sabato 28 febbraio 2009

I subdoli pulpiti laici...


Non so se lo avete notato, ma da qualche tempo a questa parte sulle pagine di alcuni quotidiani che combattono la deprecabile battaglia laicista sono comparsi i sermoni davvero vomitevoli di due famosi "teologi" eretici: Hans Küng e Vito Mancuso.

Davvero sottile la tattica di questi quotidiani, che dimostrano di aver raggiunto una ragguardevole comunione di spirito con l'anticristico...
Sempre in prima linea quando si tratta di sparare sulla Chiesa, criticando ogni iniziativa ortodossa, propongono per i più sprovveduti in modo davvero laido insostenibili papponi di religione fai-da-te.

E loro, i mercenari apostati, sembrano provare un certo gusto mentre con articoloni farciti di paroloni, riducono il cristianesimo alle proprie idee, ergendosi a giudici e critici del Magistero pontificio. Vendono Dio come novelli Giuda per gruzzoli e fama...

Mancuso propone di istituire un Concilio Vaticano III...?!?!? Un Concilio Mancusiano chiaramente, in cui far valere le sue teorie, la sua "teologia" impersonale, il suo gnosticismo...un cristianesimo che non creda nella resurrezione come propongono i suoi libri! Una teologia sicuramente apprezzata all'inferno, dove può vantare i più importanti estimatori, ma non certamente tra i cristiani, quelli veri, quelli che non si lasciano ingannare da certi falsi profeti. Tra le altre cose, solo ora stiamo inizziando ad apprezzare la bellezza del CVII, che senso avrebbe un nuovo Concilio?

Küng da parte sua attacca Papa Benedetto XVI accusandolo di aver tradito lo spirito del Concilio. Arrivando ad affermare perfino che i cristiani cattolici stanno diventando una setta, dimenticando così le più rudimentali nozioni di teologia in nome del dio denaro!
Küng parla di una presunta successione intesa come coordinamento interepiscopale, gettando fango sul primato petrino e dimostrando l'abissale ignoranza del Vangelo e delle inequivocabili parole rivolte da Gesù a Pietro: "Tu sei Pietro".

Il fatto che i loro articoli siano stati scritti il Mercoledì delle Ceneri ci fa riflettere...ma sembra che i diretti interessati abbiano fatto orecchie da mercante al Messaggio di Cristo!

Lascio aperta la riflessione, trascrivendovi un estratto di ciò che Paolo VI, confidò nel 1977 a Jean Guitton, utilizzando parole a dir poco profetiche:

"C’è un grande turbamento in questo momento nel mondo e nella Chiesa, e ciò che è in questione è la fede. Capita ora che mi ripeta la frase oscura di Gesù nel Vangelo di san Luca: ‘Quando il Figlio dell’Uomo ritornerà, troverà ancora la fede sulla terra?’. Capita che escano dei libri in cui la fede è in ritirata su punti importanti, che gli episcopati tacciano, che non si trovino strani questi libri. [...] Ciò che mi colpisce, quando considero il mondo cattolico, è che all’interno del cattolicesimo sembra talvolta predominare un pensiero di tipo non cattolico, e può avvenire che questo pensiero non cattolico all’interno del cattolicesimo diventi domani il più forte. Ma esso non rappresenterà mai il pensiero della Chiesa. Bisogna che sussista un piccolo gregge, per quanto piccolo esso sia».

Ascoltare...



Immersi nel caotico ritmo dei giorni, tra volti e voci, ci ritroviamo smarriti e in cerca di pace.

Abituati ad ascoltare radio, tv, cellulari, ipod..siamo schiavi di parole e suoni che solo in apparenza sembrano rilassarci ma che di fatto creano in noi un vuoto sempre più grande ed incolmabile; un vuoto che lentamente partendo dal baratro del nostro cuore, si estende fino ad inglobarci completamente. Come una bolla che espandendosi ci intrappola e ci impedisce di ascoltare le uniche Parole veramente significative!

Così, isolati da ciò che può rendere la nostra vita piena, rimaniamo assordati dall'eco delle parole vuote che ci bombardano.

Rinchiusi in queste bolle ci isoliamo.
In un autistico impulso di ribellione, gridiamo e nessuno ci ascolta, soffriamo e nessuno sembra poterci aiutare.
Incapaci di reagire rimaniamo il più delle volte inermi a rispecchiare il nostro volto deformato sulle pareti interne della bolla di vetro in cui ci siamo chiusi. A contemplare ciò che non siamo a rimirare null'altro che noi stessi, come narcisi incantati.

Bolle vaganti, autistici intellettuali, guardoni senza cervello...

Fino a quando permetteremo che il mondo ci trasformi in una mostra natalizia di variopinte palle di vetro da appendere all'albero di turno?

E’ giunto il momento di rompere senza indugi questo involucro per iniziare ad essere veramente quelli per i quali un giorno siamo stati creati.

Dentro una bolla di vetro niente appare chiaro…la visione di ciò che è al di fuori appare distorta, tutto sembra troppo grande ed irraggiungibile; perfino la luce filtrata assume un colore diverso, innaturale.

Rompere questa bolla ipocrita e falsa è possibile solo mettendosi in ascolto dell'unica Parola significativa. La Parola di Dio.
Quella Parola che non viaggia alla velocità delle onde sonore, utilizzando l'unica lunghezza d'onda che nessuno schermo può filtrare... l'Amore!
Solo l'Amore può farci vedere il mondo per quello che è.
Solo l'Amore può farci riscoprire la bellezza del nostro essere creature amate alla follia da un Dio che non ha esitato a comunicarci la sua stessa vita, per permetterci di sperimentare già in terra quel Paradiso che come instancabili pellegrini attendiamo!

Quando in aula si incendia il crocifisso...


E' di ieri la triste notizia dell'ennesima "bravata" di alcuni giovani studenti milanesi.

Nell'era di Youtube e del vouyerismo più bieco, un gruppo di scolari dell'istituto tecnico Cannizzaro di Rho (Milano) ha pensato, tra schiamazzi e risate di dar fuoco al crocifisso appeso in classe.

Non voleva prendere fuoco, ma hanno insistito inferendo con ferocia al grido di "brucia la croce, brucia la croce". L'ingiuria è stata ripresa con un telefonino e messa prontamente su YouTube.

Chiaramente i due video che riprendevano le vergognose azioni sono stati rimossi ed i ragazzi sospesi...

La didascalia posta ai video dall’autore recita: "Siamo così anticristiani che diamo fuoco ai crocefissi!!! ahahah!!!". E ancora: "UOOOHHHHHH!!! ahahaha!!! Ke fusi ke eravamo!!! ...".

Quanta tristezza!

Penso al periodo liturgico che stiamo vivendo, alla vittoria che Cristo ha meritato all'umanità con la Sua Croce, alla Sua Passione, alla sua Resurrezione, alla bruciante sconfitta che il demonio ha subito per i meriti del Crocifisso Gesù e comprendo chi si nasconde dietro questi atti...
Poveri ragazzi, povere pecore senza pastore!


venerdì 27 febbraio 2009

Il Mistero della Croce: sofferenza e beatitudine!


di don Tullio Rotondo

Ricordiamoci sempre che il demonio ci mette davanti solo un’aspetto del Mistero della Croce e dunque della vittimalità di Cristo e in Cristo, cioè ci fa vedere solo le sofferenze di essa e ci fa pensare che sia dunque assurdo e impossibile volere partecipare a quel Mistero ; in realtà, però Gesù Crocifisso non era solo dolorante ma anche beato e chi vive unito alla sua Passione è sommamente beato già qui, in certo modo, ascoltate ciò che dice in proposito s. Caterina:

..l’immacolato Agnello, il Figlio mio unigenito, .. stando sulla croce era beato e sofferente: sofferente nel portare la croce del corpo con grande dolore, e la croce del desiderio di riscattare la colpa dell’umanità; beato, perché la natura divina unita alla natura umana non poteva soffrire alcuna pena, e rendeva la sua anima costantemente beata mostrandosi a lei senza veli. Perciò era, insieme, beato e sofferente, perché la carne soffriva e la sua divinità non poteva soffrire; e neppure l’anima, per quella parte che sta sopra l’ intelletto.

Testi magisteriali su questo punto:

Pio XII enciclica “Haurietis aquas

“A buon diritto, dunque, il cuore del Verbo incarnato è considerato come il principale indice e simbolo di quel triplice amore, col quale il divino Redentore ha amato e continuamente ama l’eterno Padre e l’umanità. Esso, cioè, è anzitutto il simbolo di quell’amore divino, che egli ha comune con il Padre e con lo Spirito Santo, ma che soltanto in lui, perché Verbo fatto carne, si manifesta a noi attraverso il fragile e caduco corpo umano, "poiché in esso abita corporalmente tutta la pienezza della divinità" (Col 2,9). Inoltre, il cuore di Cristo è il simbolo di quell’ardentissima carità che, infusa nella sua anima, costituisce la preziosa dote della sua volontà umana e i cui atti sono illuminati e diretti da una duplice perfettissima scienza, la beata e l’infusa (cf. Summa theol., III, q. 9, aa. 1-3: ed. Leon., t. XI, 1903, p. 142).”


Pio XII enciclica “Mystici corporis

“Inoltre Cristo deve ritenersi Capo della Chiesa, perché, eccellendo nella pienezza e nella perfezione dei doni soprannaturali, il Suo Corpo mistico attinge dalla Sua pienezza. Infatti (osservano molti Padri), come il capo del nostro corpo mortale gode di tutti i sensi, mentre le altre parti del nostro composto usufruiscono soltanto del tatto, così le virtù, i doni, i carismi, che sono nella società cristiana, risplendono tutti in modo perfettissimo nel suo Capo Cristo. "In Lui piacque (al Padre) che abitasse ogni pienezza" (Col. I, 19). Lo adornano quei doni soprannaturali che accompagnano l’unione ipostatica, giacché lo Spirito Santo abita in Lui con tale pienezza di grazia da non potersene concepire maggiore. A lui è stato conferito "ogni potere sopra ogni carne" (cfr. Joan. XVII, 2); copiosissimi sono in Lui "tutti i tesori della sapienza e della scienza" (Col. II, 3). E anche la visione beatifica vige in Lui talmente, che sia per ambito sia per chiarezza supera del tutto la conoscenza beatifica di tutti i Santi del cielo. E infine Egli è talmente ripieno di grazia e di verità, che della sua inesausta pienezza noi tutti riceviamo (cfr. Joan. I, 14-16).

.. Il Figlio Unigenito di Dio, già prima dell’inizio del mondo, con la sua eterna infinita conoscenza e con un amore perpetuo, ci ha stretti a se. E perché potesse manifestare tale amore in modo ammirabile e del tutto visibile, congiunse a sé la nostra natura nell’unione ipostatica donde avviene che "in Cristo la nostra carne ami noi", come, con candida semplicità, osserva Massimo di Torino (Serm. XXIX; Migne, P. L., LVII, 594).

In verità, questa amantissima conoscenza, con la quale il divin Redentore ci ha seguiti sin dal primo istante della sua Incarnazione, supera ogni capacità della mente umana, giacché, per quella visione beatifica di cui godeva sin dal momento in cui fu ricevuto nel seno della Madre divina, Egli ha costantemente e perfettamente presenti tutte le membra del Corpo mistico e le abbraccia col Suo salvifico amore. O ammirabile degnazione della divina pietà verso di noi; o inestimabile ordine dell’immensa carità! Nel presepio, sulla Croce, nella gloria eterna del Padre, Cristo ha presenti e congiunti a Sé tutti i membri della Chiesa in modo molto più chiaro e più amorevole di quello con cui una madre guarda il suo figlio e se lo stringe al seno, e con cui un uomo conosce ed ama se stesso.”

Conseguenze importanti : dice Dio attraverso s. Caterina da Siena:

T’ho detto che i miei servi …. Corrono costoro senza conoscere negligenza lungo la via della dottrina di Cristo crocifisso, e non rallentano il cammino per ingiuria o persecuzione che sia loro fatta, né per alcun piacere con cui il mondo li voglia allettare. …Costoro imitano l’immacolato Agnello, l’unigenito Figlio mio, il quale stando sulla croce era beato e sofferente…. Similmente questi miei figli, giunti al terzo grado e al quarto stato di perfezione, sono sofferenti perché portano la croce, corporale e spirituale: soffrono, cioè, attualmente pene nei loro corpi, per quanto io lo permetto; e patiscono la croce del desiderio, ossia il tormentoso dolore per le offese a me recate (con i peccati n.d.c.) e per il danno che ne deriva al prossimo. Ma dico che costoro sono beati perché il diletto della carità, che li rende beati, non può mai esser loro strappato, così che essi ricevono il dono della gioia e della beatitudine".

mercoledì 25 febbraio 2009

Quanto sono amabili le tue opere!


Dice il Siracide: “Quanto sono amabili le tue opere! E appena una scintilla se ne può osservare” (Sir 42,22).

Sono così belle e amabili che alcuni le hanno scambiate per Dio. Si legge ancora nel Siracide:

davvero stolti per natura tutti quelli che vivono nell’ignoranza di Dio e dai beni visibili non riconoscono Colui che è, pur considerandone le opere, ma il fuoco, o il vento o l’aria sottile o la volta stellata o l’acqua impetuosa o i luminari del cielo considerano come dei, reggitori del mondo. Se stupiti per la loro bellezza li prendono per dei, pensino quanto è superiore il loro Signore, perché li ha creati lo stesso autore della bellezza. Se colpiti dalla loro potenza e attività, pensino quanto più potente è colui che li ha formati. Difatti dalla grandezza e bellezza delle creature, per analogia, si conosce l’autore” (Sap 13,1-5).

S. Agostino, riflettendo sulla bellezza delle realtà create, esclama: “E cielo e terra e tutte le creature in essi d’ogni parte mi dicono di amarti e non cessano di dirlo a tutti affinché “siano senza scusa” (Rm 1,20)” (Confessioni, X,6,8).

Che caso!


tratto da Il Timone.org

Pur di negare l’esistenza di Dio, alcuni preferiscono attribuire al fantomatico "caso" l’ordine esistente nell’universo, studiato dagli scienziati.

Per dimostrare quanto sia assurdo ricorrere al caso, il fisico Grichka Bogdanov si è preso la briga di calcolare quanto tempo sarebbe stato necessario perché si formasse "casualmente" una sola, minuscola molecola di RNA (acido ribonucleico). Il risultato è strabiliante: sarebbero stati necessari almeno 1015 anni, vale a dire un numero pari a 1 seguito da 15 zeri, cioè un milione di miliardi di anni.

E` opportuno ricordare che questo è un tempo centomila volte superiore all’età di tutto l’universo.
Se per costruire "a caso" una sola molecola di RNA non può bastare l’età complessiva dell’universo, come si sarebbe potuto generare "per caso" l’intero creato?


martedì 24 febbraio 2009

Cannibalismo sovietico


tratto da Il Timone.org

Per strappare le terre ai contadini e procedere sulla via della collettivizzazione, Stalin non ebbe scrupoli nell’affamare milioni di uomini.

Si calcola che nella sola Ucraina, al principio degli anni ’30, trovarono la morte circa 6 milioni di esseri umani. Un autentico "Olocausto", pari per quantità di vittime a quello degli Ebrei per opera dei Nazionalsocialisti, del quale poco si parla e men che meno si fanno commemorazioni. A quel tempo, i casi di cannibalismo erano così diffusi che il Governo sovietico, allarmato dall’estensione del tragico fenomeno, fu costretto a stampare manifesti con i quali si informava la popolazione che "mangiare il proprio figlio è un atto di barbarie".

Si capisce dove sia nato il detto, frequente nell’immediato dopoguerra italiano e nell’acceso clima di scontro ideologico, secondo il quale i comunisti "mangiavano i bambini".

A noi resta il fatto che quando una società vuole fare a meno di Dio autore della vita, anzi gli si oppone, non può portare altro che alla morte. La storia, anche recente, conferma.


A proposito del PD


Un interessante articolo di don Tullio sulle contraddizioni interne al PD. Buona lettura!

Per vedere quanto siano cattoliche le idee della gran parte dei democratici di sinistra puoi cliccare il seguente link.

http://www.avvenire.it/Cronaca/rutelli+si+arrabbia+fine+vita.htm

D’altra parte nel PD la maggioranza viene dai DS ex PDS ex PCI,la cui amoralità è universalmente nota: il comunismo infatti non è semplicemente immorale, ma a-morale cioè privo di morale. Per Marx infatti, non esisteva alcuna morale!!!

(N.d.r. Il marxismo nega il diritto dell'individuo di disporre dei bisogni altrui partendo da considerazioni legate alla propria "coscienza individale", sostituita dalla "coscienza di classe", dunque collettiva).

La bestia ha morale? No! Per Marx l’uomo non è altro che una bestia: perciò senz'anima e senza libertà e come tale senza morale!!

Nota che Veltroni, ’Alema e i giornali ad essi affiancati non mi pare che abbiano mai radicalmente criticato o si siano radicalmente dissociati dal comunismo sovietico che è stato il più grande nemico del cristianesimo e dell’uomo nel secolo scorso. Cifre alla mano sono circa 500 milioni i morti nel secolo scorso uccisi dai poteri comunisti. Alle vittime direttamente procurate dai regimi comunisti occorre aggiungere quelle indirettamente procurate con le politiche della morte (ad es. con l'aborto).

Il numero riteniamo che debba salire ancora molto di più perché la grande immoralità dell’Occidente è stata stimolata abbondantemente dall’amoralità comunista; perciò i crimini compiuti in occidente (soprattutto l’aborto) vanno imputati, in certo modo, proprio al comunismo che, non dimentichiamolo, ha operato potentemente per conquistare il mondo con le idee e con le armi.


La paternità spirituale

Stavo leggendo un testo a cura del card. Tomáš Špidlík intitolato "I grandi mistici russi", a pag. 161 ho trovato alcune conferme in merito ad una questione di grande attualità: la difficoltà di trovare un padre (direttore) spirituale.

Lo starets ucraino a cui si deve l'istituzione della paternità spirituale nei monasteri, Paisij Velickovskij, rivolgendosi un giorno ad un giovane monaco moldavo chiamato Bessarione, in cerca di un direttore spirituale, gli disse:

“Fratello, tu mi costringi a dirti cose penose. Anch’io ho fatto la stessa esperienza…È difficile guidare qualcuno su vie che personalmente si ignorano. Soltanto chi ha sostenuto in se stesso la grande lotta contro le passioni e ha domato con l’aiuto di Cristo la concupiscenza carnale, la collera, la vanità e l’avarizia, chi ha guarito la propria anima con l’umiltà e la preghiera, può indicare al suo discepolo realmente, senza inganno, tutti i comandamenti e le virtù di Cristo. Ma dove potremo trovare un simile direttore? Non ce ne sono molti, soprattutto al nostro tempo. Quindi, non abbiamo che una sola via d’uscita: studiare giorno e notte la sacra Scrittura e le opere dei Padri, e chiedendo ai fratelli che pensano come noi e ai padri più anziani, imparare a mettere in pratica i comandamenti di Dio e imitare gli asceti di un tempo. Solamente in tale modo, con la grazia di Dio, in questa nostra epoca riusciremo a conseguire la salvezza”.

Paisij parlava dei suoi tempi, e noi cosa dovremmo dire allora?

La serie di consigli del saggio starets, validi ancora oggi, non devono tuttavia frenare la personale ricerca di un direttore spirituale, perchè se da un lato è vero che è raro incontrarne uno secondo il cuore di Dio, dall'altro non si può dubitare della loro esistenza.
Basta avere la volontà di cercarli e la perseveranza di pregare per incontrarli sul nostro cammino!

In merito a come dovrebbe essere un padre spirituale, poi, come insegna la storia dei monasteri russi riformati da Volokolamsk, la sola disciplina e autorità non bastano.
Allontanare la paternità spirituale dalla sapientia cordis, dalla conoscenza delle Scritture e dal primato della carità, vuol dire perdere di vista la volontà di Dio.

I tratti dominanti di un padre spirituale devono essere la compassione, la dolcezza, la tenerezza; aspetti che rendono simili al Cristo sofferente ed offerente.

Condivido in questo senso il pensiero che San Serafino di Sarov espresse al superiore di un monastero, quando spingendosi addirittura oltre il concetto di paternità, ebbe a dire:

“Sii una madre per i tuoi monaci, piuttosto che un padre…Una madre che ama non vive per se stessa ma per i suoi figli…Dev’essere indulgente verso le loro debolezze; sopportare con amore le loro malattie; fasciare i mali dei peccatori con le bende della misericordia; rialzare con dolcezza quelli che cadono, purificare nella pace quelli che si sono macchiati di qualche vizio ed imporre loro una razione supplementare di preghiera e di digiuno; ricoprirli di virtù attraverso l’insegnamento e l’esempio; seguirli costantemente e proteggere la loro pace interiore in modo da non dover mai sentire da parte loro il minimo rimprovero”.


Cattolici oscurantisti? La storia insegna...


Da Il Timone.org

Stando alla vulgata di certa pseudo-cultura moderna, il cattolicesimo, afflitto da "oscurantismo" religioso e pregiudizi, fu combattuto da spinti illuminati, cultori della ragione, fautori del sapere scientifico e razionale.
Insomma, trattasi del classico e falso schema che vede contrapposte religione da una parte e ragione dall’altra. Pochi sanno che molti tra i più fieri avversari della

Chiesa furono tutt’altro che esenti da superstizioni e credenze inverosimili.

Giuseppe Mazzini, per fare un esempio, credeva nella vita extraterrestre e nel linguaggio delle piante.

Giuseppe Garibaldi nel 1863 divenne presidente onorano di una società spiritica veneziana e credeva che le anime trasmigrassero negli animali.

Massimo D’Azeglio, spiritista, era convinto di comunicare con lo spinto dei defunti Cavour e Cesare Balbo.

Come si vede, gli "eroi" del risorgimento anticattolico, che combattevano il papato, praticavano culti a dir poco strani. è proprio vero quando si smette di credere nel vero Dio si finisce per credere a tutto.


lunedì 23 febbraio 2009

Paolo Brosio mano nella mano con Maria


No carissimi lettori, quello che vi sto per scrivere non è uno scoop da Rivista Rosa.
La mano che da qualche tempo a questa parte Paolo Brosio sta stringendo è quella di Maria Santissima, la Regina della Pace.

Di seguito vi riporto la storia dell'ennesimo miracolo operato dalla Gospa in questi tempi...che poi sono i Suoi tempi.

Buona lettura....

da Libero, 22 febbraio 2009

di Antonio Socci

http://www.antoniosocci.it/Socci/index.cfm

Una storia emblematica. Come Paolo Brosio è andato a Medjugorje…

Pronto, Paolo? Sto cercando Paolo Brosio, uno dei volti più noti della televisione. Dall’altra parte del telefono si sentono forti folate di vento e un respiro affannoso. Infine un lontano: “Pronto, chi è?”.
Dico il mio nome e chiedo dove mai si trovi.

“Sono a Palermo” mi spiega “per una puntata di Stranamore, ma in questo momento sto salendo il Monte Pellegrino col rosario in mano alla ricerca del santuario di santa Rosalia”.

Ma che ti è successo? Si dice di una folgorazione sulla via di Damasco.

“Ma io sono stato a Medjugorje”, dice ridendo. “Ero provato da una grande sofferenza; ora però vivo un’immensa gioia, Antonio, perché ho trovato Gesù”.

Puoi raccontarmi come è successo o – visto il fiatone che hai – rischi di stramazzare a terra?

“No, ce la faccio. Ti dico subito. La mia vita, fino ai 50 anni era trascorsa spensierata, con un certo connotato ludico da eterno ragazzo, anche se molto dedita al lavoro. Certamente senza problemi di fede o di coscienza. Ma cominciamo dall’inizio della storia: venti anni fa ho conosciuto una ragazza e me ne sono innamorato”.

Poi cosa è successo?

“Per raggiungere lei, che lavorava a Milano, dalla Liguria, dove ero giornalista del Secolo XIX, nel 1990 sono andato al Tg di Emilio Fede. Avevo già fatto alcune cose buone, come la Moby Prince, ma con Mani Pulite cominciò la mia notorietà televisiva. Tuttavia già lì feci il primo naufragio. Io dico sempre – scherzando – che il mio primo matrimonio finì perché mi ‘misi’ con Fede e lasciai mia moglie”.

In senso professionale…

“Sì, si lavorava tutto il giorno, praticamente la mia vita coincideva col lavoro. Sia chiaro, sono grato a Fede che mi ha permesso di crescere professionalmente. Ma ho fatto veramente 900 giorni sul marciapiede, come poi ho titolato il mio libro”.

Il marciapiede davanti al Palazzo di giustizia da dove facevi i collegamenti.

“Esatto”.

Poi nel 1996 approdi al salotto di “Quelli che il calcio…” e fai l’inviato per Fabio Fazio.

“Sì, le cose vanno a gonfie vele. Scrivo libri che vendono un sacco di copie, faccio fior di programmi in Rai, dal Giro d’Italia a Domenica in, da Linea verde all’Isola dei famosi. Poi torno a Mediaset con lo sport, le prime serate, Stranamore. Insomma una carriera fortunatissima, durante la quale incontro un’altra ragazza che mi fa innamorare e che diventa mia moglie”.

Stavolta una storia felice?

“In realtà seguono quattro anni di scontri familiari. Nel frattempo era morto mio padre. E’ stato un dolore fortissimo. Era una persona meravigliosa, al contrario del figlio scellerato che sono io. Era il mio punto di equilibrio”.

Anche tua mamma è una persona straordinaria.

“Sì, un carattere forte, combattente, toscana verace, donna simpatica e sincera, di grande fede. Ma, come tutti quelli che hanno una forte personalità, non è facile starle vicino. Io ci ho litigato di continuo. Mio padre però era perfetto per lei, calmo, buono, umile pur essendo molto colto, un grande esperto di letteratura inglese antica. Era il pilastro della mia vita”.

La sua perdita è stata una mazzata per te.

“Terribile. Ma poi è arrivata l’altra, il naufragio con mia moglie. Ognuno per la sua strada. Per me un dolore infinito. A cui ho reagito nel modo peggiore”.

Cioè?

“Con la logica mondana che dice ‘chiodo scaccia chiodo’, cose contrarie al cammino con Gesù”.

Era un tentativo di dimenticare, di lenire il dolore?

“Sì, accusavo un grande vuoto, sempre più grande. Io sono andato in crisi su tutto. Quell’abbandono mi ha spaccato il cuore. Oggi però ho capito che proprio da quella mia disperazione sono sbocciate sulle mia labbra quelle parole che mi hanno salvato: Ave Maria”.

Eri religioso?

“Ma figurati. Ogni tanto capitavo distrattamente in chiesa, ma la mia vita era altrove. Ricordavo a fatica tre preghiere. Neanche il Gloria al Padre. Il Credo lo sto imparando ora. Ma quelle “Ave Maria” ripetute fra le lacrime, tante e tante volte, mi hanno salvato perché stavo percorrendo sentieri scuri, veramente brutti, credimi”.

Di che tipo?

“Beh, sentieri brutti per dimenticare mia moglie. In realtà però, in quel modo, le cose per me andavano sempre peggio e l’angoscia era sempre più dilaniante”.

Sai che ci sarà qualche sciocco che ironizzerà?

“Guarda, io non sono nessuno e non ho da insegnare niente, ma spero che raccontare questa mia vicenda possa servire anche ad altri, perché quando precipiti nel dolore sei più vulnerabile e rischi di più di finire a fare cose brutte e irrecuperabili”.

Dicevi di quelle Ave Maria gridate nel pianto…

“Sì, mi è venuto naturale cercare la sua protezione perché di Gesù, di Dio avevo timore, invece sentivo lei come una mamma buona. La sua natura umana la sentiamo più vicina a noi, alle nostre sofferenze. Lei ha una pena infinita per chi soffre”.

Ti eri raccomandato a lei altre volte?

“Io non avevo mai pregato. Ho cominciato a pregare continuamente la Madonna perché stavo male da piangere, non riuscivo più a lavorare e più cercavo di dimenticare più combinavo guai e stavo peggio. Non avere più mio padre e mia moglie al mio fianco mi aveva fatto smarrire me stesso…”.

Poi cosa è successo?

“E’ successo che, pregando, ho sentito il bisogno fortissimo di incontrare la Madonna. E dov’è che si può incontrare? In un posto solo: a Medjugorje”

(Medjugorje è il villaggio della Bosnia Erzegovina dove dal 24 giugno 1981 la Madre di Gesù appare ogni giorno a sei ragazzi. Milioni di persone vi si recano).

Quel tuo “bisogno di incontrarla” che hai avvertito – secondo chi è più esperto di Medjugorje – è la sua chiamata. Dunque colei che hai invocato fra le lacrime ti ha risposto, come una madre che prontamente tende le braccia al figlio caduto a terra e ferito…

“Sì. Prima di partire mi sono procurato dei libri su Medjugorje e ho letto tutto, subito, con un’avidità che ho provato solo da bambino quando leggevo Salgari”.

In effetti iniziava un’avventura tutta nuova…

“Infatti mi sono detto: questa è la mia strada. Ho perfino rimandato di sei giorni l’inizio delle puntate di Stranamore”. E Mediaset?

“ (Ridendo) Quando alla riunione ho detto: ‘no fermi, io il 3 ho un appuntamento con la Madonna a Medjugorje’, tutti mi hanno guardato chiedendosi se ero impazzito. Ma alla fine hanno dovuto cedere”.

A Medjugorje cosa è successo?

“Là, guidato da Milenko e Mirella, una quantità inimmaginabile di emozioni, di incontri, di storie. Non so come sia stato possibile in così pochi giorni. Un’esperienza fortissima della presenza della Madonna. Una pace, un silenzio, una gioia… Ho conosciuto anche Vicka (una dei veggenti). E poi i tanti ragazzi ex tossicodipendenti che là sono stati recuperati. I bimbi orfani di suor Cornelia. Insomma non ci sono parole umane per una cosa tanto sconvolgente. Appena sono tornato l’ho raccontato al mio amico Andrea Bocelli perché lui mi poteva capire: c’è stato anche lui e lì ha pure cantato”.

Il luogo che più ti ha colpito?

“Tutti, ma davanti al crocifisso di bronzo che sta dietro la chiesina, davanti a quelle gocce d’acqua, quelle lacrime, che inspiegabilmente scendono da Lui, ho abbracciato le gambe di Gesù e piangendo non l’ho più mollato. Io mi ero affidato a Maria e lei mi ha portato a stringermi a suo Figlio. E lì, Antonio, ho trovato la pace”.

E cos’hai fatto?

“Ho ricevuto i sacramenti e ho scritto su un foglio tutti i nomi delle persone amiche e dei malati che gli raccomandavo e l’ho dato a Vicka perché la Madonna li benedicesse durante l’apparizione. E l’ha fatto”.

E ora?

“Ora voglio fare tutto quello che posso per quella terra che mi ha salvato. Anzi, tramite te lancio questo appello: a maggio farò un aereo per portare più gente possibile a Medjugorje. Il prezzo del viaggio organizzato, seppure basso, sarà maggiorato di un po’ di euro che verranno donati all’orfanotrofio di suor Cornelia”.

Non ti ferma più nessuno… E tua madre? Chissà quanto avrà pregato quando tu stavi male?

“Oh sì, lei sente sempre Radio Maria. Da anni mi parlava di Medjugorje: guarda quanto tempo ho perso…”.

La resurrezione di Claudia Koll


Claudia è un vero e propio miracolo vivente.
Qualche mese fa ho avuto la grazia di sentire la sua testimonianza dal vivo e ve lo assicuro si rimane letteralmente sconvolti dalla pace che questa donna trasmette con il suo modo di parlare dolcissimo e carico di vivo amore... Il volto poi, sembra quasi trasfigurato, luminoso, irradiato da una luce che non è di questo mondo.
Una bellezza nuova è nata in lei da quando dopo avere incontrato il Signore ha deciso di mettersi al suo servizio per annunciare in giro per il mondo con coraggio e deternimazione i miracoli della Misericordia di Dio!
E Brava Claudia!

Con la conversione, ha spiegato la Koll a Claudia Soberón in un articolo apparso su ZENIT

“ho visto che il Signore mi stava istruendo, e mi diceva che mi accompagnava con il suo Spirito, non solo per quello che riguardava la possibilità di una testimonianza dell'incontro con Lui, ma anche nel mio lavoro perché lo Spirito Santo è sempre con noi, e quindi bisogna solo imparare a comunicare con Lui, a lasciarsi guidare da Lui. E questa è stata la ricchezza più grande che il Signore mi abbia donato nel mio mestiere”.

Di seguito alcuni estratti dell'intervista rilasciata dall'attrice a Mauro Harsch, tratta dal sito Medjugorje per l'infanzia.

Recentemente si è molto parlato della tua conversione e del tuo impegno a favore dell’infanzia bisognosa. Cosa vuoi dirci in proposito?

Ho incontrato il Signore in un momento drammatico della mia vita, in cui nessun uomo avrebbe potuto aiutarmi; solo il Signore, che scruta negli abissi del cuore, poteva farlo. Ho gridato, e Lui mi ha risposto entrando nel mio cuore con una grande carezza d’amore; ha sanato alcune ferite e ha perdonato alcuni miei peccati; mi ha rinnovata e mi ha messa al servizio della Sua vigna. Mi sono sentita come il figlio della parabola del Figliol prodigo: accolto dal padre, senza essere giudicato. Ho scoperto un Dio che è Amore e grande Misericordia.
In un primo tempo ho cercato Gesù nei sofferenti, nel volontariato, negli ospedali, nei malati di AIDS e successivamente, in seguito ad un invito del VIS (organizzazione internazionale non governativa che rappresenta i missionari salesiani nel mondo), mi sono confrontata con grandi ingiustizie come la fame e la povertà. In Africa ho visto il volto di Gesù Bambino che ha scelto di essere povero fra i poveri: vedevo correre tanti bambini sorridenti, vestiti di stracci, e abbracciandoli e baciandoli pensavo a Gesù Bambino, vedevo in loro tanti Gesù Bambini.

Ricordi qualche esperienza di fede vissuta durante la tua prima giovinezza?

Nella prima infanzia sono cresciuta con una nonna non vedente, che però vedeva con gli occhi della fede. Era molto devota alla Madonna di Pompei e al Sacro Cuore di Gesù; grazie a lei ho respirato una particolare “presenza” di fede. In seguito il Signore ha permesso che mi smarrissi… Oggi però comprendo che Dio permette lo smarrimento, e il male, perché da esso può nascere un grande bene. Ogni “figliol prodigo” diventa testimone dell’Amore e della grande Misericordia di Dio.

Dopo la conversione cos’è cambiato concretamente nelle tue scelte di vita, nel quotidiano?

La conversione è qualcosa di profondo e continuo: è aprire il cuore e cambiare, è vivere concretamente il Vangelo, è opera di rigenerazione basata su tante piccole morti e rinascite quotidiane. Nella mia vita cerco di ringraziare Dio con tanti piccoli gesti d’amore: occupandomi dei bambini, dei poveri, superando i miei egoismi… È vero che c’è più gioia nel dare che nel ricevere. A volte, dimenticando noi stessi, si aprono nuovi orizzonti.

L’estate scorsa sei stata a Medjugorje. Che impressioni ne hai riportato?

È stata un’esperienza forte che mi sta trasformando e donando nuovi incentivi, tuttora in fase evolutiva. La Madonna ha svolto un ruolo importante nella mia conversione; è stata davvero una mamma, e io mi sento Sua figlia. In ogni appuntamento importante La sento vicina, e quando ho bisogno di riappacificarmi è sempre il Rosario la preghiera che riporta la pace nel mio cuore.

Tu sei testimone della fede cattolica vissuta nella pienezza e nella gioia. Che cosa vorresti dire ai giovani lontani dalla fede e a coloro che hanno abbandonato il cristianesimo e la Chiesa per abbracciare magari altre religioni o altre filosofie di vita?

Vorrei dire loro che l’uomo ha bisogno del Trascendente, della presenza di Gesù Risorto che è la nostra speranza. Rispetto ad altre religioni noi abbiamo un Dio che ha anche un volto; un Dio che ha sacrificato la vita per noi e che ci insegna a vivere in pienezza e a conoscerci. Fare esperienza di Dio significa anche entrare nel profondo del nostro cuore, conoscerci, e crescere quindi in umanità: questo è il grande mistero di Gesù Cristo, vero Dio e vero uomo. Oggi, amando Gesù non posso non amare l’uomo, ho bisogno dell’uomo. Essere cristiani significa amare il fratello e ricevere il suo amore, significa sentire la presenza del Signore attraverso i nostri fratelli. L’amore per Gesù ci fa vedere il prossimo con occhi diversi.

Qual è secondo te il motivo per cui molti giovani abbandonano la Chiesa?

La nostra società non ci sostiene in un cammino spirituale, è una società molto materialista. L’anelito dell’anima tende verso l’alto, ma poi in realtà il mondo ci parla di tutt’altro e non ci sostiene in una ricerca autentica di Dio. Anche la Chiesa ha le sue difficoltà. Non dobbiamo in ogni caso dimenticare che Essa è il Corpo mistico di Cristo e va quindi appoggiata, dobbiamo rimanere nella Chiesa. Non bisogna identificare la persona con Dio: a volte le colpe di una persona diventano motivo per cui non si crede o si smette di credere... Questo è sbagliato e ingiusto.

Cos’è per te la felicità?

La gioia! La gioia di sapere che Gesù esiste. E la gioia nasce dal sentirsi amati da Dio e dagli uomini, e nel contraccambiare questo amore.

I valori più importanti nella tua vita.

L’amore, l’amore, l’amore…

Cosa ti ha spinta a voler diventare attrice?

Subito dopo la mia nascita, mia mamma ed io abbiamo rischiato di morire e, come accennato prima, sono stata affidata a mia nonna, non vedente. Più tardi, quando lei stava dinnanzi al televisore e ascoltava gli sceneggiati, io le raccontavo cosa vedevo. L’esperienza di raccontarle quello che accadeva, e vedere il suo volto illuminato, ha generato in me la voglia di comunicare con le persone e di regalare emozioni. Penso che sia da ricercare in questo vissuto il seme della mia vocazione artistica.

Un’esperienza particolarmente viva fra i tuoi ricordi…

Sicuramente l’esperienza più grande è stata quella d’avvertire nel mio cuore il grande amore di Dio, che ha cancellato tante mie ferite.
Nel volontariato, ricordo l’incontro con un malato di AIDS che aveva perduto la facoltà della parola e non riusciva più a camminare. Ho trascorso un pomeriggio intero con lui; aveva la febbre alta e tremava dalla paura. Gli ho tenuto la mano per tutto il pomeriggio; ho condiviso con lui le sue sofferenze; vedevo in lui il volto di Cristo… Non scorderò mai quei momenti.


Uno sguardo che cambia la vita...


Gesù fissatolo, lo amò!

Immaginate per un istante quei suoi occhi nei vostri...
Quel suo sguardo pieno d'amore e di compassione, che non ti giudica, che non guarda al tuo status sociale, che non misura il tuo livello di celebrità o la tua efficienza ma solo quanto ami, uno sguardo che va dritto al cuore e ti fa piangere perchè ti rivela il volto di quell'Amore che tutto copre, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta...che vede in te lo straordinario miracolo che non speri.

Bello vero?

Ripenso all'episiodio del giovane ricco che rifiuta l'amore perchè aveva molti beni.

L'incontro con Cristo che avrebbe dovuto sconvolgere la sua vita, rapirlo in un turbinio di gioia mai provata, genera in lui tristezza. Ma com'è possibile?
Lo sguardo di Cristo lo mette alle strette, ed egli decide tristemente di proseguire sulla via dell'egoismo, della chiusura alla grazia. Ha un cuore troppo pieno di mondo per poter accogliere liberamente Cristo...è schiavo dei suoi averi!

Un mucchio di beni materiali, una falsa felicità terrena, in cambio dell'eternità e della gioia piena!

Le sicurezze del giovane erano fondate su effimeri beni materiali, e come tali tangibili.
Perfino il Maestro era per lui un bene fra gli altri da collezionare.
"Cosa devo fare per avere la vita eterna?".
La domanda non ha nulla a che fare con la persona di Cristo e Gesù lo sapeva bene. Il giovane voleva acquisire nuovi beni, ottenere una formula della felicità per saziare il vuoto interiore, un freddo rituale da eseguire.

Non si può essere felici se non si è liberi e fintanto che si rimane schiavi impediamo al nostro cuore di infiammarsi per Dio, gettando secchiate di acqua gelida su un cuore che in fondo desidera ardere, consumarsi d'amore!

Il dramma vissuto dal giovane ricco è sempre attuale.

Penso in particolare a quell'ipocrisia per cui si piange per la crisi economica e non si rinuncia all'effimero. Alla schiavitù da acquisto considerata da alcuni sapientoni del nostro tempo come un rimedio ai mali dell'uomo... Assurdo vero? Eppure è proprio così, certi moderni medici e psichiatri per curare da stati depressivi invitano i pazienti alla shopping-terapia.

Leggo in un Forum di moda:

"Entro in un negozio, mi aggiro in religiosa concentrazione fino all'individuazione del capo di abbigliamento che potrebbe modificare l'assetto del mio stato emotivo. Quando finalmente ci riconosciamo, io e il mio nuovo oggetto del desiderio, ci amiamo promettendoci eterno amore. Solo che evidentemente nulla è duraturo, perchè appena varco la porta del negozio, ho già voglia di rivivere la vibrante sensazione dell'innamoramento passionale."

Quanta tristezza in queste parole!
A persone ferite, insoddisfatte, in cerca di un senso o di quell'amore che non hanno conosciuto, in persone in cerca di una liberazione e una guarigione che doni la gioia di vivere perduta, cosa gli si offre? Un oggetto... Ma ci rendiamo conto???
Così facendo ingannano doppiamente il malcapitato paziente legandolo ad una dipendenza dai beni materiali dalla quale difficilmente usciranno!!! La shopping-terapia diventa poi shopping-compulsivo andando a gravare sulla psiche e sulle tasche. Questi sono i rimedi umani!

I beni materiali non leniscono le ferite, semmai le procurano...
I beni materiali non aprono all'amore, semmai allontanano dall'Amore...

Pensiamo a quanti fratelli e sorelle bisognosi di Dio e delle Sue cure si rifugiano in questi paradisi artificiali, paradisi di stoffa, alla ricerca di una felicità che dia senso alla propria vita!

Abbiamo il sacrosanto dovere di gridare che solo Cristo può guarire le ferite più profonde del cuore umano.

In fondo, basta un pizzico di coraggio per corrispondere allo sguardo di Gesù.
Il coraggio necessario per riconoscersi pieni di miseria e bisognosi di tutto...

Quando come poveri medicanti ai margini delle strade del mondo tenderemo le nostre mani per elemosinare l'amore vero, allora e solo allora, alzando gli occhi incontreremo il Volto di Cristo. Nell'istante di uno sguardo sarà gioia piena perchè come poveri saremo in grado di accogliere la vera ricchezza.
Con Cristo nel cuore, riscoprendoci figli del Re, la via polverosa del nostro presente si trasformerà in reggia spendente!
Ogni angoscia, ogni turbamento, ogni depressione fuggirà, perchè non c'è tristezza in colui che sa di avere Tutto.

domenica 22 febbraio 2009

Che mistero...



Leggendo l'ultimo articolo di Antonio Socci sullo sguardo di don Giussani (che il giornalista e scrittore toscano ha conosciuto da vicino), sono rimasto letteralmente folgorato dalla bellezza di una citazione.

Hauviette la co-protagonista de il “Mistero della carità di Giovanna d'Arco” di Charles Péguy, rivolgendosi alla pulzella d'Orléans le dice:

“Tu vedi. Tu vedi. Quello che sappiamo, noi altri, tu lo vedi. Quello che c’insegnano, a noi altri, tu lo vedi. Il catechismo, tutto il catechismo, e la chiesa, e la messa, tu non lo sai, tu lo vedi, e la tua preghiera non la dici, non la dici soltanto, tu la vedi. Per te non ci sono settimane. E non ci sono giorni. Non ci sono giorni nella settimana; e non ore nella giornata. Tutte le ore per te suonano come la campana dell’Angelus. Tutti i giorni sono domeniche e più che domeniche e le domeniche più che domeniche”.

E' la straordinaria esperienza dei mistici...Che grande mistero!

Conquistadores


Tratto da Il Timone

Molti sono convinti che la conquista dell’America centrale, ad opera degli spagnoli di religione cattolica nel XVI secolo, abbia portato al genocidio di popolazioni pacifiche e inermi, quali quelle azteche che abitavano il Messico. Rino Cammilleri, nel suo prezioso I mostri della ragione (Ares, Milano), ci informa, tuttavia, che poi così pacifici gli Aztechi non erano proprio. Sottomesse tutte le popolazioni e resele schiave, praticavano i sacrifici umani, offrivano, uccidendoli, ventimila schiavi l’anno per placare l’ira dei loro dei. Nella sola cerimonia per la dedicazione del tempio di Huitzilopoctli, nell’anno I486, le vittime furono ben settantamila.

Ogni cerimonia religiosa prevedeva lo squartamento e lo scuoiamento di una giovane vittima, maschio o femmina, dodicenne e vergine. Chiunque poteva comprare uno schiavo, sacrificarlo e cibarsi della sue carni.

La verità è un’altra: gli spagnoli furono accolti come provvidenziali liberatori e aiutati nella conquista proprio da quanti erano costretti alla schiavitù più crudele.

Lo strano caso degli enzimi


Tratto da Il Timone

Come è noto, quando non si vuole attribuire a Dio la causa del mirabile ordine regnante nell’universo, si ricorre al caso. Ma si sta assottigliando sempre di più il numero di coloro che al caso addebitano l’origine e la realtà del cosmo. Vittorio Messori, nel suo Inchiesta sul Cristianesimo, riporta le parole dell’astronomo e matematico Fred Hoyle:

"Ma è davvero possibile che il caso abbia prodotto, nel brodo primordiale di cui si favoleggia, anche soltanto gli oltre duemila enzimi necessari al funzionamento del corpo umano? Basta una piccola serie di calcoli al computer per rendersi conto che la probabilità che questo sia avvenuto casualmente è pari alla probabilità di ottenere 12, per 50.000 volte di fila, gettando due dadi sul tavolo" (p. 174).

Due dadi non truccati, aggiungiamo noi.
Ora, se è di fatto impossibile che casualmente si sia formata la catena degli enzimi, come può il caso essere all’origine della ben più complessa realtà umana?

sabato 21 febbraio 2009

Lei, voi, no tu. Il senso del rispetto e il cambiamento dei ruoli.


Una interessante riflessione di Michele Brambilla comparsa ieri tra le pagine de Il Giornale.
Per la serie...generazioni senza punti di riferimento crescono.

p.s.1 si, mi rendo conto che l'immagine sia disgustosa...ma di fatto stiamo andando in quella direzione.

p.s.2 le evidenziazioni dell'articolo sono mie.


HANNO UCCISO LA MAESTRA (e il papà)

Mi fa un certo effetto sentire come i bambini di oggi parlano della loro maestra, anzi delle loro maestre: «La Monica mi insegna questo, la Claudia quest’altro, poi c’è Giovanni che viene in classe il mercoledì». Quando li incontrano li salutano così: «Ciao Monica, ciao Claudia, ciao Giovanni».
Ai nostri tempi c’era una sola maestra, anzi una sola «signora maestra», e ricordo il sacro terrore con cui ci rivolgevamo a lei. Il primo giorno di scuola fui buttato fuori dall’aula. Avevo fatto cadere per terra il calamaio pieno di inchiostro, che allora era fissato a ogni banco. La maestra mi disse che ero brutto e cattivo, all’uscita assicurai a mia mamma che a scuola non ci sarei andato mai e arcimai più. Oggi partirebbe una denuncia alla procura e in sostegno del bambino si attiverebbe un pool di psicologi; ma quel giorno mi sentii rispondere dai miei genitori che avevo sbagliato io a smanettare con il calamaio avvitato sul banco, e che la maestra aveva fatto benissimo a sbattermi fuori.

Quando la signora maestra entrava in classe, noi bambini tutti in grembiule ci alzavamo in piedi, poi c’era la preghiera, ogni tanto dovevamo cantare la bandiera del tricolore, è sempre stata la più bella, noi vogliamo sempre quella, noi vogliam la libertà.
La nostra libertà era stare cinque ore con le braccia incrociate dietro la sedia, in religioso silenzio, ad ascoltare la lezione. Invidiavo mio fratello perché la sua maestra, una sessantottina ante litteram, in una botta di anarchismo aveva lasciato ai bambini un’alternativa: le braccia conserte sul banco invece che dietro la schiena. Per la mia maestra quella era invece una posa da scansafatiche.

E però mai, dico mai, l’ho percepita come un’aguzzina, anzi. Non di rado mi capitava, quando mi rivolgevo a lei precipitosamente, di chiamarla «mamma». Cercavo di recuperare immediatamente: «Mi scusi signora maestra»; lei fingeva di essere scocciata ma si capiva che era contenta del lapsus.
La signora maestra era una presenza fissa, un totem sacro, un perno attorno al quale girava la nostra infanzia, la guida che ci introduceva alla scoperta del mondo: le divisioni a tre cifre e l’eccezione di scienza e coscienza, le guerre puniche e gli Orazi e i Curiazi, gli affluenti del Po e le Cozie e le Graie, che cosa succede in un alveare e la fotosintesi clorofilliana.

L’infanzia ha bisogno di certezze, e la maestra - con le sue regole e la sua separazione chiara tra dovere e piacere - ci ha dato sicurezza, chiarezza, serenità. È stata una bussola, un paracadute, una luce. Ho sempre ritenuto che sia stato un grande errore sostituire la maestra unica con un pool di maestri. Per giustificare la sovrabbondanza di personale, si è inventata la balla della multidisciplinarietà. Ora vedo che ci hanno ripensato: la maestra unica era un punto fermo, un volto destinato a restare impresso per sempre nella nostra memoria e nel nostro cuore.
Io non ho certo dimenticato la mia. È un po’ che non la incontro per strada, non so neanche se sia ancora viva. Ma mi piacerebbe ritrovarla, ricordare con lei di quando mi mandò fuori dalla porta il primo giorno o di quando, sempre per punizione, mi metteva nei banchi tra la femmine (provvedimento anche questo oggi improponibile). Mi piacerebbe ricordare tutto questo con lei, riderci su, e poi abbracciarla e dirle grazie per essere stata la mia «signora maestra» e non aver fatto finta di essere una mia amica.

TU, PRESIDENTE

A proposito del «tu» alla maestra, credo che i bambini siano del tutto incolpevoli: il «lei», in Italia, per una ventina d’anni abbondante è stato bandito come residuo degli ipocriti formalismi d’antan. Non che il darsi del «tu» sia un fatto negativo, però a volte il «lei» serve per riconoscere, se non una distanza, un rispetto per l’autorità.
Una volta era d’obbligo anche tra i rivoluzionari. Un giorno dell’immediato dopoguerra, quando i comunisti aspettavano la «seconda ondata», l’allora segretario del Pci Palmiro Togliatti fu interrotto durante una riunione di una cellula di periferia da un giovane militante che gli eccepì: «Il tuo discorso contiene un errore». Togliatti replicò: «Mi aiuti a ricordare, compagno, quando io e lei ci siamo conosciuti».

Negli anni successivi alla mitica contestazione del Sessantotto si cominciò a dare del tu a tutti: al segretario di partito, al prete dell’oratorio, al capoufficio, al preside. Una storica svolta è dell’inizio degli anni Ottanta e porta la firma di Emilio Fede che, all’epoca telegiornalista Rai, intervistò in diretta il presidente del Consiglio Giovanni Spadolini incalzandolo con un «tu, presidente». Avesse avuto davanti il Papa, ci sarebbe toccato sentire «tu, Santità».
Spadolini dovette abbozzare, subendo lo spirito dei tempi. Eppure, mi raccontavano i vecchi colleghi, quando lo stesso Spadolini si presentò ai giornalisti del Corriere come nuovo direttore (fine anni Sessanta), un cronista rischiò il licenziamento per avergli chiesto: «Direttore, possiamo darci del tu?». «Faccia lei» rispose gelido Spadolini, in stile Togliatti (...).

IL PANDA-PAPÀ

Sarebbe il caso di abolire ufficialmente la festa del papà. Non se la fila più nessuno, ormai nemmeno quelli della pubblicità. Che differenza con la festa della mamma, e ancora di più con quella della donna. L’8 marzo è un’alluvione di mimose e di inchieste giornalistiche; si fa la conta di quante donne ci sono in Parlamento e alla guida di grandi aziende e poi con una certa indignazione ci si chiede: ma non dovrebbero essere di più?

Guai al marito o fidanzato che si dimentichi auguri e regalo, l’8 marzo. A noi papà, invece, di regali non si parla neppure, meno male che qualche suora o qualche maestra si ricorda ancora di suggerire ai bambini delle materne e delle elementari di preparare un lavoretto. Tanto i bambini sono piccoli, non sanno ancora che noi poveri papà siamo gente che non conta più un fico secco, una categoria in via di estinzione come gli stenografi o gli spazzacamini: se ci riunissimo in un partito politico conteremmo più o meno come il Psdi (non ci crederete ma esiste ancora, il Psdi).
Sono d’accordo sulla maggiore attenzione prestata alle mamme: il fardello più pesante lo portano loro, non c’è dubbio. Ma noi papà non solo non contiamo niente, subiamo anche la beffa di essere considerati dei privilegiati. Beati voi che lavorate, beati voi che vi gratificate, beati voi che c’è il calcio.

Oltre alle mogli anche i figli ci mandano a stendere. La Eta Meta Research ha pubblicato uno studio eseguito con un pool di trenta psicologi: sette figli su dieci si dicono insoddisfatti dei propri padri. Forse perché siamo troppo assenti come dice il sociologo di turno? Forse perché passiamo troppo tempo sul lavoro? Neanche per sogno: i pargoli sono insoddisfatti, dice la ricerca, perché caro papà «non sei diventato abbastanza ricco e potente». Il 63 per cento accusa il genitore di «non aver fatto abbastanza carriera», il 58 di «non aver raggiunto una posizione tale da garantire loro un futuro privo di preoccupazioni». Dei bancomat, ecco che cosa siamo diventati. Beffa nella beffa, più della metà (54 per cento) salva la mamma, mentre solo il 9 per cento si dice pienamente soddisfatto del proprio padre.

Invoco un Telefono Grigio che faccia da contrappunto al Telefono Azzurro. Anche perché, diciamo la verità: i papà della mia età sono i migliori mai apparsi sulla Terra.
Fateci caso: fino a questa nostra sciaguratissima generazione, quanti padri hanno lavato un piatto? Sparecchiato un bicchiere? Cambiato un pannolino? Infilato una suppostina? Azionato quel diabolico marchingegno che è un aerosol? Spinto una carrozzina? Cucinato la pappetta, che guai se scotta, e imboccato la creatura? I nostri padri entravano in casa, si mettevano le pantofole e infilavano le gambe sotto il tavolo. Serviti e riveriti. Si diceva: ha già fatto la sua parte portando a casa lo stipendio. Adesso le nostre mogli quando siamo a casa ci riempiono di commissioni e incombenze: ti sei divertito tutto il giorno in ufficio, ora sotto a lavorare.
Il papà una volta era la prima autorità: oggi si cerca di farlo sparire degradandolo al ruolo di vicecolf.

Ho il sospetto che la rimozione sia stata preparata con cura da tempo. La mia generazione è cresciuta con la compagnia di un mondo fantastico popolato di zii, nonni, nipoti, fidanzati e amici: Paperino e Paperone, Topolino e Pippo, Minnie e Paperina, Qui Quo Qua e Tip e Tap, Paperoga, Orazio e Clarabella, Gastone, Nonna Papera. Nessuno si sposava mai, nessuno aveva né figli né (misteriosamente) genitori. Come se avessero voluto prepararci a un futuro senza famiglia. (n.d.r. Un caso che Walt Disney fosse massone?)
Dietrologie malate? Può darsi. Sta di fatto che la figura del padre sta per essere eliminata perfino dall’anagrafe. Si potrà scegliere, infatti, tra il cognome del padre e quello della madre. Quando la legge è stata approvata al Senato, sui giornali sono partiti i divertissement: come si chiamerebbero i politici se scegliessero il cognome della mamma? Berlusconi sarebbe Silvio Bossi; Bossi: Umberto Mauri; Fini: Gianfranco Marani; D’Alema: Massimo Modesti; Rutelli: Francesco Gentili; Casini: Pier Ferdinando Vai; Napolitano: Giorgio Bobbio.
Come al solito si parla di progresso, di pari opportunità. Ma credo che le prime a capire la fregatura saranno proprio le donne. Fare un figlio è talmente una faccenda femminile che, se leviamo al nascituro il nome del padre, tutto si riduce a una storia tra lui e sua madre. Così i padri perderanno definitivamente ogni autorità, ma anche ogni responsabilità. E potranno riprendere tranquillamente a far carriera, divertirsi con gli amici e magari anche sparire, lasciando sole le donne con le loro mirabili conquiste civili.

Il festino degli orrori


Qualche giorno fa riflettevo se inserire o meno questa notizia. Ero parecchio disgustato dall'epilogo della vicenda di Eluana e mi sembrava in un certo senso di mancarle di rispetto.
Sono passati dei giorni, la polemica si è smorzata, ed è venuto il tempo di far luce su un altro particolare scabrosissimo legato alla morte della ragazza.

Forse non tutti sanno che la sera della morte, l'avvocato degli Englaro ha organizzato un sontuoso banchetto di ringraziamento.

Una donna è morta da poche ore, uccisa per altro in modo barbaro e cosa fa l'avvocato Giuseppe Campeis...pensa bene di offrire una suntuosa cena di ringraziamento ai giornalisti.
Ringraziamento?! Per cosa? Naturalmente per la vittoria ottenuta!!
Una vera e propria festa, con tanto di brindisi, andata avanti fin quasi all'alba...
A cosa si è brindato, mi domando?
Alla morte...

Capite cari fratelli e sorelle, si brinda alla morte procurata come niente fosse, con disinvoltura e naturalezza, quasi a dire "che male c'è". Si uccide e si festeggia, come fanno in certi clan camorristici, come fanno alcuni spietati assassini... Ma nessuno dice niente, tutto è lecito, tutto è "legale".

Ma dove stiamo andando a finire?

Il Signore abbia misericordia di noi!

Dalla paralisi dell'aborto può liberare solo Gesù


Tratto dall'Omelia per la VII Domenica del tempo ordinario di padre Angelo del Favero
pubblicata da Zenit.org
titolo originale "Solo Gesù guarisce la paralisi dell’aborto"

[...]
Questo paralitico ha chiesto l’aiuto dei suoi amici. Si sono fatti “in quattro” per portarlo da Gesù, ma se il tetto di quella casa di Cafarnao fosse stato di cemento, l’impresa non sarebbe riuscita.

Cosa voglio dire?

Anzitutto questo: quando la gioia di vivere è andata perduta, e l’esistenza è un collasso psicologico permanente perché la ferita profonda di ciò che abbiamo o ci hanno fatto continua a sanguinare giorno e notte, allora solo il Signore Gesù può guarire la paralisi del cuore, Lui solo ha il potere di risuscitare l’anima: “..e Io ti assolvo dai tuoi peccati nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito santo”.

Certo non basta il gesto materiale e formale della confessione in sé, ma è necessario un pentimento sincero mediante il quale il cuore deve rientrare in se stesso e cominciare a togliere ciò che lo separa da Dio: travi di giudizi e di peccati passati, canne di orgoglio che non si piega e non si spezza, rami di turbamento che soffocano la preghiera, il tutto nell’argilla fragile dei nostri sensi e sentimenti perturbati.

Non è l’analisi psicologica che opera la necessaria e radicale pulizia dell’anima (anche se il suo contributo può essere tanto importante quanto quello dei quattro barellieri della parabola), ma Dio solo, che interviene sempre efficacemente quando trova l’umiltà del cuore: “Contro di te, contro te solo ho peccato, quello che è male ai tuoi occhi, io l’ho fatto” (Salmo 51,6).

Ma quando la nostra volontà si indurisce, e non vogliamo muoverci per accogliere il perdono divino, né perdonare a chi ci ha fatto del male, né perdonare a noi stessi e forse nemmeno a Dio, allora stendiamo un tetto di cemento tra noi e Gesù, che ci impedisce di discendere interiormente fino ai suoi piedi per accostarci con fiducia al trono della Suo Amore misericordioso.

Pensiamo, ad esempio, alla cosiddetta “sindrome del post-aborto”.

Sembrerebbe trattarsi di una malattia come tante: “sindrome ansioso-depressiva; colite psicosomatica; ipertensione arteriosa da stress..”. Ma la sindrome del post-aborto è anzitutto una paralisi dell’anima, e come tale solo il Figlio di Dio la può guarire radicalmente. I suoi sintomi sono una conseguenza della perdita della pace del cuore, poiché l’aborto è una tragedia che consiste anzitutto nella decisione omicida della coscienza personale, davanti a Dio, a se stessi e al bambino nel grembo. E se la coscienza sociale della gente sembra aver perduto il senso morale dell’abominevole delitto chiamato “interruzione volontaria della gravidanza”, una tale anestesia non riguarda, in profondità, la mamma che ha acconsentito all’uccisione del suo figlio, anche se in quel momento drammatico, o in quel periodo della vita, la voce della sua coscienza fosse stata tanto sottile da venire soffocata dal rumore sordo del turbamento, o dal chiasso delle ragioni più materiali e superficiali che l’hanno indotta a chiedere il certificato di morte per suo figlio.

Non poche volte, nel mio confessionale, ho ascoltato madri che per anni, perfino decine di anni, non avevano trovato il coraggio di varcarne la soglia dopo avere abortito. E quale gioia cresceva dentro di me, mentre le ascoltavo tra fiumi di lacrime, sapendo che di lì a poco sarebbe ancora una volta accaduto ciò che annuncia oggi il profeta Isaia: “Non ricordate più le cose passate, non pensate più alle cose antiche! Ecco, io faccio una cosa nuova: proprio ora germoglia, non ve ne accorgete? Aprirò anche nel deserto una strada, immetterò fiumi nella steppa. Io, io cancello i tuoi misfatti per amore di me stesso, e non ricordo più i tuoi peccati” (Is 43,18-25). Queste parole descrivono gli effetti vitali del Sacramento della Riconciliazione.

Si sente dire spesso che per perdonare è necessario dimenticare: non è vero e non è possibile!

Allo stesso modo in cui il paralitico non potrebbe alzarsi se gli si dicesse: dimentica le tue gambe, alzati! E’ Dio che cancella dalla Sua memoria i nostri peccati, come annuncia oggi Isaia, e di conseguenza il loro ricordo non è più velenoso per l’anima, perché il Suo perdono purifica la nostra memoria.

Ma ciò accade solo quando ci accostiamo al trono della sua Misericordia, nel confessionale, poiché dipende da noi rimuovere...l’eclissi.

L’uccisione di un figlio nel grembo, infatti, in qualunque modo e tempo avvenga, opera un’eclissi totale interiore che intercetta la luce e il calore del Sole divino che dimora nell’anima e le da’ la vita; di conseguenza l’intera persona è precipitata in una “foiba” di morte interiore. E adesso, chi può spostare il pianeta dal cielo dell’anima?

Quella di Isaia: “Non ricordate più le cose passate, non pensate più le cose antiche!”(Is 43,18), non è una semplice esortazione, tanto pia quanto impraticabile, ma l’annuncio del dono di un miracolo: “Alzati, prendi la tua barella e va’ a casa tua!” (Mc 2,11). Il paralitico non dimenticherà mai la sua paralisi, ma la barella è lì come un trofeo glorioso.

[...]

venerdì 20 febbraio 2009

Le bugie rosse che hanno fatto la storia...


Da Il Timone

Il 5 marzo 1953, alle ore 21,50, moriva Giuseppe Stalin. Per causa sua, e dell’ideologia comunista, milioni di uomini furono processati, torturati, imprigionati, condannati ai lavori forzati ed infine sterminati. Naturalmente i credenti di ogni religione, specialmente gli ortodossi ma anche milioni di cattolici subirono atroci persecuzioni. Notizie note anche a quell’epoca.

Tuttavia, l’Unità, giornale dell’allora Partito Comunista Italiano, appresa la morte del dittatore sovietico, scriveva:

"i comunisti e i lavoratori italiani, inchinano le loro bandiere dinanzi al Capo dei lavoratori di tutto il mondo, al difensore della pace [sic!], al costruttore della società socialista, all’Uomo che più di tutti ha fatto per la liberazione e per il progresso del genere umano [sic!]".

Anche il senatore Sandro Pertini, poi Presidente della Repubblica, intervenne il 6 marzo per commemorare la morte di Stalin. Sono sue molte espressioni che oggi farebbero semplicemente rabbrividire.

Eccone una: "Amici ed avversari debbono oggi riconoscere l’immensa statura di Giuseppe Stalin. Egli è un gigante della storia e la sua memoria non conoscerà tramonto".

Satanismo e violenze sui minori, un orrore senza fine!



Si sente spesso parlare di rapimenti di minori e violenze sui minori, in pochi sanno che nella maggior parte dei casi dietro le reti di pedofili e trafficanti di bambini si nascondono organizzazioni sataniste. "Michela", fuggita da una potente setta satanica italiana ha raccontato in un capitolo crudo e sconcertante la terribile realtà dei cruenti rituali sui bambini. Sono più frequenti di quanto si possano immaginare e coinvolgono molte importanti personalità del nostro paese. "Michela" non fa nomi, ma assicura...con lei c'erano molti personaggi famosi.

Pedofilia, aborto, omosessualità, stupro, omicidio...quante nefandezze!


Tratto dal libro "Michela fuggita da satana, la mia lotta per scapparedall'Inferno", PIEMME

I rituali sui bambini

Ho lasciato consapevolmente per ultimi i ricordi che mi fanno più male. Non posso però evitare di raccontarli qui, perché sono convinta che sia necessario rendere tutti consapevoli di quello che veramente sono e fanno le sette sataniche.

Il peggio succedeva quando era la vigilia delle feste dedicate agli angeli e ai bambini: i tre arcangeli Michele, Gabriele e Raffaele (29 settembre), gli angeli custodi (2 ottobre), il Natale (25 dicembre), i santi innocenti (28 dicembre), l'Epifania (6 gennaio), la presentazione del neonato Gesù al tempio (2 febbraio, lacosiddetta Candelora).

In particolare queste ultime tre circostanze vedevano in primo piano i rituali sui bambini, che per me sono stati i più drammatici in assoluto. A volte, durante la messa nera, un bambino veniva chiuso vivo dentro un sarcofago. Però non so se poi lo lasciavano oppure lo toglievano: in quei riti la Dottoressa mi portava via prima della conclusione, dato che non avevo ancora raggiunto il livello giusto all'interno della setta. In un'altra circostanza a una bambina è stata fatta bere una pozione che credo fosse velenosa, poiché subito dopo ha cominciato ad avere dolori atroci alla pancia: si contorceva in maniera pazzesca, fino a cadere a terra priva di sensi.
La notte del 5 gennaio era destinata al battesimo diabolico, con la consacrazione dei neonati a Satana. Una madre portò davanti all'altare un bambino che poteva avere due-tre mesi e lo consegnò al Sacerdote, che fece con il pugnale una aspersione di sangue sul suo corpicino e pronunciò alcune formule.

La donna venne premiata con un rapporto sessuale con il Sacerdote e con un altro adepto a sua scelta. Al momento dell'elevazione del calice, le fu permesso inoltre di alzarlo tenendolo insieme con il Sacerdote: e questo era davvero un grande onore.

Un'altra volta ho visto la consacrazione del feto che una gestante ha fatto, offrendolo a Satana mentre ancora portava il bambino nella pancia. Quella donna l'ho rivista nelle settimane successive. Poi purtroppo poteva capitare che il figlio nascesse - o fosse tirato fuori con il cesareo - e avesse vita breve, perché tutto era in funzione della glorificazione del demonio. Quei donati, figli di donne che facevano parte della setta,venivano partoriti clandestinamente, con l'assistenza di medici compiacenti, e non risultavano registrati all' anagrafe.
Io non ho mai preso precauzioni per evitare di rimanere incinta, nonostante nei riti ci fossero rapporti di ogni tipo. Né venivano utilizzati preservativi, neanche contro il rischio della trasmissione di malattie sessuali Comunque, quando una di noi era incinta veniva considerata una prediletta di Satana e suo figlio, nella nostra follia, rappresentava un dono per lui.

Nella notte del 27 dicembre, in spregio di quei bambini che furono uccisi da Erode e che la Chiesa cattolica venera come martiri innocenti, veniva offerto a Satana il sacrificio di un bimbo. Qualche settimana prima, durante un sabato notte, avevo sentito il Sacerdote arrabbiarsi con un confratello che non aveva ancora trovato il bambino da offrire per quella data: evidentemente poi quella tragica ricerca era andata a buon fine.

Si trattava di un maschietto di seis-ette anni, vestito con una tunica bianca, senza cappuccio. Stava attaccato alle braccia del Sacerdote, come se si fidasse di lui, e probabilmente era stato drogato. Le formule utilizzate non le avevo mai sentite in precedenza: veniva invocato soltanto Asmodeo, mentre nelle altre occasioni sentivo nominare anche Lucifero e Belzebù. La Dottoressa mi stava di fianco e mi sussurrava: «Vedi com'è fortunato... lui può donare a Satana la sua innocenza...».
Mentre un altro adepto teneva fermo il bambino, il Sacerdote lo stese sull'altare e cominciò a fargli sgocciolare addosso cera bollente. Anche altri confratelli gli posarono sul corpo piccoli carboni accesi. Il piccolo urlava e in tutti noi cresceva la rabbia verso di lui. Poi il Sacerdote lo sodomizzò e altrettanto fecero gli altri maschi della setta. A vedere gli abusi pazzeschi a cui veniva sottoposto questo povero bambino provai un blocco che mi rese totalmente incapace di fare una qualunque cosa contro di lui. Probabilmente mi era tornata in mente qualche violenza subita nella mia infanzia. La Dottoressa decise allora che per potere fare ulteriore carriera nella setta avrei avuto bisogno di una più intensa "terapia". Avrebbe intensificato le sedute per aiutarmi a superare il mio blocco con i bambini. Era già in programma (subito dopo che avessi portato a compimento la "missione" contro Chiara) una messa nera in cui era prevista l'offerta di un bambino a Satana e io avrei dovuto dimostrare di avere superato il mio blocco. Seppi dalla Dottoressa che dovevo formarmi adeguatamente perché in alcuni riti l'offerta di un bambino a Satana avrebbe dovuto concludersi con il taglio dei testicoli, e la deposizione del cuore del bimbo dentro al calice.

Sono quegli occhi smarriti e terrorizzati l'incubo che mi porterò dietro per tutta la vita anche se alcune scene a cui ho assistito durante questi riti (in cui tra l'altro ero imbottita di droghe e di alcolici) devono essere state talmente traumatiche per me che non riesco neanche a ricordarle; quando mi torna in mente qualche flash provo un dolore così lancinante che ho proprio l'impressione di impazzire. Anche di recente, quando mi hanno messo in braccio dei bambini piccoli, sono stata presa da un'angoscia che mi ha costretta a ridarli alla mamma e a scappare via fra le lacrime. Quando, nei primi tempi della conversione, mi confidavo con Chiara, le ripetevo che - anche se la misericordia infinita di Dio mi avesse perdonata - io non sarei mai riuscita a perdonarmi per ver assistito a tali riti così orribili.

Per quello che ho compreso, alcuni dei bambini sacrificati dalla setta erano stati presi per strada, scegliendoli fra quei piccolini che chiedono l'elemosina ai semafori e dei quali nessuno in sostanza si cura. Se anche scompaiono, è difficile che le loro famiglie zingare facciano la denuncia alle forze dell'ordine. Altri bambini arrivavano invece dal giro della pedofilia, che non di rado è invece una copertura per le attività sataniche.


Consigli sulla lotta spirituale rivelati a Santa Faustina Kowalska


Una serie di consigli sempre utili per combattere la buona battaglia!

«Figlia Mia, voglio istruirti sulla lotta spirituale.

1. Non confidare mai in te stessa, ma affidati completamente alla Mia volontà.

2. Nell'abbandono, nelle tenebre e nei dubbi di ogni genere ricorri a Me ed al tuo direttore spirituale, che ti risponderà sempre a Mio nome.

3. Non metterti a discutere con nessuna tentazione, chiuditi subito nel Mio Cuore ed alla prima occasione rivelala al confessore.

4. Metti l'amor proprio all'ultimo posto, in modo che non contamini le tue azioni.

5. Sopporta te stessa con molta pazienza.

6. Non trascurare le mortificazioni interiori.

7. Giustifica sempre dentro di te l'opinione dei superiori e del confessore.

8. Allontanati dai mormoratori come dalla peste.

9. Lascia che gli altri si comportino come vogliono, tu comportati come voglio Io da te.

10. Osserva la regola nella maniera più fedele.

11. Dopo aver ricevuto un dispiacere, pensa a che cosa potresti fare di buono per la persona che ti ha procurato quella sofferenza.

12. Evita la dissipazione.

13.Taci quando vieni rimproverata.

14. Non domandare il parere di tutti, ma quello del tuo direttore spirituale; con lui sii sincera e semplice come una bambina.

15. Non scoraggiarti per l'ingratitudine.

16. Non indagare con curiosità sulle strade attraverso le quali ti conduco.

17. Quando la noia e lo sconforto bussano al tuo cuore, fuggi da te Stessa e nasconditi nel Mio Cuore.

18. Non aver paura della lotta; il solo coraggio spesso spaventa le tentazioni che non osano assalirci.

19. Combatti sempre con la profonda convinzione che Io sono accanto a te.

20. Non lasciarti guidare dal sentimento poiché esso non sempre è in tuo potere, ma tutto il merito sta nella volontà.

21. Sii sempre sottomessa ai superiori anche nelle più piccole cose.
22. Non t'illudo con la pace e le consolazioni; preparati a grandi battaglie.
23. Sappi che attualmente sei sulla scena dove vieni osservata dalla terra e da tutto il cielo; lotta come un valoroso combattente, in modo che Io possa concederti il premio.

24. Non aver troppa paura, poiché non sei sola

Quaderno n. 6/2 di Suor Faustina

Ermanno lo storpio ed Eluana


Raccontiamo attraverso la penna di Rino Camilleri qualche tratto della vita di sant'Ermanno lo storpio o il "rattrappito", così chiamato per via delle vistose deformità che gli rendevano difficile perfino lo star seduto su un'apposita sedia.

"In un mondo pagano egli sarebbe stato, senza esitazione di sorta, lasciato morire all’atto stesso della nascita. I pagani d’oggi, soprattutto quando si dica loro che il piccolo Ermanno era uno dei quindici figli, dichiareranno che non avrebbe mai dovuto nascere; se poi diventano ancor più razionali, affermeranno che un simile aborto avrebbe dovuto essere eliminato senza dolore. E lo ripeterebbero con calore ancora maggiore quando aggiungerò che i competenti di novecento anni fa lo dichiararono anche‚ deficiente." Martindale scrive intorno al 1950.
E noi cosa diremmo?...

Che cosa fecero quei poveretti ancor sommersi in quelle che abbiamo la faccia tosta di chiamare le ‘tenebre del medioevo’? Lo mandarono in un monastero e pregarono per lui.

P.s. Sue sono le due bellissime preghiere mariane Salve Regina e Alma Redemptoris Mater!


Ermanno lo storpio ed Eluana, due diverse modalità di accoglienza

di Rino Cammilleri

Il Sussidiario

giovedì 12 febbraio 2009

Quando nacque, nel 1013, suo padre, il conte Wolfrat di Altshausen, lo prese come una punizione divina. Ermanno, infatti, fu detto «il contratto» perché era conciato, tanto per fare un esempio, come Michel Petrucciani, il famoso pianista jazz da poco scomparso. Uno sgorbio di natura, un disabile così disabile da sembrare non un uomo ma un tralcio contorto. Eppure, come Petrucciani, si rivelò un genio.
Si fece monaco benedettino nell’abbazia di San Gallo e poi a Reichenau, diventando un maestro di portata mondiale che papi e imperatori facevano a gara per incontrare. Per l’ecletticità delle sue opere fu chiamato miraculum saeculi e anche doctor marianus (per aver musicato il Salve Regina e l’Alma Redemptoris Mater). La sua disabilità non gli impedì di viaggiare moltissimo e di scrivere un numero stupefacente di trattati in ogni disciplina. Inventò anche un nuovo modo di notazione musicale e uno rivoluzionario per la storiografia (cioè, «scientifico», come lo si fa oggi). Morì a quarantadue anni nel 1054 e fu beatificato dalla Chiesa.

Il suo è solo un esempio tra i tanti che potremmo addurre per affermare che ogni vita (ripetiamo: ogni) è degna di essere vissuta. L’individualismo utilitaristico agnostico di origine illuminista che l’edonismo ha reso ormai di massa (potentissimamente aiutato - anzi, indotto - dai massmedia) ci spinge a dividere il nostro prossimo in due categorie, la seconda delle quali è costituita dagli «inutili». Chissà perché questi ultimi vorremmo trattarli peggio dei «dannosi», di cui le galere sono piene.
Il suicidio, caritatevolmente assistito o meno, era vietato nei tempi cristiani non solo perché immorale dottrinalmente parlando, ma anche per un motivo più spiccio: piaccia o no, siamo tutti sulla stessa barca e a nessuno è consentito “chiamarsi fuori”, perché costringerebbe un altro a remare per due.

Il recente «caso Eluana» ha visto non pochi sepolcri imbiancati chiedere, a giochi fatti, rispettoso silenzio. Invece lo grideremo sui tetti fino a farli diventate sordi, imitando il padre di Eluana che ha fatto di tutto per anni affinché il suo caso avesse risonanza mondiale. Si può comprendere, certo, la disperazione. Ma non il “contagio” volontario di essa. La vita non è un giocattolo, che quando non mi diverte più lo butto via. La vita è un compito, serio e severo, che si può svolgere anche stando immobilizzati su un letto. A Hollywood tutti vogliono fare le parti assegnate a Brad Pitt e pochi quelle di Danny De Vito. Tuttavia, il secondo ha più Oscar del primo. Perché quel che conta, nel dramma dell’esistenza, non è la parte che fai ma come la fai.

Cattolici, ebrei e nazismo


da Il Timone

Nel 1943, don Giovanni Calabria, fondatore delle Piccole Serve della Divina Provvidenza, canonizzato da Giovanni Paolo II il 19 aprile del 1999, accoglieva nel convento di San Zeno in Monte una dottoressa ebrea, la professorossa Mafalda Pavia, che, dopo l’emanazione delle leggi razziali, era stata costretta a lasciare l’ospedale m cui operava con grande stima dei suoi colleghi. Don Calabria la nascose fingendola una delle religiose, dandole il nome di Suor Beatrice e invitando le sue suore ad ospitarla coraggiosamente. Nel convento, la dottoressa ebrea ebbe modo di studiare la figura di san Paolo e apprezzarne lo spinto di carità apostolica che contraddistinse il grande apostolo delle genti. Come si vede, è questo uno degli innumerevoli casi in cui cattolici aiutarono gli Ebrei pe seguitati dal nazi-fascismo

Ci chiediamo: sarebbe stato possibile tutto ciò se Papa Pio XII fosse stato, come accusano i laicisti, convivente con il Nazionalsocialismo ?

Omosessualità: si può uscirne?


Data l'attualità dell'argomento è bene rinfrescare la memoria con un ottimo articolo del giornalista e scrittore cattolico Mario Palmaro.

L'omosessualità è una condizione patologica. Dalla quale, se si vuole, si può uscire. Ma l'azione di una potente lobby gay mira a nascondere questa verità.

L'omosessualità come fatto normale. Da almeno trent'anni nella società occidentale opera una potente lobby che vuole far entrare nella testa della gente questa semplice idea: l'omosessuale è come un mancino, certo più raro delle persone che usano la mano destra, ma non per questo giudicato una persona "che sbaglia". Insomma: "gay è bello" almeno quanto essere un eterosessuale. Chiunque sostenga il contrario, perde il diritto di parlare nel grande salotto del villaggio globale e viene liquidato come un intollerante che discrimina gli omosessuali, che li odia e che li considera individui pericolosi e senza speranza. Ovviamente, si tratta di un'accusa completamente falsa, che vuole solo neutralizzare la verità: e cioè che l'omosessualità è una condizione patologica, che ostacola la piena realizzazione della persona.

Un nuovo concetto di normalità

Siamo di fronte a una classica operazione di ingegneria sociale che vorrebbe trasformare una normalità di tipo sociologico in una normalità di tipo antropologico morale: se gli omosessuali sono presenti in numero rilevante, e la gente li approva, allora significa che essere gay è un comportamento assolutamente innocente del punto di vista etico. Non a caso, il Movimento di Liberazione Gay, fondato a New York nel 1969, rivendica due cose: la tolleranza, intesa come piena eguaglianza sociale, economica, politica e giuridica dell'omosessuale in quanto tale; e l'approvazione, intesa come l'idea diffusa che l'omosessualità sia una cosa normale. Ma se questa lobby gay si presenta all'opinione pubblica orgogliosa e compatta, ben diversa è la realtà esistenziale delle singole persone che vivono questa condizione: una vita segnata spesso dalla sofferenza e dall'inquietudine, aggravate dagli atteggiamenti urlati e provocatori del movimento d'opinione che cavalca la tigre della trasgressione sessuale. C'è un paradosso che molti ignorano: il primo passo per aiutare gli omosessuali è riconoscere serenamente che in quella condizione essi vivono male. Anche quando sia apparentemente accettata con serenità, l'omosessualità non sarà mai compatibile con i livelli più profondi della persona.
L'omosessualità come malattia

Dunque, giornali, TV, film, situation comedy sono pesantemente condizionate da questa lobby omosessuale, che ogni giorno muove qualche piccolo passo per "normalizzare" l'immagine dei gay agli occhi del pubblico. Le tecniche utilizzate sono molto simili a quelle messe in campo dalla lobby femminista negli anni Settanta, quando film e telefilm furono invasi da donne-giudice, donne-poliziotto, donne-soldato, allo scopo di suscitare processi di immedesimazione nel pubblico femminile. Oggi, le fiction Tv e i film si riempiono di personaggi che non nascondono, e anzi ostentano la loro omosessualità, come affermazione di una categoria socialmente rilevante: il pubblico assimila così il messaggio subliminale che non c'è proprio nulla di strano ad assumere pubblicamente il "ruolo" di omosessuale, felice e contento della propria condizione. Anche nel campo della psichiatria e della psicanalisi la lobby gay ha esercitato fortissime pressioni per indurre gli studiosi a un riconoscimento della normalità della omosessualità. La gente non sa un fatto clamoroso: i tre grandi pionieri della psichiatria - Freud, Jung e Adler - consideravano l'omosessualità come una patologia. Oggi, invece, il termine omosessualità è scomparso dai manuali psichiatrici delle malattie mentali. Ma, come scrive lo psicologo americano Joseph Nicolosi, nessun tipo di ricerca sociologica o psicologica spiega tale cambiamento di tendenza, e nessuna prova scientifica è stata fornita per confutare 75 anni di ricerche cliniche sull'omosessualità come stato patologico.

Omosessuale "per natura"

Spesso, i gay credono di essere nati tali. La stessa opinione pubblica è portata a pensare che certe persone "sono fatte così, e non c'è nulla che possano fare per cambiare". Il riconoscimento giuridico e sociale dell'omosessualità sarebbe scontato, se fosse scientificamente provato che essa è una condizione innata. Ma è stato provato esattamente il contrario: e cioè che i fattori genetici e ormonali non svolgono un ruolo determinante nello sviluppo della omosessualità. Possono predisporre, ma mai predeterminare l'omosessualità. Dunque, non esiste alcun "gene dell'omosessualità" che costringa una persona a essere tale. Possono esservi invece condizioni innate che rendono più facile lo scivolamento verso l'omosessualità. Ma l'essere gay resta un fenomeno prettamente psicologico.

Guarire si può

Il vero scoop, in termini giornalistici, è proprio questo: che dalla omosessualità è possibile liberarsi. Non si tratta di un'affermazione teorica, o di un auspicio di natura morale: autorevoli psicologi che da anni lavorano in questo campo possono documentare numerose "guarigioni" di persone gay che - ovviamente senza alcun tipo di costrizione - hanno iniziato una cura psicanalitica seria, e sono completamente usciti dal tunnel di una personalità incompiuta. Certo, il primo passo di questo non facile cammino è riconoscersi bisognosi di aiuto, e infrangere il luogo comune imposto dai media secondo cui, al contrario, bisognerebbe arrendersi al fatto che omosessuali si nasce. Nulla di più falso: innumerevoli studi hanno ormai dimostrato che l'orientamento omosessuale è legato a una serie complessa di fatti accaduti alla persona durante l'infanzia e l'adolescenza. Questa rivelazione dimostra che la lobby gay non solo fa del male alle persone che afferma di voler tutelare, ma, ancor di più, induce l'opinione pubblica a trascurare una serie di informazioni educative che potrebbero in molti casi prevenire l'insorgere del problema. Sappiamo, ad esempio, che nel vissuto di moltissimi omosessuali maschi adulti c'è un padre evanescente; e spessissimo c'è una famiglia sfasciata, un divorzio. Non a caso, anche qui il miglior modo per prevenire è difendere la famiglia, recuperando in particolare la figura di un padre affettuoso ma autorevole, capace di dettare delle regole e dei divieti. In questo senso, i movimenti di liberazione omosessuale sono degli acerrimi nemici della famiglia.

L'insegnamento della Chiesa

La Chiesa cattolica continua a insegnare - in perfetta fedeltà alla Sacra Scrittura e alla Tradizione - che "gli atti di omosessualità sono intrinsecamente disordinati, contrari alla legge naturale, e in nessun caso possono essere approvati" (Catechismo della Chiesa cattolica, n. 2357). Il Magistero tiene distinti i comportamenti dalle tendenze: poiché la genesi psichica dell'omosessualità rimane in gran parte inspiegabile, la semplice presenza di tale tendenza non costituisce una colpa, e anzi le persone che si trovano in questa condizione devono essere accolte "con rispetto, compassione, delicatezza" (n. 2358). Ma è altrettanto evidente che le persone omosessuali sono chiamate alla castità e alla perfezione cristiana, traendo forza dalla preghiera e dalla grazia (n. 2359). Proprio questa parte del Catechismo sembra confermare la reale possibilità di cambiamento, cui la psicanalisi offre oggi importanti prospettive: "in questo senso - scrive Padre Livio Fanzaga - c'è affinità di vedute tra prospettiva scientifica e pastorale della Chiesa, scienza e morale qui procedono insieme verso un traguardo positivo di fiducia e di speranza". Dall'omosessualità si può guarire.


Bibliografia
Joseph Nicolosi, Omosessualità maschile: un nuovo approccio, SugarCo Edizioni, Milano 2002.
G. Van den Aardweg, Omosessualità e speranza, Ares, Milano 1985.
Catechismo della Chiesa Cattolica, Editrice Vaticana, n. 2357-2359.