venerdì 2 dicembre 2011

Lucio Magri, il suicidio assistito ed il tappeto dei pompieri



La recente vicenda di Lucio Magri, uno dei fondatori de "Il Manifesto" andato in Svizzera per togliersi la vita legalmente, ha nuovamente aperto il dibattito sulla questione del suicidio assistito.

Associazioni come quella intestata a Luca Coscioni, prendendo la palla al balzo hanno rilanciato la proposta, già fatta in altre circostanze, di fondare anche in Italia dei centri di "assistenza al suicidio".

Vediamo di chiarire alcune questioni.

Dietro alla fallace parola "suicidio assistito" si nasconde in realtà il termine omicidio consensuale. 

Credo sia unanime il ribrezzo per le orribili storie di quegli psicotici assassini (spesso cannibali) che, dopo essersi conosciuti online o attraverso annunci sui giornali, decidono di incontrarsi per porre fine alla loro vita. 

Come è possibile, allora, rimanere impassibili quando alcuni vogliono farci sembrare perfettamente normale la stessa mentalità che è alla base di quei folli gesti?

Credete ci sia molta differenza tra un tale che si accorda via internet con uno sconosciuto per essere ucciso (e magari anche mangiato) ed un altro che decide di recarsi in una struttura statale per essere ucciso da alcuni assassini vestiti da infermieri? Cambiano i mezzi, i luoghi, le persone, ma non il fine.

Eppure ipocritamente c'è chi tende a chiamare i primi psicopatici ed i secondi "uomini liberi". 

Legalizzare il "suicidio assistito" equivarrebbe a stravolgere le procedure di soccorso vigenti, gettando dai ponti o dai cornicioni tutti gli aspiranti suicidi, somministrando altra droga a coloro che sono in overdose, stringendo il nodo della corda e togliendo i sostegni agli impiccati, aumentando le emorragie degli autolesionisti, sostituendo con letti di chiodi i teloni dei vigili del fuoco. 

Se questo vi sembra logico...

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Sull'argomento segnalo un interessante articolo di Mario Palmaro su LaBussolaQuotidiana.it in merito alla vicenda di Lucio Magri.



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