nel mondo, e io vengo a te».
Parola del Signore

Commento al Vangelo di Don Luigi Maria Epicoco

Le parole del Vangelo di oggi iniziano da un punto tutto speciale del Vangelo di Giovanni, il capitolo 17. Questa parte del Vangelo viene chiamata “preghiera sacerdotale”. In realtà è un colloquio a tu per tu tra Gesù e il Padre. Un colloquio di intimità, confidenza, speranza, desideri profondi, resa dei conti. Forse dovremmo innanzitutto imparare lo stile prima ancora che riflettere sulle parole. Le nostre preghiere sanno di commercio, o assomigliano alla lista della spesa dei capricci tipica degli adolescenti che invece di accorgersi di avere un padre e una madre vivono questi rapporti come se avessero a che fare con un bancomat (papà) e una Colf (mamma). Bisogna crescere anche nella fede. E crescere significa tornare bambini, autenticamente bambini. Io ho paura di quelli che si considerano “adulti nella fede”, il più delle volte sono persone che amano manovrare e tenere tutto sotto controllo, e vogliono fare così anche con Dio e il Sacro. Gesù in questo Vangelo è un bambino che sussurra all’orecchio del Padre: “Tutte le cose mie sono tue, e le tue sono mie, e io sono glorificato in loro”. Questo siamo noi, un tesoro prezioso in mano a Gesù. Un tesoro che Egli vuol salvare a tutti i costi anche a costo della Sua vita. Noi siamo l’argomento principale dei discorsi d’amore tra Gesù e il Padre. Impariamo a parlare come questo Vangelo insegna: con fiducia e sincerità profonda. Poi Gesù conclude il Vangelo di oggi con questa richiesta: “Io non sono più nel mondo; essi invece sono nel mondo, e io vengo a te. Padre santo, custodisci nel tuo nome coloro che mi hai dato, perché siano una cosa sola, come noi”. La Sua preoccupazione è quella di essere custoditi da un’unità con Lui e il Padre. Ed è forse l’esperienza che tutti facciamo quando ci sentiamo di qualcuno. È proprio in quel momento in cui sentiamo di essere di qualcuno che ci sentiamo anche protetti nonostante le difficoltà. La preghiera di Gesù vuole darci un’appartenenza. È lì il nostro segreto, la nostra svolta.


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